IL MISTERO DELLA CASA VERDE


In passato mi chiedevo se gli avvenimenti della vita reale potessero talvolta superare le vicende e le trame create artificialmente da una fervida fantasia. A distanza di anni, ora so che è una domanda oziosa, perché ho imparato a mie spese che la fantasia è una proiezione della realtà e non aggiunge né toglie nulla a ciò che già sappiamo. Allora non mi dilungherò in chiacchiere e vi racconterò la cruda realtà di un fatto tremendo avvenuto in un freddo giorno di Dicembre 2002. Quello che successe mi lasciò una cicatrice così profonda che il mio sonno è tuttora turbato da incubi ricorrenti. Quel mattino percorremmo oltre 250 chilometri e attraversammo due regioni per andare a vedere una casa in vendita. Mi ero lasciato convincere dai discorsi di Aldo, che per 2 settimane mi aveva ripetuto alla noia che valeva la pena fare quel viaggio, e quindi non avevo ragione per dubitare di un vecchio amico d’infanzia e anche navigato giornalista. Così, accettai quell’idea e mi sobbarcai una levataccia prima dell’alba e mi presi anche un paio di giorni di ferie, sopportando i mugugni di disapprovazione del mio socio e collega di lavoro, perché quel periodo dell’anno era d'intensa attività per noi e ovviamente il meno indicato per concedersi una vacanza seppur breve. Salii in macchina con la prospettiva di un piacevole diversivo al tran tran giornaliero, se non che, a un certo punto, fui sorpreso dal comportamento di Aldo che, verso la fine del nostro viaggio, cominciò a fare il misterioso. Mi raccontò che, a suo tempo, erano circolate strane voci riguardo quella casa. Affermò che anni prima vi abitò, per un certo periodo, un pittore inglese, un tipo singolare e misantropo e che proprio allora successero nei dintorni dei fatti inquietanti e avvennero dei suicidi. Ascoltai con scarso interesse, però cominciai a pensare che Aldo avesse voluto promuovere il nostro viaggio per soddisfare una sua curiosità professionale e non per un eventuale acquisto di quell’immobile. Da esperto giornalista di cronaca, lui era a conoscenza di fatti che ovviamente io ignoravo e aveva taciuto probabilmente per timore che, se avessi saputo di avvenimenti strani, o di peggio, non avrei preso in considerazione l’idea di vedere quella casa. Non gli chiesi niente e per il momento il discorso finì lì; io mi concentrai sulla strada e il paesaggio, che finora non mi era parso un granché e che trovavo senza particolari attrattive e anche un po’ brullo, complice sicuramente la stagione invernale.

Usciti che fummo dal casello, la strada cominciò a salire ripida verso le colline e il traffico si fece scarso. Percorremmo molte curve e tornanti finché incontrammo il primo centro abitato, al quale girammo intorno senza entrarvi. Continuammo così per una ventina di minuti, poi il nostro percorso si fece rettilineo e pianeggiante, poiché eravamo giunti sulla sommità di un vasto altopiano. Alla nostra destra, assai lontano, si stagliava la massiccia catena innevata dell’Appennino.

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