PICCOLE STORIE DIARI MINIMI
Guerra e Rivoluzione
LA RIVOLTA DI
ANCONA DEL 1920
Proletari e sovversivi: i moti popolari
ad Ancona nei ricordi di un sindacalista (1909-1924) di Mario Alberto
Zingaretti
a cura di P.R. Fanesi e M. Papini, Il
Lavoro Editoriale, Ancona, 1992, pp. 49-segg.
Lettera di D'Annunzio ai
Bersaglieri: per leggere il documento qui
a fianco
http://digilander.libero.it/fiammecremisi/approfondimenti/dannunzio.htm
|
|
(…) dopo poco, quasi subito,
arrivammo alla "rivolta dei bersaglieri", che fu un fatto di grande importanza,
ma anche, nello stesso tempo, la dimostrazione della mentalità delle forze di
Ancona, di quella volta, forze popolari caotiche, senza direzione, che non
volevano sentir parlare di coordinamento, di dirigenza, di responsabilità: era
l’educazione che si dava in seno all’anarchia. Infatti era venuto un
piroscafo ad Ancona per portare i bersaglieri a Vallona, dove c’era una
questione di principio tra l’Italia e l’Albania. Di tutta la propaganda che si
era fatta durante la guerra e subito dopo la guerra, in mezzo alla popolazione,
era logico che ne risentissero anche i militari. E quindi fu chiaro ed evidente
che quando si dovette partire per l’Albania, questi bersaglieri non sentirono lo
spirito di corpo per andare di nuovo a fare la guerra. Non credo che fossero
tutti dello stesso parere, però c’era un gruppetto di bersaglieri che, venendo
fuori la sera dalla caserma, stava a contatto con la popolazione, e, certamente,
influivano su questi i discorsi della gente. Alcuni di questi si chiamavano
Casagrande, Rossi, Tommassini ed erano tutti simpatizzanti socialisti.
………
La sera i bersaglieri suonavano la fanfara a Piazza Roma; in mezzo alla fanfara,
hanno poi detto le autorità, si sono infiltrati elementi della popolazione, tra
i quali Zingaretti, che hanno approfittato della confusione per entrare nella
caserma. A chiunque mi chiese informazioni in proposito, risposi sempre di non
saperne assolutamente nulla. La mattina mi svegliai a casa e mi venne detto da
uno che abitava nella mia stessa via che si erano ribellati i bersaglieri, che
c’era uno sciopero e di conseguenza i tram non uscivano.
Allora mi vestii per andare fuori a vedere; per la strada incontrai gente che
tornava dal lavoro, perché non aveva preso posto e molti mi dissero che i
bersaglieri si erano ribellati, che erano usciti con i carri armati (camion),
che avevano sparato lungo via Matteotti, a quel tempo via Farina, e che c’erano
stati due morti fatti dai bersaglieri, perché la polizia si era messa di fronte
a loro, ma certamente non era tutta la verità quella che si raccontava.
Arrivai alla Camera del lavoro invasa dagli operai che chiedevano che cosa si
dovesse fare. Io risposi di avere pazienza, di aspettare la venuta di qualche
altro dirigente responsabile, per vedere che cosa si potesse fare, per sapere
chiaramente cosa fosse successo, anche perché c’era chi la raccontava in un modo
e chi in un altro. Infatti seppi che i bersaglieri lungo via Farina incontrarono
degli inciampi con i carabinieri e con i poliziotti, i quali mettevano dei
bastoni fra le ruote dei camion per fermarli; quindi sembra che i bersaglieri
abbiano sparato e qualcuno morì. Arrivarono fino a Piazza Roma, poi alcuni
volevano andare per il corso e arrivare al porto, ma qualcuno ha detto che i
poliziotti e i carabinieri non lo hanno permesso, perché cercavano di dissuadere
questi bersaglieri ribelli. Infine si ritirarono in caserma e verso le dieci
tutti i bersaglieri che si erano ribellati si erano ritirati in caserma. Gli
ufficiali vennero messi nelle celle di punizione che stanno nel fianco sinistro
della caserma Villarey. Io dico francamente che forse, se fossi entrato davvero
nella caserma la sera per incitare i bersaglieri alla rivolta, potrebbe darsi
che le cose sarebbero andate al senso inverso, poiché c’era il senso di
responsabilità.
