Dimitri Mattu Scuola di Viola del Conservatorio di Musica "Giovanni Pierluigi da Palestrina" di Cagliari
 

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MINISTERO DELL’UNIVERSITÀ E DELLA RICERCA

ALTA FORMAZIONE ARTISTICA E MUSICALE

 

 

 

 

CONSERVATORIO STATALE DI MUSICA “G.P. DA PALESTRINA” DI CAGLIARI

BIENNIO SUPERIORE SPERIMENTALE DI II LIVELLO

SCUOLA DI VIOLA

 

 

 

 

 

MÄRCHENBILDER PER PIANOFORTE E VIOLA OP.113 E   MÄRCHENERZÄHLUNGEN  PER CLARINETTO, VIOLA E PIANOFORTE OP.132

DI

 ROBERT SCHUMANN

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Tesi di Laurea di:

Relatore:

MARIA CRISTINA MASI

M° DIMITRI MATTU

 

 

 

 

ANNO ACCADEMICO 2005/2006

 

 

 

Alla mia famiglia

 

 

INDICE

 

1. Robert Schumann e il Romanticismo   2

2. La Musica da Camera di Robert Schumann   4

3. Märchenbilder op.113  6

3.1. Nicht schnell 7

3.2. Lebhaft 8

3.3. Rasch  10

3.4. Langsam, mit melancholischem Ausdruck  12

4. Märchenerzählungen op.132  15

4.1. Lebhaft, nicht zu schnell 17

4.2. Lebhaft und sehr markirt 22

4.3. Ruhiges Tempo, mit zartem Ausdruck  24

4.4. Lebhaft, sehr markirt 26

5. Bibliografia   30

6. Discografia   32

 

 

1. Robert Schumann e il Romanticismo

 

Il saper mettere insieme (comporre) cose diverse ha molta importanza nell’arte musicale”[1].

 

Schumann (1810-1856) è spesso definito come il “romantico per eccellenza”, come colui che esemplifica le mille anime del Romanticismo[2].

Il contesto in cui si inserisce è ricco di straordinari fermenti culturali, poetici, letterari e filosofici, ancor prima che musicali.

Il denominatore comune delle tendenze della musica tedesca del periodo, era appunto il “Romanticismo”, inteso come sovvertimento di tutto ciò che fino a quel momento aveva avuto valore di legge nell’arte. Un’efficace testimonianza della mutata situazione è data dal manifesto del 1835 apparso sulla Neue Zeitschrift für Musik, rivista fondata nel 1834 e diretta da Schumann per un decennio. In questo programma, Schumann formulava essenzialmente tre punti fondamentali: ricordare e recuperare con energia l’età antica e le sue opere, che potevano essere di ispirazione e di fondamento per i nuovi ideali di bellezza; combattere il più recente passato, che si compiaceva solo di uno sterile virtuosismo; fare di tutto per il rapido avvento di una “nuova età poetica”[3].

In queste dichiarazioni emerge, oltre alla tensione tra un passato remoto e un futuro entrambi idealizzati, la conferma che la nuova generazione sentiva conclusa l’età che in quegli anni cominciava a essere definita come “classica”.

L’atteggiamento di Schumann nei confronti della musica antica era contraddittorio. Se da un lato sentiva la necessità di studiare il passato, dall’altro avvertiva i limiti di uno stile di un’epoca ormai trascorsa, di una forma (la sonata) “che aveva compiuto il suo corso”[4].

Se quindi era polemico nei confronti della “decomposizione virtuosistica” della forma, si dimostrava a favore non della forma stessa, ma del suo ideale rapporto tra struttura e esigenze espressive.

Così nelle piccole composizioni, nel Charakter-stücke, non era più necessario un rapporto equilibrato tra forma e contenuto; la soggettività romantica annullava la prima nel secondo. Schumann riusciva a spiegare il proliferare di forme nuove e diverse nelle sue composizioni con ragioni espressive: “Io non penso alla forma mentre compongo, lo faccio soltanto”, disse in una lettera del 1838.

Se l’organismo unitario della sonata era andato esaurendosi, i modi del suo superamento furono due: attenzione al particolare e ridefinizione dei nessi, dei modi di composizione degli Stücke tra loro e delle varie parti di ogni brano. Dall’attenzione al problema particolare, derivavano l’insofferenza per la ripetizione del medesimo modello formale (che “diminuisce l’energia creativa”), e il privilegio dato alla concisione.

Nel 1835 scrisse: “Se penso alla musica e alla poesia, arti del tempo e del movimento, […] ho capito come anche i migliori talenti possono fallire sulle piccole creazioni, e come d’altronde dai mediocri sia lontano tale genere, in cui vale la brevità espressa nel lampo dello spirito, che si deve sviluppare, cogliere e accendere nell’istante. Allora credo di avere un buon motivo a voler introdurre […] il motto greco che suona così: «Ogni bellezza è difficile, la brevità è difficilissima»”[5]. E qualche anno più tardi confermò il pensiero con queste parole: “Ci sono compositori che, mentre altri richiedono ore, sanno come esprimersi in pochi minuti. Per la presentazione, così come per il godimento di composizioni così spiritualmente concentrate, è tuttavia necessaria una forza maggiore sia da parte dell’interprete che degli ascoltatori, e pure un luogo e un tempo appropriati”.

 

Il rapporto tra musica e letteratura è la chiave di volta che permette di ricondurre a una visione unitaria i frammenti spesso inconciliabili della produzione musicale e critica di Schumann. In molti casi tale rapporto è capace di gettare luce su problemi compositivi e in lui particolari, quali ad esempio, l’origine delle piccole forme e dei Lieder[6].

Nelle annotazioni aforistiche del Diario[7] si profila il ruolo che il rapporto estetico tra parola e musica svolge all’interno della poetica schumanniana: “Quando suono Schubert, mi sembra di leggere una novella di Jean Paul trasferita in musica”, ma anche: “Jean Paul, quando vuole esprimere un’emozione non cerca parole, ma suoni”. L’amato J. Paul era un autore non prettamente romantico in senso stretto, ma punto di riferimento estetico per gli stessi romantici, da F. Schlegel e E.T.A. Hoffman. Schumann arrivò anche ad affermare di avere imparato più contrappunto da J. Paul che da qualunque altro, attraverso l’adozione di procedimenti linguistici e formali e digressioni umoristiche in musica, e attraverso l’elemento della fantasia, organo della creazione poetica romantica, che dà intimamente forma, così da unificare ogni parte di un’opera d’arte[8].

