Max Weber (Erfurt, 1864 – Monaco, 1920)


Max Weber, esponente della borghesia, come egli stesso ebbe a dire, nacque in una famiglia in cui vivace era il clima intellettuale, per la frequente presenza di rappresentanti della politica e della cultura.
La sua vita è caratterizzata da un grande impegno in campo accademico e scientifico e da una forte partecipazione al dibattito sull’andamento delle vicende politiche nazionali ed internazionali.
Docente di economia politica, ebbe la cattedra prima a Friburgo (dal 1894), poi a Heidelberg (dal 1896) e, dopo una grave depressione durata 5 anni che lo costrinse a ritirarsi a vita privata (1897-1902), rinunciò all’insegnamento dopo un tentativo di riprenderlo. Nel nuovo secolo, tuttavia, la produzione scientifica di Weber fu ampia e di centrale importanza, con un’attenzione sempre maggiore per le scienze sociali e la sociologia in particolare.
Sul finire della prima guerra mondiale ebbe la cattedra a Vienna e, nel 1919, a Monaco di Baviera.
Weber può ritenersi a ragione uno dei grandi interpreti della modernità occidentale e, al contempo, uno dei fondatori della sociologia.
Egli colse i tratti fondamentali della trasformazione che aveva accompagnato e che seguiva l’uscita dalla società feudale, con il consolidamento della società capitalistica attorno ai propri capisaldi e, nel compiere la sua analisi, mise a punto e adottò i metodi e la prospettiva della sociologia.
Da un lato, quindi, Weber individuò nella ‘razionalizzazione del mondo occidentale’ il carattere distintivo del passaggio d’epoca ormai in fase di chiaro compimento, dall’altro elaborò una teoria dell’azione sociale che guidò la riflessione condotta intorno a gradi temi quali il sistema economico capitalistico , la religione, il potere, la stratificazione sociale, il mutamento sociale.
A Weber si deve una esplicita affermazione dell’assenza di una teleologia nella storia e, quindi, della sua sostanziale mancanza di senso ‘sistemico’: gli esseri umani conferiscono senso al mondo attraverso le proprie capacità, possibilità e volontà culturali, variabili entro uno stesso tempo e nel tempo. Gli attori sociali, cioè, si esprimono e sono interpretabili rispetto ai valori che essi stessi costruiscono (anche contrastandone altri). Non esistono, pertanto, leggi ‘naturali’ oggettive che regolino la realtà sociale e che debbano essere solo scoperte ed evidenziate.
Sul piano sociologico, allora, il ricco e fondamentale contributo weberiano si può far partire dalla definizione dell’oggetto e del metodo (entro quella che si definisce ‘sociologia comprendente’) e tocca i temi chiave sopra richiamati.

Opere da cui sono stati estratti i brani:

M. Weber, Economia e Società, Edizioni di Comunità, Milano, 1961, Vol. I, opera originalmente pubblicata nel 1922
M. Weber, Alcune categorie della sociologia comprendente, in Saggi sul metodo delle scienze storico-sociali, a cura di P. Rossi, Edizioni di Comunità, Torino, 2001; il saggio fu pubblicato originalmente nel 1913, all’interno di “Logos. Internazionale Zeitschrift für Philosophie der Kultur”
M. Weber, L’“oggettività” conoscitiva della scienza sociale e della politica sociale, in M. Weber, Saggi sul metodo delle scienze storico-sociali, a cura di P. Rossi, Edizioni di Comunità, Torino, 2001; il saggio fu pubblicato originalmente nel 1904, all’interno dell’“Archiv für Sozialwissenschaft und Sozialpolitik”
M. Weber, Il senso della “avalutatività” delle scienze sociologiche ed economiche, in M. Weber, Saggi sul metodo delle scienze storico-sociali, a cura di P. Rossi, Edizioni di Comunità, Torino, 2001; il saggio fu pubblicato originalmente nel 1917, all’interno di “Logos. Internazionale Zeitschrift für Philosophie der Kultur”
M. Weber, La scienza come professione, a cura di L. Pellicani, Armando Editore, Roma, 1997; si tratta di una conferenza tenuta a Monaco di Baviera nel 1918
M. Weber, L’etica protestante e lo spirito del capitalismo, Rizzoli, Milano, 1997; originalmente pubblicata in due parti: la prima nel 1904 e la seconda nel 1905