QUEI BERSAGLIERI TEMERARI DELLE MACCHINE VOLANTI - 2a parte >>3 parte BATTAGLIONE AVIATORI

GIULIO DOUHET E GIANNI CAPRONI

DOUHET - Il dominio dell’aria

“ a noi deve necessariamente sembrare strano che l’atmosfera stia per diventare un campo di lotta, non meno importante della terra e del mare… l’Esercito e la Marina non devono vedere negli aerei dei mezzi capaci di essere utili in certe circostanze, no; devono invece vedere negli aerei il nascere di un terzo fratello più giovane ma non meno importante.. l’Esercito per quanto combatta a terra possiede mezzi galleggianti.(genio). la Marina, per quanto combatta per mare possiede mezzi terrestri (Pontoni e artiglierie)… ma ciò non esclude che l’Esercito e la Marina possano possedere mezzi aerei capaci di agevolare ed integrare le rispettive operazioni…

2 parte della biografia

l'Ansaldo dei Perrone (il patriarca ne era stato il rappresentante poi se l’era comprata, un po’ come Ferruzzi-Gardini con la Montedison) nel 1918 raggiunge la sua massima espansione con un capitale sociale di 500 milioni di lire e circa 80.000 addetti distribuiti in decine di stabilimenti e società controllate tra le quali: A. Cerpelli & C., Banca Industriale Italiana, Cantieri Officine Savoia, Dinamite Nobel, Gio.Fossati & C., Lloyd Italico, Nazionale di Navigazione, Pomilio, Soc.Idroelettrica Negri, S.P.A., Transatlantica Italiana. Nel 1921, con le dimissioni dall'Ansaldo, i Perrone cessano ogni impegno in campo industriale continuando, soprattutto, nell'attività editoriale (Sono ancora proprietari del “secolo XIX” giornale di Genova)

http://www.ilsecoloxix.it/informazioni/redazione/Perrone.asp  

Storia dei Perrone, dell’Ansaldo, e delle forniture militari nella grande guerra http://www.romacivica.net/anpiroma/grandeguerra/gmitalia7.htm

Douhet e il milite ignoto

Alla fine del conflitto, portati a termine i festeggiamenti, molti italiani, soprattutto, madri e mogli piangono ancora i propri cari, caduti sui vari fronti. Tra queste molte non hanno neppure una tomba su cui posare un fiore. Caduti senza nome e corpi mai ritrovati erano sotterrati e no tra le trincee e il filo spinato della prima linea. (ancor oggi si rinvengono all’aperto in luoghi poco frequentati, grotte e anfratti ). L’idea di onorare le migliaia di caduti attraverso l’uso simbolico della salma di un solo combattente anonimo, proposta da Douhet nel 20 ma gia resa pubblica in altre nazioni, non piacque per nulla allo Stato Maggiore Italiano. Era uno stravolgimento del principio di base che rovesciava l’ordine dei soggetti, mettendo al primo posto il misero fante. Il 27 ottobre del 1921 le salme di ignoti raccolte sui campi di battaglia, raggiunsero la basilica di Aquileia. La Canzone del Piave intonata dagli alunni delle scuole elementari accolse il corteo. Le urne erano identiche, contenenti i resti dei militi ignoti, raccolti in ogni settore del fronte nel corso delle tumulazioni, coperte con la bandiera. Furono anche scambiate di posto per attribuire la scelta solo al fato e alle mani di una donna, una madre che non aveva più rivisto il figlio da quando era partito per il fronte. 

