Apparato Respiratorio-Patologia

Polmonite

Definizione

La British Thoracic Society definisce la polmonite una "malattia acuta con immagine radiologica di addensamento polmonare segmentario o multiplo, non preesistente, né riferibile ad altre cause note, che compare entro 72 ore dall'esordio clinico dei sintomi". Per noi il termine polmonite indica uno stato d'infiammazione acuta della parte del polmone destinata agli scambi respiratori, caratterizzata dalla presenza di liquido negli alveoli polmonari, con conseguenti gravi difficoltà nella respirazione.

Classificazione

Dal punto di vista anatomo-funzionale la polmonite prende il nome di

polmonite alveolare: quando interessa gli alveoli polmonari

polmonite interstiziale: coinvolge il tessuto interstiziale

polmonite lobare: quando interessa un intero lobo polmonare

polmonite lobulare: se la parte interessata è solo una parte di un lobo polmonare

broncopolmonite: si parla di broncopolmonite quando sono coinvolti gli alveoli contigui ai bronchi.

In questi ultimi anni l'uso non sempre appropriato degli antibiotici nelle polmoniti ha portato a un preoccupante aumento dei batteri resistenti a uno o più di questi farmaci. Questo, nonostante i progressi in campo terapeutico, ha contribuito al persistere della malattia, che ogni anno in Europa colpisce da 4,7 a 11,6 persone ogni mille abitanti, vale a dire circa tre milioni di persone. 
A seconda della causa eziologica, la polmonite viene distinta in battericavirale alle quali si aggiungono polmoniti da altri agenti eziologici

 

1-Le polmoniti batteriche

A) Polmonite da Pneumococco

Le più comuni sono dovute all'infezione da Pneumococco, un batterio in grado di provocare delle infezioni invasive molto gravi. In genere, questo microrganismo raggiunge i polmoni attraverso il tratto respiratorio superiore per via inalatoria o per aspirazione, per poi localizzarsi sui bronchioli; qui si moltiplica, dando origine ad un processo infiammatorio che inizia negli spazi alveolari con l'essudazione di un liquido ricco di proteine, che diventa esso stesso un mezzo di diffusione dei microrganismi agli alveoli.
La polmonite da pneumococco è caratterizzata principalmente da quattro fasi: la fase di “congestione”, con una massima produzione di siero, congestione vascolare (aumento di volume per maggiore afflusso di sangue) e rapida proliferazione del batterio; la seconda fase di “epatizzazione rossa” è caratterizzata dall'evidenza di polmoni dall'aspetto “simil-epatico”, dato dal riempimento degli alveoli di polimorfonucleati (elementi cellulari che possiedono un nucleo segmentato o suddiviso in lobuli), con congestione vascolare e stravaso di globuli rossi; si viene a determinare, così, una colorazione rossastra del polmone visibile all'esame macroscopico; la terza fase di “epatizzazione grigia” è caratterizzata da un accumulo di fibrina (proteina responsabile della formazione del coagulo di sangue) associata ai globuli rossi e ai globuli bianchi; gli spazi alveolari appaiono riempiti dall'essudato (liquido che si forma in seguito al processo infiammatorio); infine si ha la fase della “risoluzione”, con il riassorbimento totale dell'essudato.
I primi sintomi
della polmonite pneumococcica sono quasi sempre caratterizzati da una infezione delle alte vie aeree con insorgenza improvvisa anticipata da un forte brivido. Seguono: dolore durante la respirazione dalla parte del lato colpito (pleurismo), tosse, dispnea (difficoltà a respirare, con sensazione di oppressione toracica) e produzione di escreato. Spesso compare anche febbre, con temperature sino a 38-40,5 °C e il polso è di solito sui 100-140 battiti al minuto. Gli atti respiratori tendono ad aumentare, sino a 20-45/min e in genere compare anche nausea, vomito, malessere e mialgie (dolori muscolari). In pratica, una diagnosi di polmonite pneumococcica dovrebbe sempre essere sospettata in tutti i casi di malattia febbrile acuta associata a brivido, dolore toracico e tosse. 
La profilassi si avvale, oggi, di un vaccino polisaccaridico purificato, che offre protezione contro ben 23 sierotipi di S.pneumoniae. Il vaccino è indicato a tutti i soggetti con più di 65 anni d'età, ai diabetici, ai cardiopatici, agli pneumopatici, ai neuropatici e agli epatopatici cronici, nonché agli immunodepressi e agli asplenici (soggetti che non hanno più la milza). La vaccinazione pneumococcica è prevista nel documento-bozza del cosiddetto “Progetto Obiettivo Anziani” e del prossimo “Piano Vaccini 2001-2003”. Data l'importanza di tale attività di prevenzione, però, alcune regioni italiane hanno autonomamente avviato programmi di vaccinazione antipneumococcica (Basilicata, Veneto, Emilia, Romagna, Sicilia, Lombardia e altre), ottenendo, così, un progressivo aumento di persone che si proteggono dal rischio d'infezioni polmonari. E' ormai stato provato da numerosi studi, infatti, che la vaccinazione antipneumococcica (VAP) è in grado di diminuire la frequenza delle complicanze maggiori della polmonite, la quale, a sua volta, rappresenta la più frequente complicanza di influenza nell'anziano. Associata all'antinfluenzale, così, la VAP è in grado di diminuire la mortalità ed i ricoveri per complicanze dell'influenza degli anziani. Inoltre, oggi la VAP si presenta come una vaccinazione relativamente sicura (sono scarsi gli effetti collaterali e quasi sempre limitati ad una reazione locale nel punto di iniezione) e comoda, poiché praticabile in un'unica seduta assieme all'antinfluenzale. 
Mortalità: complessivamente, la mortalità per la malattia è stimata in circa 28 casi ogni 100.000 negli Stati Uniti e in 29,5 casi per 100.000 in Europa. Non in tutte le “classi” di pazienti, però, la malattia colpisce allo stesso modo. I più esposti sono coloro che, per le condizioni generali, sono ricoverati in terapia intensiva -ne muore la metà - mentre è decisamente più bassa la quota di vittime tra coloro che sono trattati a domicilio (in quanto, almeno apparentemente, meno gravi): 2-3%. Inoltre, è soprattutto tra gli anziani che l'infezione è mortale: dopo i 65 anni tocca nel complesso il 26% dei malati. Altri soggetti a rischio sono i pazienti affetti da particolari malattie (come cirrosi, scompenso cardiaco, immunodepressione o agammaglobulinemia, cioè la riduzione delle gammaglobuline nel sangue con conseguente aumentata suscettibilità alle infezioni) e, naturalmente, i fumatori e chi fa abuso di bevande alcoliche. 
 

