Scioperi
Il 9 aprile la lega dei contadini di Nardò attuò un imponente sciopero generale di carattere politico istituendo "guardie rosse"; la massa dei lavoratori, però, si dimostrò indifferente alle tematiche politiche in quanto puntava direttamente alla conquista economica.
I dimostranti disarmarono la forza pubblica e occuparono uffici delle guardie municipali, telegrafi, caserme di finanza e dei carabinieri. In seguito occuparono il palazzo municipale issando la bandiera rossa.
I grossi proprietari terrieri furono condotti nella piazza principale e costretti a sottoscrivere quel concordato di lavoro che avevano voluto disattendere. Per evitare più gravi e tragiche conseguenze, i dirigenti della lega intervennero per convincere la massa a rilasciarli.
Erano in corso trattative tra leghisti e autorità, quando scoppiarono i primi incidenti che degenerarono e portarono ad una repressione violenta.
I proprietari terrieri, come forma di tutela, iniziarono a costituire un "fascio dell' ordine di difesa contro l' invadenza sovversiva" e "squadre di vendetta agraria".
Il 10 aprile l' onorevole Vallone, recatosi a Nardò, sostenne che gli eccidi dei lavoratori non potevano lasciare indifferente governo e forze politiche; affermava che occorreva al più presto assicurare in Terra d' Otranto giustizia e lavoro.
Gli esiti drammatici della giornata "rivoluzionaria" di Nardò, determinarono un ripiegamento, sia pure temporaneo, del movimento sindacale; gli agrari pensarono che non si sarebbero più avuti problemi del genere. I lavoratori, però, si riorganizzarono in leghe ed iniziarono un nuovo movimento di lotta.
Dimostrazioni e proteste varie ci furono a Spongano, a Giuggianello, a Salice Salentino, ad Andrano, a Cutrofiano, a Supersano, a Martano, a Poggiardo, a Muro Leccese, a Ruffano, a Presicce, a Maglie, a Otranto, a Scorrano, a Tuglie e, nuovamente, a Nardò.
A Parabita la lega di resistenza dei contadini aveva promosso una serie di manifestazioni con scioperi e occupazioni di terre; le autorità avevano dimostrato scarsa disponibilità ad accettare le richieste dei lavoratori.
Il forte stato di tensione esistente nel paese, spinse il prefetto a istituire una commissione paritetica, che, in seguito, fissò nuove tariffe più favorevoli per i braccianti, per i lavoratori di zappatura e sarchiatura.
Il rifiuto dei singoli proprietari ad accettare gli accordi, spinse la lega a proclamare lo sciopero generale della categoria.
La mattina scoppiarono gravi incidenti, che furono poi soffocati violentemente dalle autorità, provocando la morte di qualche manifestante.
La sera di quel drammatico giorno i proprietari terrieri facevano sapere ai rappresentanti della lega che erano disposti ad accogliere le richieste dei lavoratori.
Il movimento di lotta , segnato dagli eccidi di Nardò e di Parabita, aveva conseguito l' unico risultato della stipula di una serie di concordati di lavoro che, almeno in teoria, fissavano migliori condizioni.
Nel mese di giugno del 1920 tornò alla guida del governo il vecchio Giolitti; nell' estate non si registrarono, nel basso Salento, azioni di lotta e scioperi, perché molti lavoratori, nella stagione della mietitura, si trasferivano in Basilicata; le sole manifestazioni di protesta che si svolsero in qualche paese furono determinate da un nuovo rialzo dei prezzi dei generi alimentari.