L’Avanti del 27 ottobre 1921 in Storiadelmondo n. 11 
http://www.storiadelmondo.com/11/maiorca.milite.pdf 
Anche in questa scelta si cercò di dare un segno simbolico e fu scelta una donna di Trieste; si chiamava Maria Bergamas, il figlio aveva disertato dall’esercito austriaco per unirsi a quello italiano ed era caduto in battaglia senza che il suo corpo venisse mai identificato. Quattro medaglie d’oro, il generale Paolini, il colonnello Marinetti, l’ufficiale medico Paolucci e il tenente Baruzzi scortarono la donna. Dinanzi alla prima bara la Bergamas si soffermò, venendo meno; cadde in ginocchio davanti alla seconda bara e alzando il braccio vi depose un velo nero. Aveva scelto. La bara di legno di quercia scelta dalla donna fu deposta sull’affusto di un cannone trainato da cavalli e poi su un vagone ferroviario su cui spiccava la citazione dantesca: “l’ombra sua torna che era dipartita” . I dieci compagni ignoti vennero tumulati nel cimitero di Aquileia, presso la statua del Cristo che distoglie una mano dalla croce per carezzare il soldato ferito. Il treno partì da Aquileia e raggiunse Roma passando per Venezia, Bologna, Firenze. Il treno con il feretro attraversò la nazione tra due ali di gente inginocchiata; si potevano vedere fascisti, cattolici, reduci e socialisti con la falce e martello in temporaneo armistizio …. Il treno giunse, infine a Roma. Dodici medaglie d’oro trasportarono la salma su un affusto di cannone scortandola fino alla basilica di Santa Maria degli Angeli. I romani per giorni visitarono la salma e all’Altare della Patria vennero deposte 1500 corone giunte da tutte le città d’Italia. Il 4 novembre quasi un milione di italiani seguì il corteo lungo via Nazionale e fino a piazza Venezia dove nel sacello posto sotto l’Altare della Patria venne tumulata. Da quel momento il fuoco arde davanti all’ara e i vari corpi dell’esercito italiano, a turno, montano la guardia. Nessuno saprà mai a chi appartiene il corpo del Milite Ignoto, né da dove viene. Vittorio Emanuele III, a cerimonia conclusa, chiederà al tenente degli Arditi Augusto Tognasso, l’unico a saperlo, da quale campo di combattimento arrivava il corpo di quel soldato: «Mi dispiace maestà –risponderà il militare – ho dato la mia parola di ufficiale».  Un filmato di struggente bellezza e intensità, del viaggio del convoglio ferroviario che trasporta la Salma del milite ignoto, è conservato, per la parte relativa alla tumulazione, presso l’archivio dell’Istituto Luce  http://www.risorgimento.it/risorgimento/ilLUCEalmuseo.html un documento in bianco e nero, senza sonoro, ma in grado di stringere il cuore e di comunicare l’idea del supremo sacrifico per la Patria, ma anche l’amore di quanti videro nel soldato ignoto, non solo un parente o un amico, ma la Patria stessa.

Douhet  propone anche la costituzione di un ministero unico delle Forze Armate e di un unico comandante in capo per ripartire le risorse e per studiare l’impiego secondo il principio del miglior rendimento (cooperazione). In Inghilterra nel 1937 l’ultimo legame terrestre del Royal Naval Air Service (aerei imbarcati sulle portaerei, da noi inesistenti) mutava  a favore della totale indipendenza di Fleet Air Army. In Italia sono conquiste recenti. Non entriamo nel merito e nella polemica di tante altre intuizioni, più o meno realizzabili. Una sicuramente non trovò consensi: far scortare i bombardieri da apparecchi similari in cui il peso delle bombe era stato convertito in blindatura e armi di bordo. Il progresso del volo notturno e ad alta quota, pensionò anticipatamente l’idea. 

   
   
   
   
   

Sue frasi celebri:

The Command of the Air, Douhet
"Victory smiles upon those who anticipate the changes in the character of war, not upon those who wait to adapt themselves after the changes occur." 
"...in qualsiasi società vi saranno sempre dei doveri che esigono di essere compiuti fino alla morte e, dunque, chi sacrifica se stesso per esplicare un dovere è degno di onore...". 
"To conquer the command of the air means victory; to be beaten in the air means defeat." 
"To have the command of the air is to have victory." 

A lui si deve anche la realizzazione del primo Museo dell’Aeronautica avviato nel 1913 a Castel S. Angelo, dove gia si trovava il Museo storico del Genio. In esso venne raccolto tutto il materiale storico relativo all’attività aeronautica in Italia dal 1884 in poi (Sezione Aerostatica nell’ambito della Compagnia del Genio). Nel 1933, dieci anni dopo la creazione dell’Aeronautica Militare come Forza Armata, il materiale storico aeronautico esposto in Castel S. Angelo venne trasferito nelle casermette della Batteria bassa sul Tevere per passare, nel 1939, in una sede più adatta sul lungotevere delle Vittorie. Morì il 4 febbraio 1930 nella sua tenuta della Cecchina presso Albano (Roma). Moris, il suo acerrimo nemico, ricoprì invece tutte le alte cariche fino al grado di Generale di Corpo d’Armata, ma terminò prematuramente la carriera nel 20 per insanabili contrasti sul mantenimento di una forza aerea postbellica. Era un problema che assillava tutti, anche i bersaglieri che non potevano dimettersi.
Anche dopo la su morte il prestigio e le opere del D. continuarono a essere utilizzate da Balbo e dai suoi successori alla testa dell’aeronautica in modo sostanzialmente acritico, senza alcun tentativo di evidenziarne limiti e originalità. Fu quindi valorizzata la sua giusta battaglia per l’affermazione e l’indipendenza dell’aeronautica, ma anche la sua polemica unilaterale contro ogni collaborazione tra forze armate, mentre invece la sua dottrina della guerra aerea, tutta centrata sul ruolo risolutivo del l’aviazione da bombardamento, veniva seguita più a parole che a fatti, come l’esperienza della guerra mondiale avrebbe poi dimostrato. All’estero, soprattutto in Gran Bretagna e negli Stati Uniti, la dottrina della guerra aerea del D. ebbe successo, seguito e non solo.