Intanto, alla Camera del lavoro, piena di operai, giunsero altri: Sorgoni, che
allora era il segretario responsabile, l’avvocato Roia che faceva parte del
Partito socialista ed era uno dei propagandisti (erano due fratelli che
parlavano molto bene), poi vennero ancora l’avvocato Marinelli, il dottor
Pergoli, diversi repubblicani, diversi anarchici e socialisti.
………..
Intanto
fra di noi ragionammo su che cosa si sarebbe dovuto fare, ma già in giro si
diceva che i bersaglieri erano rientrati in caserma e che la partita era chiusa.
Noi restammo indifferenti allo spettacolo che si presentava: la gente andava
armata, i poliziotti erano arrivati fino a Porta Pia. Quelli che avevano i
fucili nelle mani spararono da Porta Pia uccidendo un commissario e ferendo due
poliziotti, poi se ne tornarono indietro. Allora, gli anarchici, che erano
accorsi già verso l’Aspio, vennero su con una mitragliatrice, piantandola sotto
Porta Pia; poi venne un soldato dell’Aspio che era un mitragliere e maneggiava
molto bene la mitragliatrice. ……..
Fino alla sera tardi il mitragliere sotto Porta Pia fu sempre attivo, sparando
quasi sempre; poi gli portarono da bere e quindi era un po’ ubriaco. E fino
verso le sette e mezzo, le otto, forse anche le otto e mezzo funzionò la
mitragliatrice; dopo le otto e mezza fu spostata più in giù, indietro, fin verso
i primi archi; tutti i negozi erano chiusi, così pure le finestre. Poco dopo mi
ritrovai con Corneli e insieme parlammo. Ci chiedemmo: "Che cosa facciamo?". Non
lo sapevamo. "La libertà la fa l’anarchia, adesso vedremo se sarà capace di
farla, se sarà capace di mettersi in condizione di venir fuori con qualche cosa
di concreto!".
Intanto lassù a Villarey gli ufficiali erano andati fuori, tutti, dalla caserma,
per andare ai Cappuccini e, con un megafono, chiamavano i soldati a ricordarsi
della patria; dicevano che non sarebbe stato punito nessuno, che era stato un
momento di incapacità delle stesse autorità che non avevano compreso la volontà
dei soldati. E questi soldati erano un po’ propensi, poiché gli ufficiali che
erano stati dentro le celle erano venuti fuori e la mitragliatrice che stava
davanti alla finestra, sopra il portone della Villarey, era stata riportata
dentro. Di conseguenza, dopo il ritiro, c’era qualche caso di gente sfiduciata
che non aveva trovato tutta quella solidarietà che avrebbe voluto trovare
immediatamente, ma che invece trovò dopo, perché la ribellione avvenne dopo la
ritirata dei bersaglieri. Intanto Rossi, Tommassini e Casagrande erano saltati
dalle finestre e avevano tagliato la corda; difatti erano venuti qui verso il
Piano San Lazzaro e qualcuno venne in casa di Franchini, mi pare fosse
Casagrande.
Durante la notte nessuno dormì tranquillo, perché si sentivano gli spari,
continuamente; infatti erano venuti rinforzi di guardie regie da Pescara, da
tutte le parti delle Marche e, con le torpediniere, erano state portate qui ad
Ancona. fu allora che ci furono parecchi morti: la mitragliatrice, sotto Porta
Pia, fece un po’ man bassa delle guardie regie che sbarcavano alla banchina del
porto. Dalla parte del forte dei Cappuccini si sparò sulla mitragliatrice,
colpendo una colonna invece del giusto obiettivo. Insomma avevano portato molti
rinforzi: non potevano fare altrimenti. Dall’altra parte, i rivoltosi cercarono
di non far partire i treni, ma, poiché ne partì uno, lo sabotarono e ci fu
qualche morto.
