STORIA
DI ROMA La
guerra contro Mitridate
Il nemico che Silla si preparava a combattere era Mitridate VI Eupatore, re del Ponto (la costa nord della Turchia, che si affacciava sul Mar Nero). Le sue origini erano greche-persiane, si narra che all'età di undici anni ereditò il regno dal padre morente, ma, non fidandosi della madre e dei suoi tutori, si nascose per 7 anni tra le montagne con un gruppo di fedelissimi. Raggiunti i 18 anni, tornò per esigere il regno, imprigionò la madre (che fece avvelenare in prigione) e si riprese ciò che già gli era dovuto. Era un uomo carismatico, energico ma anche crudele, temprato dalla vita che aveva condotto nei boschi quando era giovane. Le sue origini greche non gli impedivano di apprezzare l'arte e la cultura, amando farsi circondare da pittori, storici, poeti e filosofi. Le conquiste di Mitridate si ampliavano di continuo: si era impadronito del Bosforo, della Colchide (regione a nord sulle coste occidentali del Mar Nero) e dell'Armenia, che costituiva, nei suoi piani, una barriera tra sé e la pericolosa Persia. Di fatto aveva in pugno anche il regno di Cappadocia. In ragione di questa espansione, Mitridate divenne l'ultimo e più pericoloso discendente degli stati ellenistici e il collettore di tutti i sentimenti anti-romani della regione, mirando a costituire un grande Regno Orientale che comprendesse l'intera Turchia odierna e le coste del Mar Nero.
Le vere ostilità con i romani cominciarono nell'88 a.C. quando Mitridate decise di invadere i possedimenti asiatici dei romani (la costa occidentale della Turchia). La popolazione accolse Mitridate come liberatore. Molte città consegnarono a Mitridate i governanti romani in catene, gli stessi re della regione che appoggiavano Roma, come il re di Bitinia, preferì fuggire e lasciare il suo regno in mano al nemico. Furono massacrati in un solo giorno migliaia di civili romani e italici, uomini, donne e bambini. Mitridate inaugurò poi una politica demagogica per assicurarsi l'appoggio delle popolazioni: liberò gli schiavi, estinse la metà dei debiti contratti da ogni singolo cittadino, esentò i territori occupati da ogni forma di tributo per 5 anni. Poi trasportò la capitale a Pergamo, mentre Cappadocia, Frigia e Bitinia erano state ridotte a regioni vassalle. L'invasione raggiunse anche le coste europee: uno dei figli di Mitridate invase la Macedonia e provocò la sollevazione della Grecia. Atene insorse, guidata da un ex schiavo, il filosofo epicureo Aristione: venne proclamata la secessione da Roma, mentre anche gli altri stati della penisola seguivano il suo l'esempio.
La situazione romana sembrava disperata: appena sedata la rivolta italica, Silla si trovava a fronteggiare con i suoi 30.000 uomini la sollevazione dell'intero oriente, mentre la situazione nell'Urbe era tutt'altro che stabile e le casse dell'erario vuote. Ma Silla non si diede pervinto. Con la determinazione che sempre lo contraddistinse, decise di risolvere la situazione orientale, ben sapendo che solo dopo aver riportato la stabilità ai confini poteva dedicarsi con tutta calma a ristabilire l'ordine in patria. Silla sbarcò in Epiro. Una volta incassato il rifiuto di Mitridate di ritornare allo status quo ante bellum, puntò in Beozia, dove sconfisse le armate di Archelao (stratega al soldo di Mitridate) e del tiranno di Atene Aristione. I focolai di rivolta in Grecia furono sedati, resistevano solo Atene e il Pireo, dove si erano rifiugati Aristione e Archelao: a Silla non restò altro che inziare l'assedio della città. Per tutto l'inverno 87-86 le legioni romani tentatorono di abbattere le difese della città, che nel frattempo riceveva aiuti dal mare, che era in mano alle navi di Mitridate. L'assedio così si protrasse più del dovuto, mentre Silla non si faceva scrupolo di saccheggiare i tempi più rispettati e più ricchi della zona e ad abbattere gli storici boschi del Liceo e dell'Accademia per costruire le sue macchine d'assedio. Solo quando Silla decise di attuare un blocco più stretto riuscì a far terminare i viveri alla città: era il primo marzo dell'86 a.C. quando riuscì ad entrare in