 

 

 

GIANNI CAPRONI   e Giulio Douhet

General Billy Mitchell (diede il nome a un bombardiere il B25 del raid di Doolittle su Tokyo (quello che con altri parte dal ponte della portaerei e poi atterra in Cina) was not the only forward thinking airmen of the early days of military aviation, nor the only one to have trouble convincing his country of the full potential of the airplane as a military weapon. In Italy, Guilio Douhet fought the same battle with similar results !!!. Mitchell detractors, in fact, were prone to excuse the American visionary as one who had simply learned, then adopted, the ideas and strategies of Douhet. It was no secret that Mitchell admired Douhet and, though he never referred to him in his own writings, he spoke of his ideas in many conversations. He wrote: "They (fighter planes) would be completely wasted in engagements with other fighters because only a few enemy planes are destroyed, no land is captured, and the enemy's will is unaffected. All glory--no results." The operative words for Douhet were "The Enemy's Will", and from that he developed his warfare doctrine of strategic bombing. In more modern vernacular, he believed that the best defense was a strong (aerial) offense: Bomb and destroy the enemy's air force on the ground before they can marshal them against your own forces, and Bomb and destroy your enemy's capability to make war (factories, industrial plants, economic centers). Douhet's vision, though flawed in many ways, was decades ahead of his time. When Douhet wrote Il domino dell'aria in 1921, no nation on earth had long-range bombers capable of the kind of warfare Douhet prophesied. The fact that technology had not caught up to theory did not stop him from continuing to write, or from urging his nation to develop a separate Air Force with air officers capable of directing such warfare when that technology finally caught up. Douhet's outlandish (at that time) ideas also did not prevent the cadre at ACTs from adding a 5-page extract from his book to their files in 1921, or from using a 100-page translation for instruction the following year.

