Ipertesti e
scuola
Qualche anno fa, iniziando a parlare in classe di ipertesti, vi erano pochi
allievi (spesso nessuno) ad aver avuto esperienze didattiche multimediali ed
erano moltissimi, invece, quelli che ne ignoravano il significato e
l'esistenza. Ora il rapporto si è diametralmente rovesciato e il numero di
coloro che hanno "fatto un ipertesto" è cresciuto proporzionalmente allo
svolgimento dei corsi e dei progetti che hanno coinvolto gli insegnanti. La
fase "eroica" in cui costruire un ipertesto con i ragazzi era già di per sé
un'attività meritoria è terminata ed è giunto il momento di ripensare ed
analizzare questo fenomeno. Aveva visto bene
S. Penge quando, già tempo fa, sottolineava la necessità di passare dalla
fase di assestamento alla descrizione e alla stesura delle regole
dell'ipertesto. Questo è necessario ancor di più per gli ipertesti scolastici
progettati e implementati con gli allievi. Esistono, infatti, profonde
differenze (a volte un abisso) fra le
riflessioni teoriche sviluppate intorno all'ipertestualità (con tutti i
limiti di questa terminologia) e i prodotti sfornati dalle classi. Forse,
allora, è il caso di definire, a costo di ridimensionarci,
le caratteristiche dell'ipertesto scolastico e di coglierne la
specificità. Questo, soprattutto alla luce dei
risultati ottenuti che, sinceramente, appaiono molto spesso
insoddisfacenti sia dal punto di vista didattico che estetico. A costo di
essere antipatici, occorre riconoscere sinceramente che fra gli ipertesti
prodotti a scuola molti sono fatti bene (cioè funzionano) ma pochi sono buoni,
sono realizzazioni convincenti. È indispensabile capire perché accade ciò,
analizzarne le cause e le conseguenze. È uno sforzo da compiere se non
vogliamo che un ricco patrimonio di esperienze vada perduto e se crediamo che,
comunque, vi sono
ragioni didattiche e pedagogiche per continuare a costruire ipertesti in
classe con i ragazzi.
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Riflessioni
teoriche e pratica della ipertestualità
Due teorici estremamente importanti hanno recentemente affrontato la questione
della ipertestualità collegandola con gli sviluppi del pensiero postmoderno e
della critica letteraria.
S. Turkle intravede una profonda relazione fra l'estetica del computer e
le principali caratteristiche della postmodernità e afferma esplicitamente che
le tecnologie ipertestuali ci offriranno la possibilità di sperimentare le
ipotesi delle nuove teorie letterarie. Ancora più esplicito è
G. Landow che muove la sua approfondita e affascinante analisi della
filosofia ipertestuale dalla nozione di Barthes di testo leggibile opposto a
testo scrivibile per approdare infine al testo disseminato e decostruito dalle
teorie di Derrida. Landow arriva a preconizzare una ipertestualità complessa
che costituirebbe di fatto una nuova forma di testualità e scrittura, una
concezione di testualità multipla determinata dalla flessibilità, apertura e
reticolarità del testo e dei collegamenti elettronici. Un'impostazione simile
sembra attrarre anche i teorici della multimedialità a noi più vicini e con
più spiccati interessi didattico-pedagogici. Interamente immerso in una
concezione culturale impastata dai contributi molteplici e difficilmente
riconducibili ad unità della filosofia postmoderna ci paiono alcune
considerazioni di
R. Maragliano.
Ci sembra, però, estremamente improbabile una applicazione immediata di queste
concezioni nella attività scolastica quotidiana con le nostre classi. E non
soltanto per la presunta incapacità della scuola di cogliere le novità che
provengono dal mondo accademico ma anche per le difficoltà di quest'ultimo a
cogliere i problemi di chi deve gestire e lavorare con un'utenza disomogenea,
demotivata e spesso deprivata culturalmente. Sarebbe bello se, come ritiene R.