B) Polmonite da Stafilococco

Altra forma di polmonite batterica è la polmonite stafilococcica, causata dallo Stafilococcus aureus, un batterio gram-positivo, responsabile di circa il 2% delle polmoniti contratte nelle comunità e del 10%-15% di quelle contratte in ambiente ospedaliero. In particolare, questo tipo di infezione polmonare è una frequente, e spesso letale, complicazione nelle epidemie di virus influenzale, specie nei soggetti anziani con bronchite cronica o enfisema e in ambiente ospedaliero. I soggetti più esposti sono: i bambini piccoli, i pazienti debilitati, gli anziani, i pazienti ospedalizzati (in particolare quelli con grave debilitazione, sottoposti ad interventi chirurgici, a intubazione endotracheale, a tracheostomia e a immunosoppressione), i bambini e gli adulti con fibrosi cistica, i tossicodipendenti e i pazienti immunodepressi. I sintomi sono pressappoco gli stessi della polmonite pneumococcica, con alcune differenze per la tendenza a causare brividi ricorrenti, necrosi tissutale (morte dei tessuti), con formazione di ascessi (rari nella polmonite pneumococcica) e per la caratteristica di avere un decorso fulminante con marcata prostrazione (stato di estremo esaurimento psico-fisico). Il rischio di mortalità è pari al 30%-40% circa. 
 

