Il Parco e i monasteri di Fruska Gora a Novi Sad
documenti raccolti da altre fonti
MONASTERO
KRUSEDOL- CON LA CHIESA DELL’ANUNCIAZIONE
Novi Sad è situata sulla sinistra idrografica del Danubio in un
punto in cui i fiume si stringe passando aderente allo sperone fortificato di
Petrovaradin. La città, capoluogo della provincia autonoma della Voivodina si
sviluppò sfruttando l'importanza strategica della stretta del Danubio, la
possibilità di collegamento tra le due sponde del grande fiume e la protezione
della fortezza austro-ungarica.
La città, sorse sul terrazzo della riva sinistra del Danubio,
mentre la fortezza di Petrovaradin la difendeva da sud e controllava la strada
fluviale e quella terrestre. Oggi alle due rive corrispondono due diverse
municipalità, in modo non molto diverso dal rapporto che legava le contrapposte
città di Buda e di Pest, ma in realtà il loro rapporto in origine fu stretto e
dipendente. Nonostante Petrovaradin vanti una storia molto più antica,
attualmente il peso dei due centri urbani è molto diverso: Novi Sad conta più
di duecentotrentamila abitanti, mentre Petrovaradin supera di poco i
tredicimila.
I territori della città, ma più in generale, anche
quelli posti a Nord della Sava non facevano parte del vecchio regno serbo
che si dissolse tra XIV e XV secolo a causa dell'espansione del sultanato
Ottomano.
L'area di Fruska Gora, fino alla
definitiva conquista turca del 1455, era quindi un territorio per lo più
di tradizione cattolico ungherese. La costruzione del sistema insediativo dei
monasteri ortodossi e villaggi agricoli di Fruska Gora è ancora poco chiaro.
Senza dubbio le guerre che nel '300 contrapposero i serbi ai turchi stimolarono
un esodo delle popolazioni più meridionali verso località più sicure, ma i
motivi della costruzione di un modello insediativo così particolare non ci sono
per nulla chiari. I miti legati alla fondazione di alcuni dei monasteri in
questione sembrano quasi voler ricreare il tema di una ricostruzione
settentrionale del capillare sistema di monasteri della Serbia del sud. L'ambito
di Fuska Gora sembra configurarsi come un sistema unitario simile a quello che
si andò formando in Grecia sul Monte Athos o alle Meteore. Questo paragone è
forse il più calzante.
I Serbi si trovarono a ricostruire, dopo la disfatta del Kosovo, un
monte sacro in terra straniera, una terra da colonizzare e dove attrezzare una
sorta di trincea della fede, una trincea ortodossa tra cattolicesimo e islam.
In un suo recente saggio Sima Ćirković ricorda come resti
"in gran parte misteriosa la storia economica e giuridica della costruzione
di chiese e monasteri sotto la dominazione turca. In linea di principio, non si
potevano costruire nuove chiese, eppure su tutta l'area popolata da serbi
sorsero chiese e monasteri, talmente ispirati ai modelli della scuola della
Morava e di Rascia da escludere la possibilità di un uso di templi precedenti o
di loro resti (…) il Sirmio è la regione nella quale, all'ombra della Fruška
Gora, fu costruito il maggior numero di monasteri, che, pur in piccolo spazio,
fanno pensare all'Athos, alle Meteore, all'Olimpo.
Il
luogo della fortezza ebbe sempre un'importanza strategica per il controllo della
navigazione lungo il grande fiume. I romani avevano attrezzato su questo sperone
un loro luogo munito chiamato Cusum al quale succedette una fortezza bizantina.
In
seguito l'area entrò nell'influenza degli ungheresi e il re Bela IV donò la
collina ai cistercensi che a seguito delle incursioni dei tartari (1247-1252)
decisero al costruzione di una fortificazione che proteggesse il loro convento
da altre rapine e distruzioni.
Con
il crollo dello stato serbo Petrovaradin tentò varie alleanze con lo stato
ungaro e la repubblica di Venezia contro l'impero ottomano ma nonostante la
lunga resistenza Petrovaradin si arrese al Solimano nel 1526. L'esercito
austriaco si riprese la collina fortificata nel 1687 e riuscì a difenderla dal
un tentativo di riconquista che i turchi tentarono nel 1694. Già due anni prima
era stato iniziato il progetto di ricostruzione e difesa del colle, progetto che
prevedeva la costruzione di un ampio sistema bastionato attrezzato per
l'artiglieria. La prima fase della fortificazione si concluse solo nel 1726. Una
seconda fase fu portata a termine dopo la costituzione della città libera di
Novi Sad, tra il 1753 e il 1780.
