Riassunto del capitolo II

La notte per don Abbondio trascorre agitata, tumultuosa, ma gli dà il tempo di preparare un piano per obbedire a don Rodrigo: quel matrimonio deve essere rinviato a tempo indeterminato. Poi si vedrà: intanto bisogna sostenere e respingere il primo attacco, quello di Renzo che viene di buon mattino a prendere accordi col curato sull'ora del matrimonio. La data era stata fissata da tempo dallo stesso curato: il quale, ora al vedersi di fronte Renzo, dapprima si finge sorpreso, poi adduce una serie di scuse di carattere amministrativo: non aveva (e se ne assume la colpa) preparato in tempo tutti gli atti prescritti dalla Chiesa. Non è la fine del mondo, se si sposta il matrimonio di qualche giorno. Dolente e intristito e quasi arrabbiato Renzo esce dalla casa del curato, ma fuori è ad aspettarlo Perpetua, la quale ha una voglia matta di parlare e dire tutto a Renzo. Abilmente solleticata Perpetua dice a Renzo la vera ragione del rinvio delle nozze. E Renzo si precipita nella stanza del curato e con le buone o le cattive (ad un certo momento inavvertitamente mette mano al coltello) riesce a sapere da don Abbondio il nome del manigoldo che si oppone al matrimonio. Mogio mogio Renzo si reca a casa da Lucia che intanto si agghindava per le nozze. A lei e alla suocera, Agnese, comunica il fatto: gli invitati sono allontanati con la scusa che il matrimonio non si fa per malattia del curato. Ed effettivamente don Abbondio, pressato prima dai bravi poi da Renzo, è caduto in preda alla febbre. La casa del curato sembra un fortilizio: tutto vi è sbarrato come se si temesse un imminente attacco. Alle comari che, indotte da spirito pettegolo, erano andate a bussare per trovare conferma della malattia del curato, Perpetua affacciatasi ad una finestra conferma la notizia con insolita fretta e secchezza.

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