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Università: Il Luogo del delitto
09-03-2004
La riforma Moratti per l’Università si propone di affossare definitivamente
un organismo che pur fra molte pecche e difficoltà economiche è in grado di
dare una buona preparazione agli studenti e di fare buona ricerca, come
dimostra il successo dei tanti ricercatori costretti a lavorare all’estero,
i numerosi progetti di ricerca che ottengono finanziamenti europei e i
risultati ottenuti in campo internazionale dai nostri gruppi di ricerca. In
particolare per quanto è di mia conoscenza diretta, nell’ambito di
istituzioni europee e internazionali come il Cern, l’Eso, l’Esa, lo Science
Institute per il telescopio spaziale Hst, risultati ottenuti con
l’esperimento Boomerang con strumentazione costruita alla Sapienza o il
satellite italo-olandese Beppo Sax, due esperimenti che hanno portato un
enorme contributo alla cosmologia e all’astrofisica. La riforma Moratti è
stata sviluppata, secondo il costume antidemocratico che caratterizza
l’attuale governo, senza nessuna concertazione o discussione con gli addetti
ai lavori, e perseverando nel malvezzo di utilizzare lo strumento della
legge delega, impedendo al Parlamento una libera discussione e in definitiva
espropriando il Paese del principale strumento di democrazia. Mentre da una
parte si propone il cambiamento dello stato giuridico dei docenti e di un
maggiore controllo della loro attività, dall’altra si elimina la distinzione
fra docente a tempo pieno e docente a tempo determinato, mettendo sullo
stesso piano chi si limita alle ore di lezione e svolge una sua proficua
attività privata e chi dedica tutto il suo tempo all’università, tempo che è
ben più lungo delle ore di lezione. È ridicolo parlare di un obbligo di 300
o poco più di ore di lezione, e cioè meno di un’ora al giorno, dimenticando
che il docente a tempo pieno spende ben più di 7-8 ore al giorno per la
ricerca sua e con i suoi collaboratori, per seguire le tesi di laurea e
quella di dottorato, per compiti organizzativi, per partecipare alle
riunioni di Consiglio di dipartimento, Consiglio di corso di laurea,
Consigli di facoltà: dimenticando che l’Università non è un grande
esaminificio ma un luogo in cui si programma e si svolge la principale
attività di ricerca del Paese, e soprattutto quella ricerca di base che ha
per scopo il progresso della conoscenza, senza necessariamente fini
economici ed applicativi, ma senza la quale anche la ricerca applicata si
inaridisce e non è in grado di mantenere competitivo il nostro sistema
industriale. È disastrosa la proposta di abolire il ruolo dei ricercatori e
sostituirlo con contrattisti a tempo determinato. Forse il ministro Moratti
non sa che un giovane neo dottore di ricerca, dopo tre anni trascorsi
facendo ricerca per l’ottenimento del dottorato con una borsa di studio di
mera sopravvivenza, di solito non ottiene subito un posto di ricercatore, ma
è costretto a fare centinaia di domande a istituti italiani ed esteri e
generalmente ottiene un contratto di ricerca per uno o più anni, per cui
quando vince un concorso di ricercatore ha dietro alle spalle dai quattro ai
sette e più anni come ricercatore precario. Molti di questi giovani (ormai
più che trentenni) tornano in Italia per ragioni familiari o affettive se
almeno li aspetta la sicurezza di poter seguitare la propria ricerca sia
pure con uno stipendio inferiore a 1000 euro. Ma molti, bene inseriti in
istituzioni europee o americane, non torneranno. È così che si vuole evitare
la fuga dei cervelli? Inoltre le università ricevono un apporto
notevolissimo al loro funzionamento da parte dei ricercatori, che sono
fondamentali per la ricerca, ma anche divenuti indispensabili per la
didattica. E questo è uno dei gravi difetti delle nostre università, perché
il ricercatore dovrebbe fare prevalentemente ricerca e dedicare un tempo
limitato alla didattica. Infatti la didattica è fondamentale anche al
ricercatore per approfondire le proprie conoscenze, ma caricare sui
ricercatori i corsi più pesanti e ripetitivi, come spesso avviene oggi, è
deleterio, perché sottrae loro un enorme tempo alla ricerca, e va ricordato,
che è fatto ben noto, che le maggiori scoperte, la ricerca più innovativa,
soprattutto nelle scienze, la fanno i giovani. Inoltre se si vuole veramente
migliorare il funzionamento delle nostre università, occorrono adeguati
finanziamenti, aule e laboratori sufficienti per tutti gli studenti, case e
mense per gli studenti fuori sede, borse di studio per i meritevoli di
disagiate condizioni economiche, ed evitare propagandistiche creazioni dal
nulla di fantomatici istituti come il tanto reclamizzato Istituto italiano
di tecnologia, che nessuno sa cosa farà, ma che è già, a scatola vuota,
foraggiato con cifre che per le università sono iperboliche. Ma non si
voleva riformare il CNR dedicandolo soprattutto alla ricerca applicata? E
allora perché non incrementare il CNR? Perché questo spreco di pubblico
denaro per un coniglio tirato fuori improvvisamente dal cappello del mago
Tremonti? Quali discussioni ci sono state su tutto questo, non dico con gli
addetti ai lavori, che per principio questo governo ignora sistematicamente,
sia che si tratti di scuola, di università, di giustizia, di salute, ma
almeno in Parlamento. Questo in cui viviamo non sarà un regime, ma è
certamente una dittatura della maggioranza. Professore emerito
dell’università di Trieste Socio nazionale dell’Accademia dei Lincei
Margherita Hack
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