Il
risultato suscita una certa ammirazione per l'impatto delle opere militari.
Lungo il Danubio esistevano importanti costruzioni militari come la bellissima
fortezza di Golubac, o il castello bianco di Belgrado, ma nessuna aveva
un'impronta così moderna ed europea. Anche su questo nuovo confine militare
l'arte fortificatoria cinquecentesca modellava nuove forme insediative con un
carattere internazionale. La fortezza si meritò il nome di Gibilterra del
Danubio ed in effetti era impossibile per una flotta avversaria transitare
indenne nella stretta del fiume. L'opera munita ha una superficie di 112 ettari,
mentre la collina è traforata da gallerie militari che misurano sedici
chilometri. Nel 1716 la fortezza riuscì a resistere all'attacco di un esercito
turco forte di duecentomila soldati contando su settantamila uomini e
quattrocento cannoni. Una potenza di fuoco incredibile per l'epoca.
Nel
1849 fu proprio la fortezza di Petrovaradin a spegnere le speranze degli
indipendentisti serbi asserragliati a Novi Sad. Le batterie austriache
distrussero quasi completamente la città dei mercanti e degli artigiani
rendendo evidente il simbolo del potere asburgico non più come un baluardo nei
confronti dell'esercito turco ma come uno strumento di controllo e di potere da
parte dei nuovi dominatori.
Solo a partire dal 1694 i serbi iniziarono a insediarsi anche a
Novi Sad. L'insediamento fluviale ebbe subito un grande successo. Nel 1698 si
contavano 32 abitazioni, ma nel 1748 gli abitanti censiti nella giovane
cittadina erano 4.630, nel 1880 erano 21.235, nel 1930 venivano
registrati 62.181 abitanti che si ridussero a 40.000 nel 1944 a causa della
seconda guerra mondiale. Nel 1971 erano 151.852 e nel 1997 297.825.
Il successo di questa città è testimoniato dall'ampio sistema di
moderni quartieri che si disperde in periferie industriali che sembrano togliere
importanza alle memorie storiche e artistiche dell'abitato, in verità poche e
molto recenti. Solo la fortezza di Petrovaradin, seppure nelle
sue forme moderne (1692-1780) sembra in grado di contrapporsi all'immagine della
città industriale e denuncia di esserne la matrice. I primi abitatori di Novi
Sad si insediarono a seguito delle opere che gli austriaci realizzarono per
trasformare il sito del vecchio monastero fortificato dai cistercensi nel 1237
in una importante piazzaforte capace di controllare il Danubio e una possibile
contrattacco dell'esercito turco.
Da
allora questo efficiente porto danubiano crebbe stimolando l'insediamento di
Serbi, tedeschi, Ebrei, greci, ungheresi, zingari, ecc. Insomma, una città
multietnica e multireligiosa con ortodossi, cattolici, evangelisti, ebrei, ecc.
Fu
un atto specifico quello che segnò il successo del nuovo insediamento urbano e
mercantile. Nel febbraio del 1748 Maria Teresa d'Austria accordò il titolo di
città libera al piccolo borgo di mercanti e artigiani coniando il nome
dell'insediamento e decretando il definitivo distacco della nuova entità dalla
fortezza di Petrovaradin. La nuova città si sarebbe chiamata Novi Sad, in
Serbo, Neoplanta in latino, Uj-vidégh in ungherese e Neusatz in tedesco.
Lo
sviluppo della città industriale ebbe un tracollo nel 1848-49 a seguito delle
azioni antiaustriache. Novi Sad pagò la sua rivolta con un distruttivo
bombardamento che creò un momento di crisi nello sviluppo della città e non
pochi vuoti urbani a causa delle demolizioni conseguenti ai danni.
Ai
bordi orientali di Fruska Gora si trova una delle più belle e importanti
cittadine serbe della Vojvodina, c’è la città di Sremski Karlovci.
Per
i serbi è la capitale religiosa della Vojvodina, il loro vaticano.
Se
l'antica colonizzazione serba in terra urgherese si sviluppò organizzandosi per
nuclei segnati da monasteri e villaggi sparsi, dopo la grande migrazione del
1690 si venne consolidando in questo settore della collina sacra una cittadina
che aveva forme e funzioni ben diverse da quella della coeva città mercantile
di Novi Sad.
