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Nessuna
Religiosa può e deve possedere cosa alcuna, benché minima, ma tutto tra di
voi deve essere comune, anche le più piccole cose della propria cella. La Madre
Priora distribuirà il vitto e vestito a ciascuna sorella secondo i
rispettivi bisogni tanto in tempo di estate quanto in tempo d'inverno. Quelle, che
avevano ricchezze, quando entrarono in Monastero, le mettano in comune, e
siano contente di vederle servire in bene di tutte. Quelle poi, che al
secolo non possedevano cosa alcuna, non debbono cercare in Convento quello,
che prima non avevano. Ad ogni modo loro sarà dato quanto è necessario,
sebbene di questo non fossero provvedute quando erano nel secolo.
Le Religiose,
che hanno trovato nella Comunità vitto e vestito, che prima non avevano, non
debbono per questo riputarsi felici, e molto meno insuperbirsene, ma
piuttosto innalzino il cuore a Dio, e Lo ringrazino di un tanto benefizio,
senza curare beni terreni, considerando che nel Monastero sono in un luogo,
dove si provvede egualmente tanto alle ricche quanto alle povere, e se le
ricche nell'esercizio di una santa umiltà non debbono disprezzare le povere,
le povere non debbono elevarsi in superbia. I conventi allora saranno utili
alle ricche che tanto si umiliano, ma ben anche alle povere, perché non si
facciano ardite e superbe.
Le ricche non
abbiano in fastidio le povere, ma anzi procurino di gloriarsi della loro
società; né si gonfino superbamente, se colle loro facoltà hanno assai
contribuito al benessere del Monastero.
Tutte tengano
bene a mente queste verità; - ogni altra cattiva inclinazione ci alletta e
ci spinge al male, ma la superbia si oppone allo stesso bene e và insidiando
alle opere buone, perché se ne perda il merito, e periscano - Che giova il
dare ai poveri e povera farsi per elezione, se l'anima nel disprezzo e nello
spogliamento dei beni si fa infelicemente più superba, di quello non era
quando le possedeva?
Vivete dunque
tutte unanimemente e ben d'accordo; onorate Dio in voi stesse con un
vicendevole rispetto ed amore, ricordandovi sempre, che tutte siete fatte
templi vivi ed augusti di Dio.
Capitolo
secondo
Dell'Orazione e del Digiuno
Siate
sollecite e diligenti nelle orazioni nelle ore e nei tempi stabiliti. Ogni
Religiosa nella Chiesa o Cappella non faccia se non quello che richiede la
santità del luogo, ove si adora e prega Dio, affinché, se alcuna fuori delle
ore destinate all'orazione, avendo il permesso e la volontà di pregare, non
venga distratta da quelle che nella Chiesa si applicano ad altre cose.
Quando pregate
con Salmi e Cantici accompagnate sempre cogli affetti del cuore quanto
pronunziate colla lingua. Non recitate, né cantate in coro se non quello che
è da recitarsi e cantarsi.
Domate la
vostra carne con digiuni ed astinenze dal mangiare e bere per quanto lo
comporta la vostra salute.
Quando una non
può digiunare non mangi ad ogni modo fuori dei pasti se non è ammalata.
Venendo alla
mensa ascoltate senza strepito e contese ciò, che secondo il solito si
leggerà, fino a tanto che non vi alziate. Né la sola bocca prenda cibo, ma
ben anche le orecchie ascoltino la parola di Dio.
Quelle, che
hanno sortito un forte e robusto temperamento di salute, non si debbono
lamentare né loro rincrescere, e molto meno si deve riguardare da loro come
cosa ingiusta, se vengono trattate nelle vivande differentemente dalle
altre, che sono deboli e delicate di complessione.
Le prime non
stimino più felici le seconde, perché mangiano cibi ch'esse non mangiano;
anzi piuttosto fra di loro stesse si rallegrino di essere più robuste e di
potere fare quello, che le altre non possono.
