PELLEGRINAGGIO A FRUSKA GORA IN SERBIA

11- 13 agosto 2006

             

                    Belgrado di Varmo (UD) in una stampa del '500                                    Belgrado ( Serbia) 2006 Chiesa di San Sava

ARTICOLI 

dal giornale Vita Cattolica; Udine 2 settembre 2006 

dal giornale Vita Nuova Trieste, 25 agosto 2006

Da Belgrado del Friuli a Belgrado in Serbia

 Commenti a caldo:   Belinda  


 

        DOCUMENTI SULL'APOSTOLO DI VARIZDIN

Apostolo di Varizdin:   prefazione 

Kantakuzina ( Katarina ) Brankovic

   Serbi nella Slavonia nel periodo prima dei Turchi

Apostolo di Varazdin 1454


 

Il Parco e i monasteri di Fruska Gora a Novi Sad


 

 

Articoli:

dal giornale Vita Cattolica; Udine 2 settembre 2006 

 

BELGRADO

 IN SERBIA SULLE ORME DI KANTAKUZINA

 Un anno fa, la piccola comunità di Belgrado di Varmo ricevette la visita del Metropolita serbo-ortodosso di Lubiana, Zagabria e d'Italia, Jovan Paviovic, e del reverendo Rasko Radovic, parroco della chiesa serbo-ortodossa di san Spiridione in Trieste, assieme ad un folto numero di fedeli, convenuti per la commemorazione della santa Kantakuzina (Katarina) Brankovic, figlia del despota

Giorgio e sorella di Stefano, la quale acquistò il castello di Belgrado di Vanno verso il 1465 per il fratello in esilio.

Proprio lì essa stessa impostò le basi per redigere l'«Apostolos», libro liturgico che viene usato per proclamare le Scritture del Nuovo Testamento nella Santa Liturgia serbo-ortodossa.

A distanza di un anno i belgradesi sono stati invitati ad un pellegrinaggio di 3 giorni a Fruska Gora, in Serbia, insieme al parroco don Gianni Pilutti, per la visita di alcuni fra i tanti monasteri della zona e soprattutto per la S.Messa, presieduta proprio dal Metropolita Jovan, tenutasi sabato 12 agosto nel monastero Krusedol, per commemorare la santa Angelina, moglie del despota Stefano

Brankovic, ivi venerata nei resti delle sue spoglie mortali (ci sono tuttora conservate le sue reliquie).

E proprio in questo giorno così solenne per il popolo serbo, la piccola delegazione friulana si è trovata in mezzo a tanta bellezza architettonica ma soprattutto a tanta fede, silenzio, rispetto e venerazione, che trasparivano nei gesti religiosi, negli sguardi abbassati e nella preghiera

composta e continuata dei fedeli (un migliaio), piccoli, giovani, adulti ed anziani, tutti come «un corpo solo ed un anima sola» davanti alle reliquie di santa Angelina.

Circondati ed affascinati da tanta spiritualità, anche i varmesi sono rimasti silenziosi e rispettosi, sotto la pioggia mista a qualche sprazzo di sereno, in piedi per circa 3 ore, esattamente come la gente accorsa per il grande evento. Gente umile e povera, con i tratti delle guerre, delle sofferenze, delle difficoltà del vivere quotidiano impressi sul corpo, ma che ha dato una vera lezione di vita con la sua dignità. Anche la distribuzione del Pane benedetto, al termine della celebrazione, è stata un momento di condivisione vera.

E con questa gioia, resa ancora più grande dal pranzo comunitario assieme al Metropolita, ai Vescovi ed a tutti coloro che hanno animato la solenne celebrazione, offerto dal monastero, la delegazione ha proseguito il suo pellegrinaggio a Belgrado e Zagabria (sulla via del ritorno), dove è stata ospitata nel palazzo della Diocesi per una cena voluta appositamente dal Metropolita Jovan.

L'entusiasmo e la carica trasmessi durante questi incontri stanno già dando i loro piccoli frutti, in quanto si sta già pensando ad organizzare il prossimo incontro fra le due comunità nel 2007.

Nel frattempo si cercherà di espandere i sentimenti provati e l'esperienza vissuta affinchè cresca la

volontà di operare per la pace e l'armonia fra i popoli.