In pratica per lui la musica era un’altra forma di pensiero, un altro modo di manifestarsi delle idee. Schumann voleva comporre come J. Paul scriveva, ecco perché non ha importanza che vi sia un testo, quanto al massimo un titolo, suggestivo e misterioso. Infatti la musica non dispone della capacità di definire le cose con l’esattezza tipica del linguaggio poetico, quindi non può narrare una storia, può al massimo ricatturare l’atmosfera della storia, lo svolgersi contraddittorio delle emozioni. E’ a questo che servono i titoli; essi indicano una possibile storia, ma non sono necessari: “la musica da sola, senza parole e commenti, è la cosa che conta…, ancor di più se lo spirito indugia con essa”[9].

 

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2. La Musica da Camera di Robert Schumann

 

“Gioco con le forme. Da circa un anno e mezzo mi sembra di essere padrone di un segreto, per strano che ciò appaia”[10].

 

L’attività compositiva di Schumann si lascia suddividere in periodi distintamente articolati, che sembrano quasi obbedire a un disegno preordinato di progressiva espansione ed esplorazione dei vari generi musicali.

Negli anni tra il 1829 e il 1839 compose quasi esclusivamente per Pianoforte; il 1840 fu un anno dedicato ai Lieder per voce e pianoforte; il 1841 fu invece l’anno delle Sinfonie.

Nel 1842 vi fu invece un sistematico approfondimento della Musica da Camera.

Già nel 1838 Schumann aveva scritto a Clara Wieck: “Ho la tentazione di distruggere il mio pianoforte: è diventato troppo limitato per me. Nelle composizioni che scrivo ora, sento molte cose che difficilmente riesco ad esprimere[11]”. L’anno seguente disse al suo vecchio insegnante Heinrich Dorn, di sentire che il pianoforte era inadeguato per tradurre le sue idee. Da quest’epoca in avanti sembra spesso che il compositore usi gli altri strumenti come un veicolo per arricchire ed estendere l’eloquenza del pianoforte, permettendo un prolungamento di accordi ed arpeggi, una caratterizzazione delle melodie con nuovi colori, un arricchimento delle parti interne degli intrecci contrappuntistici. La ricerca di nuove sfumature di colore attraverso l’aggiunta di strumenti di registro centrale, sarebbe continuata sino alla fine della carriera di Schumann[12].

 

Nel catalogo delle sue opere ci sono una ventina di composizioni cameristiche, dal duo al quintetto, che per lo più non rinunciano all’apporto del pianoforte, ad eccezione dei 3 quartetti per archi op.41. Sempre del 1842, sono il Quintetto con pianoforte op.44, il Quartetto con pianoforte op.47 e i Phantasiestücke per violino, violoncello e pianoforte op.88. Del 1843 è la prima versione dell’Andante con Variazioni op.46, scritto per due pianoforti, corno e due violoncelli.

Dopo una sosta di quattro anni, Schumann riprende il filone cameristico, e fra il 1847 e il 1853 vedono la luce i 3 Trii con pianoforte op.63 e op.80 (1847) e op.110 (1850),  le 2 Sonate per violino e pianoforte op.105 e op.121 (1851) e la Sonata F.A .E.(1853). Fra il 1849 e il 1853 nascono anche una serie di pezzi di vario genere, sempre con il sostegno del pianoforte, concepiti per sperimentare soluzioni strumentali di volta in volta diverse: Adagio e Allegro per corno op.70 e Phantasiestücke per clarinetto op.73 (1849), Drei Romanzen per oboe op.94, Fünf Stücke im Volkston per violoncello op.102, Märchenbilder per viola op.113 (1851), Märchenerzählungen per clarinetto, viola e pianoforte op.132 (1853).

 

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3. Märchenbilder op.113

 

Nel periodo tra il 1849 e il 1851 Schumann conobbe a Dresda e a Düsseldorf vari strumentisti, che senza dubbio lo stimolarono a considerare nelle sue composizioni i vari strumenti da soli[13].

Clara Schumann, che aveva sempre un vivo interesse per le composizioni del marito, scriveva entusiasticamente nel suo diario nel marzo del 1849: “Ora tutti gli strumenti hanno un turno!” Questa era certamente un’esagerazione, perché a parte il violino, per cui Schumann scrisse lavori particolarmente importanti, gli strumenti coinvolti furono limitati all’oboe, clarinetto, corno, violoncello e viola, come detto in precedenza. Ci vollero altri due anni da quella affermazione, perché il compositore scrivesse i 4 Märchenbilder per viola, quando ormai aveva lasciato Dresda per assumere l’incarico di direttore dei concerti a Düsseldorf[14].

 

I Märchenbilder op.113 (“Immagini fiabesche”) sono 4 pezzi per pianoforte e viola (violino ad libitum). Furono composti in un breve lasso di tempo, tra il 1 e il 4 marzo 1851 (non esistono schizzi), a Düsseldorf, dove Schumann continuò a comporre una serie di pezzi caratteristici che aveva iniziato nel 1849 a Dresda[15].

Qui il genere caratteristico è molto pronunciato: sebbene il lavoro consista solo di “immagini” più che di storie concrete, ogni pezzo ha una marcata vena semantica che evoca specifiche associazioni[16]. Così le domande venate di rimpianto della prima fiaba trovano risposta nelle affermazioni allegre e ritmiche della seconda, mentre nel tumulto e nel dramma della terza, si esalta il potenziale virtuosistico dello strumento. Nella quarta Schumann delicatamente tratteggia il colore scuro della viola per mezzo di una ninna-nanna cantilenante[17]. I pezzi anche se di forma libera, non possono in alcun modo essere considerati come quattro pezzi staccati senza alcun rapporto tra di loro: le relazioni tonali sono evidenti (rispettivamente in re minore- fa maggiore- re minore e re maggiore), anche se la successione dei movimenti (Moderato- Vivace-  Rapido- Adagio, con espressione malinconica), è atipica rispetto all’organizzazione classica della sonata. I pezzi, d’altro canto, sono di forma molto raccolta, e ad eccezione del quarto ed ultimo, non superano i quattro minuti di durata[18].

I quattro pezzi dell’op.113 sono strutturalmente comparabili con quelli dell’op.132, sebbene la sequenza dei “caratteri” sia differente.  

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3.1. Nicht schnell

 

Il primo movimento (Non veloce), è una sorta di dialogo pieno di malinconia tra la viola e il pianoforte, di chiara impronta liederistica.

Il pezzo apre in re minore in ritmo di 3/4, con le prime otto battute di introduzione, in cui entrambi gli strumenti creano una spazialità sonora “lievemente increspata”, con l’uso di note arpeggiate, che distribuiscono in senso diagonale anziché verticale i suoni della triade[19]. E nello specifico, alla linea ascendente delle prime due battute della viola, si contrappone la linea discendente a battuta del pianoforte, e viceversa procedendo quasi con un moto ondeggiante contrario.

