PARI DIRITTI PER UOMINI E DONNE... SENZA ECCEZIONI
IL SITO SULLA CONDIZIONE MASCHILE
Home Page   Risorse Generali   Coscrizione Obbligatoria   Padri Separati   Paternità volontaria
Violenza contro gli Uomini  Il Genericidio  Equity Feminism  Interviste  Libri consigliati 

Gli uomini... il secondo sesso

I moderni stati occidentali hanno ormai rimosso praticamente tutte le discriminazioni giuridiche che colpivano le donne ed hanno assicurato loro da tempo l'uguaglianza davanti alla legge in tutti i campi in cui l'hanno richiesta. Non lo stesso si può dire invece delle discriminazioni giuridiche nei confronti degli uomini che, anzi, in questi ultimi decenni si sono in molti casi accresciute.
Le discriminazioni di Stato che colpiscono i cittadini maschi sono oggi numerose e talora vanno anche ad incidere su aspetti fondamentali della libertà individuali. E' il caso ad esempio del servizio di leva obbligatorio maschile.
In una società libera una persona non dovrebbe essere privata della propria libertà personale se non come punizione per un reato commesso. Ogni anno, invece, nel nostro paese 300 mila giovani innocenti ed inermi sono privati delle propria libertà e costretti a lavori forzati per l'unica colpa di avere un cromosoma Y. L'obbligo di prestare servizio militare in tempo di pace, oltre ad influire sulla possibilità di studiare o di cercare lavoro, compromette la serenità del giovane, che si trova costretto in un luogo ostile e non familiare, magari alla mercé di persone male intenzionate. La stessa sicurezza personale dei coscritti è in grave pericolo, come dimostrano i tanti casi di nonnismo. E' difficile pensare che le forme di molestia e di violenza, tanto psicologiche quanto fisiche, che sono all'ordine del giorno durante la vita militare sarebbero tollerate in uguale misura dal mondo politico se di esse fossero sistematicamente vittime delle ragazze.
Non meno umiliante della libertà e della dignità individuale è il servizio civile obbligatorio imposto agli obiettori di coscienza, che per di più, dopo 10 mesi di lavoro coatto, si ritrovano con meno diritti di chi, di sesso femminile, non abbia compiuto né il servizio civile né quello militare. Sono infatti privati, tra le varie cose, del diritto a portare armi, ad impiegarsi in determinati lavori ed a godere delle attenuanti in caso di determinati reati.
Un altro esempio evidente di discriminazione nei confronti dei cittadini maschi si manifesta nella cause di separazione. Il pregiudizio sessista dei tribunali dello Stato nei confronti dei mariti e dei padri conduce a sentenze che privano gli uomini sistematicamente del contatto con i propri figli ed anche dell'usufrutto della propria abitazione (con l'obbligo, però, di continuare a pagarne il condominio o magari il mutuo contratto per acquistarla). La paternità è ridotta ad una mera voce economica. Da un lato infatti il padre è obbligato a mantenere il rapporto economico con il figlio, dall'altro è privato della possibilità di un rapporto umano ed emotivo con lui e della possibilità di esercitare nei suoi confronti un serio ruolo educativo. L'uomo è per di più spesso condannato anche a lavorare per mantenere una donna che probabilmente lo odia.
E' interessante stabilire un parallelo tra la coscrizione obbligatoria maschile e le sentenze nelle cause di separazione: così come la coscrizione obbliga legalmente l'uomo al ruolo sessuale di protettore, le sentenze di tribunali lo obbligano legalmente al ruolo sessuale di procacciatore di cibo. E' significativo evidenziare come solamente nei confronti degli uomini è ancora prevista l'imposizione di Stato dei ruoli tradizionali. Certamente non esistono norme che riguardino le donne sulla renitenza alla maternità, sulla renitenza alle prestazioni sessuali oppure sulla renitenza ai lavori domestici (magari da continuare ad offrire obbligatoriamente anche all'ex marito dopo la separazione).
Se i tribunali dello Stato spesso privano gli uomini del diritto alla paternità, altre volte al contrario impongono agli uomini - e solo agli uomini - impegni genitoriali indesiderati. Oggi una donna ha, infatti, il diritto soggettivo di rifiutare una maternità, anche dopo il concepimento, sia attraverso l'aborto che attraverso il mancato riconoscimento del bambino alla nascita. Ad un uomo invece può essere tuttora imposta una paternità contro la sua volontà. Per gli uomini vale ancora la regola del "doveva pensarci prima". Non si vuole certo dire che rifiutare una paternità sia giusto o consigliare a farlo, ma di certo la scelta di assumersi gli impegni morali ed economici connessi con una paternità è una scelta che solo l'uomo in questione può compiere.
Altre discriminazioni macroscopiche sono ravvisabili nella gestione del welfare e nel sistema pensionistico. In particolare le leggi sulle pensioni costringono in molti casi gli uomini a pagare 5 anni di contributi in più rispetto alle donne per godere - considerando la minore aspettativa di vita - di 12 anni di pensione in meno. Lo Stato discrimina inoltre gli uomini, talora de iure, talora de facto, sia nel sistema giudiziario che in quello carcerario. Poi una delle discriminazioni più intrusive e più lesive del diritto individuale alla libertà di scelta ed alla libertà di associazione (comprensiva della liberà negativa di associazione), è rappresentata dalle cosiddette "azioni affermative", che da 3 decenni sono ormai un'istituzione negli Stati Uniti e che sono purtroppo in via di introduzione anche nel nostro paese. Si tratta di una serie di discriminazioni di stato miranti ad un sistema di quote e di trattamenti preferenziali che subordinano l'avanzamento in politica e nel lavoro al sesso anagrafico, anziché al merito individuale.

