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Max
STIRNER
(1806-1856)

"Non c'è nulla che mi importi più di me stesso!"

 


Max Stirner (pseudonimo di Johann K. Schmidt) nasce a Bayreuth, in Germania. Terminati gli studi a Berlino diventa insegnante, poi abbandona l'insegnamento nel 1844, anno della pubblicazione della sua più importante opera, L'Unico e la sua proprietà.

L'opera di Stirner suscita da subito un certo clamore negli ambienti della sinistra hegeliana, cui Stirner viene a far parte di diritto come membro più radicale: la tesi dell'egocentrismo di ogni entità e il concetto dell'uomo come "unico" contrapposto a qualsiasi autorità, verrà a formare, tramite l'apporto di Bakunin, una delle tesi centrali dell'anarchismo, anche se questa appropriazione del suo pensiero è contemporanea agli ultimi anni di vita di Stirner, il quale mai aveva manifestato l'intenzione di fondare alcuna scuola di pensiero o movimento politico.

Stirner muore in povertà e oberato dai debiti, dimenticato dai più.

Opere principali: L'Unico e la sua proprietà (1844).

*

Sommario

1. Ogni ente vive per se stesso

2. L'Unico

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1. Ogni ente vive per se stesso

Max Stirner avverte che il principio al quale ogni entità si attiene è un principio di egoismo: ogni entità persegue la propria causa, intesa come proprio interesse personale. L'uomo è spesso costretto a farsi carico di cause che non sono le proprie, l'uomo, si dice, è bene che abbia a cuore la "causa di Dio, la causa dell'umanità, della verità, della libertà, della filantropia, della giustizia: inoltre la causa del mio popolo, del mio principe, della mia patria: infine, addirittura la causa dello spirito e mille altre cause ancora." (L'Unico e la sua proprietà). Ma la causa realmente autentica per ogni entità è la propria causa, e nessun'altra.

Lo stesso Dio, secondo Stirner, persegue la propria causa, Egli si occupa solo di sé, pensa solo a sé e vede solo sé, ogni cosa che non è a Lui gradita viene punita, Dio non ha alcuna causa da servire, poiché sopra di Esso non vi è nulla, la causa di Dio è causa puramente egoistica, la causa di Dio è la totalità dell’esistente, l’esistente è l’ambito dell’egoismo divino. Anche l'umanità (e qui si scorge una critica alla natura divina dell'umanità in Feuerbach, con il quale ebbe occasione di confrontarsi) non ha altra causa se non quella di fare progredire se stessa, e per fare ciò non esita a logorare i singoli individui gettandoli nella storia, sotto il peso dei conflitti e della servitù. In sostanza, Stirner accusa Feuerbach di avere prima ricondotto l'idea di Dio all'uomo per poi averla ripresentata nella stessa forma attribuendola all'umanità.

L'egoismo per cui ogni ente pensa a se stesso e solamente alla propria causa è per Stirner una legge universale, così come lo è per gli uomini, nel "loro piccolo", anche Dio e gli enti astratti (i quali non pensano), quali l'umanità, la libertà, la verità, e cosi via, avanzano secondo una legge propria e immanente, la legge della realizzazione dei loro propri fini. Ogni ente tende alla realizzazione esclusiva del proprio fine e in questo non vi è alcuna attenzione per il fine dell'altro.


2. L'Unico

Dio e l'umanità hanno fondato la loro causa su nulla, su null'altro che se stessi. Allo stesso modo io fondo allora la mia causa su me stesso, io che, al pari di Dio, sono il nulla di ogni altro, che sono il mio tutto, io che sono l’unico.” (L’Unico e la sua proprietà).

Dalle premesse esposte nel capitolo precedente deriva che l'unica entità che rappresenta autenticamente la realtà universale di ogni cosa è il singolo uomo preso nel suo naturale egocentrismo: Stirner chiama questo uomo "l'unico". L'unico è l'uomo preso in sé stesso, l'unità minima e autosufficiente in grado di produrre ogni cosa da uno stato iniziale di nullità. Io, infatti, parto dal nulla della mia esistenza ancora da vivere per poi creare ogni cosa, io sono l'unico essere vivente nel pieno possesso delle mie potenzialità, l'unico in grado di creare ogni cosa dal nulla che rappresenta la posizione di partenza alla mia nascita.

L'unico rivendica quindi il diritto di pensare a se stesso come qualcosa di compiuto in sé in senso assoluto, l'unico (io, me stesso e non gli altri) rappresenta l'intero della sua stessa esistenza, con il suo carico originale e personale di azioni, scopi, fini e potenzialità. Questa peculiarità non potrà allora essere prevaricata da nessun altro, poiché l'unico ha il diritto di pensare a se stesso e a nessun altro, ha il diritto di non prendersi a cuore nessuna causa che non sia la propria.

La causa sul quale l'unico fonda la propria esistenza non è null'altro che la propria causa, nessuna causa prestabilita e già definita può competere all'unico, poiché l'unica causa che gli compete è la propria, diveniente e in fieri, la causa che rincorre le istanze concrete di ogni singolo uomo nel dipanarsi temporale della sua esistenza.

Resta qui allora aperto il problema critico riguardante la salvaguardia del principio di unicità a tutti i livelli. Se ogni uomo ha il pieno diritto di perseguire i propri scopi a scapito di quelli degli altri unici, può succedere che gli unici più forti prevarichino il campo d'azione degli unici più deboli. Questo non permetterebbe allora il pieno e corretto svolgimento della legge universale che vuole ciascun uomo un unico assoluto (poiché nessuno potrebbe costringere gli unici più forti a limitare il proprio campo d'azione a favore degli unici più deboli, in quanto costituirebbe una violazione della stessa regola dell'unico).

 

 

Scheda di Synt - ultimo aggiornamento 31-08-2004

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