Nella sezione centrale (bb.9-58) viene enunciato dal pianoforte l’inciso tematico di due battute (bb 9-10).  

Questo viene prontamente ripreso dalla viola con l’aggiunta di una battuta di rielaborazione dello stesso , a sua volta imitato nella battuta successiva dal pianoforte (bb 11-15).

Questo procedimento imitativo tra la viola e la mano destra del pianoforte, prosegue per tutto il movimento, in un intreccio melodico, con varianti ritmiche e dinamiche, più o meno sensibili, mentre alla mano sinistra è affidato un accompagnamento armonico che ha l’impulso sul battere con la tonica, e sul levare ha il riempimento armonico, ribattuto e su un altro registro.

Il tutto continua fino alla ripresa dell’introduzione, da parte della viola soltanto, variata ritmicamente nelle prime due battute (bb.58-59), a b.58 per diminuzione e a b.59 in sincope, ma mantenuta melodicamente uguale all’inizio. La parte pianistica invece viene modificata in questa ripresa finale, continuando la serie di citazioni dell’inciso tematico, e delle successive rielaborazioni alla mano destra, e mantenendo sotto forma di accompagnamento la mano sinistra.

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3.2.  Lebhaft

 

Il secondo movimento (Vivace) è un rondò nel ritmo di 2/4 in fa maggiore nella forma A-B-A-C-A; i due episodi intermedi, rispettivamente in re minore e in si maggiore, non allentano neppure per un attimo il clima di irrisolta tensione che impronta tutto il brano.

La sezione A inizia a b.3, dopo una brevissima introduzione di due battute affidata, alla viola sola nella prima battuta, subito incalzata dal pianoforte alla seconda battuta (bb 1-4).

Da subito (b.1), viene enunciata la cellula ritmica, di poco modificata a b.2 dal pianoforte che la mantiene fino a b.6, e che si presenta a b.3 come inciso tematico della viola per quattro battute a cui ne seguono altre sei, sempre in ritmo puntato, ma con un impulso accentato in ogni levare (bb.9-12).

Tutta la sezione risulta essere molto percussiva per la sovrapposizione pressoché costante degli stessi ritmi ai due strumenti, e per l’uso accordale anche nella viola che va a ispessire la già fitta scrittura pianistica, ma incalzante allo stesso tempo per la spinta conferita allo scorrere del discorso musicale dai ritmi puntati.

Nonostante la sezione B (bb.51-70) abbia una tessitura meno densa della precedente, l’effetto che risulta è comunque precipitoso, per l’uso di quartine di sedicesimi del pianoforte che si succedono vorticosamente, a cui si sovrappone la viola con lo stesso ritmo dell’inizio anche se nel legato e nel pp.

Dopo l’integrale ripresa della sezione A (bb.71-118), segue la sezione C (119-142), che unisce l’inciso ritmico di b.2 del pianoforte alla mano sinistra e l’inciso di quartine della sezione B alla mano destra, questa volta non legate e in sequenza discendente e ascendente, che vengono riprese dalla viola, e poi utilizzate in un gioco imitativo tra i due strumenti. Segue una terza integrale ripresa della sezione A (bb.143-190), a cui fa seguito una coda (bb.191-205) di 15 bb. che combina materiale rielaborato delle battute immediatamente precedenti (bb.189-190) all’inciso ritmico delle prime battute, a sua volta interpolato.

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3.3. Rasch

 

Il terzo (Rapido) è un breve pezzo, che ha il tono concitato e incalzante di una fosca ballata romantica, in cui momenti di frenetica agitazione si alternano a brevi istanti di calma e di abbandono lirico.

Il pezzo, in ritmo di 2/4, alterna una sezione A in re minore (36 bb.), a una B in si maggiore (24 bb.), per ritornare ad A in re minore (37 bb.), tonalità in cui termina anche la coda (8 bb.). Il pezzo è costruito su quattro elementi motivici:


 

  1. quattro terzine di sedicesimi: xxx  xxx  xxx  xxx (vedi b.1)
  2. una minima: h (vedi b.1)
  3. una combinazione ritmica che inizia in levare: e \ e  xx \ e e
  4. una combinazione ritmica: q .  e

Questi vengono abbinati in vari modi: a due, a tre o a quattro, ma mai da soli, vista la fitta scrittura cameristica, con combinazioni sovrapposte (vedi b.1 o bb.5-6) o consequenziali (vedi la viola alle bb.13-14). Un esempio di combinazione di tutti e quattro gli elementi avviene alle bb.9-10.

Nel corso di tutto il pezzo sembra che Schumann giochi con la combinazione a più livelli di questi elementi motivici, creando oltre a delle varianti a livello ritmico, anche delle varianti a livello dinamico, non presentando mai un motivo nella stessa combinazione. Per esempio, la prima volta che compaiono le terzine alla viola (bb.1-2 e seg.),  b.1 è in p e b.2 in crescendo e diminuendo, quando lo stesso motivo passa al pianoforte (bb.18-19 e seg.) b.18 è in p, mentre b.19 è in f, e così la viola a b.29 è nel p e a b.30 è nel f, oppure verso la fine, da b.86 a b.91 tutta la sequenza di terzine è nel f, da b.92 a b.95 è in eco nel p, e da b.96 a b.99 viene proposta sempre in p, ma all’ottava superiore.

All’inizio del pezzo si possono notare due contrasti a un doppio livello: il primo è a livello ritmico, di immobilità accordale del pianoforte, rispetto a una mobilità virtuosistica della viola, che poi si inverte a b.18 e seguenti, il secondo è a livello di campo diastematico, cioé rispetto all’ambito intervallare ristretto della viola si contrappone un’ampia spazializzazione del pianoforte, sia per densità della massa accordale, sia per l’effettivo ambito intervallare che copre, dalle regioni più gravi a quelle più acute[20].

Sembra che Schumann si compiaccia anche a sfasare gli impulsi ritmici, mettendo degli accenti sui tempi deboli: un esempio si può rinvenire alle bb.5-6, quando il motivo 3, affidato al pianoforte, inizia a metà battuta, ma è marcato da un accento. Questo appare come un modo di deviare la regolare sequenza di terzine della viola, che procedono come in ostinato dalla prima battuta, e intromettendosi anche con una dinamica ff rispetto al p della viola.

Dopo che il motivo 3 viene ripetuto alle bb.7-8, si presenta per la prima volta il motivo 4 a b.9, insieme a tutti gli altri (bb.9-10), e finalmente si arriva al primo climax di questo movimento alle bb.14-20 (il secondo sarà alle bb.75- 85 in funzione conclusiva), assieme alla comparsa del motivo 3 assieme al motivo 4, affidato alla viola in sequenza lineare, non verticale (bb.14-15).

