Nell'A.D. 1267
un frate inglese di nome Ruggero Bacone
(A.D. 1222-1292), inviò a papa Clemente IV, il suo trattato dal
titolo Opus Maius.
Nel
testo, Bacone esponeva le sue teorie, e informava il
Pontefice che, l’anno del calendario, risultava più lungo,
rispetto all’anno solare,
di circa la 130-esima parte di un giorno.
Aggiunse
anche che, a partire dal concilio di Nicea, quest’errore
aveva spostato all'indietro l’equinozio di primavera
di ben 9 giorni, e che dunque la Pasqua,
veniva celebrata nel giorno sbagliato.
Ci
sono ignote le reazioni del papa, anche perché
questi morì, improvvisamente, nel novembre dell'A.D. 1268.
Da
quel momento, le teorie di Bacone, furono dichiarate
eretiche, e lui stesso venne perseguito
e imprigionato.
Quando nell'A.D. 1348
si abbattè la peste, che sterminò,
in due anni, un terzo di tutti gli europei, ovvero circa
30 milioni di persone, gli orologi meccanici con pesi e
lancette, già inventati attorno all'A.D. 1320, ora
cominciarono a diffondersi.
I
vistosi errori del calendario, così, divenivano
noti a un maggior numero di persone, e la Chiesa
si convinse che era ormai necessario porvi rimedio.
Se
ne occupò, così, papa Giovanni XXIII (A.D. 1350-1420),
se ne parlò al concilio di Basilea (Svizzera) nell'A.D. 1436,
e nel Quinto Concilio Laterano a Roma dell'A.D. 1512,
se ne occupò anche papa Leone X (A.D. 1450-1533),
ma non si giunse ad una valida soluzione.
Nell'A.D. 1543
fu pubblicato un libro importantissimo,
il De Revolutionibus di
Niccolò Copernico (A.D. 1473-1543).
Copernico
lavorò alla sua opera per trent’anni.
Fu
riluttante a pubblicarla, ben sapendo che la
sua teoria eliocentrica, non sarebbe stata accolta
favorevolmente, dopo che per millenni il genere
umano aveva ritenuto la Terra il centro dell’universo.
Compì
i suoi calcoli basandosi in parte sulle proprie
osservazioni, e in parte su quelle fatte, nel corso
dei secoli, dagli astronomi greci ed arabi.
Riuscì
a ottenere misure, notevolmente accurate, sia
dell’anno tropico, che dell’anno siderale.
Queste
misurazioni di Copernico (e non la sua teoria),
insieme ad altre carte astronomiche dell’epoca, furono usate per trovare
l’elegante soluzione per la sistemazione del calendario,
promulgata il 24° giorno di febbraio dell'A.D. 1582, con la bolla papale
firmata dall’ottantenne papa Gregorio XIII.
La
riforma di Gregorio giunse, dopo che egli ebbe nominato
un’apposita commissione, presieduta dal matematico
bavarese Christopher Clavius, e grazie ad un medico
italiano, Luigi Lilio, che effettivamente elaborò la
soluzione.
Luigi
Lilio (A.D. 1510-1576) nacque a Ciro, in Calabria.
Studiò medicina e astronomia, e morì prima che la sua
riforma venisse accettata.
Il
gesuita Christopher Clavius (A.D. 1538-1612) fu l’uomo
che difese le idee di Lilio. Fu devoto difensore dell’ipotesi
tolemaica dell’universo, ma lavorò
duramente per difendere e illustrare la riforma,
rendendo possibile la sua diffusione, oltre il ristretto
gruppo di paesi che, sin dall’inizio, la adottarono.
Il
documento più importante dell’intero processo di
riforma, fu un manoscritto, scomparso
senza lasciare traccia, di Luigi Lilio. Ci resta, però,
un breve opuscolo pubblicato dalla commissione,
intitolato Compendium novae rationis restituendi
kalendarium, ovvero una sintesi
della soluzione di Lilio.
Fino
ad allora, tutti gli studiosi (Copernico incluso),
erano erroneamente convinti che, le diverse misurazioni
ottenute nei secoli, dell’anno tropico, fossero da
imputarsi al fatto che quest’ultimo è variabile.
Lilio
propose, pertanto, di servirsi di una valutazione
media delle misurazioni dell’anno tropico,
e di basarsi sulle Tavole
Alfonsine, che, originariamente scritte nell'A.D. 1252, e
aggiornate nel corso degli anni, includevano anche
la misurazione di Copernico.
Il
valore medio delle misurazioni dell'anno tropico, chiamato
anno alfonsino, che così si calcolò,
risultò più corto, rispetto all'anno giuliano,
della 134-esima parte di un giorno.
Tale
valore medio, divenne l’anno vero da
impiegare, per colmare la differenza che esisteva
con l’anno del calendario giuliano, lungo, come
è noto, 365 giorni e 1/4.
Dato
che l'anno alfonsino è più corto,
rispetto all'anno giuliano,
della 134-esima parte di un giorno, ciò equivale
a un giorno perduto ogni 134 anni giuliani.
Lilio
approssimò il risultato di 134 moltiplicato 3, ovvero 402,
a 400. E concluse che, il calendario giuliano,
perdeva 3 giorni ogni 400 anni.
Quello
che dunque si fece, fu, semplicemente,
di lasciare immutato il calendario giuliano, là
dove Cesare stabilì che, ad un ciclo di tre anni
di 365 giorni, doveva seguire un anno bisestile
di 366 giorni. Tranne ad imporre anche
di eliminare 3 giorni ogni 400 anni, che si decise
di togliere agli anni centenari
non divisibili per 400.
Così:
l'A.D. 1600 fu bisestile, mentre gli A.D. 1700,
1800 e 1900 no. L'A.D. 2000 è stato nuovamente bisestile,
non lo saranno gli A.D. 2100, 2200 e 2300, ma
l'A.D. 2400 si, e così via.
Questo
sistema, basato su tavole con misure
imprecise dell’anno tropico, e ottenuto attraverso
una discutibile approssimazione, si è rivelato,
malgrado ciò, notevolmente accurato. Infatti, si perde 1 giorno,
solo ogni 3.200 anni.
Se,
infatti, si fanno i conti
(paragrafo A.1),
e si tiene conto del fatto che, solo ogni
400 anni, il numero di giorni è sempre
lo stesso, viene fuori il cosiddetto
anno calendaristico,
di soli 27 secondi
maggiore, dell’anno tropico relativo all’era in corso,
e a cui corrisponde, appunto, 1 giorno perso solo ogni 3200 anni.
Per
recuperare, poi, i giorni perduti a causa dello
spostamento del calendario giuliano, e riportare
l’equinozio di primavera all’epoca di Nicea,
Lilio suggerì di cancellare 10 giorni,
tutti in una volta.
Perché,
però, si potesse celebrare la Pasqua, nel giorno
da determinarsi secondo le modalità stabilite a Nicea,
occorreva, non solo riportare al suo posto l’equinozio
di primavera, ma anche accordare meglio
l’anno solare con l’anno lunare.
Fino
ai giorni della riforma, si impiegò un ciclo
di 19 anni che, però, aveva ormai accumulato un errore
pari a 4 giorni.
Per
porvi rimedio Lilio propose una sua soluzione,
anch’essa puntualmente accolta.
La
riforma fu dunque approvata,
e così avvenne che, il giorno successivo
al 4° giorno di ottobre dell'A.D. 1582
fu
il 15° giorno di ottobre dell'A.D. 1582,
con 10 giorni persi per sempre.