Umanesimo, la questione linguistica

LINGUA LATINA E FILOLOGIA

Il periodo successivo a Petrarca rinacque l’interesse per la letteratura latina e greca. Petrarca fu il promotore della ricerca delle opere classiche originarie, non modificate dalla cultura cristiana. E fu questo l’aspetto fondamentale della filologia: non il semplice fatto di ritrovare i testi originari, ma di analizzarli collocandoli nella loro epoca. Per questo si può parlare di riscoperta: numerosi autori erano già noti nell’epoca medievale e cristiana, e non sono mai stati dimenticati (Cicerone, Aristotele e Platone per citarne alcuni), ma solo con la filologia tornarono a essere veramente compresi nella loro interezza, perché solo inserendoli nel loro contesto politico, sociale, storico si possono apprezzare realmente le loro opere. Il metodo critico di studio dei testi era multidisciplinare. Una cosa che distingueva i filologhi umanisti era la loro passione e il loro fervore per la ricerca dei manoscritti, come testimonia Poggio Bracciolini e altri filologhi dell’epoca. Un’altra caratteristica è che i filologi al contrario degli intellettuali medievali e dei frati dei monasteri avevano rapporti d’intenso scambio culturale e dialogo con altri studiosi europei, creando una rete d’informazione che si diffuse in tutto il continente assieme alla filologia.

A seguito di questa spinta verso il mondo classico, il latino ritornò ampiamente in uso come lingua letteraria, sostenuto soprattutto nei primi decenni dalla maggior parte degli scrittori che lo utilizzavano per comporre le loro opere.

LINGUA VOLGARE

I primi decenni del periodo umanista vedono nella lingua latina la principale lingua della letteratura, spinta data anche dall’acceso interesse per la cultura classica e dalla filologia. Il volgare non fu abbandonato, ma ebbe comunque un ruolo di secondo piano nella produzione rispetto alla lingua classica. Un punto di svolta lo abbiamo invece con un importante umanista, Leon Battista Alberti , che voleva promuovere una lingua letteraria volgare ispirato alla struttura latina. Per questo il 22 ottobre 1441 indisse a Firenze, promosso dal mecenate Cosimo De Medici, una competizione letteraria in lingua volgare, ispirata a quelle che venivano indette in ambienti fiamminghi o nelle corti. Il tema principale delle opere presentate doveva essere “La vera amicizia”. Tuttavia fu un fallimento, e nessuno degli otto artisti partecipanti vinse la competizione, poiché non fu prodotto nulla di nuovo o che fosse all’altezza dell’obbiettivo. Venne annullata anche l’edizione successiva, che avrebbe avuto avere come tema l’invidia.

La questione del volgare tuttavia non si spense, ma si rafforzò anche a causa dell’avvento della stampa, che rendeva necessaria un’omogeneizzazione della lingua. L’Italia presentava ancora una notevole varietà di volgari e dialetti, favoriti anche dalla mancata unità territoriale e amministrativa. La ricerca di una lingua unica e dell’elevazione del volgare per renderla una lingua letteraria saranno motivo di un forte dibattito che investirà tutto l’umanesimo e vedrà il suo apice nel rinascimento, in cui possiamo riconoscere diverse correnti di pensiero: quella che proponeva l’imposizione del fiorentino moderno, quella che proponeva la lingua utilizzata nelle varie corti e quella che proponeva la creazione di un idioma comune italiano.