……..
La mattina, intanto, proseguiva l’accerchiamento del Piano San Lazzaro, della
Palombella, ecc., con spari di cannone da tutte le parti. Era giunto, nel
frattempo, l’on. Bocconi che veniva da Roma. Non mi ricordo con che mezzo venne,
però mi ricordo che lo incontrammo al Piano San Lazzaro, dove gli parlammo di
quello che era successo e delle condizioni in cui ci trovavamo. Lui disse: "Cosa
vuoi fare, se questi sono pazzi faranno quello che vogliono". Tanto è vero che
si cominciò a sparare qua al Piano e anche verso il manicomio e lui per un pelo
non fu buscherato da una cannonata verso il manicomio. Intanto le forze di
polizia si avvicinavano al Piano San Lazzaro, perché la mitragliatrice era stata
portata qui, durante la notte, nella piazza, dove c’era una cancellata di ferro,
per il posto di passaggio e si entrava in città dopo aver pagato il dazio. La
gente cercava di svignarsela, chi in una maniera che nell’altra andava via,
andava lontano, perché indubbiamente aveva saputo che in città erano stati fatti
molti arresti; tutti i presunti sovversivi erano stati arrestati. Noi dicemmo:
"Che cosa facciamo? Restiamo qui, ci facciamo arrestare pure noi?". In realtà
non eravamo di questo parere e decidemmo di allontanarci. Trovammo due
anarchici, Mario Moccheggiani ed Ercolano Cinti, poi c’ero io, Corneli e gli
altri. Verso le otto, le nove di sera cominciammo a camminare ed arrivammo al
Ghettarello.
…………………
Ci incamminammo poi per andare a Camerano, arrivammo all’Aspio dove andammo da
un compagno calzolaio e a questi chiedemmo della situazione, se ci fosse
qualcosa di nuovo, se avesse saputo niente. Lui ci rispose che mezza Ancona era
stata arrestata e che i carabinieri bastonavano a rotta di collo, perché avevano
avuto parecchi militi feriti, alcuni anche morti. Quindi questo compagno ci
disse: "Dove volete andare adesso?" "Verso Camerano" – rispondemmo noi. – "Sì,
verso Camerano, ma bisogna che passiate per i campi, per la strada non è
prudente, perché spesso passano i camion dei carabinieri". "Andremo lungo i
campi". "Però – ci disse – vedete lassù quel contadino? Presso di lui ci sono
dei bersaglieri che lo stanno aiutando. Non so perché ma questi soldati stanno
da lui. Sono venuti giù questa mattina, si sono messi lì, con il contadino,
aiutandolo a battere". "Cosa dici tu?" – chiedemmo rivolgendoci al calzolaio. –
"Vi dico che non so, resto meravigliato. Quindi bisogna che voi facciate in modo
da non passare lungo la strada dove si trovano questi bersaglieri che aiutano il
contadino, ma molto più in là, in maniera da poter trovare la strada per
Camerano".
