Periodo
consigliato:
aprile-novembre
Dislivello:
100 m da Chiavenna
Difficoltà:
T
Punto di partenza Chiavenna (114 km da Milano). Sia per
la gita breve che per quella un po' più lunga del trekking abbiamo scelto
di tornare in Valchiavenna, per proporre due itinerari fra i più classici:
una visita al Parco delle Marmitte dei Giganti e una gita a Savogno e
Dasile Tempo di percorrenza 2 - 2,30 ore Altre informazioni: APT Chiavenna
- tel. 0343.36384 Tourist Coo Valchiavenna - tel. 0343.33442 Guide alpine
della Valchiavenna - tel. 0343.40358, per gite guidate nel Parco delle
Marmitte dei Giganti e lungo tutti i percorsi escursionistici ed alpinistici
della valle.
La più grande marmitta del Parco, poco sotto la cima del Sasso Dragone.
L'artigiano Roberto Lucchinetti nel suo atelier di Prosto. Sulle pareti
rocciose restano le tracce lasciate dai cavatori di pietra ollare che
staccavano i masselli per poi lavorarli al tornio. All'interno di una
profonda marmitta. La grandiosa gronda di escavazione del Sasso Dragone.
Alle spalle di Chiavenna, all'imbocco della Val Bregaglia si trova un
piccolo mondo ombroso, fatto di fitte foreste e di rocce rossastre che
affiorano qua e là, interrompendo il verde mantello. Queste rocce sono
completamente diverse da quelle che caratterizzano gran parte della Valchiavenna
e della Bregaglia, dove predominano gli gneiss e i graniti. Si tratta,
infatti, di un affioramento di rocce molto più tenere, dette comunemente
"pietre verdi" o "serpentini", ma più precisamente "oliviniti" e "anfiboliti",
che sono così tipiche nella non lontana Val Malenco.
Il ghiacciaio, che millenni or sono ricopriva tutta la vallata, confluiva
più o meno in questo punto con la grande lingua che scendeva dal Valico
dello Spluga. La grande massa glaciale ebbe facile gioco nel modellare
le tenere rocce serpentinose, lasciando i segni del suo "pesante" passaggio
con striature e arrotondamenti inequivocabili. Contemporaneamente, sulle
rocce, nei punti ove si trovavano delle piccole concavità, le acque di
fusione s'invorticarono e i detriti che trasportavano agirono da mola
approfondendo gradualmente il buco. Altri detriti più grandi aumentarono
l'azione delle acque, fino a formare delle "marmitte" di pietra che, in
certi casi, assunsero dimensioni enormi tanto da essere dette "dei giganti".
Si tratta di un fenomeno diffuso in tutte le Alpi e in ogni altro luogo
dove scorra, o sia passato per lungo tempo, un corso d'acqua vorticoso.
Con il ritiro dei ghiacci restarono le grandi rupi, lavorate dalla loro
azione, e bianchi massi di granito della Bregaglia che oggi spiccano chiaramente
sulle dorsali brune delle rupi. Già in epoche antichissime, forse ancor
prima che giungessero i Romani, gli abitanti locali avevano scoperto che
le tenere rocce del luogo potevano essere lavorate per ottenere vari tipi
di manufatti e, in particolare, recipienti atti alla cottura dei cibi.
Tali recipienti, nei quali è possibile cuocere i cibi senza l'aggiunta
dei grassi, sono detti "laveggi" e ancor oggi sono utilizzati, specie
nei crotti-ristorante della zona, per cucinare le specialità culinarie
della Valchiavenna.
La prima testimonianza scritta riguardante tali recipienti risale niente
meno che a Plinio il Vecchio il quale, nella sua "Naturalis Historia"
ci narra delle qualità della "lapis viridis comensis" così detta perché
forse egli la vide in quella città o, più probabilmente, perché in epoca
romana la Valchiavenna faceva parte del territorio comasco. La "lapis
viridis" altro non è che la tenerissima pietra ollare, una varietà di
pietra verde, assai ricca di clorite. Itinerario La nostra gita può prendere
le mosse da tre diverse località. Noi consigliamo di partire dal piazzale
antistante il cimitero di Chiavenna poiché è facilmente raggiungibile
anche per chi voglia utilizzare il treno come mezzo di spostamento. Dalla
stazione ferroviaria di Chiavenna si prenda Via Vittorio Emanuele II e
poi il Viale di Pratogiano caratterizzato da grandi platani. In fondo
al viale si piega a sinistra imboccando Via G. B. Picchi che si percorre
finché si giunge sul piazzale antistante il cimitero, dominato dalla rupe
del Paradiso. Prima di iniziare la breve gita consigliamo di scavalcare
il basso muretto di un viale chiuso da una cancellata di ferro che si
affaccia sul piazzale: in pochi passi si entrerà in una gola scavata fra
la rupe del Paradiso e il colle del Belvedere. Per quanto incredibile,
questo piccolo canyon, detto la "caurga", altro non è che lo scavo di
un'antichissima cava di pietra ollare.