Maragliano, dovessimo passare dall'insegnamento a chi non sa (il problema
classico della pedagogia) all'insegnamento a chi sa. In realtà, il nostro
compito è forse più impegnativo e meno piacevole; riprendendo il gioco di
parole di R. Maragliano, a me pare che noi in questa fase abbiamo a che
fare non tanto con chi sa quanto con chi è informato (a volte anche
confusamente, con effetti nocivi di ridondanza) ma non sa. Non basta allora
accompagnare (o lasciarsi guidare?) i nostri allievi fra i rumori del mondo e
in particolare delle nuove tecnologie ma dobbiamo conoscerli, studiarli per
fornire a noi stessi e ai nostri ragazzi gli strumenti di riflessione,
comprensione, interpretazione dei fenomeni attraversati. Soltanto così la
scuola sarà contemporanea alla sua società, se sarà capace di fornire
strumenti per il nomadismo cognitivo al quale ci obbliga la "società della
conoscenza". "Nella situazione attuale è necessario progettare educazione
correndo", ma possedere il sapere in una società in cui esso circola sempre
più liberamente sarà possibile solo se si possiedono gli strumenti per
interpretarla, criticarla, trasmetterla. Soltanto così avremo dotato i nostri
allievi dei necessari supporti concettuali per utilizzare la multimedialità
senza passare dalla padella di un insegnamento ingessato e sempre più
inadeguato alla brace di un bombardamento informativo. In questa ottica è
evidente allora che se non dobbiamo preoccuparci di rincorrere le sirene
lanciate dai teorici che si collocano sempre qualche passo avanti non possiamo
accontentarci neppure, rispettando gli sforzi che essi sono costati, degli
ipertesti scolastici.
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I limiti degli
ipertesti scolastici
In tutti i convegni o corsi d'aggiornamento sulla multimedialità, prima o poi,
il relatore con enfasi dichiara che ciò che conta nella costruzione di un
ipertesto non è il prodotto ma il processo. È una affermazione che mi lascia
sempre più perplesso e non ovviamente per l'importanza assegnata alla fase di
progettazione e ricerca quanto per la scarsa considerazione rivolta al
risultato. Come conciliare questa affermazione con la convinzione legittima
che il PC è uno strumento ideale per supportare un lavoro costruttivo reale
che consenta finalmente di superare i limiti di astrazione e
autoreferenzialità, tipici dei compiti scolastici, e di attuare una fattiva
contestualizzazione degli apprendimenti? Se il computer permette di costruire
artefatti reali per destinatari altrettanto reali, devo necessariamente
preoccuparmi della qualità del prodotto quanto dei processi che ne hanno
permesso la realizzazione. La produzione di un ipertesto efficace dal punto di
vista comunicativo è una verifica della validità dei processi cognitivi e
metacognitivi messi in atto in sede progettuale alla quale non possiamo e non
dobbiamo sottrarci. L'insistenza con cui sottolineiamo la centralità dei
processi rischia di trasformarsi in un comodo alibi che giustifica l'esito
finale, non sempre soddisfacente, dei nostri sforzi ma che ci impedisce di
confrontarsi con le ragioni di questi parziali fallimenti.
Allora vediamo come appaiono questi prodotti una volta terminati.
Innanzitutto, a me pare, che gli ipertesti scolastici sfruttino assai poco la
specificità offerta dallo strumento elettronico; non sono quasi mai evidenti
le ragioni che ne giustificano l'uso (cosicché restano imprecisati e
contraddittori anche il ruolo e il lavoro dello studente). Per lo più, gli
ipertesti sono occasioni di approfondimento contenutistico in cui, grazie alle
nuove tecnologie, si tenta di incentivare i processi associativi tra le
conoscenze e l'integrazione tra i diversi linguaggi. Ma con quali esiti? Ha
ragione
R. Maragliano quando afferma che "in ambito scolastico si possono
realizzare degli ipertesti chiusi e dogmatici". È raro scorgere negli
ipertesti scolastici "l'impegno a dar vita a reticolarizzazione e
problematizzazione del sapere testuale, secondo una logica che riflette
l'esercizio di una criticità più connettiva che analitica, più aggregativa che
distanziante". Più spesso si assiste ad una linearità mascherata da alcuni
link gerarchici che non li schioda da una sostanziale ripetizione elettronica
della didattica delle ricerche.
