Socrate
nacque ad Atene dallo scultore Sofronisco e dalla levatrice Fenarete.
Socrate,
nonostante la sua importanza storica, non ha lasciato nulla di scritto
(egli stesso preferiva trasmettere direttamente a voce i suoi insegnamenti).
Tutto quello che si sa di lui si deve al lavoro del suo principale allievo,
Platone, che scrisse abbondantemente sulla figura del maestro e ne fece
il protagonista di gran parte delle sue opere. * Sommario 1. "So di non sapere": ovvero, "azzerare e ripartire" 2. "Conosci te stesso" ("Gnothi sauton"): in ogni uomo vi è la verità 3. La maieutica e l'ironia: il parto della verità 4. L'universale e il particolare 5. L'importanza del concetto: la verità è nella mente 6. Intellettualismo e volontarismo etico * Socrate afferma ripetutamente: "so di non sapere". Lungi dall'essere una testimonianza di umiltà, tale affermazione ha un significato ben preciso: Socrate afferma che intorno a lui non vi è nulla che possa attestare la verità, non le leggi, non gli usi sociali, non le religioni, non la morale e non le dottrine filosofiche. Se il sapere è l'annuncio di una verità incontrovertibile, si può notare come, seguendo l'esempio della critica già espressa su questo tema dai sofisti, il sapere degli uomini o è gratuito (un sapere che non conosce i suoi veri perché) o contraddittorio (un sapere che nega ciò che allo stesso tempo vuole affermare). A differenza dei filosofi precedenti, Socrate nega che la verità autentica sia mai stata raggiunta (mentre per i sofisti era verità l'assenza di verità), ma è consapevole di saperlo. E' questo un modo per azzerare nuovamente il discorso filosofico e farlo ripartire dal progetto di concentrare la ricerca attorno alla verità autentica, dopo che l'onda scettica del sofismo aveva negato l'impossibilità di raggiungerla. Dunque sapere di non sapere, per Socrate, già costituisce una base certa dalla quale partire per edificare più solidamente l'edificio filosofico.
Sulla facciata del tempio di Apollo a Delfi vi era scritto "Gnothi sauton" (conosci te stesso). Socrate fa suo questo motto. Cosa significa? Come Protagora, Socrate ritiene che nessuna verità possa essere esteriore all'uomo, cercare la verità delle cose nella physis (nella natura, negli elementi materiali), non porta l'uomo alla vera conoscenza. Perché? Perché secondo Socrate la verità che davvero interessa all'uomo è quella attorno alla sua vita e al senso che ha all'interno del mondo. Come già visto in Gorgia, la verità è incomunicabile (si veda il suo terzo argomento polemico). Mentre per Gorgia questo argomento era teso a dimostrare che, non essendo comunicabile, la verità non esisteva, Socrate afferma invece che tale verità, proprio perché non può essere comunicata, va ricercata all'interno dell'uomo: in ogni uomo vi è la verità, occorre solamente farla uscire allo scoperto. Ma come far uscire allo scoperto quella verità che è all'interno di ogni uomo? Socrate si definisce un ostetrico di anime (maieutica=arte dell'ostetricia, il mestiere di sua madre), ossia il suo compito non è tanto quello di insegnare la verità (del resto egli sa di non sapere), ma piuttosto quello di aiutare l'interlocutore a partorire la verità con i propri mezzi. Socrate si prefigura quindi non come portatore di verità in sé, ma come portatore di un metodo attraverso il quale favorire il raggiungimento di tale verità (se la verità è ciò che viene portato alla luce, l'immagine del parto della verità è certamente una delle più suggestive). In
cosa consiste tale metodo? Se,
ad esempio, un generale affermava che il coraggio in battaglia consisteva
nella resistenza indomita, Socrate notava che anche una ritirata si poteva
dire coraggiosa se serviva a vincere e ad evitare inutili perdite. 1. Socrate individuava il problema, un'affermazione che gode del consenso derivante dal senso comune (definizione del problema); 2.
A
questo punto ci si deve domandare se l'affermazione, nonostante l'apparenza,
si possa considerare falsa (possibilità di confutazione); Da
questo procedimento, in cui la verità viene alla luce grazie al
continuo sforzo della critica dialettica, si può
evincere, nel pensiero socratico, la superiorità del pensiero razionale
sull'intuizione semplice (la verità non è cosa naturale,
istintiva, zen, bensì va raggiunta tramite la pratica consapevole
della ragione).
