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E
lo chiamano riformismo |
Un "legittimo sospetto" sull'onestà della vena
riformista del centrodestra. |
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Il primo agosto del 2002, il Senato della Repubblica ha ricevuto un pesante affronto alla sua istituzionalità. L’approvazione da parte della maggioranza di centrodestra della legge “Carrara” ne ha, infatti, inficiato la rappresentatività democratica, inducendolo ad operare nell’esclusivo interesse, non del popolo, ma di una cerchia ristretta di cittadini, costituita dal premier Berlusconi e dal suo fido Previti. Il provvedimento sancisce la possibilità per un imputato di richiedere lo spostamento della sede del processo sulla base di un legittimo quanto generico sospetto sull’imparzialità del giudice, garantendo di fatto a Previti e Berlusconi (ma è facile immaginare il fervore con il quale boss mafiosi in attesa di giudizio hanno atteso all’approvazione della legge) di rinviare la conclusione del processo, in corso a Milano a loro carico, fino alla scadenza dei termini per la condanna. E’ un sorriso profondamente amaro, quello che suscita il tentativo da parte della Casa delle Libertà di proporre l’intero provvedimento come appagamento di una straordinariamente urgente bisogno di riforma del sistema giudiziario. Effettivamente l’apparato della giustizia italiana necessita di alcune modifiche, ma certamente nessuna di esse è così urgente da richiedere un elaborazione in poche settimane da parte dell’addetta commissione parlamentare. Inoltre ogni serio e disinteressato progetto di riforma si pone a termine di una dettagliata e laboriosa attività di analisi della questione e riflessione sulle sue diverse prospettive di valutazione. Al contrario ad ispirare la ”sfrecciante” azione riformista del centrodestra è stato il tentativo di raggirare l’eventualità di una condanna di Berlusconi, con la conseguente e pesante delegittimazione che essa comporterebbe alla sua carica di Presidente del consiglio. Tuttavia gli effetti che un operazione di questo tipo può determinare sono doppiamente delegittimanti per il premier. Su cosa si potrebbe infatti fondare l’autorità di un presidente del consiglio, che per evitare una possibile condanna giudiziaria si serve del potere legislativo del parlamento? Dunque ancora una volta si è rivelato il carattere effimero e deleterio dei propositi riformisti della Cdl, la cui politica finora ha di fatto perseguito la modernità attraverso la cancellazione di diritti (vedi articolo 18) e la tutela di interessi di parte se non addirittura strettamente personali. Pertanto emerge ulteriormente la necessità di affrontare una tenace opposizione all’azione governativa, operando in modo da coinvolgere la società civile anche attraverso l’evidenziatura dell’esistenza di un altro riformismo, concretamente innovativo e seriamente solidale.
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