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Materiale per i laboratori

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Programma

I laboratorio

 

UN PARCO DI PACE

Fino agli anni ’70 il Patto di Varsavia ed il conseguente pericolo "comunista" spingono le Forze Armate italiane e la NATO a guardare al Nord est italiano come zona ad alto rischio dove accumulare le principali servitù militari. Con la crisi petrolifera, prima, la fine del Patto di Varsavia poi, e con il crescere delle tensioni nell’area del Mediterraneo, si assiste ad uno spostamento dell’attenzione delle Forze Armate e della NATO verso l’area del Mediterraneo. Ne discende la necessità di creare e configurare una "task force" capace di intervenire nei punti caldi del Mediterraneo che ha nel porto di Taranto e nell’aeroporto di Gioia del Colle i suoi capisaldi offensivi.

Vengono iniziati i lavori per l’ampiamento del porto militare di Taranto per ospitare la portaerei "Garibaldi", si parla di dotare l’aereonautica militare di nuovi aerei AMX e di localizzarli a Brindisi.

In questo quadro internazionale mutato, vengono riviste anche le servitù militari presenti sulla Alta Murgia: l’Esercito ha sempre più bisogno di ritagliarsi uno spazio consistente di territorio e di averlo a propria completa disposizione, dove poter fare esercitare le sue brigate motorizzate, i suoi nuovi aerei Tornado, dove poter fare esercitazioni interforze con altre nazioni.

La presenza complessiva delle servitù militari ( stabilite dalla Legge 24. dicembre 1976, n° 898 e successive modifiche intervenute con Legge 2 maggio 1990) si accresce quindi sempre più in tutta la Puglia e della conseguente necessità di spazi esercitativi.

È degli anni ’80 una vasta mobilitazione di agricoltori e allevatori che protestano contro l’espropriazione media di 180 giorni all’anno dei loro terreni e di una presenza militare che rende di fatto impossibile ogni ipotesi di sviluppo aziendale e zootecnico dell’area.

Il crescente interesse militare all’Alta Murgia si concretizza in una delibera regionale n° 400 del 23 febbraio 1983 che approva la D. di G. n° 9116 del 20. 9. 1982 con la quale si destina, a poligoni militari permanenti, un’area complessiva di 14000 ettari. Una elargizione incomprensibile da parte della Regione Puglia, in quanto le autorità militari chiedevano ufficialmente, nel loro promemoria (1980): "la disponibilità certa e stabile di un poligono di 4000 /4500 ettari (pari ad un terzo del poligono originario di Torree di Nebbia".

I poligoni sono quelli di "Parisi Vecchio", di "Madonna di Buoncammino" e di "Torre di Nebbia", quest’ultimo nei pressi della polveriera di Poggiorsini, sito quest’ultimo ritenuto "idoneo" da uno studio di fattibilità dell’ENEA per ospitare le scorie radioattive presenti sull’intero territorio nazionale.

L’opposizione a detta delibera comincia a concretizzarsi nell’opposizione di vari Consigli Comunali e della Comunità Montana, nella presa di posizione di varie autorità religiose, oltre a varie forze politiche e a organizzazioni sindacali e di categoria .Questa mobilitazione popolare sfocia in una grande "Marcia della Pace" nel dicembre del 1985 da Gravina ad Altamura a cui aderiscono i sindaci dei Comuni dell’Alta Murgia, oltre a 26 consiglieri regionali.

È del 1986 la lettera di Don Tonino Bello, "Il sogno di Isaia", firmata da circa 10000 persone e presentata al Consiglio Regionale del luglio 1986.

La mobilitazione del movimento pacifista pugliese, raccogliendo l’adesione di un vasto schieramento trasversale formato da associazioni di base, antimilitaristi, sindacati e forze politiche, continua a chiedere con forza l’abrogazione della delibera regionale prospettando un futuro di pace e di lavoro per l’Alta Murgia. In questa occasione Don Tonino Bello, insieme ad altri vescovi pugliesi, firma un documento: "Terra di Bari, terra di pace", che trova uno straordinario consenso. La grande seconda "marcia per la pace" Gravina-Altamura del 19. 12. 1987, organizzata dal Coordinamento contro la Militarizzazione e per lo Sviluppo dell’Alta Murgia, registra un coinvolgimento di massa (più di 5.000 persone vi partecipano). La manifestazione riesce, tuttavia, solo a congelare l’esproprio ma non ad abrogare la delibera regionale. Attualmente, in piena guerra contro l’Irak, le esercitazioni continuano indisturbate in tutti i poligoni della Murgia.

