Argomento: I Boschi
Articoli & Discussioni

LA GESTIONE DEGLI AMBIENTI FORESTALI: DALLA VALORIZZAZIONE NATURALISTICA ALL'UTILIZZAZIONE PRODUTTIVA.
RIFLESSIONI PER UNA DISCUSSIONE SULLE POSSIBILITÀ DI COESISTENZA DI QUESTI PRINCIPALI ASPETTI DELLE FORMAZIONI FORESTALI.


INDICE

"Foreste vergini" e "foreste antropiche"

Sfruttamento dei boschi e Selvicoltura

Le nostre "foreste antropiche": cenni di Selvicoltura

Discussione


Affronteremo alcune delle principali problematiche legate alla gestione degli ambienti forestali in Italia, gestione che inevitabilmente comporta il modellamento del territorio, sia che si scelga un orientamento prettamente naturalistico sia che se ne scelga uno di tipo produttivo in termini di legname ritraibile con i tagli.
"Foreste vergini" e "foreste antropiche"
Le "foreste vergini" costituiscono complessi ecosistemi in cui le dinamiche evolutive sono perfettamente "naturali", vale a dire che si svolgono senza intervento alcuno da parte dell'uomo. Tali foreste sono assenti nelle terre civilizzate e sono circoscritte a zone completamente disabitate.
Con il termine "foreste antropiche" (dal greco antropos = uomo) s'intendono, invece, tutti quei boschi che sono stati modellati dall'uomo nel corso dei tempi (principalmente mediante taglio, incendio e pascolo), poiché localizzati in territori dove è nata e si è sviluppata la civiltà; in altre parole, tutti i boschi che noi conosciamo da vicino, europei e italiani, vanno a costituire delle "foreste antropiche". Ciò che vediamo in questi ambienti è il frutto di qualche millennio di convivenza tra ambiente forestale e uomo; ciò significa che l'evoluzione "naturale" dei boschi è stata indirizzata e modificata dalla costante azione dell'uomo.
Sfruttamento dei boschi e Selvicoltura
Lo sfruttamento dei boschi da parte dell'uomo risale ai primi albori della vita umana sulla Terra; ovviamente, il legno ha costituito l'unica fonte energetica fino alla scoperta dei giacimenti di combustibili fossili. Non solo, il bosco ha dato nutrimento e materiale da costruzione in epoche passate, si può affermare, anzi, che anticamente il bosco veniva molto più intensamente sfruttato di quanto si faccia oggi, poiché si utilizzava tutto. Oggi la situazione è cambiata e, paradossalmente, i boschi potrebbero godere di condizioni più "naturali", anche e soprattutto in considerazione di uno "spirito ecologista" sempre più diffuso.
Dopo secoli di storia dell'uomo, i boschi sono giunti fino ai nostri giorni, modellati, modificati, a volte completamente stravolti, ma se ancora esistono lo dobbiamo a quell'insieme di regole, di pratiche, di conoscenze che vanno a costituire nel loro complesso la Selvicoltura. Questa è la scienza che studia le dinamiche d'accrescimento e di perpetuazione del bosco e che ne elabora i criteri di "coltivazione", cioè le regole da seguire affinché si possano tagliare gli alberi senza, tuttavia, arrecare danno ai boschi.
L'obiettivo principale che un selvicoltore si prefigge è la rinnovazione naturale da seme del bosco, processo indispensabile alla sua perpetuazione.
Prima di passare ad una sommaria descrizione dei nostri boschi e dei criteri colturali che ne permettono un razionale sfruttamento, vorrei porre l'attenzione su una questione cruciale: nelle nostre regioni possiamo parlare di taglio dei boschi, di Selvicoltura, ma nelle foreste tropicali del -cosiddetto- "Terzomondo" cosa succede? Cosa stanno facendo alle foreste "vergini"? L'impressione che si ha è che, lontano da noi, i boschi siano tagliati senza regola alcuna, in assenza di una Selvicoltura che ne guidi lo sfruttamento; è il caso di parlare di deforestazione vera e propria, non di taglio del bosco, perpetuata dalle multinazionali del legno e assecondata da governi disastrati da bilanci perennemente in rosso, disposti perciò a svendere le proprie terre.
Le nostre "foreste antropiche": cenni di Selvicoltura
Due sono le forme principali di gestione selvicolturale (o -più tecnicamente- di governo) dei nostri boschi: ceduo e altofusto.
Governo a ceduo: la base di questa forma di gestione è che un albero, tagliato a regola, non muoia, ma che ricacci nuovi tronchi dal punto del taglio: la pianta perde allora l'aspetto di un singolo tronco con il suo apparato radicale per diventare una ceppaia, cioè un insieme di tronchi con un comune apparato radicale. Questo è possibile solo per latifoglie, poiché le conifere non ricacciano mai dopo il taglio. I giovani germogli spuntati dalla superficie del taglio crescono ad un ritmo sorprendente e, nel giro di pochi anni, raggiungono le dimensioni massime, ricostituendo il bosco così com'era.