C) Polmonite da Haemophilus influenzae

Una terza grave forma di polmonite batterica è la polmonite da Haemophilus influenzae, un batterio che fu erroneamente chiamato in causa come responsabile dell'influenza durante la pandemia del 1889. Oggi, nella maggior parte degli studi su infezioni polmonari acquisite in comunità (CAP), rappresenta una causa relativamente comune di polmoniti batteriche, secondo solo allo S. pneumoniae. I ceppi del batterio più virulenti sono quelli contenenti il polisaccaride capsulare di tipo b (Hib). L'incidenza della malattia da Hib risulta aumentata in particolari soggetti a rischio, come gli indiani d'america, gli eschimesi, i neri, quelli con un basso reddito e uno scarso tenore di vita, i pazienti con asplenia (assenza della milza), anemia falciforme, morbo di Hodgkin e con sindromi di deficienza anticorpale. In particolare, è emerso da ulteriori studi che il rischio di contrarre la malattia da parte dei bambini con meno di 5 anni è maggiore per quelli ospitati in istituti assistenziali rispetto ad altri. Dopo i 6 anni, però, la maggior parte delle persone risulta essere stata esposta all'Hib, cosa che conferisce una parziale protezione. I primi sintomi riguardano quasi sempre un'infiammazione della mucosa del naso e, nel 50% circa dei casi, può verificarsi anche un precoce versamento pleurico. Molti pazienti, in seguito, mostrano una malattia polmonare cronica di base, in genere una bronchite. La diagnosi avviene con colorazione di Gram. La profilassi (vaccino) è raccomandata per tutti i bambini dai 2 ai 5 anni, che non siano stati precedentemente immunizzati. Vaccinazioni più precoci (dai 18-23 mesi) dovrebbero essere prese in considerazione solo in caso di bambini ad alto rischio (per esempio in quelli affetti da anemia falciforme o ospiti di centri assistenziali). 

D) Altre forme di polmonite batterica


1-La polmonite di Friedländerd

causata principalmente dalla k. pneumoniae (ma anche da altri bacilli gram-negativi), la polmonite di Friedländer difficilmente colpisce adulti sani, mentre le categorie più a rischio sono i bambini, gli anziani, i pazienti debilitati e gli immunocompromessi.

I sintomi interessano in genere il lobo superiore, con escreato dall'aspetto di gelatina di frutta e necrosi tissutale, con precoce tendenza all'ascessualizzazione e dal decorso fulminante. Il rischio di morte è molto alto (pari a circa il 25%-50%), nonostante la disponibilità di antibiotici presumibilmente efficaci. 


2-La polmonite streptococcica

una forma d'infezione dovuta al contagio di streptococchi β-emolitici di gruppo A di Lancefield. Fortunata-mente, si tratta di una malattia relativamente rara; le più grosse epidemie si diffusero tra le reclute durante la prima guerra mondiale e da allora sono stati poco frequenti anche singoli casi sporadici. Oggi la maggior parte dei casi rappresentano, di solito, una complicanza dell'influenza, del morbillo, della varicella o della pertosse. I sintomi, come nelle altre forme di polmoniti batteriche, sono caratterizzati da: febbre, dispnea, tosse e dolore toracico con insorgenza improvvisa. Il rischio di mortalità, sebbene la risposta alla terapia tenda ad essere lenta, è molto basso.

3-La malattia del legionario

identificata nel 1976 quando gli studi sull'esplosione di una malattia respiratoria acuta febbrile tra i membri della Legione Americana di Filadelfia portarono alla scoperta di un batterio oggi noto come Legionella pneumophila.
Attualmente sono state identificate 23 specie di legionella, ma la metà di esse è stata isolata solo da fonti ambientali. L'agente più comune della malattia umana è la L.pneumophila, seguita dalla L.micdadei e dalla L.bozemanii. Il periodo di incubazione è di 2-10 giorni e i soggetti più a rischio sembrano essere gli uomini di mezza età. I sintomi accusati più di frequente sono: malessere generale, febbre, mal di testa e dolori muscolari. Successivamente compare la tosse (prima non produttiva e, poi, con catarro mucoso), la diarrea e, solo in alcuni casi, un'alterazione dello stato mentale con confusione, letargia o delirio. 