La gita prende le mosse lambendo sulla destra il muro di cinta del cimitero,
costeggiandolo con una deviazione a sinistra, per infilare uno stretto
passaggio dove inizia una bella mulattiera lastricata che sale nel bosco
con facile percorso (bandierine di vernice bianco-rossa). Poco dopo si
incontra, sulla sinistra, una prima deviazione segnalata che si può prestare
ad una breve divagazione per andare ad osservare da vicino alcune piccole
"trone", cavità dalle quali si estraeva la pietra ollare. Ripreso il sentiero
principale, si continua fino a giungere in vista dell'ampia radura del
Prato Grande, sovrastata dalla rossiccia parete del Sasso Dragone. Sotto
la cima della grande roccia si può notare un'enorme gronda naturale che
taglia in diagonale la parete e che è forse il più grande fenomeno di
escavazione naturale presente nel Parco.
Proseguendo lungo la mulattiera si giunge ad un bivio con cartelli indicatori
dove si deve deviare a sinistra iniziando la salita del Sasso Dragone.
Fatti pochi passi si incontra una palina con un cartellino giallo indicante
la direzione da prendere. Già in questa zona, facendo pochi passi a sinistra
rispetto al cartello, si possono notare numerose marmitte dei giganti
di ogni dimensione e alcune pareti recanti le evidenti striature lasciate
dai ghiacci. Ripreso il sentiero segnalato, fra rocce e pini si sale sulla
"groppa" del Dragone giungendo su un bel terrazzo panoramico protetto
da ringhiere, da dove si ha una splendida vista sul territorio circostante.
Sotto la ringhiere si possono anche ammirare due belle marmitte, di cui,
quella più piccola si presenta come un foro che passa da parte a parte
la roccia.
Sulla dorsale del Sasso Dragone la vista è ancor più ampia: si stende
su tutta la Val Bregalia e sulle prospicienti case di Prosto e Borgonuovo
con il Palazzo Vertemate Franchi e le cascate dell'Acqua Fraggia. Dopo
avere iniziato la discesa si faccia attenzione sulla sinistra, onde non
perdere la vista della più spettacolare marmitta del Parco: un gigantesco
"calderone" sempre pieno d'acqua piovana che presenta anche un soffitto
scavato.
La discesa prosegue sempre lungo il bel sentiero che, con diversi tornanti,
perde quota; in questo tratto Vi potrà capitare di essere colpiti da un
vago profumo di costine alla brace o di altre prelibatezze culinarie.
Non preoccupateVi, non state impazzendo: il fatto è che proprio sotto
di Voi si trova il Crotto Belvedere, ottima méta per chi volesse gustare
le specialità locali.
Al termine della discesa il sentiero giunge alla base di un grande roccione,
il Sasso di Poiatengo. Piegando a destra si lambisce la base della roccia
e, con agevole percorso pianeggiante, in pochi istanti si può raggiungere
il Crotto Belvedere. Da qui il tracciato prosegue fino alla vicina chiesa
di Prosto, fiancheggiata dal "Palazzo dell'Ospitale" ora in via di restauro.
La chiesa, consacrata a Maria Nascente, risale al 1600 e si affaccia su
una piccola piazza. Qui non si perda l'occasione di visitare il piccolo
negozio di alimentari di Simonetta e Monica Del Curto, le uniche depositarie
dell'autentica ricetta dei "biscotin de Prost", autentiche prelibatezze,
ma anche un attentato alla linea. Dopo l'acquisto di qualche pacchetto
di biscotti, consigliamo di andare a visitare il vicino "atelier-museo"
di Roberto Lucchinetti che si è insediato negli stessi locali dove aveva
sede il laboratorio di Giacomo De Pedrini, uno dei più famosi artigiani
della pietra ollare. Oltre a produrre oggetti in "ollare", soprammobili
ed in particolare laveggi, Lucchinetti ha avviato con la moglie e l'aiuto
dei figli, un piccolo laboratorio di tessitura dove si producono tappeti
pezzotti e tessuti in lino. La stessa famiglia Lucchinetti si occupa della
coltivazione del lino le cui piante sono messe a dimora nel piano di Chiavenna
e successivamente lavorate per essere trasformate in pregevoli ed esclusivi
tessuti.