Da quel momento in poi l’impegno dei Comitati territoriali dell’Alta Murgia (CAM) è consistito principalmente nel cercare di individuare le linee di un progetto di sviluppo eco-compatibile in grado di rispondere alle esigenze di tutela del territorio e alla vocazione di pace delle popolazioni che lo abitano.

 

L’esito più importante e tuttavia ancora provvisorio di questo articolato percorso va individuato, come è noto, nell’approvazione della L.S. 426 del dicembre 1998 che sancisce la volontà da parte del Parlamento di istituire il Parco nazionale dell’Alta Murgia, previa l’intesa tra Ministero dell’Ambiente e Regione Puglia.

Questa intesa è stata raggiunta seppure approvata "con riserva", forse sperando di restringere ulteriormente il perimetro del parco all’interno della Conferenza unificata che dovrà ratificare l’intesa.

Il territorio dell’Alta Murgia risulta oggi subire una sorta di ultimo assalto. Oltre ai Poligoni militari e al pericolo dei depositi di scorie radioattive, le forme di degrado continuano a compromettere in maniera irreversibile i suoi delicati ecosistemi: invasi artificiali inutili, cementificazioni selvagge a 360 gradi, le innumerevoli cave ma, soprattutto, sta letteralmente scomparendo, nell’indifferenza generale, grazie alla pratica cosiddetta dello SPIETRAMENTO. Tale pratica costituisce, senza eufemismi, un vero e proprio disastro ambientale che dovrebbe far arrossire di vergogna chi continua a praticarla o ad autorizzarla. E invece ogni giorno, con velocità inaudita, pezzi consistenti di murgia vengono trasformati in deserti lunari con conseguenze pericolose che nessuno sembra prevedere.

Tutto questo impone a noi tutti il senso di una profonda responsabilità a fronte soprattutto delle capacità che dovremmo invece avere nell'affrontare e risolvere la complessità dei problemi in campo.

Dovremmo considerare quest’area come il campo privilegiato dove sperimentare a pieno tutte le nostre energie con la consapevolezza delle difficoltà di comporre interessi, a volte contrapposti, e di difendere la qualità delle differenze. Dovremmo perciò impegnarci in direzione di un maggiore confronto non dimenticando che, al di là di inutili e sterili polemiche, il nostro obiettivo principale è quello di porre un argine al progressivo degrado di una tra le più interessanti aree di Puglia ma anche d'Italia.

Il "Parco rurale", cosi come lo abbiamo concepito finora, oltre a rappresentare una reale opportunità di salvare l'Alta Murgia dagli innumerevoli attacchi cui è sottoposta e di valorizzare quindi il suo enorme e originale patrimonio storico-ambientale, è inteso come un laboratorio di restauro ambientale e produttivo quale modello per il rilancio delle aree interne.

Un progetto essenzialmente politico ed ambientale e perciò teso a soddisfare, in primo luogo, le ataviche esigenze legate all'agricoltura e alla pastorizia con mezzi e strumenti che non siano solo compatibili con l'ambiente ma tali da determinarne il miglioramento e la ricostituzione. Ma ancora più importante è intendere il Parco come sperimentazione di una rinnovata e pacifica convivenza e solidarietà umana che aiuti le nostre comunità a superare positivamente le crisi che attraversano.

L'obiettivo più immediato consiste nel pervenire al più presto al Decreto istitutivo del Parco che il Presidente della Repubblica dovrà emanare e continuare ad attivare il confronto tra tutti i soggetti ed Enti interessati.

Ciò è tanto importante e urgente in considerazione del fatto che i fenomeni di degrado e di trasformazione in atto rischiano di trasformare l’Alta Murgia in un "parco della vergogna" .

 

Il nostro impegno per questo tende a ricongiungersi con quello espresso negli anni passati  del vasto movimento che si mobilitò contro i poligoni militari sull'Alta Murgia e che si è impegnato con coerenza fino ad oggi, individuando nel progetto di costituzione del parco uno scopo concreto da raggiungere al più presto. Oggi come allora ribadiamo la nostra convinzione che la Terra di Bari vuole continuare ad essere "Terra di Pace" e di onesto lavoro.

Se diciamo No alla guerra diciamo No alla militarizzazione del territorio, convinti come lo fu Don Tonino Bello, che bisogna invece pronunciare tre Si al cerchio della speranza:

il primo Si all’istituzione del parco nazionale dell’ Alta Murgia, ad un futuro del nostro territorio nel segno della pace e di uno sviluppo ecocompatibile;

il secondo Si al presente della nostra Regione che deve impegnarsi a costruire un raccordo tra le molteplici e le diverse culture e le diverse religioni;

Il terzo è un Si al passato, che ci tramanda l'istintiva attitudine della nostra terra ai moduli della non violenza.

