IL TRIANGOLO DELLA MORTE


Molte persone ritengono che la predestinazione non esista e tutti gli avvenimenti che condizionarono la nostra vita, nel bene e nel male, furono sempre determinati da libere scelte, più o meno ragionate. Benché io abbia già raggiunto un’età veneranda, la quale dovrebbe essere foriera di saggezza e quindi indurmi a valutare i fatti del mio passato con un certo distacco e raziocinio, ebbene, io tuttora continuo a pensare che le mie cosiddette libere scelte furono quasi tutte illusorie. Penso alla casualità, alla fatalità, all’ineluttabilità di molti eventi della mia vita e come questa sarebbe stata diversa se non ci fossero stati tanti imprevedibili “se”. “Se” quel giorno non avesse piovuto, “se” fossi salito in quel treno e non in quello dopo, “se” avessi percorso quell’autostrada dieci minuti prima, “se” quel viale non fosse stato sbarrato per dei lavori, “se” non ti avessi visto in quel ristorante e “se” tu non mi avessi sorriso e “se”... “se”...

Sono stati parecchi i “se” che hanno giocato un ruolo importante nella mia esistenza, come credo anche nella vostra. State certi che nessuno può sfuggire a questa minuscola congiunzione condizionale, la quale non conosce eccezioni, e se leggerete fino in fondo queste pagine, vi accorgerete quanti “se” ebbero un ruolo determinante nella vicenda drammatica del mio vissuto. Io allora ero un giovane pivello, un piccolo, anonimo galoppino, entrato nella polizia in maniera abbastanza casuale dopo che avevo assolto la ferma militare. Io osservavo gli altri e imparavo; dovevo ovviamente seguire le direttive dei superiori, obbedivo agli ordini di servizio e cercavo d’imparare in fretta, giorno dopo giorno. Erano altri anni e non esistevano la tecnologia e la scienza di adesso; non c’erano i telefonini cellulari, né internet, né i computer negli uffici e nelle case, il televisore in bianco e nero era quasi una rarità e le automobili più diffuse sulle nostre strade erano le piccole Fiat 500 e 600. Non si sapeva cos’era il DNA e per incastrare un assassino non bastava un puntino di sangue rappreso, o un’infima traccia di saliva sul mozzicone di una sigaretta, oppure un unico capello dal cui bulbo ora è possibile estrarre il codice genetico. Le impronte digitali, il guanto di paraffina possono far sorridere di sufficienza gli odierni investigatori, che hanno a disposizione dei perfezionati laboratori super-scientifici, invece nel 1960...

Eppure esistevano dei “questurini”che possedevano astuzia e un fiuto eccezionale e pur (...)


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