Si può notare, sempre a livello di contrapposizioni, che ciò che avviene a livello della micro-forma mediante l’uso di contrasti dinamici improvvisi, accenti sfalsati e ispessimenti di scrittura, avviene anche a livello della macro-forma, con la sezione B che si differenzia totalmente dal clima irrequieto delle sezioni A, attraverso una scrittura ritmica meno densa e più distesa.

Nelle ultime battute della coda (bb.104-105) sono da prendere in considerazione le sei crome per quarte discendenti , in quanto prefigurazione della “cellula motivica” del I (bb.3-4) e del III (bb.32-35) movimento del Trio op.132, che sarà un motivo  unificante di quel lavoro, come emerge dall’analisi che seguirà.

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3.4.  Langsam, mit melancholischem Ausdruck

 

L’ultimo brano (Adagio, con espressione malinconica) è il più ampio della raccolta. Come per incanto, le tensioni presenti nei due brani precedenti si sono dissolte, e al loro posto regna una dolcezza piena di malinconia; ora il canto della viola e del pianoforte può distendersi senza sofferenza come in una ninna-nanna, che sembra già evocare, con le sue sonorità intime e notturne, il mondo poetico di Johannes Brahms.

Il pezzo è in forma A-B-A′ in ritmo di 3/8, con le tre sezioni strutturali molto proporzionate: A (30 bb.), B (32 bb.), A′ (32 bb). A loro volta in queste sezioni si riscontrano frasi e semifrasi di struttura regolare: A è composta da a (4b.+4b.) in re maggiore, + a′ (4b.+4b.+6b.) che parte in si minore per arrivare in progressione a do maggiore e a re maggiore, + a (4b.+4b.); B, tutta in fa maggiore, è composta da b (4b.+4b.), + b′ (4b.+4b.+4b.) + b (4b.+4b.) + b″ (4b.); A′, armonicamente uguale ad A, è composta da a (4b.+4b.), + a′ (4b.+4b.+6b.), + a (4b.+4b.) + a″ (2b.).

Nella sezione A, il tema viene presentato  nelle prime quattro battute, da viola e pianoforte, che procedono per terze ritmicamente coincidenti, e a sua volta è formato da 2 battute melodicamente ascendenti e 2 battute. melodicamente discendenti.

Il tema comprende due motivi: uno ritmico melodico ( e | e.  xxx | e e), che si trova nelle prime due battute, e che, uguale o leggermente modificato, è alla base di tutto il pezzo, l’altro intervallare (vedi bb.2-3), è dato da un intervallo di terza -maggiore e minore- che caratterizza la linea melodica, come intervallo statisticamente prevalente per via di reiterazioni. “Questa è una proprietà-di-schema le cui iterazioni-traslazioni elasticamente accomodate, poggiano su momenti pre-formati dell’attività ideomotoria tipica della ninna-nanna”[21].

La cellula ritmica di tre semicrome di b.1, viene modificata per diminuzione in terzina a b.18 dal pianoforte, e poi è successivamente introdotta a b.39, nella sezione B b′, come ostinato ritmico, che introduce anche una varietà dinamica al pezzo con l’introduzione del crescendo al primo fp del pianoforte, seguito da uno sf alla viola e da un altro fp del pianoforte. Per il resto, dinamicamente tutto il pezzo è costantemente in una sonorità di pp con qualche crescendo e diminuendo, ma nella stessa dinamica soffusa.

 

 

A conclusione dell’analisi dell’op.113, è possibile fare un’ulteriore considerazione a favore dell’omogeneità dell’intera composizione. Mettendo in serie la sequenza degli incisi tematici di ognuno dei quattro movimenti, in modo da evidenziare solo la struttura ritmica, si può osservare quanto segue:

 

I mov. (b.9)           3/4       e | q ̮ xxxx | xx e

II mov. (b.3)           2/4   xx | e.  xx e. x

III mov. (b.5)         2/4      e | e  xx | e e

IV mov. (bb.2-3)   3/8      e | e.  xxx | e e

Innanzitutto è subito visibile una cellula ritmica unificante, seppure con varianti sui tempi deboli. Si può notare che tutti gli incisi sono anacrusici (con un levare di croma ad eccezione del II mov.che è di biscrome ribattute).

In secondo luogo, la nota in battere di ogni inciso ha un valore pari alla somma delle note restanti nella battuta o comunque un valore più lungo (per es. nel II mov.).

Questa struttura in levare degli incisi, imprime una forte direzionalità verso il battere, creando un senso di grande movimento e impulso verso l’accento forte della battuta, soprattutto nei due movimenti centrali (i più veloci), cosa che è evidente in modo particolare all’ascolto.

Se poi si mettono in sequenza ravvicinata le struttura ritmiche degli incisi tematici dei due movimenti esterni:

quello del IV mov. (bb.2-3)

e | e.  xxx | e e , si può anche scrivere con la legatura di valore:

e | e ̮ xxxx | e e , che lo rende ancora più omogeneo al I mov. (b.9):

e | q ̮ xxxx | xx e

Un elemento di similitudine tra I e IV movimento è il ritmo ternario (3/4, 3/8), così come avviene nel II e il III movimento entrambi in ritmo binario (2/4).

Un altro fattore di analogia tra il I e il IV movimento è dato dall’uso delle legature di frase nell’esposizione dell’inciso tematico, cosa che rende la cellula ritmica notevolmente meno percepibile all’ascolto.

Schumann ha quindi unito pezzi apparentemente diversi tra loro, ma in realtà li ha tutti collegati con la stessa cellula ritmica, evidenziandola o nascondendola mediante variazioni ritmiche e di fraseggio.

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4. Märchenerzählungen op.132

 

Il Trio composto da clarinetto, viola e pianoforte non ha precedenti nella storia della musica prima del 1786, anno in cui fu composto da W.A.Mozart il “Kegelstatt-Trio”  KV.498.

Il Trio ebbe origine da uno stretto contatto di amicizia e collaborazione tra Mozart e Anton Stadler, primo clarinetto nell’Orchestra della Corte Imperiale di Vienna. Con l’aggiunta della parte di pianoforte scritta per la sua studentessa Franziska von Jacquin, e la parte di viola per lui stesso, Mozart creò un nuovo genere.

 

Il primo lavoro scritto per clarinetto, viola e pianoforte dopo il Trio di Mozart, furono i 4 Märchenerzählungen (“Racconti di fiaba”) di R. Schumann scritti nel 1853. Il lavoro scaturì da un’amicizia musicale con Johannes Brahms, continuando così la tradizione mozartiana. Con Brahms come fonte d’ispirazione, il Trio di Schumann acquista un senso di vivacità briosa e di entusiasmo.