 

la delegazione varmese in Serbia

  la celebrazione presieduta dal Metropolita Jovan

 

dal giornale Vita Nuova Trieste, 25 agosto 2006

Da Belgrado del Friuli a Belgrado in Serbia

la delegazione di Belgrado di Varmo nella Chiesa cattedrale e sede vescovile di Sremski Karlovci    

Chiesa di San Sava a Belgrado

In occasione del 550° anniversario del più antico libro liturgico scritto in cirillico in Croazia detto “l’Apostolos di Varaždiun”, il 13 agosto 2005, è stata celebrata la commemorazione funebre in onore della principessa Katarina Kantacuzena Brankovich presso la Chiesa di San Nicola a Belgrado di Varmo dalla Chiesa serbo-ortodossa di Trieste alla presenza della Comunità Cattolica di Belgrado di Varmo in Friuli (UD).

Al rito hanno partecipato Sua Eminenza Jovan Pavlovic. Metropolita di Zagabria, di Lubiana e di tutta l’Italia,  il parroco della Chiesa Serbo ortodossa di Trieste rev. Rasko Radovic, sacerdoti serbo-ortodossi di Zagabria, Lubiana e Varazdin. I fratelli in Cristo,ospiti d’onore, sono stati: il vicario generale dell’ Arcidiocesi di Udine mons. Giulio Gherbezza, il parroco di belgrado di Varmo don Gianni Pilutti, il sindaco di Varmo e numerosissimi fedeli, insieme al delegato diocesano (UD) per l’ecumenismo e il dialogo, diacono Gianfranco Zuliani.

Quest’anno siamo stati invitati a celebrare la ricorrenza in Serbia.

Venerdi 11 agosto 2006 quindi, siamo partiti con un bus “ecumenico” ( ortodossi e cattolici) una trentina di persone di varie etnie (russi, italiani, sloveni, croati).

In Serbia, siamo stati accolti nella Chiesa cattedrale e sede vescovile di Sremski Karlovci ( nei pressi di Belgrado) dal segretario del Vescovo Vasilije,il protopresbitero Velizar Zivanovic.

 Molto affabilmente ci ha guidati nella visita al museo annesso. Dopo un brindisi, siamo partiti verso il monastero di Velika Remeta.

Va detto che nei pressi di Belgrado, sorge un complesso montagnoso, Fruska Gora,  ricchissimo di vegetazione e, cosa molto importante per i credenti, ricco di oltre 40 monasteri.  

L’abate di Velika Remeta, padre Stefano, dopo la  visita ci ha donato una icona di San Sava, grandissimo santo vissuto nel 12° secolo  fondatore della Chiesa Serbo ortodossa, autocefala dal 1219.

Sabato mattino, nel monastero di Kruscedol, il maggiore dei monasteri di Fruska Gora, ove riposano i quattro santi della famiglia Brankovic ( Maksim,Stefan,Jovan e Angelina) qui è stata  concelebrata la Divina Liturgia ( SS Messa in onore di Sant’Angelina)  con il Vescovo della Diocesi di Srem Vasilije e con il Metropolita Jovan, ArciVescovo di Lubiana, Zagabria e di tutta l’Italia.

Il Metropolita Jovan, durante la liturgia, ha rivolto il suo saluto alla comunità di italiani, ospiti in questo santo luogo.

L’affluenza, visto anche la solennità dell’evento era notevolissima:

la Santa Angelina dal popolo serbo,moltissime persone che poi durante la processione attorno al santuario, hanno condiviso il pane benedetto (antidoron) che alla fine di ogni Messa viene distribuita ai tutti.

Il pranzo insieme ai due vescovi, igumeni dei principalli monasteri, e ai numerosissimi  presbiteri, che hanno concelebrato la messa,  monaci e monache ,che hanno partecipato,ha accolto pure una moltitudine di pellegrini. In tutto oltre 200 persone.

In questa occasione c’è stato lo scambio di doni e la comunità di Varmo, con il suo parroco don Gianni, ha portato una targa ricordo per celebrare l’evento.

 Quindi in viaggio verso Belgrado.