Inoltre se a
quelle, le quali dagli agi e morbidezze del secolo sono venute al Monastero,
si dà nel vitto e vestito qualche cosa di più, che non si dà alle sane e
robuste, e per conseguenza le più felici, queste cui non si usano tali
particolarità pensar debbono di quante cose si sono spogliate quelle per
passare dal secolo alla vita religiosa; sebbene non possano arrivare alla
sobrietà e frugalità delle altre che sono di più forte complessione. E
queste, le quali sono più vigorose, non si debbono turbare e rattristarsi se
vedono per motivo di pietà e compassione, e non già per onorifica
distinzione quelle ricevere migliori porzioni = Così voi operando, non
succederà alcun detestabile disordine e sregolatezza nel Monastero in cui le
Religiose, che già erano ricche nel secolo, saranno per quanto è loro
possibile, laboriose, e quelle, che nel secolo erano povere, non
diventeranno delicate.
Veramente,
siccome fa bisogno di poco cibo alle inferme per non aggravarle, così dopo
l'infermità debbono essere trattate in maniera che al più presto ricuperino
la salute quando anche siano venute dalla più abbietta povertà del secolo;
mentre per la loro fresca malattia hanno bisogno di quello, che alle ricche
e deboli di complessione si è reso necessario per l'usanza di loro vivere
delicato.
Una volta però
che abbiano ricuperate le forze di prima, tornino al loro felice costume,
cioè, alla vita comune, la quale tanto più è convenevole alle Serve del
Signore, quanto meno le medesime hanno bisogno di essere trattate con
particolarità. Quando hanno ricuperata la salute, il diletto dei cibi, di
cui facevano uso nelle malattie, non deve più trattenerle nella maniera di
vivere, alla quale erano necessitate per rimedio e sollievo di loro
infermità. Quelle che sono più robuste e pronte a sopportare le astinenze,
la privazione dei comodi e i disagi della povertà, debbono stimarsi più
ricche e più felici, essendo meglio avere bisogno di poche cose, che averne
e possederne molte.
Capitolo
terzo
Della onestà nelle vesti, nel camminare, nel conversare, nei costumi, e di
ciò, che riguarda le correzioni.
Non sia il
vostro abito né vistoso né affettato. Cercate sempre nelle vesti dare buon
esempio agli altri. Quando andate in qualche luogo, sempre andate
accompagnate. Tornate che sarete, conversate insieme ed in pace perfetta; e
niente si dica da voi che possa offendere la santità del luogo.
Dovendo vedere
e parlare cogli uomini non fissate lo sguardo sopra di alcuno. Non vi è
proibito di vedere gli uomini, ma bensì di desiderarli, e il voler essere
corrisposte. Non solo col toccamento, ma ben anche con l'affetto e collo
sguardo la donna desidera ed è desiderata. Né dite che l'anima vostra è
pudica se avete gli occhi impudichi; perché l'occhio impudico è sempre
messaggere di un cuore impudico.
Quella
Religiosa, che fissa gli occhi sopra di un uomo, ed ama ancor ch'egli in lei
fissi lo sguardo, non deve credere di non essere veduta d'alcuno in questa
sua azione… Ella è veduta certamente, e da chi pensa non essere veduta. Ma
ancorché d'alcuno non fosse veduta è veduta da Dio, a cui nulla è nascosto,
e che tutto vede, conosce, e sente... Rammentiamoci spesso quello, che su
questo proposito ci fa sapere per mezzo delle divine Scritture = Quello o
quella che fissa gli occhi sopra oggetti pericolosi è abominevole presso il
Signore.
Quando vi
trovate in Chiesa o in altro luogo, ove vi sono degli uomini, con una
scambievole modestia conservate la castità e il santo pudore.
Dio, abitando in voi, vi difenderà e vi custodirà col mezzo di voi medesime,
ossia con quella modestia, che risplenderà in voi medesime.