Perciò
passammo più in là, evitando il punto in cui si trovavano il contadino e i
bersaglieri. Però ci fu qualche cosa che non andò bene. So che andammo lungo la
strada e ad un certo punto vedemmo questi bersaglieri scagliarsi contro di noi,
venir giù. Noi restammo meravigliati;
ci buttammo in un canneto, ma i
bersaglieri cominciarono a sparare verso il luogo dove ci eravamo buttati, cioè
il canneto, mentre gridavano: "Sempre più in basso, più basso, perché questi si
sono buttati a terra". E noi eravamo in mezzo al canneto, dove avevamo trovato
quei fossetti che fa il contadino fra un solco e l’altro del grano. Ci eravamo
sdraiati lì per terra e le pallottole cominciavano ad arrivare per davvero,
mentre sentivamo che il tenente diceva: "Avanti, avanti che li troviamo!" Noi
dicemmo: "Cosa vogliamo fare, ci vogliamo far ammazzare qui? Diciamo che siamo
qui, vedremo no!" E difatti: "Siamo qui, siamo qui" ci siamo messi a gridare.
Quindi quelli fecero: "Fuori con le mani in alto, con le mani in alto!" Noi con
le mani in alto uscimmo.
I bersaglieri ci portarono quindi via chiedendoci: "Ci dite perché vi siete
nascosti qua dentro?" "E perché voi ci avete sparato? Noi abbiamo visto che
venivate contro di noi e, non sapendo perché, per quale ragione, ci siamo
buttati qui", "Allora vuol dire che dovete rispondere di qualche cosa!" "Non
dobbiamo rispondere di nulla". Facemmo noi. "E perché siete scappati da Ancona?"
Incalzavano essi. "perché arrestavano tutti – rispondemmo noi – e noi volevamo
evitare l’arresto!".
Ci arrestarono e ci portarono alla caserma dell’Aspio, dove c’è l’Aviazione. In
un primo tempo avevamo sete e loro ci diedero da bere, poi ci presero le
generalità. "Professor Albano Corneli. Ah, lei è professore" disse la guardia.
"Si", rispose Corneli. Noi altri, invece, non avevamo nessun professorato e
quindi il professore fu messo da una parte, mentre noi fummo messi da un’altra,
tutti e tre insieme. E’ evidente che loro fecero sapere ad Ancona che
avevano arrestato noi. Nella città, per l’arresto nostro, ci fu un diavolerio,
nel senso che erano stati arrestati i responsabili della rivolta, i capi della
rivolta. Eravamo diventati i capi della rivolta senza saperlo.
- Revolta dels
Bersaglieri: El 26 de juny de 1920 esclata a Ancona (Itàlia) l'anomenada «Revolta
dels Bersaglieri». Els fets van començar quan l'11 Regiment del Cos dels
Bersaglieri --un cos especial d'infanteria de l'Exèrcit italià-- de la caserna
Villarey d'Ancona es va pronunciar negant-se a partir cap a l'expedició bèllica
d'Albània --aventura imperialista del govern de Giolitti--, desobeint l'ordre d'embarcament.
L'aixecament va ser qualificat de «revolta anàrquica», ja que els militants
anarcosindicalistes de la localitat es van afegir al pronunciament i li van
donar un caire insurreccional. Un dels caps de la revolta va ser el militant
anarquista Antonio Cieri. Un cop engegada la insurrecció es van sumar, en menor
mesura, escamots d'«Arditi del Popolo», de republicans, de socialistes i de
comunistes. Els soldats, que van rebutjar obeir les ordres alhora que es negaven
a sortir de la caserna, van confraternitzar amb els obrers que van entrar a sac
al recinte militar i es van apropiar de les armes. A continuació es va produir
una batalla, amb metralletes i canons de 75, entre els carrabiners, la policia i
la Guàrdia Reial contra els insurgents, que finalment van ocupar una part de la
ciutat. Tres dies després, la revolta va ser sufocada a sang i foc, amb
nombrosos morts i ferits, quan tropes de reforç fidels al govern vingudes del
centre de la península van actuar, amb la desafecció dels grups republicans, que
no volien reproduir els fets revolucionaris de la «Setmana Roja». En els fets,
van ser detingudes 500 persones. La notícia de la insurrecció es va escampar
ràpidament per tota Itàlia gràcies als militants anarcosindicalistes ferroviaris.