Bellissima città  dove la Sava confluisce nel il Danubio.in uno scenario stupendo, con lo sfondo della fortezza ( Kalemegdan) dove hanno guerreggiato molti popoli ( romani. Ungheresi, turchi e serbi).

Domenica mattina, Messa presso la Chiesa dei Gesuiti.

Poi, nella Sede Patriarcale,  il Metropolita Jovan in persona ci ha guidato nella Cappella ove  vengono eletti  i Patriarchi e i Vescovi.

Poi nella Sala  ove si svolgono i Santi Sinodi (Conferenze Episcopali)

La visita nel museo annesso ci ha stupito per la rarità e  la preziosità di vari reperti.

Quindi si prosegue  a Belgrado, nella chiesa di San Sava, grandissima basilica  che può accogliere oltre 12000 fedeli.

Questa chiesa dedicata  a San Sava, la cui costruzione è iniziata  nel  1939, ha subito poi un arresto nella costruzione,  nel periodo della seconda  guerra mondiale; è finalmente ripresa nel 1985.

Lo stile neo bizantino riprende  i motivi architettonici della cattedrale  di Santa Sofia a Costantinopoli e stupisce per la sua imponenza.

Nel luogo ove sorge questo tempio, durante l’invasione turca nel 1595 (Sinan pascià)  furono bruciate le reliquie di San Sava.

Sulla strada del ritorno, alla sera presso la sede diocesana di Zagabria, a cena dal Metropolita Jovan ( visita al museo, che niente ha da invidiare a quello di Belgrado) che molto fraternamente ha condiviso con noi alcuni pensieri sulla costruzione della Pace da parte degli uomini di buona volontà. 

In conclusione posso personalmente dire che è stata una splendida esperienza, da ripetere…e che veramente,  dove c’è una sincera ricerca del divino, li nasce anche una profonda comunione tra gli uomini che supera le barriere di etnia, di lingua, di cultura e di confessione religiosa.

   

Rev Rasko radovic, parroco della Chiesa Serbo ortodossa di San Spiridione a Trieste

 

  Trieste, 20 agosto 2006

 

  Commenti a caldo:   Belinda

C’erano una volta, e ci sono tuttora, due località così distanti, così diverse oggi per lingua, tradizioni, visi e costumi, che mai come in questo momento però si ritrovano così vicine ed uguali, legate da un passato tanto più remoto quanto più significativo ed importante per ambedue.

Tutto nacque esattamente un anno fa, quando la piccola comunità di Belgrado di Varmo ricevette la visita del Metropolita Serbo Ortodosso di, Lubiana, di Zagabria  e di tutta l’Italia, Jovan Pavlovic, e del rev Rasco Radovic, parroco della Chiesa Serbo ortodossa di San Spiridione (TS) assieme ad un folto numero di fedeli, convenuti in Belgrado per la commemorazione della Santa  Kantakuzina (Katarina) Brankovic, figlia del despota Giorgio e sorella di Stefano, la quale acquistò il Castello Belgrado verso il 1465 proprio per il fratello in esilio, e località nella quale essa stessa impostò le basi per redigere “Apostolos”, libro liturgico che viene usato per proclamare le Scritture del Nuovo Testamento che non contengono il Vangelo (Evangelario).

A distanza di un anno il nostro paese , oramai lontano da questi antichi splendori, è stato invitato ad un pellegrinaggio di 3 giorni a Fruska Gora, in Serbia, con la partecipazione del Parrocco Don Gianni,   per la visita di alcuni fra i tanti Monasteri della zona (fra cui anche “Velika Remeta” e “Krusedol”), e soprattutto per la S.Messa, presieduta proprio dal Metropolita Jovan, tenutasi Sabato 12 Agosto nel Monastero “Krusedol”, per commemorare la Santa Angelina, moglie del despota Stefano Brankovic, ivi venerata nei resti delle sue spoglie mortali (ci sono tuttora conservate le sue reliquie).

E proprio qui, in questo giorno così solenne per il popolo Serbo, ciò che per la nostra piccola “delegazione” friulana era iniziata forse più come una gita dai risvolti culturali, in mezzo a tanta bellezza architettonica ma soprattutto a tanta fede, silenzio, rispetto e venerazione della semplice ed umile gente Serba, si è subito tramutata in silenzio e riflessione.