Vale
la pena ricordare che la chiesa ortodossa serba è acefala e separata da lunga
data dal patriarcato di Costantinopoli che ne riconobbe l'autonomia nel 1346. Le
sedi medievali del potere religioso serbo si trovavano a sud del regno, a Ocrida
prima (l'arcidiocesi è nell'attuale Macedonia) e a Pec poi (Kossovo) e quindi
subirono la pressione dell'avanzata dei turchi.
Con
il grande esodo serbo del 1690 l'afflusso di profughi interesso anche questi
luoghi dove è documentata la presenza di una fortificazione medievale (Karom
1308) e la successiva città moderna (Karlovici 1553).
Nel
1690 il Patriarca serbo Arsenio III lasciò Pec e il sud della Serbia per
rifugiarsi in territorio ungherese a Fruska Gora con molti esuli e investendo
Sremski Karlowitz del titolo di nuova sede patriarcale. Anche per questo motivo
qui, nel 1699, fu firmata la fragile pace tra la Turchia e la Santa Alleanza
(Austria, Venezia e Polonia, in presenza della Russia, dell'Olanda e
dell'Inghilterra), a conclusione dell'importante guerra di Vienna (1683-1699).
Le
notizie si intensificano durante il periodo del dominio austriaco (XVIII sec.)
grazie a un fiorire di iniziative edilizie e di nuove funzioni pubbliche
successive al trasferimento in questa sede della diocesi metropolita serba
(1713): la scuola di grammatica e teologia (1726), una tipografia, il teatro
(1734), la cattedrale (1762), il seminario (1794), la scuola d'arte. L'aspetto
del castigato barocco serbo caratterizza la piazza della città.
E'
evidente che il parco nazionale di Fruska Gora e questa "corona" di
insediamenti monastici sono uno dei principali gioielli che la Serbia dovrebbe
valorizzare per innescare una politica del turismo nei confronti dell'occidente.
I più antichi monasteri del sud si trovano in aree ancora sottoposte al
controllo di truppe straniere, ma qui, al di fuori della Serbia storica, in
territorio ungherese, si conserva uno dei principali capolavori della fede
ortodossa nei Balcani, un capolavoro dimenticato dai più.
Data
di fondazione:
erroneamente era considerato il più antico di Fruska Gora.
La leggenda racconta che
sia stato fondato dal re Dragutin, nella prima metà del XIV secolo. Ma sembra
che questa sia soltanto una leggenda. È stato fondato solo durante il XV
secolo.
Primi
documenti scritti: dai libri turchi del 1541. In seguito è riportato
nel censimento turco del 1546.
Stato
di conservazione oggi: Il monastero è stato completamente ristrutturato
e oggi si mostra nella sua reale bellezza.
È stato eretto nella
parte sud di Fruska Gora, dentro una fitta foresta che lo nasconde. Oggi ci sono
molte case di villeggiatura che guastano l’immagine antica di natura selvaggia
che ci regnava una volta. La chiesa monasteriale è molto antica, risale
probabilmente al XVI secolo. È stata realizzata in forma di croce con più
absidi. Era tutta affrescata e si presuppone
che tali affreschi siano stati realizzati nel 1568. Allora era stato
fatto anche l’iconostasi (polittico d’altare). Oggi si è salvato molto poco
degli antichi affreschi e l’iconostasi è sparito del tutto. Ci sono soltanto
alcune icone Russe del 1687.
Esiste una cosa
particolare legata a questa chiesa, e cioè che era stata affrescata anche sulla
parte esterna. Il monastero ha subito più volte i saccheggi e incendi nella sua
storia molto tormentata. Nel 1716, in seguito all’incendio provocato dai
turchi, i monaci vi erano scappati via. Ma tornarono già nel 1720. Nel 1739 in
esso affluirono anche i monaci da un altro monastero, così che la vita
spirituale diventò molto attiva.
Per quanto riguarda
l’architettura, il monastero presenta un antica chiesa medioevale con il
campanile barocco, aggiunto in seguito. Questo campanile è anche il più alto
di Fruska Gora coi suoi 8 piani. È stato eretto nel 1726 e ha un altezza di
38,60 metri. Esiste una cappella al primo piano. Verso la metà del XVIII secolo
sul tetto della chiesa nasce una piccola cupola. Con questo si termina la lunga
costruzione del monastero, che da allora, fino ai giorni nostri, ha conservato
il suo aspetto originale. È stato modificato solo l’interno quando nel 1850 e
poi anche nel 1901 vi fu ristrutturato l’iconostasi (in seguito distrutto
nella seconda guerra mondiale).
