Reazione fascista al movimento contadino
Verso la fine del 1920 si costituirono delle organizzazioni antisocialiste e antileghiste, che si opponevano al movimento contadino.
La violenza fascista colpì le organizzazioni socialiste e quelle del partito popolare.
Si costituirono "fasci dell' ordine" a Taviano, a Presicce, a Melendugno, a Squinzano e a Nardò.
Le organizzazioni socialiste salentine, intanto, si riunirono e decisero di riprendere le iniziative di lotta, per garantire le stipule di concordati di lavoro o il rinnovo di quelli già scaduti.
Si formarono nuovi movimenti di lotta ad Alliste, a Racale e a Taurisano; la lotta non era, però, più solo tra agrari e leghisti, ma comprendeva anche fascisti, sostenuti dagli stessi agrari, da una parte, e militanti del Partito Socialista dall' altra.
Il fascio dell' ordine di Taviano il 19 aprile occupò il palazzo municipale e costrinse il sindaco a dare le dimissioni.
In molti altri centri salentini si costituirono nuove leghe contadine e così, di conseguenza, si formarono fasci dell' ordine, per "difendersi", si diceva, "dai lavoratori e dalle loro minacce teppistiche".
I fascisti in seguito, soprattutto nei paesi con amministrazioni socialiste, provocarono gravi incidenti come l' uccisione , a Melissano, di Cosimo Stefani .
A ogni azione dei leghisti, ne corrispondeva un' altra dei fascisti.
A Tuglie, dopo aver devastato la sede della lega dei contadini, i fascisti andarono a minacciare il sindaco, dr. Stamerra , che poi, venne ingiustamente arrestato dalle forze dell' ordine.
A livello nazionale, intanto, nel maggio del 1921 Giolitti si ritirò dalla scena politica, perché non riuscì ad ottenere una solida maggioranza parlamentare, perciò si formò il nuovo governo di Ivanoe Bonomi.
Anche quest' ultimo governo dovette affrontare il problema delle violenze fasciste. Subirono maltrattamenti anche esponenti del partito popolare, che, precedentemente, avevano giustificato la politica fascista, mentre ora si era dichiarato favorevole al miglioramento dei patti agrari e allo "spezzettamento del latifondo".
In Terra d'Otranto molto attiva in tal senso era stata la sezione di Ugento che, insieme al movimento contadino, aveva rivendicato le terre demaniali delle quali si erano impossessate alcune famiglie della locale borghesia. È superfluo dire che immediata e protratta fu la reazione fascista.
Giovanni Gronchi, leader della Confederazione Italiana dei Lavoratori, chiese, pertanto, al Ministro degli Interni che si ponesse fine alla persecuzione contro i popolari ugentini, ma le violenze fasciste continuarono ancora. I popolari, nonostante il clima di terrore e di intimidazione, continuarono nella loro azione e occuparono le terre. Ci fu un susseguirsi di arresti ingiusti dei lavoratori che posero momentaneamente fine alle lotte.
Il 3 agosto 1921, venne firmato il "patto di pacificazione" tra fascisti da un lato e socialisti e rappresentanti della C.G.I.L. dall' altro, con il quale le due forze si impegnavano a porre termine ad ogni forma di violenza.
Già alla fine di agosto, però, ripresero le violenze. I fascisti, intanto, si erano organizzati nel Partito Nazionale Fascista. Le lotte ripresero a Maglie e a Copertino, con esiti favorevoli per i lavoratori.
Il 1921 è stato un anno di grandi lotte per la Terra d' Otranto e non solo nelle campagne; protestarono, infatti, anche pescatori, bottai, impiegati statali, maestri elementari, operaie tabacchine, che non ottennero, però, migliori condizioni di vita.
Negli ultimi mesi del 1921 ci furono ennesimi scioperi a Maglie, a Galatina, a Poggiardo, a Tricase, a Muro Leccese, ad Alessano.
Se già nel corso del 1921 la reazione padronale fu abbastanza dura, altrettanto può dirsi per le manifestazioni di lotta del periodo successivo. Anche in Terra d' Otranto, il proletariato agricolo era ormai destinato alla sconfitta.