Una delle giustificazioni più comuni che vengono addotte a sostegno delle discriminazioni di Stato nei confronti degli uomini è che essere siano necessarie per riequilibrare le discriminazioni sociali che le donne vivono nella vita di tutti giorni. Tuttavia, anche nell'ipotesi di accettare l'idea (che come si argomenterà è molto dubbia) che le donne siano unilateralmente svantaggiate a livello sociale, sarebbe ben difficile ritenere morale che i diritti di una persona debbano dipendere dai propri cromosomi. Come nota la femminista Martine Rothblatt "in futuro schedare gli individui come "maschi" o "femmine" sarà considerato iniquo quanto l'ormai abolita pratica sudafricana di stampare "nero" o "bianco" sui documenti di identità."
Tale giustificazione, per di più, si basa su un'analisi molto superficiale del rapporto tra i generi.
In realtà l'idea che solo le donne possano essere vittime di pressioni sociali e che gli uomini siano invece sempre e comunque avvantaggiati è ben lontana dal vero. Nella pratica, infatti, i ruoli tradizionali maschili di protettore e di procacciatore di cibo possono risultare penalizzanti, sia sul piano psicologico che sul piano fisico, non certo meno dei ruoli tradizionali femminili.
In particolare, come si è detto, gli uomini sono portati ad accettare lavori usuranti e pericolosi. Ne è conseguenza il fatto che gli uomini rappresentino il 95% delle vittime di incidenti sul lavoro. E' interessante notare come mentre ogni volta che c'è un problema che riguarda le donne immediatamente ci si sofferma sul fatto che si tratta di un problema femminile e pertanto che è sintomo della gravità della condizione femminile, non accade mai che i morti sul lavoro siano considerati un problema maschile, sintomo della gravità della condizione maschile e prova dell'eroismo silenzioso di tanti uomini che si sacrificano per mantenere la famiglia. Saranno considerati al massimo un generico problema sindacale. Gli uomini rappresentano anche un'ampia maggioranza delle vittime di aggressioni e di omicidi e dati alla mano è facilissimo dimostrare che non è vero in pratica che chi rischia di più di subire violenze è la donna.
Il grave disagio sociale degli uomini è, poi, evidenziato dal fatto che essi rappresentino oltre il 90% della popolazione carceraria, oltre che la grande maggioranza dei senza tetto, dei tossicodipendenti e delle persone che finiscono a i margini.
E' significativo comparare, nei vari ambiti di cui si è appena parlato, la questione razziale negli Stati Uniti e la questione di genere. Si vedrà evidentemente come in tutti i casi (vittime di incidenti sul lavoro, omicidi, aggressioni, suicidi, popolazione carceraria, aspettativa di vita, tossicodipendenza, etc.) il divario a sfavore degli uomini rispetto alle donne è sensibilmente superiore al divario accusato dai neri rispetto ai bianchi.
Evidentemente le aspettative che vengono riposte sugli uomini e le pressioni sociali cui essi sono sottoposti - in particolare in relazione al mantenimento della famiglia ed al raggiungimento di un certo standard sociale - sono tali da generare situazioni di pericolo e di grave disagio, con più frequenza di quanto questo accada nel caso delle donne. In ultima analisi non è tanto vero che le donne siano sempre le più svantaggiate. E' vero semmai che la tradizionale predisposizione degli uomini a considerare in modo paternalistico la posizione della donna, oltre alla loro tradizionale ritrosia ad ammettere di avere delle esigenze, ha impedito ed impedisce loro di effettuare un'adeguata riflessione sulla propria condizione ed una reale comprensione della gravità dei propri problemi. Se essi vengono effettivamente riconosciuti per quello che sono, il ricorso, comunque immorale, all'utilizzo della coercizione legislativa e della discriminazioni di Stato in chiave anti-maschile, viene ad avere ancora meno senso.


Torna alla Home Page

Pari Diritti per gli Uomini
http://uomini.cjb.net - http://uomini.freeweb.org
Il sito sulla Condizione Maschile