Ci si è automaticamente fermati ed annullati fisicamente, ammaliati e coinvolti dallo spirito di profonda fede e venerazione che aleggiava nel piccolo monastero e che traspariva nei gesti religiosi, negli sguardi abbassati e nella preghiera composta e continuata dei fedeli (forse addirittura un migliaio), piccoli, giovani, adulti ed anziani, tutti come “un corpo solo ed un anima sola” davanti alle reliquie di S.Angelina, del Vescovo di Belgrado e del Metropolita Jovan.

Circondati ed affascinati da tanta spiritualità, anche noi siamo rimasti silenziosi e rispettosi, sotto la pioggia mista a qualche sprazzo di sereno, in piedi per circa 3 ore, esattamente come la gente accorsa per il grande evento.

Gente umile e povera, con i tratti delle guerre, delle sofferenze, delle difficoltà del vivere quotidiano impressi sul loro corpo; gente però che in questi 3 giorni ci ha dato una vera lezione di vita con la loro dignità di Persone, animate dallo Spirito di Fede, Fratellanza e sostegno gli uni verso gli altri.

Anche la distribuzione del Pane benedetto, al termine della Celebrazione, è stata un momento di condivisione vera quando il pane fatto in casa e benedetto nella Messa è stato spezzato per tutti i presenti,che in assoluto silenzio e rispetto hanno atteso di ricevere questo dono di comunione.

In quell’istante ci si è resi conto che Dio, con qualsiasi nome lo vogliamo chiamare, è davvero Padre di tutti e vicino a tutti: sta solamente a noi saperlo accogliere nel nostro cuore.

E con questa gioia, resa ancora più grande dal pranzo comunitario assieme al Metropolita, ai Vescovi ed a tutti coloro che hanno animato la solenne Celebrazione, offerto dal Monastero, abbiamo proseguito il nostro pellegrinaggio a Belgrado e Zagabria (sulla via del ritorno), dove siamo stati ospitati nel Palazzo della Diocesi ove il  Metropolita Jovan per la cena da lui voluta appositamente per la nostra delegazione.

Non ci è sembrato vero di essere a tavola proprio con lui: la sua meravigliosa ospitalità e straordinaria semplicità ci hanno subito messo a nostro agio tanto che non ci sembrava affatto una cena formale, ma quasi una “spaghettata” fra amici, ed i saluti sono stati davvero sinceri e fraterni: anche noi in quest’occasione eravamo come”un corpo ed un anima sola”, italiani e serbi, cattolici ed ortodossi, con un unico comune direttivo: l’unione, la concordia e la condivisione sulla base di radici comuni, che sicuramente renderanno saldi i rapporti tra queste due realtà.

Ed in effetti, l’entusiasmo e la  carica trasmessi durante questi incontri stanno già dando i loro piccoli frutti, in quanto si sta già pensando ad organizzare il prossimo incontro fra le due comunità nel 2007; nel frattempo si cercherà di espandere i sentimenti  provati e l’esperienza vissuta affinché anche nel nostro piccolo cresca la volontà di operare per la pace e l’armonia fra i popoli.

 

APOSTOLO DI VARIZDIN

  

Prefazione

 

Nel corriere dell’Eparchia di Zagreb e Ljubljana, “La voce dei santi (equi-apostoli) ravno-apostoli Cirilo e Metodie”, il numero 104/80, abbiamo parlato a proposito di: “L’Apostolo di Varazdin”.

Il manoscritto è di proprietà del Museo della Chiesa Ortodossa di Belgrado. Nell’occasione dell’apertura del Museo Vescovado di Zagabria, il 26 aprile 1985, “L’Apostolo di Varazdin” fu prestato per la mostra organizzata per l’evento.

(Di questo fatto, abbiamo già scritto nella “Voce dei santi apostoli Cirilo e Metodie”, nel numero 119-122, pg. 17 -18).

Tra gli oggetti esposti nella mostra sotto il numero 100, nella didascalia era scritto: PRAKSAPOSTOL, anno 1454, scritto a Varazdin sulla richiesta della Kantakuzina (Katarina) Celjska-Brankovic ( il manoscritto di 282 pagine, 28 h 19,5 cm).