Governo ad altofusto: rispetto al ceduo, questa forma di gestione rispecchia criteri più "naturali", poiché le giovani piante nascono dai semi prodotti dagli alberi maturi, crescono fino ad arrivare a maturità, epoca in cui è permesso il taglio; ciò richiede tempi molto lunghi in confronto alla crescita dei polloni.
In funzione delle scelte selvicolturali adottate, che si esplicano con diversi tipi di taglio, il bosco d'altofusto, o fustaia, assume strutture sostanzialmente diverse. Si parla, allora, di fustaia coetanea quando tutto il soprassuolo possiede la stessa età, di fustaia disetanea quando il soprassuolo è composto di piante appartenenti a tutte le classi d'età, cioè piante mature crescono vicine a quelle giovani, a quelle giovanissime e ai semenzali.
In sintesi, volendo delineare una scala di "naturalità" dei boschi nostrani, partendo da quelli più antropizzati fino a quelli più naturali e considerando che "naturalità" e facilità di gestione (ed economicità di gestione) sono parametri inversamente proporzionali, possiamo scrivere:
Ceduo Semplice - Ceduo Composto - Fustaia Coetanea - Fustaia Disetanea - Fustaia Disetanea Multispecifica
Discussione
Le tematiche che qui si vogliono discutere riguardano le scelte gestionali da applicare alle singole formazioni forestali. Attualmente detta questione - sempre più spesso ed in maniera molto drastica- si configura nel divario concettuale e politico tra la gestione "tradizionale" del bosco, (cioè quella che prevede l'utilizzazione dei boschi con il taglio) e la gestione "naturalistica" -orientata secondo un presunto spirito ecologista- basata sul principio che il bosco venga "conservato" se lo si lascia alla sua "naturale" evoluzione, senza effettuare alcun tipo di taglio e d'intervento.
E' evidente che al bosco vadano riconosciute altre importanti funzioni oltre a quella produttiva, cosa nota ai tecnici forestali; queste possono essere sintetizzate in una valenza naturalistico-paesaggistico-ricreativo-ambientale del bosco (da cui nasce l'esigenza della conservazione).
Conservare un bosco ad alta valenza ambientale non può e non deve ridursi al semplice non tagliare, perché in questo modo non facciamo altro che allungare enormemente i tempi di ritorno al sistema originario con il rischio di perderlo del tutto. Il problema è molto più complesso poiché, spesso, ciò che si vuole conservare è lo status attuale di alcune formazioni boschive, dimenticando che tali ambienti non sono "naturali" (essendosi originati dall'intervento dell'uomo) e che sono comunque in evoluzione, anche se lentamente.
A questo punto il tema della discussione e chiaro: possono gli interessi produttivi essere conciliati con quelli ambientali? Credo proprio di sì: giacché, da un punto di vista generale, quando si parla di ambiente è sempre necessario fare riferimento ad opportune analisi costi-benefici che tengano conto di tutti gli aspetti che investono il sociale; mentre da un punto di vista tecnico è bene ricordare che esiste una branca emergente della Selvicoltura denominata Selvicoltura naturalistica, che si prefigge una "gestione sostenibile" delle risorse forestali con utilizzazioni che riducano al minimo l'impatto ambientale, sia attraverso la riduzione delle superfici sottoposte al taglio sia mediante l'adozione di criteri più "naturalistici" (come, ad esempio, la conversione del ceduo all'altofusto).
Questi sono passi importanti che le amministrazioni pubbliche devono iniziare a compiere, ma solo se sussistono opportune condizioni ambientali e sociali.
In conclusione a queste brevi note sulla gestione forestale, discutiamo ora l'ipotesi d'interruzione di qualunque forma di taglio. E' questa la prospettiva possibile per zone di protezione e di oasi naturalistiche. In questi casi si rinuncerebbe alle utilizzazioni forestali -che prevedono il taglio colturale- in vista del ripristino delle condizioni "naturali". Ma non bisogna illudersi: dopo millenni d'intervento antropico sulle nostre foreste, la situazione è difficile da modificare, la naturalità tecnicamente difficile da ripristinare.
Intraprendere la strada di una gestione polifunzionale delle foreste comporta un'attenta pianificazione a lungo termine -cosa alquanto difficile oggi in Italia- che preveda sia l'aspetto produttivo, lì dove possibile, sia l'aspetto conservativo, lì dove queste potenzialità siano concrete; ma oltre a tutto ciò si rende necessaria una politica di finanziamenti pubblici e d'incentivi comunitari che tenga conto della reale situazione dei nostri territori e le relative condizioni socio-economiche.

Area di Discussione: Gestione Ambienti Forestali

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