Il monastero aveva molte
cose di valore ed anche tanti libri. Oggi di tutto questo, non si conservato
quasi nulla. Tutte le cose che una volta appartenevano al monastero, e che sono
state salvate nella seconda guerra, oggi si trovano nel museo della Chiesa
Ortodossa Serba a Belgrado. Come tutti gli altri monasteri di Fruska Gora anche
questo fu molto danneggiato nella seconda guerra mondiale.
Data di fondazione:
inizio del XVI secolo, più precisamente nel 1509.
Il fondatore:
il despota serbo Djordje Brankovic (dopo diventato monaco di nome Maksim) e sua
madre Angelina che ha vissuto lì.
I primi documenti scritti:
il monastero è stato nominato ancora nel 1476 in alcuni scritti.
Stato di conservazione oggi:
oggi è nelle ottime condizioni. Con i suoi alloggi che circondano la chiesa da
tutte e quattro le parti, e con la bellezza della stessa chiesa, per non parlare
anche del meraviglioso parco che vi si trova intorno, il monastero da una bella
immagine di vita spirituale all’suo interno molto attiva.
Questo monastero è uno dei più
belli, meglio conservati, ed è anche il più antico di tutti i monasteri di
Fruska Gora. Si trova nel sudest del parco, vicino al villaggio che porta il suo
stesso nome. La costruzione da parte dei despoti serbi era incominciata nel
1509. Loro erano economicamente aiutati da un ricco conte russo. La fase di
costruzione è durata molto a lungo, probabilmente intorno ai 50 anni, per
terminare verso l’anno 1546. Il despota Djordje voleva trasformarlo in un
mausoleo della sua famosa famiglia Brankovic. Il monastero era la sede della
rinnovata mitropolia (grado ecclesiastico molto alto) della regione Srem. È
stato anche residenza dei numerosi metropoliti (capi della mitropolia) fino a
quando questa fu trasferita a Sremski Karlovci.
Proprio dall’inizio
dell’esistenza il monastero era diventato uno dei più ricchi di Fruska Gora,
e a parte questo, aveva un grosso valore spirituale e culturale per il popolo
serbo dell’epoca. È stato abbandonato più volte davanti per le avanzate dei
turchi. Lo stesso monastero era stato abbandonato durante il primo esodo del
popolo serbo del 1690. Nel 1706 qui è stato sepolto il patriarca della chiesa
ortodossa serba Arsenije Carnojevic III – il capo spirituale del popolo serbo
durante l’esodo nominato prima. Oggi, nel monastero vi si trovano i sarcofagi
di molti personaggi serbi molto noti tra i quali anche il re Milan Obrenovic.
I Turchi bruciano e
parzialmente distruggono il monastero nel 1719, ma già nel 1726 esso si
riprende, ed allora vi fu costruito il nuovo campanile a cinque piani. Tutto il
monastero è stato ristrutturato entro il 1756. L’atrio e l’interno della
chiesa sono stati affrescati intorno all’anno 1750. Gli alloggi acquistano la
forma definitiva nel 1753 e da allora non è variato nulla di importante del suo
aspetto.
La chiesa monasteriale è la
stessa che esisteva quando il monastero fu fondato. Però, dopo i numerosi
restauri, le sue caratteristiche sono variate moltissimo, così che oggi
assomiglia poco alla chiesa originale. Ha tre absidi e una cupola ottagonale.
Gli affreschi sono un misto della pittura serba e di elementi del barocco
(questo si verifica per la prima volta qui, a differenza di tutti gli altri
monasteri). Alcune icone sono completamente sotto l’influenza del barocco
veneziano (per la presenza del paesaggio, interno delle stanze, i personaggi
hanno i vestiti moderni, i costumi dell’epoca).
L’iconostasi (il polittico
d’altare) dall’autore sconosciuto, realizzato probabilmente nel 1653, ha 35
icone fatte nei periodi diversi. Esso non contiene influenze barocche. Il
monastero possedeva un grande tesoro e una ricca biblioteca (c’erano tante
opere letterarie della Venezia classicista), ma tutto questo, durante la seconda
guerra mondiale, fu distrutto e disperso.
