Logo Giovanna             

         Sito di sr. Giovanna della Congregazione delle Mantellate Serve di Maria

 

Sant'Agostino Vescovo e dottore della Chiesa

NOSTRO LEGISLATORE
28 agosto - FESTA
Tagaste (Numidia), 13 novembre 354
Ippona (Africa),  28 agosto 430

Educato nella fede, ebbe una giovinezza dissipata finché non lesse l'Ortensio di Cicerone che lo riaccostò alla vita dello spirito. Fu attratto dal manicheismo ma l'incontro con Sant'Ambrogio, da cui fu battezzato, lo riportò alla fede. Tornato penitente in Africa dopo la morte della madre, fu ordinato sacerdote e vescovo di Ippona. Filosofo, teologo, mistico, oratore e sommo polemista(parte della sua vita fu dedicata alla lotta contro l'eresie), a lui si deve la prima sintesi tra Filosofia e Fede, che dimostra come sia possibile un perfetto accordo tra la città terrena e la città celeste. In un mondo come quello attuale, in cui la città terrena sembra essere in contrasto con quella celeste, il suo messaggio è ancora un monito e una speranza per l'umanità.

 
 
 
Pagina di animazione missionaria  
 
 
Link a siti della stessa Famiglia religiosa o interessanti  
 
 
  Da www.santiebeati.it 
 

LITURGIA DEL GIORNO

Iscrizione all'elenco degli amici del Sito   Patrono dei Teologi, Stampatori    
N.B. Questo non è il sito ufficiale della mia Congregazione:  è il Sito "secondo me".   La Web Master      
 

      Etimologia: Agostino = dal latino: piccolo venerabile
      Emblema: Bastone pastorale, Libro, Cuore di fuoco