Se vi
accorgete che alcuna di voi commette delle immodestie per mezzo degli occhi,
avvisatela subito, affinché questi abiti cattivi non facciano progresso, ma
siano subito repressi e corretti. Che se l'ammonizione fraterna non
bastasse, questa sorella si deve manifestare come persona già ferita, perchè
sia medicata. Bisogna quindi prima di tutto fare conoscere la mancanza ad
una o due sorelle delle più prudenti, onde la delinquente col testimonio di
due o tre essere convinta e repressa colla dovuta severità. Né vi crediate
già, che così facendo, operiate per malevolenza, che anzi col silenzio vi
rendereste colpevoli, mentre manifestando il mancamento delle vostre sorelle
potete correggerle e guadagnarle a Dio; all'opposto tacendo permettete che
periscano miseramente.
Qualora poi la
sorella delinquente dopo la prima ammonizione non si emendasse, voi prima di
palesare il suo mancamento alle altre, dovete manifestarlo alla Madre
Priora, affinché essendo dalla medesima più segretamente corretta,
s'impedisca così la manifestazione della mancanza alle altre. Che se la
delinquente nega il mancamento allora conviene fare uso di due o tre sorelle
e alla loro presenza la Madre Priora deve correggerla dei suoi errori e dei
suoi mancamenti, onde essa non possa essere ripresa da un solo testimonio,
ma sia convinta ancora qui dalla testimonianza di due o tre sorelle.
Nel caso
finalmente che la suora mancante non si arrendesse a questa ultima
ammonizione, ella verrà ripresa e corretta alla presenza di tutte le
Monache. Quando resta convinta delle sue mancanze, subisca ciò non ostante
la pena proporzionata alla colpa ad arbitrio della Madre Priora e delle
Discrete. Non accettando amorevolmente la pena se ne dia parte al Superiore
per divenire ad altre pene, fosse anche necessaria l'espulsione dal
Monastero. Una tal pena non si infligge già per crudeltà, ma per pietà, ma
per compassione, onde con una pestifera continuazione non venga a
contaminare tutto il restante delle sorelle. Ciò, che si dice di questo
peccato così dicasi degli altri peccati gravi.
Qualunque
monaca poi che sia giunta a tal segno d'iniquità di scrivere lettere a
ricevere doni in segreto, se confessa spontaneamente il suo peccato, le sia
perdonato, e per lei si faccia orazione. Che se viene colta in tal mancanza
e ne resti convinta, più severamente sia castigata dalla Madre Priora, e
quando bisognasse anche dal Superiore.
Capitolo
quarto
Della custodia delle vesti e della cura per l'inferme
Abbiate tutte
le vostre vesti sotto la custodia di una o più sorelle necessarie a batterle
e conservarle, affinché non siano guastate dalle tignole. Tutte siate
nutrite in comune a spese del Convento; così tutte provvedute esser dovete
di vesti dal medesimo Vestiario.
Per quanto è
possibile non ponete mente agli abiti che vi saranno dati secondo le
stagioni, se sono del comune o di quelli che portaste da casa. Ad ogni
Religiosa deve bastare quanto le sarà dato, che si suppone il bisognevole.
Che se per
questi motivi nascessero fra di voi delle liti e mormorazioni, pensino
queste Religiose, che mentre vanno in cerca degli abiti esterni del corpo,
mostrano di non curare gli abiti interni e più preziosi del cuore - Che se
talvolta la vostra infermità è tollerata e si compatisce la vostra
debolezza donandovi degli abiti che portaste da casa dovete però anche
questi deporre nel medesimo luogo degli altri e per essere guardati e
custoditi dalle sorelle, che ne hanno le attribuzioni.