città e a far fuggire Archelao, mentre i rivoltosi furono giustiziati. La città fu selvaggiamente saccheggiata, ma per rispetto delle sua storia, le fu permesso di mantenere la sua potestà e i suoi possedimenti. Il Pireo venne però distrutto, per privare la flotta di Mitridate di un importante porto strategico. Nel frattempo (86 a.C.) la situazione a Roma era di nuovo mutata: i seguaci di Caio Mario avevano di nuovo preso il sopravvento e si prestavano a mandare in Grecia un altro esercito al comando di Lucio Valerio Flacco, non senza aver destituito dall'incarico Silla, che peraltro non se ne curò troppo. La guerra in oriente vide quindi il curioso spettacolo di due diversi eserciti romani, teoricamente antagonisti ma uniti contro il nemico comune. L'esercito di Flacco e di Silla ebbero occasione di incontrarsi in Tessaglia, tuttavia non entrarono in conflitto, un pò perchè Flacco non si sentiva per nulla sicuro di vincere lo scontro fratricida, un pò perchè lo spettacolo di due eserciti romani in conflitto fra loro non avrebbe di certo giovato alle sorti della guerra. Silla sconfisse ugualmente le armate eterogenee e più disorganizzate di Mitridate, che si era presentato alle Termopili, con la temerarietà e la rapidità che lo caratterizzavano, mentre l'esercito di Flacco si diresse verso l'Asia Minore. La situazione di Silla era più che mai precaria, ma nulla poteva comunque distorglielo dai suoi piani, era più che mai deciso a ridurre le ambizioni di Mitridate, per dedicarsi al più presto alla situazione italica. Verso la fine dell'86 a.C. Silla si vide costretto a ingaggiare battaglia in Beozia, presso Orcomeno. Il numero dei soldati nemici era sempre e comunque superiore a quello dei suoi soldati, ma la battaglia passerà alla storia per il coraggio dimostrato dal comandante romano in battaglia. Sotto
i colpi della cavalleria nemica, la fanteria romana aveva cominciato
a ritirarsi, quando Silla stessa scese da cavallo e brandì una
bandiera, per gettarsi nella mischia. Si racconta che pronucniò
queste frasi: "Io morirò qui di una bellissima morte,
o Romani! E voi, quando vi chiederanno dove avete tradito il vostro
comandante, non dimenticate di dire: sotto Orcomeno!". Nel
frattempo, l'esercito di Flacco aveva occupato Bisanzio e aveva raggiunto
l'Asia Minore: anche il Bosforo era in mano ai
romani, la stessa posizione di Mitridate in Asia era compromessa, per
non parlare della Grecia, che nel frattempo aveva visto bene di cambiare
di nuovo la sua politica in favore dei romani, vista la nuova debolezza
del re del Ponto. L'esercito
di Flacco intanto era scosso dall'indisciplina e dalla rivolta. Il legato
di Flacco, Caio Flavio Fimbria, fomentava di continuo i soldati contro
il proprio comandante. Flacco non era un uomo forte e deciso come Silla,
prova fu che ne fece le spese: i soldati lo uccisero per seguire Fimbria
in veste di nuovo comandante. Mitridate
chiese la resa.
In un primo momento, non sapendo con chi trattare tra Fimbria e Silla,
trattò con entrambi, ma poi capì che avrebbe dovuto trattare
con il solo Silla. Per agevolare e accellerare
le pratiche della resa, Silla pose condizioni piuttosto miti, in quel
momento egli era consapevole che più del pericolo asiatico doveva
guardarsi dalla pericolosa e incerta situazione italica.
L'esercito di Fimbra si trovava presso Pergamo quando incontrà quello di Silla. Tra le file del primo molti soldati disertarono per aggregarsi alle legioni del secondo, Fimbra decise allora di suicidarsi. In
Asia Minore Silla restaurò l'ordine, alla sua maniera: furono
revocate le leggi di Mitridate, furono giustiziati tutti i sostenitori
della rivolta contro Roma, i contribuenti furono obbligati a pagare
tutte le tasse arretrate contratte durante lo svolgimento del conflitto.
Fu imposto a tutte le provincie un astronomico tributo di guerra, ben
20.000 talenti (Mitridate ne aveva pagati appena 3.000... ).
Nell'84
a.C. Silla si recò in Grecia, nell'83
sbarcò a Brindisi con un esercito di 40.000 uomini pronto ad
affrontare la guerra civile sul suolo italico.
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