(trattato
da “Slavalarte 2003” - testi a cura di Moreno Baccichet)
Tanto tempo fa questa pianura era una parte del fondo di
mare Panonico. I tre grandi fiumi Danubio, Sava e Tissa dividono il territorio
di Vojvodina in tre parti dette: Srem (il nome deriva dall’antico nome
Sirmium- una volta sede della Diocesi che faceva parte del Ptriarcato d’Aquilea),
Banat e Backa che a lungo facevano parte di diversi Stati fino a 1848 quando,
quando diventa una Regione autonoma nell’Impero Asburgico. Popolata dai Serbi
in gran parte del territorio, viene denominata Srbska Vojvodina o Vojvodstvo
Srba.
Oggi nella Vojvodina vivono oltre i Serbi, che sono
maggioranza, anche gli Ungheresi, i Romeni, i Croati, gli Slovachi, i Ciechi,i
Bunjevci, i Russini ecc.
Le differenze nazionali e culturali non rappresentavano
mai un motivo di odio ed ostacolo di collaborazione, anzi sono state sempre
motivo di arricchimento reciproco e di convivenza pacifica.
Il territorio è prevalentemente pianeggiante, eccezione
fanno la Fruska Gora e Vrsacki Breg.
FRUSKA GORA
Un massiccio montagnoso non tanto alto situato tra i due
fiumi Danubio e Sava, lungo circa 80 chilometri, ha preso il nome dai Franchi i
quali nell’epoca di Carlo Magno hanno conquistato anche Vojvodina, compreso la
Fruska Gora arrivando fino a Belgrado. Abitanti allora di Fruska Gora li
chiamavano i Fruzi e da li deriva il suo nome.
I Serbi scappando dai Turchi popolavano i territori simili
a quelli originari per poter ricordare la terra abbandonata e mai dimenticarla.
MONASTERO
KRUSEDOL- CON LA CHIESA DELL’ANUNCIAZIONE
Sulle
pendici della Fruska Gora presso il posto detto Irig, ricco della terra
coltivata, è situato l’antico monastero circondato dal bellissimo parco ricco
di moltissimi castagni.
La chiesa dedicata all’Annunciazione è stata costruita nel 16° secolo
( tra 1509 e 1512) da parte del Giorgio Brankovic (dopo divenuto il vescovo
Maksim-Massimo), figlio del Gran Duca ( despota) Stefano il cieco e della madre
Angelina Brankovic.
La costruzione del monastero appoggiarono: il grande principe russo
Vasilije Jovanovich ed il Gran Duca valacco di Basarabia.
Per un
certo periodo fu anche la sede vescovile della Diocesi di Srem.
. “La chiesa fu costruita in una forma di trifoglio con abside
semicircolare- una delle caratteristiche tipiche della scuola di Morava (Moravska
skola).
Una delle cose più preziose rimasta conservata è l’iconostasi che
conta ben 36 icone di varie epoche e stili. Sotto l’iconostasi si trova il
sarcofago nel quale ci sono i resti delle reliquie dei 4 santi dalla famiglia
Brankovich (Maksim, Stefan, Jovan e Angelina). Le reliquie si espongono, per
essere venerate, solo in occasione delle grandi festività.
.
IL Vescovo Maksim ha voluto che il monastero diventasse il mausoleo della
famiglia nobiliare Brankovic e perciò nel progetto della chiesa ha previsto
anche la costruzione della cripta.
La prima maggiore devastazione che il monastero subì nel 1690, quando
tutti i monaci lo dovettero abbandonare scappando con il Patriarca Arsenie
Ciarnoievich a Sant’Andrea presso Budapest. Tornati nel 1796 loro trovarono il
monastero in stato non molto cambiato. In quell’epoca, nel monastero il numero
dei monaci era di circa 50 membri, con numerosi novizi, alunni e laici.
I possedimenti del monastero era, in quel periodo, di
quasi 100 ettari di terra coltivata, di vigne ed altri beni materiali ma i
monaci, come ci fa notare l’abate cattolico Bonini, vivevano una vita austera
digiunando durante gran parte dell’anno. La situazione nel monastero era
tranquilla fino l’anno 1716, quando i Turchi lo bruciarono insieme alle
reliquie della famiglia Brankovic.
I lavori del restauro del monastero iniziarono 1719 e nel
1756 finirono completamente.
Oltre tutti danni che la chiesa ha subito durante il
percorso storico, sono rimasti gli affreschi più antichi nel nartece (pronao )
probabilmente dipinti nel 1543 dai pittori ignoti, assieme a quelli nella navata
del 1545.
Il monastero è diventato luogo di dimora dei molti
personaggi di spicco del popolo serbo tra cui i Patriarchi, I Re e Principi,
poeti e scrittori ecc.