“L’Apostolo di Varazdin” fu restituito al Museo della Chiesa Ortodossa a Belgrado, all’inizio dell’ultima guerra nei Balkani (1991-1995).

 La sede del Museo Vescovado di Zagabria,  all’indirizzo Prilaz Djure Dezelica, numero. 4, fu minato, l’11 aprile, 1992.

La mostra ha suscitato l’interesse per “L’Apostolo di Varazdin”.

Cosi c’e venuta l’idea di invitare i distinti scienziati, che avevano studiato “L’Apostolo di Varazdin”, e insieme con il dottor Slobodan Mileusnic, abbiamo cominciato i preparativi per la nuova pubblicazione dello manoscritto (fototipia). 

Sono passati più di 10 anni dall’inizio dell’ultima guerra nei Balkani.

Il Museo Vescovado di Zagabria è, di nuovo, aperto questa volta in Via Ilica, numero  7/1, a Zagabria.

La maggior parte di lavori necessari per stampare il fototipia de “L’Apostolo di Varazdin” sono finiti.

Nei preparativi hanno lavorato insieme i distinti collaboratori.

Il signor Aleksandar Rados ha copiato (scenned) il materiale, e la tipografia del Patriarcato Serbo ha stampato la fototipia del manoscritto.

“L’Apostolo di Varazdin” presenta il primo libro serbo-sloveno scritto nelle terre Croate, precisamente nella Slavonia del nord.

Fu scritto su richiesta e desiderio di Kantakuzina Katarina Brankovic, la moglie d’Urlich il Secondo Celjski, e la figlia di nobile Serbo, il Despote Djuradj Brankovic.

“L’Apostolo di Varazdin” fu trascritto da un monaco sconosciuto, 550 anni fa.

Negli secoli 16, 17,18, i monaci serbo-ortodossi copiavano i libri liturgici nei monasteri serbi  d’Orahovica, Marča, Lepavina e altri.

Anche altri libri, i monaci dai monasteri di Mileseva, Rmnja, Mostanica, Gomionica, portavano con sé, durante il Grande esodo dei Serbi nell’anno 1690.

I libri, i manoscritti e altri oggetti sacri e preziosi furono i fondamenti della  forza spirituale della fede Serbo-Ortodossa e della coscienza nazionale dei Serbi nelle terre occidentali di Balkan.

La presente moderna pubblicazione “Dell’Apostolo di Varazdin” è un’opera collettiva del Museo del Vescovado della Chiesa Serbo Ortodossa di Zagabria, Ljubljana e tutta Italia e del Museo della Chiesa Ortodossa di Belgrado.

L’originale del“Apostolo di Varazdin” è custodito nel Museo della Chiesa Serbo-Ortodossa a Beograd.

A parte delle varie ragioni scientifiche, il motivo per ri-stampare “L’Apostolo di Varazdin” risiede anche nella ricorrenza del giubileo, 550 anni da quando fu scritto.

Vogliamo cogliere l’occasione di ringraziare ai tutti quanti  hanno collaborato alla conclusione di questo progetto importante, specialmente l’ accademico Momcilo Spremic, il prof. Tomislav Jovanovic, il prof. Dimitrije E. Stefanovic, il prof. Slobodan Mileusnic e il signor Radoman Stankovic.

Loro rispettivi lavori scientifici hanno contribuito a fornire di una nuova e migliore  luce, la personalità di Kantakuzina Katarina Brankovic, oltre alle caratteristiche ortografiche e paleografiche “Dell’Apostolo di Varazdin”.

Vogliamo che quest’opera sia  vista come un onore ai nostri antenati, ma anche come la pietra angolare per la costruzione di una vita comune nei questi territori.

Questo manoscritto e anche un forte prova del contributo  che i Serbi Ortodossi hanno dato al passato culturale e spirituale della Croazia, cioè il “Generalato di Varazdin” come una volta furono chiamate queste terre.

 

Zagabrio, 19. febbraio 2005.