 

I 4 Märchenerzählungen op.132 furono composti tra il 9 e l’11 Ottobre 1853 nella  casa di Düsseldorf, e sono l’ultima opera da camera scritta da Schumann. Clara annotava nel suo diario l’11 Ottobre: “Robert ha composto quattro pezzi per pianoforte, clarinetto e viola. Per lui la combinazione di questi strumenti è estremamente romantica. E’ un genio senza limiti”[22]. Come precedentemente detto, Brahms era stato a trovare Schumann tra il 30 Settembre e il 3 Novembre 1853, e “la sua visita coincise quasi esattamente con l’ultimo periodo creativo di Schumann”[23].

Con una lettera di presentazione del violinista Joseph Joachim, il ventenne Brahms fu accolto dalla famiglia Schumann, e sebbene alloggiasse alla locale taverna, odiava quei pasti, così trascorreva tutto il suo tempo in loro compagnia. Schumann considerava Brahms come un “messia” della musica, non soltanto incoraggiando la sua carriera ma collegandolo stilisticamente alla tradizione di Bach, Mozart, Beethoven[24]. Con questo nuovo “ragazzo-prodigio” accanto a lui, Schumann fu intensamente ispirato a lavorare con il giovane a nuove composizioni, in special modo alla “Sonata F.A.E.” con il motto di tre note, derivato da “Frei aber einsam” (“Libero ma solo”), che è il motto della Sonata dedicata a J. Joachim a cui A. Dietrich contribuì con il primo movimento, Brahms con il terzo e Schumann con il secondo e il quarto[25].

I Märchenerzählungen furono composti durante questa travolgente ispirazione e furono descritti da Schumann stesso come “pezzi prevalentemente allegri, scritti con tanta gioia…la strumentazione è di un effetto particolare”[26], nella lettera per la pubblicazione al suo editore Breitkopf und Härtel del 3 Novembre 1853[27]. Questo commento da lui fatto all’editore era forse per contrastare le voci che giravano sul suo conto. Infatti, durante la visita di Brahms, Schumann non mostrò d’avere molti di quegli aspetti della malattia di cui aveva sofferto negli anni precedenti. In effetti, l’intero autunno del 1853 fu un periodo calmo e produttivo per il compositore.

Il Trio è dedicato con amicizia al suo allievo: “Ad Albert Dietrich / a lunga memoria./ Düsseldorf 20 febbraio 1854/ (buona giornata)”[28], e fu pubblicato nel 1854 da Breitkopf und Härtel. Attualmente ci sono quattro edizioni dell’opera: International Music Publications, Boosey and Hawkes, Carl Fischer and Breitkopf.

Come suggerimento al suo editore, Schumann scrisse una parte alternativa per il violino che sostituisce il clarinetto in si „.

La prima esecuzione avvenne a Düsseldorf in forma privata il 25 Ottobre 1853 con Clara Schumann al pianoforte, il clarinettista Kochner e R. Becker al violino (in mancanza della viola). Altre due esecuzioni in forma privata furono fatte il 28 e il 30 Ottobre con Joachim[29].

Sebbene intitolati “Racconti di fiaba”, non ci sono elementi programmatici o titoli in nessun movimento, e il lavoro non sembra trarre ispirazione da fonti letterarie. Il titolo rimanda a un generale carattere e a un’atmosfera di emozioni e stati d’animo, piuttosto che a una specifica storia. Il lavoro è essenzialmente una suite di pezzi caratteristici, ispirati da idee extra-musicali e con allusioni al simbolismo e al mistero, ma non è musica programmatica in sé. Spensierato e gioioso il lavoro riflette il generale stato d’animo di Schumann durante il soggiorno di Brahms.

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4.1. Lebhaft, nicht zu schnell

 

Il primo movimento (Vivace, non così veloce) è una forma-sonata abbreviata che ha un alto grado di unità melodica ma un breve sviluppo tematico.

Schumann usa frammenti melodici delle battute iniziali per unificare l’intero lavoro. Qui non c’è una melodia tenuta a lungo, ma piuttosto una serie di motivi che passano tra le voci.

L’esposizione comincia in si maggiore con la viola che espone il primo tema accompagnata dalla linea arpeggiata dalla mano destra del pianoforte (bb 1-5

La scrittura omofonica iniziale è indicativa della presentazione tematica generale dell’opera: un tema è esposto da uno strumento, accompagnato dagli altri due. Occasionalmente ci sono alcuni contrappunti, ma soltanto per una battuta o poco più. Ci sono anche esposizioni del tema che sono fatte da due strumenti con l’altro in accompagnamento.

L’agilità dell’accompagnamento pianistico è costante nell’intero movimento, e Schumann usa principalmente disegni arpeggiati. Questa linea arpeggiata a battuta 1 nel pianoforte, è la prima di due motivi[30] che Schumann usa per unificare l’intero movimento.

Il primo motivo (es.8, b.1, primo battere) è quasi sempre di valori di trentaduesimi, usato come un ostinato dal pianoforte che sta sotto il clarinetto e la viola.

Il secondo motivo, (es.8, bb.3-4) è formato da sei note per quarte discendenti, ed è enunciato dalla viola come parte del primo tema, ripreso dal clarinetto alle bb.7-8. Questo secondo motivo è materiale aggregante sia per il primo movimento che per l’intero lavoro, per cui si può considerare come “cellula motivica”[31], agile nel carattere con un ritmo puntato tipicamente schumanniano. In aggiunta a ciò, il profilo dell’intero primo tema ha un terzo uniformante aspetto.

Mentre il primo tema è suonato dalla viola, la parte del clarinetto è delegata a un ruolo di accompagnamento con l’uso di un intervallo di seconda, che diventa un intervallo unificante per tutto il movimento. Infatti questo intervallo si trova già come intervallo conclusivo del tema della viola (b.5), e serve come un elisione per l’esposizione del tema al clarinetto.

Il clarinetto riprende il primo tema a b.5, in coincidenza, come per la viola, con il pianoforte che suona un accompagnamento simile a prima.

La viola aggiunge una linea armonica a quella del clarinetto alle bb.6-7. Entrambe le entrate della viola (b.6 e b.9) cominciano con l’intervallo di seconda.

Il pianoforte entra per la prima volta con il tema a b.9, ora con l’accompagnamento di trentaduesimi alla mano sinistra e la melodia alla destra. A b.11 la viola inizia un disegno melodico e ritmico ripetitivo, che è molto costante in tutta la sezione dell’esposizione e dello sviluppo. Il disegno consiste di note di trentaduesimi suonate sotto l’enunciazione del tema affidato agli altri due strumenti.

Il carattere suggerirebbe agitazione, ma con il generale aspetto lirico che emerge dalla melodia, non emerge nessun reale aspetto drammatico.