 

Torre di Nebbia

Centro Studi e Documentazione

sulle Aree Interne

 

IL TRATTATO

Il 4 aprile 1949 veniva così firmato a Washington il patto atlantico

(North Atalantic Trade Organization ) e tra i firmatari di quel patto

c’è anche l’Italia. Il patto Nato divenne così la struttura militare

fondamentale nata dalla guerra fredda contro l’Urss e i suoi alleati.

Il patto entrò in vigore il primo agosto del 1949. Il testo firmato si

basava su un professione di fede nella civiltà occidentale fondata sulla

democrazia, si legge nella parte introduttiva: "I firmatari di questo

trattato sono decisi a salvaguardare la libertà, l’eredità comune e la

civiltà dei popoli, fondata sui principi di libertà individuale e nel

rispetto della legge". Con questo atto l’Italia, insieme agli altri

Paesi europei che avevano sottoscritto l’accordo, si trovava integrata

militarmente con gli Stai Uniti. Diversa è invece la regolamentazione

che riguarda la presenza

delle basi americane sul territorio del nostro Paese.

Esiste infatti a questo riguardo un trattato datato 1954 ma che resta

tuttora segreto, anche se dopo la tragedia del Cermis l’allora

presidente del consiglio Massimo D’Alema promise di renderlo pubblico e

di consegnarlo alla magistratura per fare chiarezza sull’accaduto dopo

l’assoluzione,

da parte della corte marziale americana del pilota che procurò

l’incidente aereo nella quale persero la vita 20 persone.

Risale sempre a quel periodo (marzo 1999) invece la divulgazione di un

altro accordo tra Italia e Stati Uniti che riguarda le basi Usa su

territorio italiano.

Lo "shell-agreement" (accordo-conchiglia), datato 2 febbraio 1995.

Il punto numero uno di questo accordo sancisce poteri precisi del

comandante italiano della base, mentre il comando operativo spetta a

quello americano.

Un’altra considerazione riguarda lo spazio aereo, il controllo del

traffico aereo si svolge secondo le regole e le modalità stabilite dalle

autorità italiane.

L’intesa stabilisce che le installazioni sono poste "sotto il comando

italiano" anche se il comando Usa esercita "il controllo pieno sul

personale,

l’equipaggiamento e le operazioni statunitensi".

Il vertice americano deve quindi preventivamente informare il comando

italiano

"in merito a tutte le attività di rilievo, con particolare riferimento

alle attività operative e di addestramento nonché agli avvenimenti o

inconvenienti che dovessero verificarsi".

LE BASI

Sono più di cento le basi americane o Nato nel nostro Paese, anche se

quelle veramente importanti nello scacchiere militare e geopolitico

internazionale sono molte meno.

In Toscana, a Tombolo, tra Pisa e Livorno, c’è forse la più importante:

Camp Darby.

Una vastissima area attrezzata a depositi e magazzini dove opera

l’ottavo gruppo di supporto Usa

che garantisce il sostegno logistico a tutte le forze americane che si

trovano a sud del Po

e ha responsabilità sul bacino del Mediterraneo e l’Africa

settentrionale.

In questa base lavorano circa un migliaio

di persone ed è dotata di un potentissimo sistema di telecomunicazioni.

In Liguria, a La Spezia, c’è invece il Centro antisommergibile di

Saclant, che effettua studi oceanografici

attinenti alla ricerca di sommergibili. Mentre a San Bartolomeo (SP) ha

sede il centro ricerca della Nato

per la guerra sottomarina. Infine a Finale Ligure, in provincia di

Savona, si trova il centro

telecomunicazioni dell’esercito statunitense.

In Lombardia, a Ghedi, in provincia di Brescia si trova un "munitions

support squadron" per la

conservazione di bombe nucleari, mentre gli americani dispongono anche

di una propria base aerea a

Montichiari, sempre nel bresciano.

Sono di un certo rilievo anche le basi di Verona (l’Air Operations

Centre, che ospita 2500 persone) e

Vicenza dove opera la Setaf (Support European Task Force) che ha per

missione il supporto aerotattico

alle unità nucleari missilistiche terrestri. In questa base vengono

custodite le micidiali Adm, cioè le

munizioni di demolizione atomica (una sorta di mina atomica) e costruite

le testate nucleari per le forze

armate alleate nella regione meridionale della Nato. Sempre nel

vicentino sorge Camp Ederle che si

estende negli spazi della grande caserma di Ederle. Vicino all’aeroporto

militare è insediato un gruppo

tattico di paracadutisti e un battaglione di obici. In ambito Nato è

assicurata alla Allied Mobile Force (Ace)

la possibilità di effettuare operazioni militari nazionali statunitensi

nell’eventualità di interventi che si

estendono fino al Medio Oriente. A Longare, presso Vicenza, si trova un

importante deposito di

armamenti americani e altri depositi si trovano a Tormeno San Giovanni a

Monte.