La «Revolta dels Bersaglieri» és un clar exemple d'«expontaneisme revolucionari».
E quinte, venne un
ordene che nella città di Ancona ha scoppiato una revolta, e in tutte li cetà
d'Italia c'era l'inferno. Ma, però, nella città di Ancona ci fu una vera
revolozione, perché si hanno messo di acordio i soldate con li borchese. Ed ecco
come forino i fatte: che ad Ancona c'era uno reggemento di bersegliere, quase
tutte del 99 (della stessa mia età) e tutte che avevino fatto la querra e
avevino fatto 4 anne di soldato, e certo che aspetavino il congedo! E invece del
concedo li stavino imparcanto per antare a fare il soldato in Arbenia. E queste
brave e malantrine soldate bersegliere non ci volevino antare, poi che sapevino
che la nave era pronto nel porto di Ancona. E quinte, tutte hanno detto come
dessero nel Piave: «Di qui non si passa» alli austriece, e non passareno. E così
hanno detto ad Ancona queste bersagliere tra di loro: «Noi non antiammo in
Arbenia, che c'ene la malaria».
E alla sera quardavino il mare, e la nave era pronte per partire. E quinte,
hanno preparato il piano come dovevino fare per non partire.
Così, alla sera, come se ne suno antate alla libra uscita, si hanno portato
fuore tutte i vestite di bersagliere impiù che avevino, perché d'ogni soldato
bersagliere avevano 2 vestite. E così, antavino dalle borchese revolozinarie e
ci davino uno vestito per vestirese bersagliere, e li soldate se vestevino di
borchese e li borchese deventavino bersagliere. E così, quanto revavo l'orario
della retrada, invece di entrare i vero bersagliere, rientravino li farse
bersagliere borchese. E così, quella sera, la caserma si arreimpito piena di
revolozinarie. E quinte, li soldate che dovevino partire erino più di 1.500, ma
li borchese non erino 1.500, erino radopiate. Quinte, erino 3.000, tutte armate.
E così, verso li ore 10, quanto il tenente di servizio doveva chiamare la pello
per vedere che ancora non zi aveva retrado, queste revolozinarie, per il primo,
hanno preso al tenente e il sercente e tutte li soldate che facevino li
sentenelle, ci hanno tapato la bocca, li hanno portato imprecione e hanno fatto
uscire a tutte li pricioniere.
E così, la quardia, la facevino li borchese che
erino i finte bersegliere, mentre i vero bersagliere erino fuore con la sua
donna. E così, nella caserma, tutte li demostrante si hanno armato come meglio
potevino: perché, nella caserma, arme ce n'erino tante, e assaie mitraglie,
magare c'erino tanta monezione della querra e poi che c'erino tutte li arme che
si dovevino portare in Arbania. E queste arme l'hanno portato fuore.
E così, Ancona si ha trovato tutta ammano dei sociale comuniste. Che il coverno
italiano non era più padrone della cità di Ancona. Magare tutte li nave che c'erino
nel porto erino tutte con li bantiere rosse. Il municipio era tutto rosso. Certo
che tutte queste finte bersagliere erino tutte echise soldata che avevino fatto
la querra e sapevino bene sparare. E quinte, soldate e borchese erino tutte uno.
E così, l'ordene che venne, non a Ferenze solo, ma per tutte li cità vicino
Ancona, fu per antarece soldate a compattere in questa città di Ancona. E
quinte, queste soldate che ci dovevino antare, li prentevino della prima lettera
dell'ordine alfabetico e fenevino nella lettra della «emme». Quinte io, per mia
mala sfortuna, mi hanno chiamato il primo! Ed era per questo che la mia brutta
vita era sempre arrabiata, perché sempre penzava di fareme bello e invece mi
faceva tanto male, perché era nato per bistimiare sempre.
Vincenzo Rabito
http://www.archiviodiari.it/pagine/rabito.html
Torna
all'indice delle curiosità
|