REGIA MARINA
CORAZZATA ROMA
CARATTERISTICHE TECNICHE
Nave |
Roma |
Classe | Littorio |
Tipo |
Corazzata |
Cantiere |
Cantieri Riuniti dell'Adriatico San Marco - Trieste |
Impostazione |
18 settembre 1938 |
Varo |
9 giugno 1940 |
Entrata in servizio |
14 giugno 1942 |
DIMENSIONI |
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Lunghezza |
240,70 metri |
Larghezza |
32,90 metri |
Immersione |
9,60 metri (vuota) 10,50 metri (a pieno carico) |
DISLOCAMENTO |
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A pieno carico |
46.215 tonnellate |
Normale | 44.050 tonnellate |
Standard vuota | 41.650 tonnellate |
Di disegno | 35.000 tonnellate |
MOTORI |
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Caldaie |
8 caldaie a coppie |
Turbine | 4 turbine Belluzzo |
Potenza |
140.000 cavalli |
Velocità |
30 nodi 32 nodi raggiunti in prova |
Combustibile |
4.000 tonnellate |
Autonomia |
4.580 miglia marina a 16 nodi |
PROTEZIONE |
|
Prua | inferiore: 100 - 249
mm.
media: 350 mm. superiore: 61-129 mm. |
Poppa | inferiore: 100 - 162
mm.
media: 71 mm. superiore: 104 mm. |
Lanciasiluri | 40.6 mm. |
Torrette principali | davanti: 289.5 mm.
lati: 210 mm. dietro: 100 mm. barbette laterali: 350.5 mm. |
Torrette secondarie | davanti: 134.6 mm.
lati: 61 mm. dietro: 35.6 mm. barbette laterali: 100 mm. |
Ponte di comando | 259 mm.
200 mm. corridoio di comunicazione |
ARMAMENTO |
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Principale | 9 x Ansaldo/OTO da 381 mm., modello del 1934, in 3 torri trinate, 2 a prua ed 1 a poppa |
Secondario | 12 x Ansaldo da 152 mm., modello del 1936 in 4 torri trinate |
AAW | 12 x OTO da 89 mm. in
12 torrette singole
20 x Breda da 37 mm. in 10 torri binate 20-28 x Breda da 20 mm. in torri binate furono aggiunti numerosi cannoncini da 13.2 mm. |
Altro | 4 x 40 mm. mitragliatrici antiaeree |
AEREI |
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Aerei | 2 Reggiani Re 2000 con 1 catapulta di lancio |
RADARS |
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Ricerca aerea | Non presente |
Ricerca di superficie | Non presente |
Controllo di tiro | Non presente |
EQUIPAGGIO |
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In tempo di pace | 1.872 |
In tempo di guerra | 1.960 |
La
classe Littorio fu l'ultima e più perfezionata tra le navi da battaglia
(corazzate) della Regia Marina durante la seconda guerra mondiale. Dopo
l'arresto di Mussolini, dopo il 25 luglio 1943 la classe venne ribattezzata
Italia. Talvolta questa classe di navi da battaglia è anche indicata come classe
Vittorio Veneto, dal nome della seconda nave di questa classe.
Le corazzate della cosiddetta classe Littorio furono la punta di diamante del
programma, peraltro assai discutibile, messo in campo dall'ammiraglio Cavagnari
per potenziare la Regia Marina. Venne prevista una classe di quattro unità,
nominalmente da 35.000 tonnellate (secondo i parametri del Trattato navale di
Washington), ma che in realtà superarono abbondantemente le 40.000 t. Per queste
quattro unità vennero previsti i nomi di Littorio, Vittorio Veneto, Roma e
Impero. La loro progettazione, iniziata quantomeno nel 1934, venne curata per
cercare la massima velocità e potenza di fuoco. Entrambe vennero sicuramente
raggiunte, ma non senza prezzo. La dotazione di carburante era di circa 4.000
tonnellate: apparentemente molte, in realtà permettevano un'autonomia di circa
4.000 miglia nautiche (circa 7.000 chilometri) navigando alla velocità di 20
nodi, troppo poco persino per navigare con sicurezza attraverso l'Atlantico.
Navigando alla massima velocità (30 nodi / 56 km/h) l'autonomia scendeva ad appena 3.000 km, pari a 2 giorni di navigazione, sufficienti per attraversare tutto il Mar Mediterraneo da un estremo all'altro. La differenza con le corazzate classe Bismarck era notevole in quanto, nonostante i problemi riscontrati nell'efficienza delle turbine tedesche (strano ma vero, i tedeschi ebbero continui problemi di ordine meccanico con le loro turbine navali), grazie a ben 7.700 tonnellate di combustibile, queste avevano un'autonomia tale da attraversare l'Atlantico e poi tornare in madrepatria. Questo significa che le Littorio, possedendo sì una potenza di fuoco, protezione e velocità comparabili o superiori alle Bismarck, avevano l'impossibilità pratica di essere impiegate in contesti (come quelli "corsari") che prevedevano un lungo tempo di navigazione, in ambiente oceanico.
Le 3.700 tonnellate di combustibile in meno erano quindi un preciso handicap per le operazioni fuori dal Mediterraneo, e quindi le Littorio non erano in effetti pensate per compiti globali, ma per confrontarsi con la Marina Francese in brevi e veloci azioni di combattimento, grazie alla potenza di 140.000 hp garantita da turbine a vapore su 4 assi, che fece raggiungere nelle prove circa 30,5 nodi (presumibilmente a pesi ridotti) come era costume della Regia Marina all'epoca.
Nella situazione reale di combattimento della battaglia di Gaudo gli incrociatori inglesi "da 32 nodi" distanziarono in pochi minuti la Vittorio Veneto.
