STORIA
DI ROMA La
rivolta di Spartaco
Chi
era Spartaco
- Le
origini della rivolta
- La
rivolta si estende
- Cambio
di rotta
-
Le fonti che parlano della rivolta capeggiata da Spartaco sono scarse e povere. Tuttavia è bene testimoniare una delle più grandi rivolte di schiavi che mai Roma dovette affrontare: infatti, sebbene avvenimenti di questa natura fossero accaduti già in passato e sempre repressi dalle autorità romane (soprattutto in Sicilia), mai una rivolta di schiavi fu più pericolosa, se non altro per la sua importanza numerica. Spartaco proveniva dalla Tracia, ci sono buoni indizi che lo vedono arruolato nelle truppe ausiliare romane e poi ridotto in schiavitù in seguito a una diserzione. Dotato fisicamente, venne addestrato come gladiatore. Si narra che fosse intelligente, acculturato e possedesse grandi doti umane, fatti che concordano storicamente, visto l'abilità con la quale seppe riunire e condurre il suo esercito di schiavi. Tuttò parti nel 73 a.C. a Capua, in una scuola per gladiatori. Circa 200 gladiatori organizzarono un complotto che venne scoperto, solo 60-70 di essi riuscirono a fuggire, tra i quali Spartaco e i galli Crisso ed Enomao. Lungo la strada, il gruppetto di fuggitivi, si impadronì di un convoglio di armi destinate ai gladiatori e si rifugiò sul Vesuvio. Successivamente il gruppetto si arricchì sempre di più in numero, alimentato dagli schiavi e dagli sbandati attirati dall'uso di Spartaco di dividere in parte uguale i bottini. Tutto questo si svolgeva nell'indifferenza di Roma. In seguito a un conflitto con un piccolo gruppo di soldati romani, l'esercito di schiavi e gladiatori si impadronì di armi vere. Con queste sconfisse poi le legioni di Caio Clodio, giunto sul posto per contrastare la minaccia. Egli si attestò all'imbocco dell'unica strada che discendeva il Vesuvio, tuttavia Spartaco riuscì a colpire le legioni alle spalle, di sorpresa, calando i suoi uomini legati a delle corde giù per il declivio più scosceso. Questa fu la prima azione eclatante del suo esercito. Altra importante vittoria fu quella ottenuta contro il pretore Publio Varinio e i suoi luogotenenti: Spartaco riuscì a impadronirsi persino dei cavalli e dei simboli littori dell'esercito. In breve tempo la rivolta si estese a gran parte del sud della penisola, coinvolte furono la Campania, la Lucania e forse l'Apulia. In questo periodo lo storico Sallustio parla del massacro indiscriminato dei padroni da parte degli schiavi, massacri ed efferatezze alle quali tento inutilmente di porre argine lo stesso Spartaco, il quale aveva piani ben più nobili. Il piano di Spartaco era quello di risalire la penisola con il suo esercito e di oltrepassare le Alpi, in modo da rendere la libertà agli schiavi. Tuttavia non tutti erano d'accordo con il suo piano, nella sostanza, incruento. I galli capeggiati da Crisso decisero di staccarsi dall'esercito di Spartaco, quasi venendo alla lotta fratricida: si pensa che tale scissioni sia stata dovuta al fatto che Crisso intendeva combattere Roma a viso aperto, piuttosto che fuggire oltralpe. Spartaco sembrava invece di vedute più modeste e realistiche: difficilmente il suo esercito avrebbe potuto combattare frontalmente l'intero apparato statale di Roma. Fu durante questa lotta interna al movimento ribelle che Roma decise di inviare contro i rivoltosi i due consoli del 72 a.C., Lucio Gellio e Gneo Cornelio Lentulo. I 20.000 galli di Crisso affrontarono l'esercito di Quinto Arrio, pretore di Gellio, presso il monte