"LA TERRA AI CONTADINI"
NEI DECRETI LEGGE VISOCCHI E FALCIONI
Il governo si trovò subito nella necessità di affrontare il problema dell'occupazione delle terre.
Nel settembre 1919 il ministro Visocchi emanò un decreto che, se da un lato, afferma il Coppola, sembrò dover legalizzare le occupazioni di terre già in atto, dall'altro mirava a disciplinare le successive concessioni di terre incolte. Tali terre, secondo il decreto, potevano essere concesse ai combattenti, associati in cooperative, una volta che i prefetti ne avessero rigorosamente accertato la natura, al fine di evitarne appropriazioni indebite da parte dei contadini. Veniva, inoltre, precisato che si dovevano favorire le richieste delle associazioni dei combattenti rispetto a quelle delle leghe dei contadini e che l'occupazione dei suddetti terreni potesse durare al massimo 4 anni, previo pagamento di una indennità ai legittimi proprietari. Prima della scadenza dell'occupazione, l'associazione, alla quale era stata affidata la terra, avrebbe potuto chiedere la concessione definitiva, per apportare importanti trasformazioni colturali o opere di bonifica.
Il decreto fu aspramente criticato dalle forze conservatrici, nonostante avesse trovato un'applicazione ridottissima a causa delle enormi difficoltà, sia di ordine burocratico che di ordine politico. Lo stesso ministro Visocchi, pochi giorni dopo l'emanazione del decreto, con una circolare esplicativa inviata ai prefetti, chiariva che il provvedimento mirava da un lato ad eliminare le cause di quelli che venivano indicati come "gravi e deplorevoli perturbamenti dell'ordine pubblico", provocati dalle occupazioni delle terre , e dall'altro a convincere le masse che l'intervento dello Stato era sufficiente a garantire la migliore utilizzazione della terra, mentre qualsiasi forma di "pressione collettiva", doveva ritenersi arbitraria e delittuosa.
Che il decreto Visocchi non avrebbe potuto risolvere i problemi posti dalla lotta dei contadini, lo dimostrò il successivo decreto emanato dal ministro Falcioni (22-4-1920) che prevedeva la nomina, da parte dei prefetti, di una commissione paritetica cui spettava il compito di esprimere un parere preventivo sulle richieste di concessioni di terre incolte; solo le associazioni o gli Enti, che offrissero garanzie di "potenzialità finanziaria", potevano, inoltre, ottenere tali concessioni. Il nuovo decreto, infine, sanciva che chiunque, "anche senza violenza", avesse occupato arbitrariamente terreni di "altrui proprietà" avrebbe commesso un reato penalmente perseguibile.