A b.13  il clarinetto enuncia il secondo tema dell’esposizione (in si maggiore) basato su triadi arpeggiate.  

Il profilo della linea è simile al primo tema, ma molto più corto. La viola devia un po’ dal suo costante accompagnamento in questa entrata tematica, per aggiungere alcune armonie alla voce del clarinetto, ma questo è soltanto una breve parentesi, poiché ritorna alla sua originale figura ritmica a b.14.

A b.21 (es.10) il clarinetto espone il secondo tema in fa maggiore con la risposta della viola in contrappunto a b.23.

Questa è una delle poche volte in cui è usata la scrittura contrappuntistica nel movimento; come precedentemente detto, la maggior parte delle esposizioni tematiche sono presentate da uno strumento con l’accompagnamento degli altri due.

A b.27  viola e clarinetto sono in accompagnamento, e il pianoforte espone il primo tema (in si maggiore), che è poi terminato dal clarinetto a b.29.

Questa è l’unica volta nell’intero lavoro, che uno strumento passa in questo modo l’esposizione tematica a un altro strumento.

 

L’esposizione termina a b.31. Lo sviluppo inizia in fa maggiore a b.31 con un immediato cambio armonico, e un nuovo tema.

Questo amore per la stravaganza e la sorpresa, unito a una predilezione per l’aggiunta di nuovo materiale nella sezione dello sviluppo, sono entrambi aspetti dello stile di Schumann[32]. A b.33 il clarinetto risponde al pianoforte con l’esposizione del terzo tema e alle bb.35-39 c’è un movimento cromatico da fa minore a in si maggiore, dove il clarinetto presenta un’enunciazione completa del secondo tema. A b.41 il clarinetto e la viola iniziano una sequenza ascendente usando frammenti del secondo tema e la figurazione in trentaduesimi della viola. Nella seconda metà della b.46, la viola entra con frammenti del secondo tema, terminando la sezione a b.48. A questo punto l’agitazione comincia a diminuire, con un disegno melodico discendente in tutte le parti. Il clarinetto e la viola continuano a imitarsi l’uno con l’altra, con brevi frammenti del secondo tema alle bb.47- 48. A b.50 l’imitazione melodica diventa ancora più frammentata, con la presentazione solo dell’ultima metà della melodia, chiudendo la sezione con un ritorno a in si maggiore a b.52. Ciò conduce alla ricapitolazione nella seconda metà di b.52 , con la viola che suona il primo tema un’ottava più bassa di quella presentata la prima volta.

A b.55 il clarinetto entra con il primo tema. C’è una cadenza d’inganno e l’introduzione di nuovo materiale melodico a b.59 .

Questa sezione continua fino a b.63, con la viola che ritorna alla figurazione in trentaduesimi accompagnata da una linea legata del clarinetto e dai familiari disegni ritmici del pianoforte.

La coda è a b.65, con le enunciazioni del secondo tema da parte del clarinetto e della viola e con un generale rilassamento del ritmo, e termina in si maggiore.  

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4.2. Lebhaft und sehr markirt

 

Il secondo movimento (Vivace e molto marcato) è uno scherzo in forma di minuetto e trio. Schumann scrisse in molti lavori cameristici al secondo movimento degli scherzi, che di solito sono in ritmo ternario, mentre questo è in ritmo binario. Il carattere generale è massiccio, e i riferimenti tematici al primo movimento sono usati come elementi di unità. La prima battuta  mette in evidenza una forza e una percussività pianistiche non ancora incontrate nel pezzo finora. 

I pesanti accordi del pianoforte e il libero uso delle ottave (in sol minore) espongono il primo motivo del movimento.

I due strumenti “melodici” sono parte della linea accentata del pianoforte.

Alle bb.3-4, il pianoforte fa un riferimento alla “cellula motivica” (es.8, b.3), ora presentato per aumentazione in forma accordale.

Ogni frase è di quattro misure, come avveniva anche nel primo movimento.

A b.9 il clarinetto e la viola si dividono in due linee, una legata e l’altra ritmica, ritornando a b.17 ai pesanti accordi iniziali del pianoforte.

A b.21 inizia una sequenza di improvvisi, sorprendenti cambiamenti di carattere .

La dinamica scende al p, gli accenti sono rimossi, ed è enfatizzato l’aspetto lirico del clarinetto e della viola.

Alle b.25-26 ci sono due misure della sezione dello scherzo, con un ritorno del carattere lirico a b.27.

Un altro cambiamento a sorpresa avviene a b.33, con un ritorno ai robusti accordi del pianoforte, ora in do minore.

I cambi improvvisi di clima sono usati da Schumann prevalentemente in questo movimento.

Questo carattere accentato continua per otto battute fino a un ponte (b.41-48), basato su una sequenza ascendente.

A b.49 c’è un ritorno alla pesante sequenza accordale del pianoforte, e ciò continua fino alla chiusa della sezione dello scherzo a b.60.

Il trio comincia a b.61  e comprende molti cambiamenti improvvisi, su molti livelli.

Armonicamente c’è un cambio da sol minore a mi maggiore, con la presenza di un carattere più lirico. La dinamica è dolce con il pianoforte che arretra a ruolo di accompagnamento, e la viola e il clarinetto espongono un motivo lirico di terzine per  terze.

Questo motivo lirico è affermato dal pianoforte a b.69, con gli altri strumenti che sostengono un accompagnamento legato.

A b.77 il clarinetto e la viola citano la melodia con un ritmo sottostante un po’ più agitato. L’armonia passa in minore a b.92, con settime diminuite e accordi di re minore che suggeriscono una cadenza a re minore, con la chiusura della sezione del trio a b.96.

A b.97 ritorna la sezione dello scherzo, che non avviene in maniera integrale.  

A b.98 il clarinetto e la viola mantengono il motivo legato sopra gli accordi pesantemente accentati del pianoforte. Questa sezione è un collegamento tra il trio e lo scherzo, che usa caratteri e temi presi da entrambe le sezioni, e continua fino a b.106, dove tutte e tre le parti convergono alla fine in una citazione letterale dello scherzo iniziale. La coda arriva a b.157, con riferimenti al secondo tema del primo movimento.

Il pezzo finisce con accordi di minime sincopati al pianoforte, preparando un clima calmo per il movimento che segue.

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4.3.  Ruhiges Tempo, mit zartem Ausdruck

 

“I tempi lenti di Schumann sono costantemente «poesie senza parole»[33] e questo movimento (Tempo calmo, con tenera malinconia) riflette questa osservazione. Usando la forma da capo a fondo, Schumann  organizza le frasi tematiche in piccole sezioni.