 

 

Ma al Nord la base più grande e più importante resta quella di Aviano,

in provincia di Pordenone in Friuli

Venia Giulia. E’ la più grande base avanzata, deposito nucleare e centro

di telecomunicazioni

dell’esercito americano in Italia, con la presenza di circa 9mila

militari, più civili e familiari americani.

Ad Aviano operano i reparti dell’esercito americano pronti al

combattimento, supportati da un gruppo di

cacciabombardieri. Un aeroporto militare americano si trova anche a

Rivolto, in provincia di Udine e gli

aerei americani usano pure il poligono addestrativo di Maniago

(Pordenone), il deposito di Roveredo

(Pordenone), mentre l’esercito a stelle strisce ha un deposito di

munizioni anche a San Bernardo (Udine).

Scendendo giù per lo stivale raggiungiamo l’Emilia Romagna e a Rimini

troviamo la sede di uno

squadrone di supporto munizioni per l’attivazione di bombe nucleari,

mentre qualche decina di chilometri

più a Nord, in provincia di Piacenza, a Monte San Damiano, la Nato

disponde di una base aerea e di

stazioni di telecomunicazioni, in condominio con l’esercito

statunitense, sul monte Cimone, in provincia di

Modena. A Parma c’è invece un deposito delle forze aeree della nato e a

Bologna una sede di una

stazione trasmittente del Dipartimento di Stato americano.

In Campania presso l’aeroporto di Napoli-Capodichino, la grande base

statunitense situata vicino allo

scalo ha recentemente sostituito quella di Bagnoli: si estende su una

vasta area che raggiunge il

sobborgo di Cirigliano e ospita 3500 persone. Vi sono dislocate attività

di supporto e logistiche e

importanti comandi Nato, oltre al comando della Sesta flotta, alcune

delle unità maggiori si trovano invece

nella base navale americana di Gaeta (che prossimamente sarà trasferita

in Puglia, a Taranto). Sempre

nei dintorni di Napoli, vicino al lago Patria di Giugliano, sorge una

stazione di comunicazione Satcom,

mentre un’altra si trova in provincia di Avellino, a Montevergine.

A San Vito dei Normanni, in Puglia, c’è il quartier generale del 499°

Expeditionary Squadron e

dell’Electronics Security Group (il gruppo di intelligence elettronica).

Ma in quesa regione ci sono anche

altre basi che fanno capo a Whashington: a Gioia del Colle, per la

ridislocazione di aerei americani, e a

Otranto, Martina Franca, vi sono gli impianti della rete radar Nadge.

La presenza statunitense nel nostro Paese si registra massicciamente

anche sulle isole. In Sicilia, la

base più importante è quella di Sigonella dove risiede la stazione

aeronavale con reparti operativi e di

supporto Usa, dotata di aerei antisommergibili. A Niscemi è situata

invece una stazione di

comunicazione (NavComTelSta), a Lampedusa vi è una installazione per la

navigazione Loran.

 

In Sardegna i militari americani sono presenti a Teulada, nell’area del

Sulcis. Si tratta della più vasta

zona addestrativa straniera che include tutta la costa da Capo Teulada a

Capo Frasca e che si estende

per quasi 100 chilometri. Qui si svolgono esercitazioni aeree e

aeronavali della Nato e della Sesta flotta

(tiro contro costa) e comprende anche un centro di addestramento per

unità corazzate.

A Decimomannu, invece, sorge forse il più grande aeroporto della Nato,

con una superficie grande come

quella di tre scali civili, e che è stato rimesso in funzione nel 1955

in seguito a un’intesa tra Germania,

Canada e Italia.

Poi c’è la zona di salto di Quirra che comprende vari poligoni

missilistici sperimentali e di addestramento

interforze, salita recentemente alla ribalta delle cronache nazionali in

seguito alle polemiche sull’utilizzo

dei proiettili all’uranio impoverito.

Lungo la costa sarda si incontra anche Capo San Loremo dove vi si

addestrano unità della Nato e della

Sesta flotta americana con attività nelle varie combinazioni

terra-aria-mare. A Capo Frasca, invece, nel

poligono di tiro della Nato e degli Stati Uniti sono situati impianti

radar, eliporto e basi di sussistenza.

Infine a Tavolara c’è una stazione Usa radiotelegrafica a onda lunga per

comunicare con i sommergibili.

 

DOCUMENTO

Questo è il dossier sulla militarizzazione della Puglia di Peacelink. 


 

 

 

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