Inoltre, per quanto riguarda l'aspetto della multimedialità, gli ipertesti
scolastici fanno quasi sempre un uso convenzionale, gratuito e fortemente
sbilanciato dei diversi media. I testi sono spesso o troppo lunghi o così
ridotti da perdere significatività, le immagini e i suoni in genere risultano
scarsamente informativi, i rapporti fra i nodi squilibrati. Si è spesso
sommersi da una valanga di link, però poco motivati. Non parliamo, infine,
dell'aspetto estetico trascurato e poco studiato, continuamente in bilico fra
il grigiore geometrico e la follia multicromatica e con modalità di
interfacciamento macchinose, scarsamente comprensibili e che quando ricorrono
a metafore lo fanno in modo banale, ingiustificato e fuorviante.
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Le ragioni per
una didattica dell'ipertestualità
Nonostante il quadro negativo sin qui tracciato, esistono, però, numerose e
consolidate ragioni che giustificano la costruzione di ipertesti a scuola.
Questo genere di attività consente di accrescere e migliorare la conoscenza
dei contenuti e dell'attività di apprendimento, permette di costruire processi
cognitivi di tipo associativo e flessibile, incentiva la consapevolezza
metacognitiva, attiva forme di cooperazione ed interazione educativa e
sperimenta l'integrazione tra linguaggi di varia natura. A questi fattori
ormai acquisiti vorrei aggiungere ancora due elementi sui quali soffermare
l'attenzione, anche alla luce dell'importanza che essi rivestono per la
definizione dello specifico degli ipertesti scolastici. In primo luogo, la
costruzione ipertestuale è uno strumento didattico estremamente efficace per
dare "senso" all'attività scolastica e, inoltre, per operare una sintesi ed
una saldatura fra l'apprendimento dentro e fuori la scuola.
Gli ipertesti: strumento per costruire senso nell'attività scolastica
Dare senso ad un'attività scolastica implica la "presenza" dell'allievo e il
suo interesse per il sapere affrontato. Dare un senso, a scuola ed altrove, è
sapere cosa si fa e si vuole fare e perché lo si vuole fare. Affinché la
conoscenza abbia senso si deve rovesciare la logica secondo cui si apprende
per fare e, invece, muoversi nella direzione di fare per apprendere. (G.
de Vecchi) E la costruzione ipertestuale deve rispondere a questa
necessità. Costruire un ipertesto non può essere soltanto l'esecuzione di un
compito a cui prestare attenzioni e reazioni meccaniche, ma deve presupporre
un progetto che veda gli alunni nel ruolo di attori che lo mettono in atto e
lo realizzano. Con l'ipertesto dall'obbligo di svolgere un compito fine a se
stesso si passa all'esigenza di acquisire conoscenze e competenze e si lavora
per raggiungere lo scopo prefissato. L'ipertesto diventa uno strumento per
fare emergere bisogni cognitivi legati agli obiettivi da realizzare.
L'ipertesto è un progetto in relazione ad un contenuto, è strumento per la
costruzione di sapere.
Gli ipertesti: sintesi fra l'apprendimento dentro e fuori la scuola
Il luogo comune che accusa di inutilità tutto ciò che si apprende fra i banchi
si trasforma molto spesso in comodi alibi per studenti svogliati, ma è pur
vero che la scuola richiede ed attiva assai spesso conoscenze ed abilità
radicalmente diverse rispetto a quelle necessarie ad affrontare adeguatamente
la vita quotidiana e il mondo del lavoro (L.
B. Resnik). La costruzione ipertestuale contiene numerosi aspetti che
potrebbero concorrere a conciliare queste differenze e a preparare i nostri
allievi a svolgere con efficacia e consapevolezza le future funzioni di
cittadino e lavoratore. In primo luogo, costruire un ipertesto richiede lo
svolgimento complementare di fasi di apprendimento sia individuale,
tradizionalmente privilegiato dalla scuola, che condiviso, come accade invece
per la maggioranza delle attività esterne. La riuscita di un ipertesto
scolastico risiede nella capacità degli autori di miscelare le competenze
individuali con ciò che sanno e fanno gli altri. Inoltre, quando si costruisce
un ipertesto, la presenza di momenti progettuali e di fasi di implementazione
prevede la convivenza di attività mentali astratte, è la scuola che privilegia
il pensiero astratto e autonomo, ad altre strettamente connesse all'uso di
strumenti cognitivi. Costruire ipertesti deve, cioè, porsi l'obiettivo di
conciliare queste due attitudini mentali, aiutando a sviluppare la capacità di
condividere attività mentali con artefatti esterni. Questo fattore porta,
altresì, la costruzione ipertestuale a sanare la dicotomia tra un
apprendimento in cui l'attività mentale è estranea a qualsiasi contesto reale
(si parla, ovviamente della autoreferenzialità dei compiti scolastici) ed uno
in cui il senso si determina esclusivamente in relazione ai risultati ottenuti
in circostanze specifiche. Ed arriviamo, così, al quarto ed ultimo aspetto
che, attraverso la costruzione ipertestuale, avvicina l'apprendimento
scolastico a quello esterno. In una scuola tradizionalmente rivolta
all'acquisizione di principi generali, si inserisce una stile di apprendimento
che è anche rivolto al raggiungimento di competenze specifiche e situate (A.