Gargano. L'esercito dei rivoltosi fu sconfitto e lo stesso Crisso morì. Sebbene la scissione e la sconfitta di Crisso avessero in parte indebolito l'esercito di Spartaco, egli riuscì ugualmente a manovrare i suoi uomini in modo da aggirare gli scontri con i due consoli: quando, risalito gli Appennini, giunse a Modena, il suo esercito contava circa 120.000 unità. A questo punto però, con il suo obbiettivo ormai alle viste, Spartaco decise di ritornare verso sud: questa scelta, secondo gli storici, non fu dettata da un suo preciso volere, ma piuttosto dal volere e sotto la pressione del suo enorme seguito, che lo constrinse a restare in Italia per tentare, in un eccesso di euforia, di saccheggiare Roma. Pare quindi che Spartaco non riuscisse più a controllare l'enorme seguito di uomini che aveva raggruppato, dovette quindi cedere alla volontà del suo battaglione di schiavi. Sebbene Spartaco, da uomo intelligente, si guardasse bene dall'avvicinarsi a Roma, i romani decisero ugualmente di affidare il compito di sconfiggere definitivamente la sua minaccia a Marco Licinio Crasso. Egli intendeva circondare gli schiavi nel Piceno, ma il suo luogotenente, Mummio, incaricano di aggirare il nemico con le sue legioni, disobbedì agli ordini e attaccò Spartaco. Le legioni romane vennero ancora una volta sconfitte e Spartaco potè dirigersi nel Bruzio, presso Turi. Qui, molti mercanti si erano radunati per commerciare il bottino dei beni raccolti dagli schiavi, ma Spartaco proibì che ricevesso in cambio oro e argento: i suoi uomini dovevano accettare solo ferro e rame, necessari per forgiare nuove armi. Il piano di Spartaco diventò allora quello di sbarcare in Sicilia attraverso lo stretto, in modo da ravvivare nell'isola la rivolta di schiavi mai completamente sopita. Non vi riuscì a causa del tradimento dei pirati, che si misero probabilmente d'accordo con Verre, governatore della Sicilia, rifiutando a Spartaco le navi, mentre già le coste della Sicilia erano presidiate. Crasso intanto sopraggiungeva alle spalle di Spartaco, ed ebbe l'idea di sfruttare la conformazione del Bruzio (la Calabria) per confinare nella regione i nemici: egli fece costruire un vallo presidiato dalla costa ionica a quella Tirrenica, lungo 300 stadi (55 km). Nell'inverno del 72-71 a.C, dopo ripetuti tentativi di forzare il passaggio, Spartaco riuscì a passare il vallo in una notte di tempesta. A questo punto Crasso richiese aiuto al senato che gli inviò Pompeo. Egli doveva rientrare in tutta fretta dalla Spagna, dove aveva posto fine alla rivolta di Sartorio, mentre dalla Macedonia, sbarcando a Brindisi, sarebbe accorso Marco Licinio Lucullo. Il cerchio si stringeva attorno a Spartaco, il quale decise di dirigersi verso Brindisi, forse nel tentativo disperato di oltrepassare l'Adriatico. A questo punto, l'ennesima scissione degli schiavi galli e germani, capeggiati da Casto e Giaunico, indebolì questa volta decisivamente il suo esercito. I due capi ribelli mossero contro Crasso, che li sconfisse. Saputo dell'imminente arrivo di Lucullo a Brindisi, Spartaco tornò indietro e si diresse in Apulia, verso le truppe di Pompeo. Qui si svolse la battaglia finale: 60.000 schiavi, tra i quali Spartaco, morirono (ma il corpo del condottiero non fu mai trovato). I romani persero solo 1.000 uomini e fecero 6.000 prigionieri. Altri reparti dell'esercito ribelle, circa 5.000 uomini, tentarono la fuga verso nord, ma vennero raggiunti e annientati da Pompeo. Terminava così la rivolta di Spartaco. |