                                                            Jovan    Metropolita di Zagabrio-Ljubljana e tutta Italia

 

           KANTAKUZINA (KATARINA) BRANKOVIC

 

                                    Riassunto

Kantakuzina Brankovic fu la figlia minore del Despota Serbo Djuradj Brankovic che  regnò sulla Serbia dal 1427. al 1456, e la principessa Irina (Jerina), del ramo dalla Tesalonicche, della famiglia imperiale bizantina Kantakuzin.

Nel 1434, il Despota Djuradj diede in sposa sua figlia Kantakuzina, al conte tedesco Urlich il Secondo Celjski (1406-1456).

Fu un matrimonio politico, fatto apposta per assicurare alla Serbia di quel tempo, il supporto dell’occidente. Sposandosi con un nobile latino, la Kantakuzina cambiò il suo nome che diventò  Katarina.

Il conte Urlich possedeva tante terre che furono le parti tedesche di allora dei  territori della  corona Ungarica.

Durante i frequenti viaggi del  marito, Katarina governava le sue terre.

Per la maggior parte del suo tempo, vita risiedeva in Celje, a Zagabria e a Varazdin.

Fu a Varazdin, nel 1453/1454, quando la Katarina ordinò una copia dell’Apostolo scritto in alfabeto cirillico, che oggi si considera il libro più vecchio mai scritto in cirillico in Croazia.

Suo marito fu ucciso il 9 novembre 1456 a Belgrado.

Kantakuzina ereditò le sue terre. Ma molte  le furono rubate e le altre  lei le vendette.

Nel 1469, Kantakuzina tornò a vivere da sorella Mara, in Turchia. Viveva a Jezevo, vicino a Ser.

In quel luogo faceva una vita molto dura e soffri tanto.

Tra l’altro il sultano Mehmet Secondo, la fece imprigionare.

La Kantakuzina fu una persona molto religiosa.

La sua compagnia preferita furono i monaci di Mone Santo (Sveta Gora). La Kantakuzina ricamo a mano la Mitra, dedicata a Arcidiocesi di Belgrado, dove è oggi custodita.

La Kantakuzina Katarina Celjska - Brankovic morì nel 1491, e fu sepolta in chiesa a Konci, nelle vicinanze di Strumica.

 

Prof. dr Momčilo Spremić,    Socio corrispondente di SANU

 

Riassunto

Serbi nella Slavonia nel periodo prima dei Turchi

Il Grande esodo dei Serbi, verso Occidente, ha iniziate dopo la battaglia di Marica (1371) e di Kosovo (1389), e durò quassi quattro secoli, fino all’Secondo Grande esodo dei Serbi (1737), condotto con il patriarca Arsenie il Quarto, Sakabenta. Secondo le testimonianze del Re Matia Korvin, “dal 12 gennaio 1483, nel corso di quattro anni (1479-1483) si stabilirono  nella sua terra, più di 200 000 Serbi”.

La numerosa presenza dei Serbi nelle terre occidentali dei Balkani incoraggiò il Papa Eugenio IV, di mandare nel 1438. in Slavonia, l’inquisitore della chiesa cattolica con lo scopo di esiliare, battezzare o convertire i Serbi alla religione cattolica.

Quando nel 1434. La Kantakuzina (Katarina), la figlia di Despote Serbo Djuradj Brankovic Smederevac e della Jerina (Irina) Kantakuzina, si sposò con il conte Urlich il Secondo, di Celje, lei portò con sé numerose famiglie Serbe da Smederevo.

Tra 1467. e 1470. furono costruiti in Slavonia i nuovi villaggi dei Serbi arrivati dalla Bosnia e Herzegovina, governati con il duca Vladislav Hercegovic ed il suo figlio Stefan Vukcic Kosace.

In Slavonia d’epoca c’erano tante famiglie dell’aristocrazia dei Serbi-Ortodossi. Ad esempio, accanto a numerosi despoti di famiglie Brankovic e Berislavic, c’era la nobile famiglia Jaksic, specialmente i suoi figli Vuk, Stefan e Dimitrije erano molto conosciuti e apprezzati.

Le case dei nobili Serbi Belmuzic, Stiljanovic, Bakic, Radic, Bozic, Balentic, Ovcarevic, Crepovic, proteggevano gli interessi dei Serbi e partecipavano nella vita politica e militare d’Europa Orientale.