Il carattere è molto lirico e sereno, semplice e introspettivo, con il clarinetto e la viola protagonisti lirici, e il pianoforte semplice accompagnatore. In effetti in nessun punto del movimento al pianoforte è affidata la melodia.

Il tema è di solito presentato in frasi di quattro misure con una dinamica dolce, e il carattere generale, crea un effettivo contrasto con l’agitazione del movimento precedente. Aprendo in sol maggiore , il movimento comincia con la viola e il pianoforte che enunciano la “cellula motivica” (b.1) per moto contrario e inverso, preparando l’atmosfera calma per l’ingresso del clarinetto che enuncia il primo tema a b.2. Il tema comprende due motivi, entrambi trovati a b.2 e b.3.  

Uno è l’uso della terza maggiore come intervallo d’apertura: l’altro è l’uso di una figura ritmica puntata (e. x) che è immediatamente aumentata (q. e). Il tema ha un profilo ascendente che contrasta con la “cellula motivica per quarte discendenti” del pianoforte.

Un aspetto finale del tema è la variazione della collocazione della nota cadenzale a b.5. Ogni volta che il tema viene presentato, finisce in una diversa inversione della precedente esposizione, fornendo elementi di varietà a ogni successivo ritorno. Alla fine della prima esposizione del tema a b.5, sia il clarinetto che la viola finiscono sulla tonica.

La viola enuncia il tema a b.6 in la maggiore, accompagnata dal disegno in ostinato di sedicesimi del pianoforte e seguita dal clarinetto a b.7. Un’appoggiatura nel pianoforte sul battere di b.9 aggiunge colore e sorpresa alla cadenza. A b.10 il clarinetto ritorna al tema (ora in re maggiore) con la viola che a b.11 inizia l’accompagnamento legato della precedente linea del clarinetto. Il clarinetto cadenza a b.13 sulla tonica dell’accordo. Un’altra esposizione del tema è presentata dalla viola a b.14 su un sottofondo legato del clarinetto, e finisce sulla terza dell’accordo a b.17 (ora mi minore). Questa chiude la prima sezione del movimento.

Tra b.18 e b.23 si trova una sezione di transizione in si maggiore, che è contrastata dall’accordo di mi minore di b.17, seguita da un’esposizione tematica del clarinetto a b.24 (ora in sol maggiore). Come all’inizio, il clarinetto finisce sulla tonica a b.27, rinforzato da un’altra tonica nella viola. La viola enuncia il tema a b.28, accompagnata da note legate del clarinetto, iniziando a cadenzare a b.31 con un cambio armonico a sorpresa in la maggiore.

Un’altra breve sezione di transizione si trova a b.32  basata sulla “cellula motivica per quarte discendenti” del primo tempo (bb.3-4, I mov.), presentata qui in imitazione tra clarinetto e viola.  

Una nuova sezione tematica inizia dopo questo interludio a b.36, con il clarinetto e la viola che ora suonano il tema all’unisono ritmicamente, con un’armonia per terze. Questa sezione continua a b.40, con la viola che espone il tema accompagnata dal clarinetto con note legate.

Il clarinetto presenta l’ultima intera esposizione del tema a b.50, accompagnato da ottavi regolari della viola e da sedicesimi in ostinato del pianoforte.

La coda inizia a b.54, con clarinetto e viola che suonano un’estesa sezione all’unisono ritmico per terze, basata su frammenti del tema e della “cellula motivica”, giungendo a un calmo finale in sol maggiore.

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4.4.  Lebhaft, sehr markirt

 

Il quarto movimento (Vivace, molto marcato) è in forma A-B-A con una coda. Il carattere è di marcia, con l’uso di una figura ritmica puntata per enfatizzare, e questi elementi rendono il quarto, il movimento più drammatico dell’intero lavoro. I riferimenti tematici al primo movimento sono presenti come elementi di unità motivica.

La prima battuta  inizia in si maggiore con pesanti, massicci accordi e figure ritmiche puntate nel pianoforte.  

Nel procedere del movimento, è interessante notare come Schumann renda vario il ritmo costante di ottavi puntati e di sedicesimi.

Nella prima battuta presenta le prime due varianti, (ä.  x) e (e Å x), come pure la “cellula motivica” sottolineata nel secondo e terzo battere della parte pianistica.

A questa iniziale figura ritmica risponde la viola a b.2 con una figura arpeggiata nel f e con accenti.

A b.3 il clarinetto inizia a imitare la figurazione arpeggiata della viola.

E’ evidente un inciso imitativo, stabilito tra la viola e il clarinetto, con la viola che fa l’affermazione iniziale e il clarinetto che risponde.

La terza variazione della figurazione ritmica è introdotta a b.7 dal pianoforte (e.  x), e tra b.9 e b.12 continua l’inciso imitativo tra i due strumenti “melodici”, finendo con la parte del pianoforte che enuncia la quarta variazione a metà di b.12 (q  ä e).

Un nuovo motivo melodico è presentato a b.13  dal pianoforte in si  maggiore, che include la quinta variazione ritmica (q .  e).  

Rispondendo al clarinetto e alla viola,  il pianoforte si unisce ai due strumenti a b.14 con una figurazione di terzine arpeggiate (es.22, b.14). Questo ritmo di terzine in ottavi non è l’unico in questo lavoro; Schumann lo usa nella sezione del trio del secondo movimento. La sesta variazione ritmica (x. x) è suonata dal pianoforte a b.17, con un ritorno alla figurazione ritmica della marcia iniziale a b.20 con una risposta arpeggiata del clarinetto a b.22. Come una sorpresa, l’attesa risposta della viola a b.24 è ora cambiata in un’altra entrata del clarinetto, che si unisce poi alla risposta della viola a b.25. La sezione chiude a b.36 su una cadenza di si  maggiore. La sezione B apre con la viola e il pianoforte nell’inaspettata tonalità di sol  maggiore, iniziando con il levare d’ottavo di b.37.

Qui il carattere è molto diverso dalla sezione precedente, ma simile all’inizio della sezione del trio del secondo movimento. Il clima è aggraziato, e la pesante figurazione di marcia è cambiata in un tenue ostinato ritmico, con una dinamica che diminuisce al p. A b.37 la viola inizia un’imitazione con il clarinetto usando la quarta variazione ritmica (q  ä e), delineando la “cellula motivica” alle bb.41- 42. A b.42 la frase si ripete e finisce con un’estensione lirica alle bb.45-46, con l’intera sezione ripetuta a b.46. La forma imitativa continua dopo la seconda ripetizione a b.47 con nessun cambiamento nell’ostinato del pianoforte, chiudendo la sezione B a b.50 con una cadenza in sol  maggiore.