La causa prima che impedisce all'uomo di sapere con certezza è l'incapacità di stabilire in modo definitivo il significato di ciò che si vuole sapere. Il mondo materiale, in quanto numeralizzabile, è facilmente quantificabile (ci si trova d'accordo sulla forma, il peso o le misure di un oggetto), la difficoltà si presenta quando bisogna quantificare in modo certo il significato di un concetto etico, morale o estetico (ad esempio cos'è il bene e cosa il male, il giusto e l'ingiusto, il bello e il brutto). Per definire in modo certo cosa sia il bene e cosa sua la giustizia, ad esempio, occorre sempre prima domandarsi che cosa (ti esti=che cos'è) sia il bene e la giustizia: il procedimento per raggiungere la verità attorno ai concetti etici passa per la loro corretta definizione. Per
spiegare cos'è il bene, potremmo certamente fare un esempio di
una azione nel quale si manifesti il bene, ma questa azione non sarà
mai un bene assoluto, poiché se in una certa situazione e per una
certa persona tale azione è un bene, in altri casi, in altre situazioni,
per altri popoli secondo i loro diversi costumi, tale azione presa ad
esempio potrebbe non essere un bene (per alcuni popoli, ad esempio,
è un bene avere una sola moglie, per altri in cui la poligamia
è regola, una sola moglie non riveste più un significato
di bene). Una
conseguenza importante del pensiero di Socrate è la ricerca dei
significati universali dei concetti. Mentre i fisici presocratici (in
particolare i Milesi
e i Plualisti)
cercavano la verità negli aspetti fisici e sensibili del mondo
(ovvero gli aspetti particolari, materiali e contingenti delle cose),
Socrate afferma che la verità autentica si trova nei concetti
delle cose, ovvero nell'immagine universale delle cose contenuta nel pensiero.
Le verità universali attorno a concetti morali quali il bene e la giustizia implicano che l'uomo, una volta a conoscenza di tali verità, venga guidato da esse nel giusto agire nelle cose della vita, ma rimane sempre la possibilità che l'uomo, pur conoscendo il vero significato del bene e della giustizia, scelga comunque di agire seguendo il male e l'ingiustizia. Il primo atteggiamento, ovvero quello che per cui una volta conosciuto il bene lo si pratica necessariamente, è noto come intellettualismo etico, il secondo atteggiamento, per cui anche a conoscenza del vero bene si sceglie di praticare comunque il male, è conosciuto col nome di volontarismo etico. Ma come può la conoscenza del bene assoluto non agire negli animi dei malvagi? Socrate afferma che chi agisce commettendo il male pur conoscendo il bene, in realtà non conosce realmente il bene autentico, ma ne abbia una falsa conoscenza. La verità del bene assoluto, infatti, una volta conosciuta, è superiore in forza a qualsiasi considerazione. In particolare, chi agisce secondo il male, sarebbe sotto l'influsso negativo degli istinti, che impedirebbero al malvagio di avvicinarsi alla conoscenza del vero bene. L'idea di Socrate è che qualora l'uomo venisse a conoscenza del vero significato del bene non commetterebbe più alcun male: se l'uomo fosse realmente a conoscenza del vero significato del bene avrebbe davanti a sé più chiaramente quali sarebbero le conseguenze delle azioni che sta per compiere, perché se l'uomo tende naturalmente al maggior piacere possibile, un'azione veramente giusta costituirebbe un piacere ben più stabile e duraturo rispetto a un piacere fuggevole e incerto.
Socrate sa di non sapere, ovvero non conosce la verità e quindi non conosce il bene, pur essendo alla sua ricerca. Cosa guida Socrate nel percorso della virtù se il bene che dovrebbe guidarlo nella vita non è stato ancora individuato? Socrate afferma di essere guidato da un demone, non un diavolo (nell'accezione cristiana non ancora conosciuta), ma una voce divina che lo tratteneva dal compiere certe azioni (quelle ingiuste). Di fronte all'impossibilità di agire in mancanza della conoscenza del bene, l'uomo deve dunque affidarsi alla voce di quella verità che si trova già in lui, ma che se oscurata dall'eccessivo abbandonarsi all'istinto, non percepisce più come guida. La filosofia socratica si configura dunque come una filosofia morale: si è già detto come per l'uomo le verità che più possono interessarlo siano quelle relative alla sua vita e al modo in cui decide di agire. Tale atteggiamento antropologico (ovvero centrato sui problemi dell'uomo e non sugli aspetti che riguardano il funzionamento della natura) può essere considerato il primo vero affacciarsi nella storia del pensiero dell'umanesimo (sui problemi dell'uomo era già in parte incentrata la sofistica, ma in essa l'umanesimo era stato stemperato nel relativismo radicale e nella negazione del raggiungimento di una qualsiasi verità etica). Infine, ciò che può veramente far affermare che una vita sia stata virtuosa e spesa nel modo giusto, è per Socrate la disponibilità dell'uomo di avviare la ricerca sul vero significato del bene e del male: solo quando l'uomo verrà in possesso di tale conoscenza, avrà raggiunto quella verità che potrà dare agli uomini, secondo le parole dello stesso Socrate, la "salvezza della vita". |
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di Synt - Ultimo aggiornamento 26-09-2004
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