Uno degli ultimi principi Serbi che fu chiamato dal popolo lo “Despote”, e anche il ”re”, fu Stefan Stiljanovic.

Il procreatore della famiglia Vranesevic, “ot Vukovica”, i membri della quale, vivevano in Slavonia a partire dalla metà del 16 secolo, fino all’inizio di 18 secolo, fu un certo Milan, il figlio di Duca Gvozden Vukovic, discendente di Duca di Kosovo, Vlatko Vukovic.

Tutti despoti, principi, duci e capi, nobili e aristocratici Serbi nominati, proteggevano il popolo Serbo e nello stesso tempo difendevano l’Europa Cristiana dai Turchi, cioè, dall’islamismo.

A parte questi politici e nobili importanti, nella  Serbia di allora, esisteva un’altra classe di  dirigenti, preti, principi e duci d’importanza locale, che furono scelti dal popolo Serbo come i propri rappresentanti e  capi.

Questi dirigenti nazionali e spirituali del popolo Serbo-Ortodosso in Slavonia furono sottoposti alla pressione dalla parte della chiesa Cattolica e dai suoi  missionari.

Con tanta abilità, però, l’elite politica e religiosa dei Serbi in Slavonia difendeva gli interessi del proprio popolo e la chiesa Serbo Ortodossa.

S. Mileusnić

Riassunto

La letteratura e il saper scrivere nel tempo del principio dell’Apostolo di Varazdin

“L’Apostolo di Varazdin” é uno dei tanti esempi sul come nascevano i libri e manoscritti, anche nei tempi difficili.

Il periodo di comando di Duca Djuradj Brankovic fu un’età di battaglie contro i Turchi, pieno d’insicurezza e instabilità.

Ciò nonostante si facevano le copie dei libri e si producevano  nuovi manoscritti, quasi con la stessa intensità come del periodo di Stefan Lazarevic.

Egli fu un personaggio – simbolo, che incoraggiava lo sviluppo dell’arte e  della costruzione e educazione del popolo Serbo-Ortodosso.

Djuradj Brankovic assicurava riparazione dei monasteri Serbi, e si occupava dei monaci, non solo in Serbia, ma anche a Gerusaleme e presso Il Monte Santo (Sveta Gora).

Nel periodo del regno del Duca Stefan gli attacchi dei Turchi rendevano molto difficile la vita de Serbi, e ancora di più le attività creative.

Vale a dire che nonostante ciò non sono crollate le attività intellettuali e artistiche del popolo Serbo, iniziate nel periodo precedente, durante il regno di Despote Stefan.

Fiorivano diversi tipi di prosa, come “žitije” “enciclica” e “povest”, il discorso retorico (“orazione funebre”) ; e di poesia si nutriva tutto il servizio.

Fu un periodo particolarmente fecondo, quando operavano il Konstantin Filosofo (Kostenecki), l’Anonimo Devicanac, Jelena Balsic, Nikon Jerusalimac, L’Anonimo di Smederevo, L’Anonimo Oratore di Smederevo, il monaco da monastero Decani Josif, Vladislav Gramatik e Konstantin Mihailovic da Ostrovica.

Nel periodo di Despote Djuradj, a parte dei lavori originali, si copiavano le opere gia esistenti.

I documenti conservati fino ad oggi mostrano che si copiavano non solo i libri sacri, ma anche quelli di  letteratura.

Nella metà del 15° secolo furono fatte diverse copie dell’Apostolo, dell’Evangelo, “mineja”, oktoiha”, “stišnih prologa”, “psaltira, trebnika, trioda, služabnika, paternika, homilijara, akatisnika, zbornih sastava” e altro.

Si può dire che fu un periodo ricco d’attività spirituale dei Serbi-Ortodossi in Croazia.

Si facevano le copie non solo in Serbia, ma anche nei posti lontani come Il Monte Santo (Sveta Gora) e Gerusaleme.  Si può affermare che “L’Apostolo di Varazdin” appartiene ad un periodo particolare, quando la necessità di leggere un libro fu sostituita con delle copie dei testi sacrali.

Non furono fatte solamente delle semplici copie, ma in alcuni casi nascevano le opere completamente rinnovate.