Nato il 3 luglio 1886 a Massone, ora frazione di Arco di Trento, ma allora Comune di Oltresarca (territorio sempre austriaco del Trentino), Gianni Caproni era figlio di Giuseppe (geometra) e Paolina Maini, piccoli possidenti che gli garantiranno una certa agiatezza e quindi la possibilità di un’istruzione. Gianni Caproni frequenta la Realschule di Rovereto e successivamente il Politecnico a Monaco di Baviera, dove consegue la laurea in ingegneria civile nel 1907. Si perfezionerà poi come ingegnere elettrotecnico nel 1908 presso l’Istituto Montefiori di Liegi (qui aveva assistito a una dimostrazione dei fratelli Wright). La passione per le "macchine volanti" si manifestò praticamente da subito, ancora durante gli studi universitari, e in un suo soggiorno a Parigi entrò n contatto con il mondo della tecnologia aeronautica del tempo. In un primo tempo si dedicò al volo degli alianti, perfezionando gli studi di Otto Lilienthal sul volo a vela, ma già dal 1908 si dedicò alla progettazione del suo primo vero aereo. Cercò in Italia i primi finanziatori del suo progetto, ma non incontrò grandi aperture in questo senso e pertanto produsse il primo biplano autonomamente, in collaborazione con il fratello maggiore Federico. Fu Federico a contattare il meccanico Ugo Sandri Tabacchi, rivano e primo collaudatore. "Me fradèl l'ha fàt en laòr che va per aria" (mio fratello ha fatto una cosa che va per aria) diceva mentre contattava i finanziatori approfittando delle conoscenze derivanti dalla sua laurea alla Università Bocconi. Successivamente, nel 1910 si trasferisce prima nella zona della Malpensa e poi a Vizzola Ticino, iniziando la attività di costruzione e collaudo degli aerei contrassegnati dalla sigla "Ca". Fonda anche la Scuola di Aviazione Caproni, che diploma numerosi piloti del tempo. Il 27 Maggio del 1910 vide il primo volo di un “biplano” Caproni pilotato da Tabacchi. Da questa data, si assisterà, alla produzione di aeroplani via via sempre più potenti, grandi, capaci di trasportare pesanti carichi. Anche se le sue macchine collezionavano indifferentemente record e sconfitte (I primi apparecchi non erano stati molto fortunati e anche i modelli presentati al concorso pubblico del 1913 ebbero un'accoglienza sfavorevole) le commesse languivano e la scuola era agli sgoccioli, perché l’amministrazione militare italiana addestrava in proprio i piloti. A metà del 1913 si poteva dire che la Caproni fosse in “forti” difficoltà economiche. In aiuto venne l’unico acquirente possibile, lo stato. La Caproni fu quindi salvata, dopo un tentativo fallito dell’industriale Luigi Fiaccanoni, dal Ministero e il suo direttore, che era ritenuto un tecnico eccellente, nonostante gli insuccessi, fu assunto in servizio tra i funzionari civili. Si diede così l'avvio alla ricerca di un aeroplano di tipo italiano per il quale il Ministero impegnò circa 30.000 lire. Qui entra in campo Douhet, comandante del Battaglione Aviatori, che fornisce idee e specifiche che Caproni mette in pratica. Nasce il progetto del trimotore ca 300 poi ca3, utilizzabile come bombardiere. Nel dicembre del 1914 l'apparecchio venne collaudato senza che il Ministero ne fosse al corrente. L’Ispettore dell’aeronautica Generale Maurizio Moris aveva già insindacabilmente bocciato il progetto. Tanto bastava per sollevare a fine 1914 Douhet dall’incarico e Caproni dalla progettazione e dallo stipendio. Alla vigilia della guerra l’unico aereo valido era però sempre e solo quello, contro il quale l’invidioso Moris aveva così tramato “..tecnicamente sbagliato e militarmente inutile”.SeveriniMentre il Ministero passava le commesse e Douhet veniva promosso colonnello (ma aveva fatto 2 mesi di casa di cura per esaurimento nervoso), una nuova sigla sociale si sostituì a Caproni, la "Società per lo sviluppo dell'aviazione Italia" (SSAI), cui venne dato in affitto lo stabilimento di Vizzola Ticino. Perfino l' Aeronautica Militare Americana userà questi bombardieri per formare il suo primo squadrone nel 1918 (Caproni, trentino irredento figurava sull'elenco austriaco dei "traditori" insieme a Cesare Battisti e Nazario Sauro e, come loro, candidato alla pena capitale; ma ricevette anche allettanti proposte negli anni antecedenti il conflitto per ritornare in Austria a fare quello che in Italia non riusciva utile). Le industrie Caproni utilizzeranno le ampie capacità produttive e tecnologiche, in parecchi altri campi come nei motori marini, industriali e in campo automobilistico collaborando con l' Isotta Fraschini. Lo sviluppo della produzione in serie di aeroplani subì invece un arresto tecnologico fra le due guerre. Va comunque menzionato il record di altezza con 17.083 m del 1938 conquistato da Mario Pezzi con un CA-161/bis ad elica dotato di motore Piaggio a pistoni e la realizzazione del primo aereo a reazione italiano, Caproni Campini CC2 del 1940 che volò nel 41 sul percorso Milano Guidonia. In oltre quarant'anni di attività registrò a suo nome 160 brevetti relativi e nuovi modelli di aereo o innovazioni tecniche di rilievo. Dopo il 25 aprile del 1945 Gianni Caproni viene accusato di aver favorito il regime fascista e di aver collaborato con l’occupante germanico. Caproni rimane latitante e perciò viene estromesso dalla direzione delle sue imprese; nel 1946 viene assolto ancora in fase istruttoria per non aver commesso i reati imputatigli. Così nel 1946 provvede ad una riorganizzazione delle sue attività produttive, diversificandole ed adattandole ad una economia di pace e di mercato: oltre alle officine aeronautiche, l'Aermacchi e la Agusta.(M.V), ci sono quelle per la produzione di autoveicoli, di macchine tessili ed agricole; ha stabilimenti di biciclette e motorini (Capriolo), di materiale ferroviario, cantieri navali; non mancano industrie di materiale elettrico, industrie chimico-faramceutiche, industrie minerarie ed estrattive. Fra il 1947 ed il 1951 Caproni tenta in tutti i modi di trovare dei finanziatori e lo fa girando in tutto il mondo, dalla Francia agli Stati Uniti ad Israele al Vaticano e all’Unione Sovietica, ma invano: dal 1951 cominciano le cessioni che culminano con la liquidazione dell’Aero Caproni di Trento del 1955. Gianni Caproni, muore a Roma il 19 ottobre del 1957. ,

