A
Bologna, nel 1341, fu rilasciata la prima licenza per la
costruzione di un filatoio da seta.
Ricostruendo
le fasi di lavorazione della seta, abbiamo compreso che
l’attività era complessa, non poteva svolgersi nel medesimo
luogo e prevedeva quindi rapporti diversi di lavoro, proprio
come in un sistema industriale.
“C’erano
manifatture per
la trattatura del filo: la trattura è la
trasformazione del bozzolo in matasse di filo; per lavorarlo,
lo si metteva nell’acqua bollente finché non si ottenevano
i fili.
L’operazione che svolgeva il filo in matasse per
avvolgerlo in rocchetti era nota come incannatura e
veniva eseguita da donne che lavoravano a domicilio.
La
crescita delle dimensioni dei mulini e del numero dei filatoi al loro interno rese, col
passar del tempo, questa organizzazione non adatta sia per la
quantita’ di prodotto necessario per le macchine, sia per il
controllo della qualità che i filatoi richiedevano.
Per questo motivo a Bologna, si realizzò la meccanizzazione dell’incannatura
ideando e dislocando sotto il tetto dei mulini da seta
incannatoi meccanici, indicati con il termine “tavelle”,
mossi dagli alberi di trasmissione dei filatoi. Erano i
bambini a sorvegliare l’operazione dell’ incannatura. La
filatura, poi, serviva a rendere più resistente il filato,
che veniva attorcigliato a macchina nel mulino. La tessitura
del velo avveniva con il lavoro a domicilio di migliaia di
donne in tutta la città. Per rendere uniforme la lavorazione,
i mercanti facevano preparare da persone di fiducia i telai
che possedevano le donne nelle loro case. “ |