Il fatto che “L’Apostolo di Varazdin” fu creato sulle terre Croate, testimonia il legame tra il libro e la gente, che ha fatto lo sforzo di produrre un’opera di tale valore nonostante le circostanze difficile e i tempi instabili.

                                                            Tomislav Jovanović

 

Apostolo di Varazdin - anno 1454.

Riassunto

 Il manoscritto di “L’Apostolo di Varazdin” e composto di due pezzi scritti separatamente, legatati con l’argomento.

La prima parte fu scritta dallo sconosciuto autore nella prima parte del secolo 16°. Non si conosce il luogo dove fu scritto. Contiene i testi dei santi padri e le indicazioni su come leggere l’Apostolo.

La seconda parte dell’Apostolo fu fatta da due scrittori sconosciuti, lo scrittore  principale e il suo aiutante.

L’autore, (la  mano principale) ha lasciato l’annotazione che l’Apostolo fu copiato a mano nel 1454. (cioè tra 1453. e 1454), a Varazdin, sulla richiesta di principessa Katarina Kantakuzini Brankovic.

All’ inizio del 18 secolo alla questa parte di manoscritto furono aggiunte le pagine con il testo scritto da uno  scrittore sconosciuto, per sostituire i tabulati che nel tempo furono danneggiati o perduti.

La seconda parte dell’Apostolo di Varazdin contiene i testi e le indicazioni necessarie per come applicare l’Apostolo nella servizio religioso. L’espressione linguistico Serbo-sloveno con quale fu scritto l’Apostolo ha delle caratteristiche  dell’ortografia di Resava, ma anche le caratteristiche dell’ortografia precedente di Rascia.

Nella prima parte le regole della scuola d’ortografia di Resava furono applicate più rigorosamente, mentre nella seconda parte dell’Apostolo le regole d’ortografia furono applicate meno rigorosamente, con tanti esitazioni. La lingua e il contenuto dell’Appostolo, nella seconda parte, ha delle caratteristiche della redazione Monte Santa (svetogorske). Una delle particolarità di questa Scuola d’ortografia e l’adattabilita conseguente dei testi slavo ecclesiastici ai modelli in greco. Il modesto ornamento dell’Apostolo fu fatto nello stile neo-bisantino.

La fasciatura, che non e adatta ai fogli contemporanei, fu probabilmente fatta nel 17 secolo. Alcune notazioni sul margine descrivono i particolari che riguardano il destino del manoscritto.

 Dr Dimitrije Stefanović

  

Riassunto

 

I segni acquatici, sulla carta sul quale fu scritto l’Apostolo, appartengono alle diverse epoche.

La prima parte del manoscritto (konvouta) ha delle radici nei primi decenni del 16 secolo, (1500-1510). Questo si può affermare giudicando dai due segni acquatici: i guanti con il fiore, in due diverse varianti, e il guanto con “putaca”. Identici o molto simili segni acquatici furono trovati in altri manoscritti Serbi.

La seconda parte del manoscritto fu scritta sulla carta negli anni dal 1450-1455.

 La data esatta è verificata in conformità a due segni acquatici: tre colline in un cerchio con la barra e la bilancia a tre punti, e con i pesi in forma di numero otto. Identici o simili segni acquatici furono trovati nei diversi manoscritti Serbi dello stesso periodo, nei documenti dall’Archivio di Kotor (la Catara), nell’archivio di Sibenik (Sebenico), Split (Spalato) e nell’archivio d’Accademia delle Science di Zagreb (Zagabria).

Identici segni acquatici si trovano sui documenti da Argon, oggi custoditi nell’archivio di cita Perpinjan, e nei documenti archiviati a Napoli e Roma.

I fogli nuovi aggiunti al “Apostolo di Varazdin” risalgono nel quarto decennio dell’ 18 secolo, tra l’anno  1715-e il 1725. 

La data è stata identificata in conformità a due segni acquatici: un’aquila con l’insegna e lo stemma con la croce. L’autenticità dei segni acquatici fu confermata con dei tre libri- manoscritti, che fecero parte della collezione del Museo della chiesa Serba Ortodossa a Belgrado.

 

                                                Radoman Stanković

 

Il Parco e i monasteri di Fruska Gora a Novi Sad

 

 


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