ARMAMENTO
I nuovi cannoni Ansaldo 381/50 mm con un elevazione massima di 30° e con ciascun pezzo in compartimento della torre separato dall'adiacente per mezzo di una paratia corazzata fu, ed è tuttora, l'arma balistica più potente mai sviluppata dall'industria nazionale. Anche questi cannoni ebbero un anima ricambiabile a freddo, in questo caso si doveva cambiarle ogni 220 colpi. Questi cannoni ebbero difetti di dispersioni più dovuti al munizionamento che a difetti propri ma presentarono anche problemi di dentizione ai complessi di brandeggio che in alcuni casi ne limitò l'efficacia. Potevano sparare un colpo ogni 45 secondi.
Le Littorio ebbero uno dei complessi di armamento più potenti e moderni mai installati su di una corazzata.
I cannoni da 381mm. Modello 1934 nonostante l'alzo limitato a soli 30 gradi erano le armi a più lunga gittata – sia pure per pochissima differenza - mai avute da una nave da battaglia (se si esclude l'armamento missilistico), e oltre a questo la loro alta velocità iniziale e la pesantezza della munizione (oltre 880 kg) consentivano una capacità perforante eccellente, confrontabile con i migliori cannoni da 406 e 460 mm e sensibilmente superiore a quanto i cannoni moderni tedeschi e francesi calibro 380 mm erano in grado di offrire. Una corazza da 350 mm. era perforabile ad oltre 25 km, a breve distanza la perforazione possibile ammontava a circa 80cm.
Tuttavia, non erano presenti solo vantaggi.
I cannoni italiani avevano una cadenza di tiro assai ridotta, la dispersione del tiro era assai rilevante e se nessun colpo pare sia mai andato a segno nelle numerose battaglie sostenute, non si può certo affermare che la colpa fosse dovuta solamente alla mancanza di radar, che tra l'altro ad un certo punto della guerra venne installato.
I cannoni avevano anche una ridotta riserva di munizioni e la vita utile dell'anima del cannone era relativamente breve, con un totale stimato di circa 140 colpi sparabili senza degrado inaccettabile delle qualità balistiche, all'incirca la metà dei contemporanei cannoni stranieri.
A parte questo, la perforazione delle corazze verticali era assai elevata a causa della traiettoria molto veloce dei proiettili, ma questa era anche molto tesa data la ridotta elevazione: non c'è da stupirsi se la perforazione di armature orizzontali, essenziale nel tiro curvo da lunga distanza, fosse tutt'altro che impressionante, decisamente inferiore a quella dei cannoni da 381 inglesi (anch'essi elevabili a 30 gradi) e appena migliore di quelli tedeschi.
I cannoni secondari erano armi da 152 mm dell'ultimo modello, installati anche su incrociatori leggeri dell'ultima generazione (come il Giuseppe Garibaldi), sistemati in torri trinate assai robuste (fino ad oltre 100mm di corazzatura) che erano anch'esse derivate direttamente da quelle delle navi minori. La loro gittata arrivava ad oltre 24 km ed essi avevano delle elevate qualità balistiche, ma una cadenza di tiro non straordinaria e le solite problematiche balistiche.
I cannoni da 90 mm erano un modello sofisticato, dotati di affusti totalmente chiusi e leggermente corazzati, avevano anche un sistema di stabilizzazione che peraltro si rivelò troppo sofisticato per l'epoca. Le armi erano sistemate in torri singole, per cui erano necessarie ben 12 di queste, 6 per lato. Il volume di fuoco era elevato, ma un affusto binato sarebbe stato certamente più efficiente nella concentrazione di fuoco e molto meno impegnativo dal punto di vista della progettazione della nave. Se non altro, esse contribuivano a rendere elegante la sagoma della corazzata.
Le mitragliere contraeree erano sia binate da 20 che da 37 mm, il meglio che l'Italia potesse sviluppare autonomamente ed assai efficaci nel loro ruolo di difesa ravvicinata, come anche il numero complessivo, 36, era adeguato.
Non erano previsti invece siluri, ma l'armamento "accessorio" era completato da 3 idrovolanti a poppa, dove era presente una catapulta. Tra le macchine impiegate, in genere Ro.43, era possibile trovare anche i Re.2000 catapultabili, aerei da caccia solo lanciabili senza possibilità di recupero, nonché estremo tentativo di rimediare ad una carenza - l'assenza di portaerei - che sarà il maggiore rincrescimento della Regia Marina durante tutto il conflitto.
Bellissime navi con un solo importante difetto, i proiettili dei cannoni principali avevano delle tolleranze assai elevate per esempio se rapportati con quelli tedeschi. Questo vuol dire che se una torre sparava con tutte le sue canne i colpi potevano anche cadere a 300 metri di distanza, troppi per sperare di colpire qualcosa che non fosse una città ...
Quello che sorge spontaneo chiedersi è come abbiano fatto questi cannoni a passare i collaudi. Se alla prova dei fatti la dispersione delle canne e dei proiettili non permetteva di calcolare con esattezza dove cadessero i proiettili e quindi di colpire un bersaglio chi fu il funzionario ed il tecnico navale che permise di dotare la classe Littorio di codeste favolose armi?
Può anche succedere che un cannone alla prova dei fatti abbia difetti strutturali tali da non permetterne l'utilizzo operativo ma questo deve essere rilevato quando viene collaudata l'arma non certo quanto viene installato su tre corazzate ed in azioni di guerra.
In pratica avevamo bellissime navi che non erano in grado di colpire un'isola a mezzo chilometro di distanza, figuriamoci un'unità nemica a venti chilometri di distanza che si muoveva a trenta nodi.....