Talamo).
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Le
caratteristiche dell'ipertesto scolastico
Alla luce di ciò che abbiamo detto, mi pare che la progettazione degli
ipertesti scolastici e la loro produzione debbano prevedere, rispetto a quanto
è stato fatto sinora, una maggiore attenzione alla elaborazione
dell'interfaccia e debbano privilegiare nella scelta dei contenuti quelli che
meglio si prestano all'esercizio e allo sviluppo contemporanei del pensiero
narrativo e del pensiero paradigmatico e alla realizzazione di percorsi ludici
e interattivi.
L'elaborazione dell'interfaccia
La fase di elaborazione e realizzazione dell'interfaccia, a causa della scarsa
attenzione rivolta al prodotto finito, molto spesso è ritenuta poco
interessante dal punto di vista didattico ed è messa in atto distrattamente (e
con i risultati negativi che abbiamo segnalato). Ritengo, invece, che non solo
per eliminare i vistosi limiti di autoreferenzialità ma anche per incentivare
la funzione metacognitiva sia indispensabile progettare accuratamente
l'interfaccia dell'ipertesto, come di qualsiasi altro artefatto (D.A.
Norman); un'interfaccia elaborato a partire dalla tipologia di
lettore-utente (anche soltanto ipotetico) che, a mio giudizio, è necessario
definire preventivamente anche alla scelta dei contenuti e della struttura
dell'ipertesto. La scelta del lettore è, dal punto di vista metacognitivo, una
fase fondamentale. Le conoscenze pregresse, gli interessi e le motivazioni, lo
stile e la capacità di apprendimento del nostro ipotetico lettore saranno gli
elementi in base ai quali non solo definire lo sviluppo del contenuto ma anche
l'elaborazione dell'interfaccia. E allora, l'uso del registro linguistico, la
scelta eventuale di una metafora (la costruzione, cioè, di contesti testuali e
grafici) dovranno essere adeguati e coerenti al destinatario e richiederanno
un'attenta riflessione metacognitiva sulle conoscenze messe in gioco o da
acquisire. Il sapere non è più al servizio di una anelata sufficienza ma è
elaborata, esposta e presentata con l'obiettivo di essere chiari e precisi
agli occhi di un lettore.
L'attenzione all'interfaccia, inoltre, consente di intervenire anche sui
limiti legati all'assenza di coerenza e di equilibrio che affligge gli
ipertesti scolastici. Infatti, porsi preventivamente il problema
dell'interfaccia nei termini esposti obbliga gli autori a riflettere sia sulle
modalità di navigazione, spingendoli verso la definizione di regole e
convenzioni, sia sulla qualità e quantità delle informazioni, compresi i
rapporti fra i nodi che sfruttano media diversi.
Pensiero narrativo e pensiero paradigmatico
J. Bruner afferma che possiamo ordinare e costruire la realtà attraverso
due metodi, due modi di pensare: il pensiero narrativo e il pensiero
paradigmatico (logico-scientifico). Ognuno di questi tipi di pensiero opera e
determina criteri di validità e di verifica profondamente diversi e "qualsiasi
tentativo di ricondurli l'uno all'altro o di ignorare l'uno a vantaggio
dell'altro produce inevitabilmente l'effetto di farci perdere di vista la
ricchezza e la varietà del pensiero". C'è chi vede nel modello ipertestuale,
rivolto alla produzione di modelli complessi della realtà e della storia della
cultura, il trionfo del pensiero narrativo (C.
