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La profonda innovazione introdotta dal Decreto Legislativo 152/99 - come modificato dal Decreto Legislativo 258/2000 - in materia di protezione delle acque dall'inquinamento è risultata evidente fin dal suo apparire sulla scena legislativa italiana. Tra le novità introdotte dal Decreto riveste senza dubbio un’enorme importanza la nuova visione del concetto di risanamento, che viene inteso e codificato come attività di protezione e recupero dei corsi d'acqua, delle acque sotterranee e delle acque marino-costiere. Una visione molto differente dalla vecchia logica che era alla base della precedente Legge 319/76, la quale considerava come attività di risanamento unicamente la costruzione di impianti di depurazione e collettori fognari. Protezione e recupero devono oggi necessariamente essere pianificate e orientate in maniera razionale, monitorando e valutando costantemente lo stato della qualità dei corpi idrici. L’uso sostenibile e durevole delle risorse idriche non può più prescindere dalla conoscenza della qualità ambientale dei corsi d’acqua. Il Decreto sancisce che ciascuna Regione, di concerto con le Autorità di Bacino e sulla base dei dati raccolti durante le campagne di monitoraggio, elabori e adotti il Piano di Tutela delle Acque, che rappresenta lo strumento di programmazione finalizzato alla protezione e al recupero delle risorse idriche. Il ruolo di ARPA Campania è strettamente connesso alla raccolta ed elaborazione dei dati; tra le sue attività rientrano quelle di rilevamento, analisi e monitoraggio dei parametri di qualità delle acque. Le reti di monitoraggio attivate dall’Agenzia interessano il reticolo idrografico interno, le acque sotterranee, le acque marino-costiere e di transizione, le acque di balneazione e quelle destinate alla molluschicoltura.
Acque superficiali La rete di monitoraggio Le attività di monitoraggio delle acque superficiali in tutto il territorio regionale, coordinate e realizzate da ARPA Campania, sono operative dall’ottobre 2001. La rete di misura riguarda, ai sensi della normativa vigente, 17 corsi d'acqua e il Lago Matese, significativi a livello nazionale; è inoltre in fase di completamento la rete di monitoraggio di aste fluviali minori ed affluenti in aree peculiari in relazione alla pressione antropica (Sarno e affluenti) ovvero al pregio ambientale (Parco Nazionale del Cilento).
Allo stato attuale il campionamento interessa 80 punti di controllo e prelievo, dislocati presso 7 laghi, 31 fiumi e 5 canali. Il completamento della rete di monitoraggio prevede a regime l’attivazione di circa 40 ulteriori stazioni di campionamento.
I parametri indagati sono quelli chimico-fisici e microbiologici di base (portata, pH, Ossigeno disciolto, Cloruri, Fosfati, Escherichia Coli, etc.); quelli chimici addizionali (Inorganici e Metalli, Organici) la cui determinazione è più complessa ed onerosa, da misurare in relazione alle criticità presenti sul territorio; infine analisi dell’IBE e test di ecotossicità per caratterizzare ulteriormente gli ambienti fluviali.
L’elaborazione dei dati raccolti rende possibile la classificazione dei corsi d’acqua in tratti omogenei per stato ambientale: la scala adottata comprende cinque classi di qualità che variano da uno stato di qualità “elevato” a “pessimo”.
La frequenza delle misure varia in relazione allo stato ambientale e si adegua alle analisi dei dati precedentemente rilevati: mensile fino al raggiungimento del parametro di qualità “buono”; bi/trimestrale per i corsi d’acqua il cui stato risulta come “buono” o “elevato” da dati non antecedenti il 1997. La periodicità per l’IBE, un indice basato su indicatori biologici, è stagionale; la misura della portata deve essere effettuata in periodo tale da consentire la taratura della scala di deflusso.
I risultati finora ottenuti nelle attività di monitoraggio mostrano, in via preliminare, che lo stato ambientale è pessimo per alcuni corsi d’acqua fortemente antropizzati come i Regi Lagni ed il Fiume Sarno, mentre per i principali fiumi che attraversano la Campania (Garigliano, Volturno, Sele, Alento, Mingardo, Bussento) lo stato varia notevolmente da monte verso valle, con una classe fra “elevato” o “buono” in corrispondenza delle sorgenti e “sufficiente” o “scadente” presso la foce.
Le stazioni di monitoraggio attive e quelle previste sono riportate nelle cartine seguenti:
Acque sotterranee La rete di monitoraggio L'attuale rete di monitoraggio delle acque sotterranee interessa quasi esclusivamente le opere di captazione degli acquedotti ad uso potabile, con frequenze e parametri definiti dalla normativa vigente. A detti punti di prelievo si aggiungono stazioni individuate occasionalmente, ogni volta che esigenze locali impongano il controllo della qualità delle acque.