Abbandonata la piazzetta di Prosto torniamo ai piedi del Sasso di Poiatengo
e proseguiamo diritti, passando un piccolo prato e una baita. Lasciata
a sinistra una deviazione che porterebbe alle piccole "trone" segnalate
all'inizio della descrizione, si arriva in breve nella viuzza dove, allineati
sotto una parete rocciosa, sorgono i crotti di Poiatengo.
I crotti sono una delle più note caratteristiche del territorio. Si tratta
di anfratti e cavità generalmente dovuti agli interspazi rimasti fra i
blocchi d'antiche frane. Tali cavità non sono mai completamente sigillate,
ma presentano diverse vie di sfogo che le collegano con l'esterno. Al
loro interno si creano così delle correnti d'aria, i "sorei" che le rendono
adatte per la conservazione dei prodotti caseari, dei salumi e del vino.
Le correnti sono così fredde che quasi tutti i crotti sono dotati di un
"anticrotto", sorta d'anticamera, spesso dotata di camino. Da iniziale
luogo di conservazione delle derrate alimentari il crotto ha assunto,
nel tempo, anche una ben più importante funzione, divenendo punto di socializzazione
e simbolo stesso dello spirito aperto delle genti di Valchiavenna. E'
bastata l'aggiunta di una o più pareti a delimitare la struttura, la creazione
di un piccolo spazio antistante, magari attrezzato con tavoli e panche
di pietra, per ottenere preziose cantine-ritrovo ove trascorrere gli ozi
e i momenti lieti. In autunno, Chiavenna ospita la tradizionale "Sagra
dei crotti", vera e propria celebrazione della buona tavola e della convivialità.
Attorno a Chiavenna, Mese, Gordona e in tutta la Val Bregaglia, queste
caratteristiche strutture sono numerosissime.
Usciti dal vicolo dei crotti di Poiatengo si giunge in una piccola piazzetta
nella quale spicca, sulla sinistra, la casa del Paradiso, dalla rossa
facciata. Nei pressi, in Vicolo Marmirola, ha sede il Museo della Valchiavenna,
ospitato negli edifici della Comunità Montana; nell'ampio piazzale antistante
si trova un monumentale torchio a leva che merita una visita.
A fianco della casa del Paradiso prosegue invece Via Quadrio che porta
nella Piazza Castello dove si può ammirare il bel maniero appartenente
ai Conti Balbiani (XV sec.). Si rientra, quindi, in Via Picchi chiudendo
l'anello; ma prima consigliamo anche una breve visita alla Chiesa di San
Lorenzo che sorge quasi di fronte al cimitero. Nella chiesa è custodito
il "tesoro" del santo, un'importante raccolta di oggetti preziosi provenienti
dalla collegiata e da altre chiese della valle. Fra i "pezzi" più importanti
si ricorda la massiccia coperta di evangeliario nota come "la Pace di
Chiavenna", uno dei più raffinati esempi d'arte orafa medioevale. Narra
la tradizione che il gioiello sia stato donato alla città da Federico
Barbarossa, grato per l'ospitalità ricevuta, allorquando vi soggiornò
per incontrare suo cugino Enrico il Leone, duca di Sassonia e di Baviera.
Il vicino battistero conserva uno stupendo fonte battesimale del 1156,
con una vasca monolitica in pietra ollare.
Si conclude qui questa gita fra arte, storia e natura, ma prima di lasciarVi
vogliamo rivelare un altro piccolo segreto. Quando Vi troverete sulla
SS 36 diretti a casa, provate a fermarVi all'ingresso del paese di San
Cassiano, (frazione di Prata Camportaccio). Al civico n° 66, al pianoterra
di un moderno e anonimo edificio, si trova la piccola fabbrica artigianale
di birra SoràLamà gestita da due simpatici ragazzi che hanno voluto proseguire
la secolare tradizione birraia della Valchiavenna. SoràLamà è una birra
a produzione limitata, naturale e non filtrata che, seppure confezionata
secondo le più moderne tecniche, nulla perde delle qualità nutrizionali
della vera birra. Da assaggiare!
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