Rovelli). È probabilmente vero che la modalità narrativa privilegia un
approccio reticolare e fattuale al sapere, ma ci pare che una scelta opportuna
degli argomenti possa portare, nel corso della costruzione ipertestuale,, ad
attivare, utilizzare e confrontare questi due diversi approcci alle
conoscenze. Affinché la costruzione di un ipertesto sia efficace strumento
didattico, ritengo che debba prevedere momenti di lavoro in cui si privilegia
ciò che è figurativo, sintetico, intuitivo, fantasioso, unificante e concreto
(pensiero narrativo) ma anche altri in cui si agisca attraverso operazioni
logiche, analitiche, simboliche e astratte (pensiero paradigmatico). Mantenere
l'abisso che normalmente nell'attività scolastica separa queste due forme di
pensiero limita la possibilità, offerta dalla costruzione di ipertesti, di
confrontarsi pienamente con la complessità della realtà e del sapere. Non si
coglie una delle rare possibilità per uscire dalla dicotomia fra una realtà
sempre più complessa e una scuola rassegnata a trasmettere conoscenze astratte
che non giungono mai a verificare la loro validità e utilità con la
flessibilità delle richieste operative del mondo esterno. Con la costruzione
ipertestuale, l'apprendimento deve configurarsi come "apprendistato cognitivo"
(A.
Collins), un lavoro, cioè, in cui conoscenze apprese secondo modalità
logico scientifiche (in modo astratto e sequenziale) sono collocate in un
contesto d'uso, in una situazione complessa e con l'uso di strumenti tecnici e
artefatti culturali, sotto la guida dei più esperti. Il sapere è appreso
concettualmente e fattualmente, in relazione al suo uso in una varietà di
contesti e richiede l'esteriorizzazione, la concretizzazione di quei processi
e di quelle capacità cognitive di solito attivate dalla scuola soltanto
internamente.
Percorsi ludici e interattivi
I videogiochi ormai influenzano varie forme di comunicazione (cinema,
pubblicità, video-clips musicali, fumetti, letteratura) e sono il prototipo
principale dei media del futuro prossimo; sono ludici, comunicativi e
interattivi (F.
Carlà). Eppure, il loro linguaggio, cocktail di simboli e interattività
ludica, che ha contagiato l'intera comunicazione dei media digitali, è quasi
completamente assente dalle creazioni ipertestuali scolastiche. Purtroppo, non
si coglie in esse la voglia di aprirsi al dialogo con il destinatario, di
farlo "giocare" con le conoscenze e sperimentarne la comprensione e
l'efficacia. Ciò che ancora trionfa è l'esposizione "cattedratica" di nozioni
connesse attraverso una struttura più o meno reticolare e multimediale. Nel
corso della progettazione e produzione di ipertesti, la scuola, invece,
dovrebbe sfruttare positivamente la familiarità dei nostri allievi con i
videogiochi (R.
Maragliano). E non si tratta soltanto di avanzare un'esigenza, peraltro
sacrosanta, di leggerezza che consenta alla scuola di muoversi più agilmente e
in modo più coinvolgente per tutti i suoi protagonisti. Se non si lavora in
questa direzione, si rischia innanzitutto di cadere nuovamente nell'autoreferenzialità,
peccato originale della scuola, nella produzione di compitini manualistici
(anche se questa volta elettronici), e, in secondo luogo, di non attivare
quelle potenzialità metacognitive che, come si è già detto, sono insite nella
elaborazione e nella costruzione di un dialogo con il lettore. La scuola deve
fare uno sforzo di fantasia e cercare per le proprie creazioni ipertestuali
argomenti che si prestino facilmente ad uno sviluppo ludico e interattivo. Con
l'aiuto esperto dei nostri allievi, proviamo, ad esempio, a superare la logica
dei capitoli (perché altro non è la struttura gerarchica della stragrande
maggioranza degli ipertesti scolastici) e tentiamo di costruire diversi
percorsi e livelli che richiedano il superamento di ostacoli, la risoluzione
di problemi, la possibilità di utilizzare le conoscenze acquisite. Non
chiediamo agli studenti di compilare (o copiare?) l'ennesima ricerca, ma
spingiamoli a riflettere su ciò che apprendono provando a costruire con loro
mondi simulati in cui inserire e spendere le conoscenze, a utilizzare le
nozioni per la creazione di giochi, di storie o avventure. Ritengo che questa
sia la strada per fare della costruzione di ipertesti uno strumento didattico
proficuo, coinvolgente e divertente.
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