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Nel giugno del 707 A.U.C., Cesare fece ritorno a Roma, e nel 708 A.U.C., riorganizzò il calendario romano.
All'epoca di Cesare, l'antico calendario lunare di Roma, aveva ormai un disperato bisogno di essere riformato, giacchè era in anticipo, di quasi due interi mesi, rispetto all'anno solare.
Il nucleo della riforma di Cesare, era identico a quello stabilito da Tolomeo III nel 516 A.U.C. (paragrafo S.3).
Stabilì cosi di istituire un anno di 365 giorni e 1/4, in un sistema nel quale si teneva conto di questa frazione, elaborando un ciclo di tre anni di 365 giorni, seguiti da un anno bisestile di 366 giorni.
Per riallineare, poi, il vecchio calendario romano con l'equinozio di primavera, che la tradizione voleva si verificasse il 25° giorno di marzo, Cesare ordinò anche che, due ulteriori mesi, venissero introdotti nell'anno 708 A.U.C., ed inseriti tra novembre e dicembre.
E poichè un altro mese, fra quelli supplementari che il vecchio calendario lunare richiedeva venisse ogni tanto inserito, era già stato sistemato a febbraio, l'intero anno 708 A.U.C., finì con l'avere la straordinaria durata di 445 giorni.
Cesare lo definì ultimus annus confusionis, ma tutti gli altri lo chiamarono, invece, annus confusionis.
Cesare spostò anche il primo dell'anno da marzo a gennaio, riorganizzò pure la durata di ognuno dei 12 mesi (e sostanzialmente nel modo tuttora in vigore), e lasciò immutato l'antico sistema di etichettazione dei giorni, basato su calende, none e idi, come pure i nomi dei mesi.
Anche il calendario di Cesare, comunque, non era preciso, e forse lo stesso imperatore ne era a conoscenza.
Già infatti attorno al 624 A.U.C., l'astronomo Ipparco, che per primo individuò la precessione degli equinozi, verificò che la durata dell'anno solare, è più corta di 365 giorni e 1/4.
Il calendario di Giulio Cesare (perciò detto giuliano), col trascorrere del tempo, quindi, accumulava un ritardo rispetto all'anno solare, a differenza dei precedenti calendari romani, che accumulavano, invece, un anticipo.
All'epoca di Cesare, le meridiane e gli orologi ad acqua, erano abbastanza popolari, e i Romani avevano una loro nozione della durata di un'ora, e sicuramente non concepivano il minuto.
Il sistema delle 24 ore, prese realmente piede, attorno all'A.D. 1350, grazie all'uso, relativamente diffuso, dell'orologio meccanico con pesi e lancette, la cui invenzione viene, all'incirca fatta risalire, all'A.D. 1320.
Prima che questo accadesse, il trascorrere del tempo, durante la notte, veniva stimato ricorrendo alle stelle, mentre il tempo del giorno, veniva valutato, guardando la posizione del sole, o ascoltando gli annunci.
Nell'esercito romano, così, c'erano dei soldati adibiti a osservare la posizione del Sole, e che annunciavano, il cambio della guardia, nell'ora terza del mattino (tertia hora), all'ora sesta del mezzogiorno (sexta hora), e nell'ora nona del pomeriggio (nona hora).