2-Le polmoniti virali

Sono dovute a virus che possono causare infezioni del tratto respiratorio inferiore. I più comuni nella prima e nella seconda infanzia sono: il virus sinciziale respiratorio, l'adenovirus, il parainfluenzale, il virus dell'influenza A e B e, occasionalmente, iL rinovirus e i coronavirus. Negli adulti sani, invece, i soli patogeni virali riscontrati di frequente sono quelli dell'influenza A e B. Il quadro clinico di un'infezione virale delle basse vie aeree include, generalmente, sintomi quali: mal di tesa, febbre, mialgie e tosse con espettorato mucopurulento. I versamenti pleurici, invece, sono meno frequenti e i globuli bianchi periferici possono essere bassi, ma non sono rari casi con livelli normali o moderatamente elevati di globuli bianchi periferici. Per la profilassi, essendo molto spesso la causa imputabile al virus dell'influenza, è utile sottoporsi al vaccino antinfluenzale, soprattutto nei soggetti a rischio (bambini, anziani e immunodepressi). Ai bambini con età inferiore ai 12 anni sono consigliabili dosi di vaccino intervallate da un periodo di 4 settimane, mentre per i pazienti di oltre 12 anni è consigliabile la somministrazione in un'unica dose; la protezione è, di regola, intorno al 70%. 

3-Le polmoniti da altri agenti eziologici
 

a) Polmonite da Mycoplasma

Mycoplasma è un piccolo organismo in grado di attaccare le vie aeree superiori, causando sindrome influenzale e polmonite. Quest'ultima colpisce soprattutto ragazzi o giovani adulti sani, dando origine anche a piccole epidemie in comunità chiuse (famiglia, caserme), soprattutto nei mesi invernali. Sono rare, invece, epidemie di grandi dimensioni. I sintomi sono: febbre alta, anche per settimane; tosse secca; cefalea; mialgie; a volte dolore toracico retrosternale e scarsi sintomi respiratori. Antibiotici di scelta sono le tetracicline o l'eritromicina; la prognosi è buona e solo raramente si osservano lesioni permanenti o gravi complicazioni.

b) Polmonite da Pseudomonas

Lo Pseudomonas è bacillo gram-negativo che può colpire i polmoni di individui debilitati, specie se anziani, ospedalizzati, sottoposti a prolungata terapia antibiotica, con ostruzione di un bronco (per esempio in caso di tumore polmonare), sottoposti a ventilazione meccanica o tracheostomia. L'esordio della malattia si manifesta con febbre, agitazione, emoftoe (emissione dalla bocca di sangue che proviene dalle vie aeree inferiori), bradicardia (lento battito cardiaco) e il tipico espettorato di colore verdastro. 

c) Polmonite da Chlamydia

causata dalla Chlamydia pittaci, un parassita trasmesso all'uomo da uccelli infetti (pappagallini, piccioni, …). I sintomi sono: febbre, malessere, mialgie, fotofobia, cefalea, tosse con espettorato (a volte striato di sangue), rigidità nucale e, solo raramente, delirio. 

d) Polmonite da Pneumocystis Carinii


dovuta all'infezione di un parassita di natura silente che si instaura nel polmone, dove diventa patogeno nel momento in cui le difese dell'organismo sono compromesse (i pazienti affetti dall'AIDS rappresentano la maggior parte dei casi negli ultimi anni). I sintomi sono: febbre, dispnea e tosse secca non produttiva, che può evolvere in una forma subacuta nel giro di parecchie settimane o dopo pochi giorni. La mortalità media nei casi trattati va dal 20% al 30% circa. 


e) Polmonite da carbonchio

causata dall'inalazione di polvere di lana e pellicce contaminate. Questa forma di polmonite è molto grave, con febbre elevata e shock. La radiografia del torace può mostrare segni di consolidamento e versamento pleurico. Nonostante la sensibilità alla penicillina, l'esito è spesso fatale.
 

f) Polmonite da brucellosi

che porta a broncopolmonite, ascesso polmonare ed empiema (raccolta di pus nella cavità pleurica).
 

7) Polmonite da tularemia

Viene trasmessa da pelle e peli di animali; può causare versamento pleurico ed empiema.
 

8) Polmonite da mieloidosi

Si tratta di una forma di polmonite acuta, tipica del sud-est asiatico, con manifestazioni simili alla tubercolosi.
 

9) Peste polmonare

Tipo di polmonite che si presenta con febbre elevata improvvisa, emottisi e talvolta porpora generalizzata (sindrome caratterizzata da emorragie spontanee a livello della cute e delle mucose). 

Annapaola Medina


Fonti
Manuale Merck di diagnosi e terapia – Merck Sharp & Dohme; Stampa Medica – pp.723-747.

Il manuale di medicina – Società Editrice Universo; pp.892-903. 

Pomilla PV, Brown RB: Outpatients treatment of community-Acquired Pneumonia in adults. Arch Intern Med 1994; 154:1973
 

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