Agostino è uno degli autori di testi teologici, mistici, filosofici, esegetici, ancora oggi molto studiato e citato;
egli è uno dei Dottori della Chiesa come ponte fra l'Africa e l'Europa; il suo libro le “Confessioni” è ancora oggi ricercato, ristampato, letto e meditato.
Tardi ti ho amato, bellezza tanto antica e tanto nuova, tardi ti ho amato. Ed ecco che tu stavi dentro di me e io ero fuori e là ti cercavo…. Ti ho gustato e ora ho fame e sete di te. Mi hai toccato e ora ardo dal desiderio di conseguire la tua pace”; così scrive Agostino Aurelio nelle “Confessioni”, perché la sua vita fu proprio così in due fasi: prima l'ansia inquieta di chi, cercando la strada, commette molti errori; poi imbroccata la via, sente il desiderio ardente di arrivare alla meta per abbracciare l'amato.
Agostino Aurelio nacque a Tagaste nella Numidia in Africa il 13 novembre 354 da una famiglia di classe media, di piccoli proprietari terrieri, il padre Patrizio era pagano, mentre la madre Monica, che aveva avuto tre figli, dei quali Agostino era il primogenito, era invece cristiana; fu lei a dargli un'educazione religiosa ma senza battezzarlo, come si usava allora, volendo attendere l'età matura.
Ebbe un'infanzia molto vivace, ma non certamente piena di peccati, come farebbe pensare una sua frase scritta nelle “Confessioni” dove si dichiara gran peccatore fin da piccolo. I peccati veri cominciarono più tardi; dopo i primi studi a Tagaste e poi nella vicina Madaura, si recò a Cartagine nel 371, con l'aiuto di un facoltoso signore del luogo di nome Romaniano; Agostino aveva 16 anni e viveva la sua adolescenza in modo molto vivace ed esuberante e mentre frequentava la scuola di un retore, cominciò a convivere con una ragazza cartaginese, che gli diede nel 372, anche un figlio, Adeodato.
Questa relazione sembra che sia durata 14 anni, quando nacque inaspettato il figlio; Agostino fu costretto, come si suol dire, a darsi una regolata, riportando la sua condotta inconcludente e dispersiva, su una più retta strada, ed a concentrarsi negli studi, per i quali si trovava a Cartagine.
Le lagrime della madre Monica, cominciavano ad avere un effetto positivo; fu in quegli anni che maturò la sua prima vocazione di filosofo, grazie alla lettura di un libro di Cicerone, l'”Ortensio” che l'aveva particolarmente colpito, perché l'autore latino affermava, come soltanto la filosofia aiutasse la volontà ad allontanarsi dal male e ad esercitare la virtù.
Purtroppo la lettura della Sacra Scrittura non diceva niente alla sua mente razionalistica e la religione professata dalla madre gli sembrava ora “una superstizione puerile”, quindi cercò la verità nel manicheismo.
Il Manicheismo era una religione orientale fondata nel III secolo d.C. da Mani, che fondeva elementi del cristianesimo e della religione di Zoroastro, suo principio fondamentale era il dualismo, cioè l'opposizione continua di due principi egualmente divini, uno buono e uno cattivo, che dominano il mondo e anche l'animo dell'uomo.
Ultimati gli studi, tornò nel 374 a Tagaste, dove con l'aiuto del suo benefattore Romaniano, aprì una scuola di grammatica e retorica, e fu anche ospitato nella sua casa con tutta la famiglia, perché la madre Monica aveva preferito separarsi da Agostino, non condividendo le sue scelte religiose; solo più tardi lo riammise nella sua casa, avendo avuto un sogno premonitore, sul suo ritorno alla fede cristiana.
Dopo due anni nel 376, decise di lasciare il piccolo paese di Tagaste e ritornare a Cartagine e sempre con l'aiuto dell'amico Romaniano, che egli aveva convertito al manicheismo, aprì anche qui una scuola, dove insegnò per sette anni, purtroppo con alunni poco disciplinati.
Agostino però tra i manichei non trovò mai la risposta certa al suo desiderio di verità e dopo un incontro con un loro vescovo, Fausto, avvenuto nel 382 a Cartagine, che avrebbe dovuto fugare ogni dubbio, ne uscì non convinto e quindi prese ad allontanarsi dal manicheismo.
Desideroso di nuove esperienze e stanco dell'indisciplina degli alunni cartaginesi, Agostino resistendo alle preghiere dell'amata madre, che voleva trattenerlo in Africa, decise di trasferirsi a Roma, capitale dell'impero, con tutta la famiglia.
A Roma, con l'aiuto dei manichei, aprì una scuola, ma non fu a suo agio, gli studenti romani, furbescamente, dopo aver ascoltate con attenzione le sue lezioni, sparivano al momento di pagare il pattuito compenso. Subì una malattia gravissima che lo condusse quasi alla morte, nel contempo poté constatare che i manichei romani, se in pubblico ostentavano una condotta irreprensibile e casta, nel privato vivevano da dissoluti; disgustato se ne allontanò per sempre.
Nel 384 riuscì ad ottenere, con l'appoggio del prefetto di Roma, Quinto Aurelio Simmaco, la cattedra vacante di retorica a Milano, dove si trasferì, raggiunto nel 385, inaspettatamente dalla madre Monica, la quale conscia del travaglio interiore del figlio, gli fu accanto con la preghiera e con le lagrime, senza imporgli nulla, ma bensì come un angelo protettore.
E Milano fu la tappa decisiva della sua conversione; qui ebbe l'opportunità di ascoltare i sermoni di s. Ambrogio che teneva regolarmente in cattedrale, ma se le sue parole si scolpivano nel cuore di Agostino, fu la frequentazione con un anziano sacerdote, san Simpliciano, che aveva preparato s. Ambrogio all'episcopato, a dargli l'ispirazione giusta; il quale con fine intuito lo indirizzò a leggere i neoplatonici, perché i loro scritti suggerivano “in tutti i modi l'idea di Dio e del suo Verbo”.