Nessuna
Religiosa deve lavorare per se stessa né per l'altrui. Tutti i vostri lavori
saranno fatti in comune colla massima premura e con più di allegrezza di
quello, che ciascuna di voi lavorasse per proprio conto. In fatti la carità,
come sta scritto, non cerca le cose proprie, ma le comuni, e queste sempre
antepone alle altre. Quindi quanto più preferite i vantaggi delle Comunità
ai vostri, tanto più risplenderà il vostro avanzamento nella perfezione, per
cui in tutte quelle cose di cui farete uso per una transitoria trionferà per
eccellenza la permanente carità.
Ne segue da
questo che mai deve essere ricevuto in segreto vesti od altra cosa, che
d'alcuni o alcune sarà dato alle Religiose, siano questi parenti od
estranei, ma tutto sarà consegnato alla Madre Priora, per poi distribuirlo a
chi ne avrà bisogno alle circostanze. Che se qualcheduna tenesse in segreto
quello, che le sarà dato, possa essere condannata come rea di furto.
Le vostre
vesti saranno lavate da voi o dalle persone di fuori ad arbitrio della
Priora a cui appartiene del pari fissare il tempo ed il modo di lavare
affinché l'eccessivo desiderio di avere vesti nette e pulite, non sia di
occasione, che l'anima venga macchiata da interne immondezze.
Dovendosi alle
circostanze lavare le vesti, in caso di bisogno si può e si deve lavare
anche il corpo facendo di tutto per non offendere la modestia e per
mantenersi caste. Trattandosi di malattie sempre ne sia intesa la Priora, la
quale abbia cura di tutte le sottoposte, chiami il medico nelle necessità,
non faccia mancare né medicine, né altri rimedi creduti opportuni a far
ritornare in salute.
Quando le
malattie richiedessero i bagni, questi non siano ritardati, sempre però col
consiglio e col permesso della Priora e Superiore.
Se una
Religiosa ha e manifesta un dolore interno, semplicemente e senza esitazione
si creda a lei; ma per far conoscere, se quello che piace all'inferma sia
rimedio opportuno, anche qui si richiede l'arte del medico.
L'assistenza e
cura alle inferme, dev'essere affidata ad una o più sorelle, affinché queste
domandino alla Priora, e portino dalla dispensa quanto sarà necessario a
ciascuna delle inferme.
Capitolo
quinto
Della fraterna Carità
Fra di voi non
vi siano liti. Quando nascessero, quanto prima siano terminate, onde la
collera non si cangi in odio crescendo, e di paglia non si faccia trave, e
non renda l'anima omicida.
Quella che con
ingiuria o rinfacciamento di colpa offenderà un'altra, pensi quanto prima a
riparare al danno arrecato; e quella, ch'è stata offesa, deve perdonare
senza alterazione e contrasto. Che se alcune si sono offese a vicenda, a
vicenda si debbono perdonare, e riunirsi a Dio colle orazioni, le quali
debbono essere tanto più sante, quanto sono più frequenti.
Quella
Religiosa che sebbene più spesso sia tentata dalla collera pure si affretta
ad impetrare il perdono da quella, che ha offesa, è migliore dell'altra che
è più tarda ad adirarsi, ma anche più tarda ad umiliarsi e chiedere perdono
= Quella che non vuole perdonare alle altre, non deve ricevere il frutto
dell'Orazione = Quella poi, che non vuole mai perdonare, o almeno perdona a
fior di labbra, inutilmente vive in Monastero, benché da questo non sia per
anche espulsa… E perciò tutte guardatevi da parole dure, aspre, piccanti; e
se mai alcuna col proferirle ferisce qualche sorella, non le rincresca il
rimediarvi con altrettante parole dolci, soavi, cortesi, provenienti proprio
dall'intimo del cuore.