LA GUERRA

 Nella seconda metà degli anni trenta il gruppo è un vasto complesso industriale (Motori marini Carraro, l’Isotta Fraschini, i Cantieri aeronautici bergamaschi, le Officine meccaniche italiane di Reggio Emilia....) parzialmente autosufficiente e capace di dare vita ad un ciclo di produzione completo.La dichiarazione di guerra del 10 giugno 1940, che personalmente Caproni aveva osteggiato, vede una produzione a carattere quasi esclusivamente bellico, anzi sotto l’impulso della guerra si riesce ad ottenere un forte accrescimento produttivo. È da notare che comunque la produzione non raggiunge mai la massima potenzialità a causa soprattutto delle forti difficoltà di approvvigionamento da un lato e dai bombardamenti a stabilimenti e vie di comunicazione (ad esempio il bombardamento del 19 luglio 1943 distrugge completamente lo stabilimento aeronautico situato a Roma). Dopo l’8 settembre gli stabilimenti che si trovano in territorio occupato dai tedeschi sono dichiarati ‘protetti’ e messi sotto stretta sorveglianza.

http://www.afnews.net/tintin/aerei/index.htm  vecchie glori

L'AEREO DELLE MERAVIGLIE 

http://www.aerei-italiani.net/Storici.htm 
http://www.cronologia.it/storia/biografie/caproni.htm 
 
http://www.aerei-italiani.net/Liste/aereitradueguerre.htm 

L'idrovolante "Transaereo" Caproni Ca 60  9 ali, 8 motori, lungo 23 metri e mezzo, peso a vuoto 17 tonnellate venne da lui progettato per ospitare 100 passeggeri. Già nel 1921 aveva previsto lo sviluppo inevitabile dell'aviotrasporto. Ben 160 i suoi brevetti. Il gigantesco idrovolante sembrava una cattedrale e impressionò il mondo. Purtroppo il prototipo andò distrutto dopo essersi levato in volo, a seguito di un banale errore di manovra. Maria Fede, figlia di Gianni, rievoca lo stato d'animo di allora: - "Mio padre era convinto che in avvenire la gente si sarebbe servita dell'aereo come del treno e che pertanto era necessario predisporre tempestivamente i mezzi idonei". http://digilander.libero.it/dbmontello/Cartolinemanifesti.html  


Edward Davis Lewis, Edizione LoGisma 2002. 
Dear Bert, An American pilot flying in World War I in Italy

George M.D. Lewis was one of 400 American pilots trained at Foggia, Italy, in 1917-18, under Capt. Fiorello H. LaGuardia. In July 1918, he copiloted the first American flight across the Alps. During service and travels in Italy and France he encountered personalities of the time, inlcuding Gianni Caproni, Luigi Rizzo and Ernest Hemingway. Lewis’ photographs, dated journal entries, and excerpts from his letters to his sweetheart, Bert Harsch, shed new light on the glamorous era of World War I aviation. (La storia dei "foggiani" vista attraverso un eccellente e inedito album fotografico di un componente del gruppo di piloti americani capitanati da Fiorello La Guardia. La storia di una collaborazione italo-americana nella Prima Guerra Mondiale e degli squadroni di bombardieri Caproni).

Da Anpi Roma- La Caproni rappresenta un caso particolare, ma non il solo di quegli anni. Un piccolo laboratorio gestito dai fratelli Caproni diventò nel corso del conflitto bellico una delle più importanti se non la più importante industria nel nascente settore aeronautico. La Caproni riusci come molte altre industrie ad ottenere dallo stato garanzie, anticipazioni ed esclusione delle imposte sui sovraprofitti di guerra. Ma ci furono anche pesantissime critiche sul lavoro della fabbrica aeronautica che non si spensero neppure nel 1917 quando fu istituito il commissariato generale dell’aeronautica, ufficialmente per dare vigore e ordine allo sforzo di costruzioni, in realtà per limitare le voci di favoritismi e sperperi che si diffondevano. Nel solo 1918 la Caproni avrebbe dovuto consegnare 1 aereo al giorno a partire dal 1 aprile; in ottobre ne aveva costruito solo una trentina. E' anche vero che i migliori operai li avevamo mandati in Francia a costruire Caproni per i Francesi (mentre i francesi ci vendevano i loro aerei scarsi, sicuramente tangentando, ma questa non è l'opinione dell'Anpi).

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