Un successivo incontro con s. Ambrogio, procuratogli dalla madre, segnò un altro passo verso il battesimo; fu convinto da Monica a seguire il consiglio dell'apostolo Paolo, sulla castità perfetta, che lo convinse pure a lasciare la moglie, la quale secondo la legge romana, essendo di classe inferiore, era praticamente una concubina, rimandandola in Africa e tenendo presso di sé il figlio Adeodato (ci riesce difficile ai nostri tempi comprendere questi atteggiamenti, così usuali per allora).
A casa di un amico Ponticiano, questi gli aveva parlato della vita casta dei monaci e di s. Antonio abate, dandogli anche il libro delle Lettere di S. Paolo; ritornato a casa sua, Agostino disorientato si appartò nel giardino, dando sfogo ad un pianto angosciato e mentre piangeva, avvertì una voce che gli diceva ”Tolle, lege, tolle, lege” (prendi e leggi), per cui aprì a caso il libro delle Lettere di S. Paolo e lesse un brano: “Comportiamoci onestamente, come in pieno giorno: non in mezzo a gozzoviglie e ubriachezze, non fra impurità e licenze, non in contese e gelosie. Rivestitevi del Signore Gesù Cristo e non seguite la carne nei suoi desideri” (Rom. 13, 13-14).
Dopo qualche settimana ancora d'insegnamento di retorica, Agostino lasciò tutto, ritirandosi insieme alla madre, il figlio ed alcuni amici, ad una trentina di km. da Milano, a Cassiciaco, in meditazione e in conversazioni filosofiche e spirituali; volle sempre presente la madre, perché partecipasse con le sue parole sapienti.
Nella Quaresima del 386 ritornarono a Milano per una preparazione specifica al Battesimo, che Agostino, il figlio Adeodato e l'amico Alipio ricevettero nella notte del sabato santo, dalle mani di s. Ambrogio.
Intenzionato a creare una Comunità di monaci in Africa, decise di ritornare nella sua patria e nell'attesa della nave, la madre Monica improvvisamente si ammalò di una febbre maligna (forse malaria) e il 27 agosto del 387 morì a 56 anni. Il suo corpo trasferito a Roma si venera nella chiesa di S. Agostino, essa è considerata il modello e la patrona delle madri cristiane.
Dopo qualche mese trascorso a Roma per approfondire la sua conoscenza sui monasteri e le tradizioni della Chiesa, nel 388 ritornò a Tagaste, dove vendette i suoi pochi beni, distribuendone il ricavato ai poveri e ritiratosi con alcuni amici e discepoli, fondò una piccola comunità, dove i beni erano in comune proprietà.
Ma dopo un po' l'affollarsi continuo dei concittadini, per chiedere consigli ed aiuti, disturbava il dovuto raccoglimento, fu necessario trovare un altro posto e Agostino lo cercò presso Ippona.
Trovatosi per caso nella basilica locale, in cui il vescovo Valerio, stava proponendo ai fedeli di consacrare un sacerdote che potesse aiutarlo, specie nella predicazione; accortasi della sua presenza, i fedeli presero a gridare: “Agostino prete!” allora si dava molto valore alla volontà del popolo, considerata volontà di Dio e nonostante che cercasse di rifiutare, perché non era questa la strada voluta, Agostino fu costretto ad accettare.
La città di Ippona ci guadagnò molto, la sua opera fu fecondissima, per prima cosa chiese al vescovo di trasferire il suo monastero ad Ippona, per continuare la sua scelta di vita, che in seguito divenne un seminario fonte di preti e vescovi africani.
L'iniziativa agostiniana gettava le basi del rinnovamento dei costumi del clero, egli pensava: “Il sacerdozio è cosa tanto grande che appena un buon monaco, può darci un buon chierico”. Scrisse anche una Regola, che poi nel IX secolo venne adottata dalla Comunità dei Canonici Regolari o Agostiniani.
Il vescovo Valerio nel timore che Agostino venisse spostato in altra sede, convinse il popolo e il primate della Numidia, Megalio di Calama, a consacrarlo vescovo coadiutore di Ippona; nel 397 morto Valerio, egli gli successe come titolare.
Dovette lasciare il monastero e intraprendere la sua intensa attività di pastore di anime, che svolse egregiamente, tanto che la sua fama di vescovo illuminato si diffuse in tutte le Chiese Africane.
Nel contempo scriveva le sue opere che abbracciano tutto il sapere ideologico e sono numerose, vanno dalle filosofiche alle apologetiche, dalle dogmatiche alle morali e pastorali, dalle bibliche alle polemiche. Queste ultime riflettono l'intensa e ardente battaglia che Agostino intraprese contro le eresie che funestavano l'unità della Chiesa in quei tempi: Il Manicheismo che conosceva bene, il Donatismo sorto ad opera del vescovo Donato e il Pelagianesimo propugnato dal monaco bretone Pelagio.
Egli fu maestro indiscusso nel confutare queste eresie e i vari movimenti che ad esse si rifacevano; i suoi interventi non solo illuminarono i pastori di anime dell'epoca, ma determinarono anche per il futuro, l'orientamento della teologia cattolica in questo campo. La sua dottrina e teologia è così vasta che pur volendo solo accennarla, occorrerebbe il doppio dello spazio concesso a questa scheda, per forza sintetica; il suo pensiero per millenni ormai è oggetto di studio per la formazione cristiana, le tante sue opere, dalle “Confessioni” fino alla “Città di Dio”, gli hanno meritato il titolo di Dottore della Chiesa.
Nel 429 si ammalò gravemente, mentre Ippona era assediata da tre mesi dai Vandali comandati da Genserico († 477), dopo che avevano portato morte e distruzione dovunque; il santo vescovo ebbe l'impressione della prossima fine del mondo; morì il 28 agosto del 430 a 76 anni. Il suo corpo sottratto ai Vandali durante l'incendio e distruzione di Ippona, venne trasportato poi a Cagliari dal vescovo Fulgenzio di Ruspe, verso il 508-517 ca., insieme alle reliquie di altri vescovi africani.
Verso il 725 il suo corpo fu di nuovo traslato a Pavia, nella Chiesa di S. Pietro in Ciel d'Oro, non lontano dai luoghi della sua conversione, ad opera del pio re longobardo Liutprando († 744), che l'aveva riscattato dai saraceni della Sardegna.