Un’improvvisa transizione alla ripresa della sezione A inizia a b.51 con tutte le parti che ritornano al carattere della marcia iniziale delle prime battute. La sezione A si ripete senza nessun cambiamento, da b.53 fino a b.82, dove Schumann inserisce due misure di ponte che collegano alla coda.

La coda inizia a b.84, con il clarinetto e la viola che presentano la settima variazione ritmica (e q .).

Concludendo il pezzo per terze in unisono ritmico, i due strumenti “melodici” si uniscono al pianoforte in una cadenza finale in si  maggiore.

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5. Bibliografia

 

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6. Discografia

 

- CD: “Robert Schumann/Chamber Music”, Hubeau- Quatuor Via Nova- Mouillère- Lodéon- Caussé- Del Vescovo- Pierlot- Boeykens, © 2004 Warner Classics, Warner Music UK Ltd.;

- CD: “György Kurtág-Robert Schumann”, Hommage à R. Schumann, Kashkashian- Levin- Brunner, © 1995 ECM Records;

- CD: “Schubert, Schumann, Bruch, Enesco”, Bashmet- Muntian, © 1990 BMG Music;

- CD: “Robert Schumann 1810- 1856” , Zimmerman- Höll, © 2004 Digital Capriccio.  

INDICE


[1] Schumann, R., “Gli scritti critici”, 1/153, 2 vol., a cura di A. Cerocchi Pozzi, trad.it. di G. Taglietti, Ricordi-Unicopli, Milano, 1991.

[2] Di Benedetto, R., “L’Ottocento, I”, in Storia della Musica, a cura della Società Italiana di Musicologia, vol. VII, pp.79-93, 103-120, EDT, Torino, 1985.

[3] Schumann, R., vedi nota n.1.

[4] Schumann, R., vedi nota n.1.

[5] Schumann, R., vedi nota n.1, 1/262.

[6] Melchiorre, A., “La «poesia in suoni» di Robert Schumann- La funzione «formativa» della poesia nell’estetica e nella composizione di Schumann”, in Nuova Rivista Musicale Italiana, n.4, ottobre/dicembre, ed. ERI Rai Radiotelevisione Italiana, 1982.

[7] Schumann, R., “Tagebücher”, 3 vol., a cura di G. Einsman e G. Nauhaus, Stroemfeld/Roter Stern, Basilea-Francoforte sul Meno, 1987.

[8] Mossini, L., “Schumann e il Romanticismo. Come un romanzo di suoni”, in Amadeus, Mensile-Anno XI, n.3-Maggio 2001.

[9] Schumann, R., vedi nota 1.

[10] Schumann, C. e R., “Briefwechsel”, 1/100, lettera di Robert a Clara, 11 febbr.1838, a cura di E. Weissweiler, Stroemfeld/Roter Stern, Basilea-Francoforte sul Meno, 1984-1987.

[11] Boucourechliev, A., “Schumann”, G. Feltrinelli Editore, Milano, 1982.

[12] Horton, J., “Musica da camera: 1830- 1850” , in The New Oxford History of Music, Oxford University Press 1990, trad. “Storia della Musica”, vol. IX, pp.71-96, “Il Romanticismo” (1830-1890), a cura di Gerald Abraham, Garzanti Editore s.p.a. 1991-G.G. Feltrinelli Editore, Milano, 1991.

[13] Nauhaus, G., note al libretto del CD “Robert Schumann 1810- 1856” , Zimmerman- Höll, © 2004 Digital Capriccio.

[14] Chissel, J., note al libretto del CD “Schubert, Schumann, Bruch, Enesco”, Bashmet- Muntian, © 1990 BMG Music.

[15] Kohlhas, H., in “Die Kammermusik Robert Schumann-Stilistische Untersuchungen”, in paragrafo “5. Die Düsseldorfer Zeit”, band 19, Verlag der Musikalienhandlung, Karl Dieter Wagner, Hamburg, 1979.

[16] Lück, H., note al libretto del CD “György Kurtág-Robert Schumann”, Hommage à R. Schumann, Kashkashian- Levin- Brunner, © 1995 ECM Records.

[17] Chissel, J., vedi nota n.14.

[18] Prefumo, D., Guida all’ascolto”, in Programma di sala del 29 aprile 2004, IV Festival di Sant’Efisio, Concerto del duo J.Rachlin- I.Golan, pubblicazione a cura dell’ufficio redazione del Teatro Lirico di Cagliari.

[19] De Natale, M., “L’armonia classica e le sue funzioni compositive”, ed. Ricordi, Milano, 1986, Ristampa 1988.

[20] De Natale, M., vedi nota 19.

[21] De Natale, M., “L’analisi musicale: modello o occasione? Saggio su R. Schumann”, p.17, nota 4, Morano Editore S.p.a., Napoli, 1981.

[22] Struck, M., in “Die umstritten späten Instrumentalwerke Schumanns, in paragrafo “10. Märchenerzählungen. Vier Stücke für Clarinette (ad libitum Violine), Viola und Pianoforte op.132, Band 29, Verlag der Musikalienhandlung, Karl Dieter Wagner, Hamburg, 1984.

[23] Abraham, G., “R. Schumann”, in The New Grove Dictionary of Music and Musicians, vol.16, ed.Stanley Sadie, London,1980.

[24] Hinson, J. M., A Stylistic Analysis of Three Selected Trios for Clarinett, Viola and Piano: Fairly tales by R. Schumann, Eight Pieces by M. Bruch, and Kleines Koncert by A. Uhl.” DMus dissertation. Florida State University, 1995. DAI vol. Ivi (February 1996).

[25] Mc Gill, R., note al libretto del CD “Robert Schumann/Chamber Music”,© 2004 Warner Classics, Warner Music UK Ltd.

[26] Struck, M., vedi nota n.22, “Beifolgend erhalten Sie auch einiges Neue von mir, was Sie vielleicht anmuthen wird. Es sind meistens fröhliche, mit guter Lust geschriebene Stücke. ...Die Zusammenstellung der Instrumente in den Märchenerzählungen ist von ganz eigenthümlicher Wirkung.

[27] Struck, M., vedi nota n.22.

[28] Struck, M., vedi nota n.22.

[29] Struck, M., vedi nota n.22.

[30] Reti, R., “The Tematic Process in Music”, Faber, London-New York, 1951, citato in Cook, N., “Guida all’analisi musicale”, a cura di Guido Salvetti , capitolo 3. III, pp.120-148, ed. Guerini Studio, Milano, 1991.

[31] Reti, R., vedi nota n.30.

[32] Gardner, J., “The chamber music” in “Robert Schumann – The man and his music edited by Alan Walker, Barrie & Jenkins Ltd, London, 1972.

[33] Gardner, J., pag. 211, vedi nota n.32.