Che se la
necessità nel correggere spinge la Priora a cose aspre e dure per reprimere
le persone a se sottoposte, non si esige dalla medesima, che loro domandi
perdono, quando anche si accorgesse di aver ecceduto sul modo di correggere
e comandare = Tanto si dichiara e si stabilisce, affinché praticandosi
troppa umiltà, non venga meno l'autorità del governare = La Priora per
altro, ciò succedendo, ne chieda perdono a Dio padrone, e Signore di tutti,
il quale conosce con quant'affetto ami le persone alla sua custodia
affidate, che forse le avrà corrette un po' più aspramente di quello fosse
giusto e conveniente.
In fine si
rammenti a tutte le Religiose, tanto maggiori quanto minori che l'amore
scambievole che deve regnare fra di loro non sappia di terra, di sensibilità
carnale, ma sia del tutto spirituale e veramente edificante.
Capitolo
sesto
Dell'Ubbidienza ai Superiori, alla Madre Priora, e delle loro condizioni
Si ubbidisca
sempre ai Superiori, alla Madre Priora, in sua assenza alla Madre Vicaria,
che hanno preso la direzione delle vostre anime, o Sorelle = Affinché poi
tutte le cose espresse e prescritte in questa Regola siano pienamente
osservate, e se mai succedesse qualche inosservanza non sia questa
trascurata, dichiariamo che è uffizio e dovere della Madre Priora di
correggere, riparare al mancamento e di conservare esattamente l'osservanza
di questa Regola medesima.
Possono darsi
dei casi, straordinari in cui non sappia la Priora, come regolarsi. Consulti
in queste bisogna il Confessore, e quando sia necessario anche il Superiore:
dietro i loro lumi e consigli, dovendo agire, agisca e neppure qui
sbaglierà.
La Madre
Priora non si stimi felice, per aver il dominio sopra le altre, ma bensì per
l'obbligo che ha di servirle da vera madre. Ella sia superiore a voi per
onore alla presenza degli uomini, e innanzi a Dio si reputi inferiore, come
quella, che sia quasi prostrata ai vostri piedi. Risplenda di edificante
esempio, di buone opere e sante verso di voi e verso di tutti.
Ammonisca le
inquiete incoraggi le timide, consoli e conforti le pusillanimi, accolga
benignamente le inferme, e presti loro gli opportuni medicamenti.
Sia
paziente... –
Sia esatta e
severa per se medesima nel praticare la Regola, nel governare la Comunità,
nell'osservanza dell'ordine e nelle leggi dell'Istituto.
Sebbene
l'amore congiunto col timore sia necessario e conveniente per ogni governo,
pure la Madre Priora studi ed operi in modo di essere più amata che temuta
dalle sue Consorelle, sempre ripensando, che essa deve rendere conto a Dio
di tutto. E però tutte le consorelle crescendo di giorno in giorno
nell'ubbidienza non abbino compassione soltanto di loro stesse ma ben anche
della Madre Priora, la quale, perché tra di loro si trova in maggior dignità
appunto per questo si trova ancora in maggior pericolo di cadere e perdersi.
Capitolo
settimo
Della Osservanza dei precetti della Regola, e del modo di osservarli
Dio vi conceda
nella sua infinita misericordia, o Sorelle, gli opportuni lumi, affinché
osserviate tutto quello che sta scritto in questa Regola. Sarà così che vivendo, non già schiave sotto la legge, ma come libere ed affrancate sotto
la grazia, voi soavemente spirerete per ogni dove il buon odore di Gesù Cristo
coll'esemplare della vostra vita Religiosa.
I Venerdì di
tutte le settimane dell'anno vi sarà letto un capitolo di questa Regola al
Refettorio, e così di mano in mano tutta sempre l'avrete presente alla mente
e se trovate che operate conforme a questa Regola datene gloria al Signore, ch'è
dispensatore di tutti i beni. Ma se alcuna di voi conosce di avere commesso
qualche mancanza si penta del passato, viva avvertita e cauta per
l'avvenire, pregando Dio che si degni concederle il perdono dell'offesa a
Lui fatta, e che non permetta che mai più resti vinta dalla tentazione.
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