Autore: Antonio Borrelli
 

 

LITURGIA PROPRIA

LITURGIA EUCARISTICA

ANTIFONA D’INGRESSO
Il Signore lo ha costituito maestro nella sua Chiesa:
lo ha colmato di spirito di sapienza e di intelligenza lo ha rivestito di un manto di gloria.

Si dice il Gloria.

COLLETTA
O Dio, che dalle tenebre dell’errore elevasti sant’Agostino fino al vertice della sapienza e della carità, e lo facesti luminoso testimone della verità e saggio legislatore di vita monastica: concedi che questa tua famiglia, deposta ogni malizia, risplenda sempre di superna luce e arda di amore divino. Per il nostro Signore Gesù Cristo, tuo Figlio, che è Dio, e vive e regna con te, nell’unità dello Spirito Santo, per tutti i secoli dei secoli.

PRIMA LETTURA
Dalla prima lettera di san Giovanni apostolo     (1Gv 4,7-16 )
Carissimi, amiamoci gli uni gli altri, perché l’amore è da Dio: chiunque ama è generato da Dio e conosce Dio. Chi non ama non ha conosciuto Dio, perché Dio è amore. In questo si è manifestato l’amore di Dio per noi: Dio ha mandato il suo Figlio unigenito nel mondo, perché noi avessimo la vita per lui. In questo sta l’amore: non siamo stati noi ad amare Dio, ma è lui che ha amato noi e ha mandato il suo Figlio come vittima di espiazione per i nostri peccati.
Carissimi, se Dio ci ha amato, anche noi dobbiamo amarci gli uni gli altri. Nessuno mai ha visto Dio; se ci amiamo gli uni gli altri, Dio rimane in noi e l’amore di lui è perfetto in noi. Da questo si conosce che noi rimaniamo in lui ed egli in noi: egli ci ha fatto dono del suo Spirito.
E noi stessi abbiamo veduto e attestiamo che il Padre ha mandato il suo Figlio come salvatore del mondo. Chiunque riconosce che Gesù è il Figlio di Dio, Dio dimora in lui ed egli in Dio. Noi abbiamo riconosciuto e creduto all’amore che Dio ha per noi. Dio è amore; chi sta nell’amore dimora in Dio e Dio dimora in lui.

SALMO RESPONSORIALE

Dal Salmo 36

Rit. L’uomo che ama conosce Dio.

Confida nel Signore e fa’ il bene,
abita la terra e vivi con fede.
Cerca la gioia nel Signore;
esaudirà i desideri del tuo cuore.

Manifesta al Signore la tua via,
confida in lui: compirà la sua opera;
farà brillare come luce la tua giustizia,
quale meriggio il tuo diritto.

Il giusto parla con sapienza,
ha sulle labbra parole di giustizia.
Custodisce nel cuore la legge del suo Dio,
e i suoi passi non vacilleranno.

CANTO AL VANGELO 
Alleluia, alleluia.
Chi osserva la parola di Cristo,
in lui l’amore di Dio è veramente perfetto.
Alleluia.

VANGELO

Dal vangelo secondo Matteo    (Mt 23, 8-12 )
Gesù disse ai suoi discepoli: «Voi non fatevi chiamare “rabbì”, perché uno solo è il vostro maestro e voi siete tutti fratelli. E non chiamate nessuno “padre” sulla terra, perché uno solo è il Padre vostro, quello del cielo. E non fatevi chiamare “maestri”, perché uno solo è il vostro Maestro, il Cristo. Il più grande tra voi sia vostro servo; chi invece si innalzerà sarà abbassato e chi si abbasserà sarà innalzato».

Torna all'inizio

Chi siamo Le mie case La mia casa Preghiere Appuntamenti Documenti AIUTA LE MISSIONISiti AmiciMappa Sommario Web Master  ∣  Comunità Amici del Sito
 

 

Copyright © 2004/2005 - Tutti i diritti riservati
Giovanna della Congregazione Mantellate Serve di Maria di Pistoia
Dal 20/8/2004 - Aggiornamento 26 agosto 2005
Hai domande, segnalazioni o commenti sul sito? Scrivimi