Complessivamente ad oggi vengono effettuate analisi chimiche e microbiologiche per 28 dei 40 principali acquiferi campani, presso 31 pozzi ubicati in 20 idrostrutture e presso 30 sorgenti che drenano 16 acquiferi. A regime è previsto il monitoraggio di 40 complessi idrogeologici, di cui il 57% con acquiferi carbonatici, il 35% con acquiferi alluvionali e piroclastici, l’8% con acquiferi vulcanici, presso 210 punti di misura, di cui 70 sorgenti e circa 140 fra pozzi e piezometri spia. La rete di monitoraggio a regime
La ripartizione delle stazioni fra i territori di pertinenza delle Autorità di Bacino - che vede il 45% dei siti ubicato nei bacini regionali, il 18% in quelli interregionali e il 37% in quelli nazionali - è da considerarsi soltanto orientativa: numerose idrostrutture, infatti, si estendono oltre gli spartiacque superficiali e interessano il territorio di più autorità contigue.
Le aree maggiormente interessate al monitoraggio delle acque sotterranee sono sostanzialmente individuabili nella fascia interna del versante tirrenico della Regione Campania, in corrispondenza dei territori delle province di Avellino, Benevento, Caserta, Napoli e Salerno. Saranno meno interessate le aree interne delle province di Avellino e Benevento ed una parte del Cilento, in quanto vi sono presenti pochi corpi idrici significativi.
Le aree più inquinate e/o più facilmente inquinabili si rinvengono in alcuni massicci carbonatici e nelle piane (e questi ultimi acquiferi sono più diffusi e più compromessi proprio lungo la costa). Il miglioramento della qualità di queste acque verrà acquisito, non soltanto attraverso l'attenuazione dell'impatto antropico locale (all’interno dei singoli bacini sotterranei), ma anche attraverso il monitoraggio ed il risanamento dei corsi d’acqua con i quali esistono interscambi.
Acque per uso idropotabile
Le principali risorse del settore idropotabile della Campania dipendono sostanzialmente da acquiferi situati in Molise e nel Lazio.
I sistemi infrastrutturali (captazione delle acque ad uso potabile e rete di distribuzione) operativi sono: l'Acquedotto della Campania occidentale, l'Acquedotto Campano, gli Acquedotti dell'Alto e Basso Sele e l'Acquedotto dell'Alto Calore.
Per quanto attiene la depurazione, va osservato che l'orografia regionale ha reso più agevole e conveniente la realizzazione di sistemi depurativi del tipo comprensoriali almeno per tutte le aree litoranee a forte tensione abitativa.
La nostra regione può essere distinta in due grandi aree: · un'area "litoranea" compresa tra la foce del fiume Volturno e la Penisola Sorrentina, alimentata dagli acquedotti interregionali del Campano e della Campania occidentale. I reflui prodotti vengono trattati da un sistema di nove grandi impianti di trattamento già in opera e da n.4 in fase di realizzazione nella piana del Sarno. In questa area rientra anche la città di Salerno · un'area "interna", sostanzialmente servita da acquedotti a gestione consortile (Alto Calore, Sele-Calore-Montestella, Ausino, Cilento, altri minori), con sistema ramificato deputato alla captazione di fonti di media e piccola capacita' e dalla ripartizione di risorsa a livello comunale.
In Campania il prelievo di acque per usi idropotabili ammonta complessivamente a 646 milioni di mc/anno, distribuiti su una popolazione, censita al 1997, in 5,8 milioni di unità. Di questi circa 646 milioni di mc/anno prelevati a scopi civili ed industriali, ben 385 milioni raggiungono il ricettore finale privi di trattamento, o risultano dispersi sul territorio. Nell’affrontare la problematica qualità delle acque non si deve sottovalutare l’aspetto vulnerabilità, nel senso che parte delle risorse, attualmente compatibili con l'uso umano, potrebbero perdere tale qualità a causa di effetti indotti dall'esterno o rendersi indisponibili per l'inaffidabilità dei sistemi strutturali di captazione e trasporto.
Queste considerazioni valgono per tutti i tipi di risorse:le falde, le sorgenti, le fluenze superficiali. Nella fattispecie, si sono dimostrate particolarmente vulnerabili: · le derivazioni delle acque del Garigliano a causa di alcuni usi impropri del territorio di tutela assoluta, fissato ai sensi del citato D.P.R. n. 236/88 · le sorgenti del Serino a causa della mancata realizzazione della bonifica ambientale della pian del Dragone, principale fonte di alimentazione endoreica delle sorgenti in parola, nonché delle sorgenti di Cassano Irpino a servizio dell'Acquedotto dell'Alto Calore e dell'Acquedotto Pugliese · i campi pozzi della piana del Sarno la cui vulnerabilità è strettamente connessa al sovrasfruttamento per scopi irrigui ed alla incontrollata pratica dello sversamento superficiale delle acque luride di origine fecale ed industriale.
Testo tratto dal sito ARPAC Campania
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