ANNO
ACCADEMICO 2005/2006
Alla
mia famiglia
1.
Robert Schumann e il Romanticismo
2
2.
La Musica da Camera di Robert Schumann
4
3.
Märchenbilder op.113
6
3.1.
Nicht schnell
7
3.2.
Lebhaft
8
3.3.
Rasch
10
3.4.
Langsam, mit melancholischem Ausdruck
12
4.
Märchenerzählungen op.132
15
4.1.
Lebhaft, nicht zu schnell
17
4.2.
Lebhaft und sehr markirt
22
4.3.
Ruhiges Tempo, mit zartem Ausdruck
24
4.4.
Lebhaft, sehr markirt
26
5.
Bibliografia
30
6.
Discografia
32
“Il
saper mettere insieme (comporre) cose diverse ha molta importanza nell’arte
musicale”.
Schumann
(1810-1856) è spesso definito come il “romantico per eccellenza”, come
colui che esemplifica le mille anime del Romanticismo.
Il
contesto in cui si inserisce è ricco di straordinari fermenti culturali,
poetici, letterari e filosofici, ancor prima che musicali.
Il
denominatore comune delle tendenze della musica tedesca del periodo, era appunto
il “Romanticismo”, inteso come sovvertimento di tutto ciò che fino a quel
momento aveva avuto valore di legge nell’arte. Un’efficace testimonianza
della mutata situazione è data dal manifesto del 1835 apparso sulla Neue
Zeitschrift für Musik, rivista fondata nel 1834 e diretta da Schumann per
un decennio. In questo programma, Schumann formulava essenzialmente tre punti
fondamentali: ricordare e recuperare con energia l’età antica e le sue opere,
che potevano essere di ispirazione e di fondamento per i nuovi ideali di
bellezza; combattere il più recente passato, che si compiaceva solo di uno
sterile virtuosismo; fare di tutto per il rapido avvento di una “nuova età
poetica”.
In
queste dichiarazioni emerge, oltre alla tensione tra un passato remoto e un
futuro entrambi idealizzati, la conferma che la nuova generazione sentiva
conclusa l’età che in quegli anni cominciava a essere definita come
“classica”.
L’atteggiamento
di Schumann nei confronti della musica antica era contraddittorio. Se da un lato
sentiva la necessità di studiare il passato, dall’altro avvertiva i limiti di
uno stile di un’epoca ormai trascorsa, di una forma (la sonata) “che
aveva compiuto il suo corso”.
Se
quindi era polemico nei confronti della “decomposizione virtuosistica” della
forma, si dimostrava a favore non della forma stessa, ma del suo ideale rapporto
tra struttura e esigenze espressive.
Così
nelle piccole composizioni, nel Charakter-stücke, non era più
necessario un rapporto equilibrato tra forma e contenuto; la
soggettività romantica annullava la prima nel secondo. Schumann riusciva a
spiegare il proliferare di forme nuove e diverse nelle sue
composizioni con ragioni espressive: “Io non penso alla forma mentre compongo,
lo faccio soltanto”, disse in una lettera del 1838.
Se
l’organismo unitario della sonata era andato esaurendosi, i modi del suo
superamento furono due: attenzione al particolare e ridefinizione dei nessi, dei
modi di composizione degli Stücke tra loro e delle varie parti di ogni
brano. Dall’attenzione al problema particolare, derivavano l’insofferenza
per la ripetizione del medesimo modello formale (che “diminuisce l’energia
creativa”), e il privilegio dato alla concisione.
Nel
1835 scrisse: “Se penso alla musica e alla poesia, arti del tempo e del
movimento, […] ho capito come anche i migliori talenti possono fallire sulle
piccole creazioni, e come d’altronde dai mediocri sia lontano tale genere, in
cui vale la brevità espressa nel lampo dello spirito, che si deve sviluppare,
cogliere e accendere nell’istante. Allora credo di avere un buon motivo a
voler introdurre […] il motto greco che suona così: «Ogni bellezza è
difficile, la brevità è difficilissima»”.
E qualche anno più tardi confermò il pensiero con queste parole: “Ci sono
compositori che, mentre altri richiedono ore, sanno come esprimersi in pochi
minuti. Per la presentazione, così come per il godimento di composizioni così
spiritualmente concentrate, è tuttavia necessaria una forza maggiore sia da
parte dell’interprete che degli ascoltatori, e pure un luogo e un tempo
appropriati”.
Il
rapporto tra musica e letteratura è la chiave di volta che permette di
ricondurre a una visione unitaria i frammenti spesso inconciliabili della
produzione musicale e critica di Schumann. In molti casi tale rapporto è capace
di gettare luce su problemi compositivi e in lui particolari, quali ad esempio,
l’origine delle piccole forme e dei Lieder.
Nelle annotazioni aforistiche del Diario
si profila il ruolo che il rapporto estetico tra parola e musica svolge
all’interno della poetica schumanniana: “Quando suono Schubert, mi sembra di
leggere una novella di Jean Paul trasferita in musica”, ma anche: “Jean Paul,
quando vuole esprimere un’emozione non cerca parole, ma suoni”. L’amato J.
Paul era un autore non prettamente romantico in senso stretto, ma punto di
riferimento estetico per gli stessi romantici, da F. Schlegel e E.T.A. Hoffman.
Schumann arrivò anche ad affermare di avere imparato più contrappunto da J.
Paul che da qualunque altro, attraverso l’adozione di procedimenti
linguistici e formali e digressioni umoristiche in musica, e
attraverso l’elemento della fantasia, organo della creazione poetica
romantica, che dà intimamente forma, così da unificare ogni parte di
un’opera d’arte.
In pratica per
lui la musica era un’altra forma di pensiero, un altro modo di manifestarsi
delle idee. Schumann voleva comporre come J. Paul scriveva, ecco perché non ha
importanza che vi sia un testo, quanto al massimo un titolo, suggestivo e
misterioso. Infatti la musica non dispone della capacità di definire le cose
con l’esattezza tipica del linguaggio poetico, quindi non può narrare una
storia, può al massimo ricatturare l’atmosfera della storia, lo svolgersi
contraddittorio delle emozioni. E’ a questo che servono i titoli; essi
indicano una possibile storia, ma non sono necessari: “la musica da sola,
senza parole e commenti, è la cosa che conta…, ancor di più se lo spirito
indugia con essa”.
INDICE
“Gioco con le forme. Da circa un anno e mezzo mi sembra
di essere padrone di un segreto, per strano che ciò appaia”.
L’attività
compositiva di Schumann si lascia suddividere in periodi distintamente
articolati, che sembrano quasi obbedire a un disegno preordinato di progressiva
espansione ed esplorazione dei vari generi musicali.
Negli
anni tra il 1829 e il 1839 compose quasi esclusivamente per Pianoforte; il 1840
fu un anno dedicato ai Lieder per voce e pianoforte; il 1841 fu invece l’anno
delle Sinfonie.
Nel
1842 vi fu invece un sistematico approfondimento della Musica da Camera.
Già
nel 1838 Schumann aveva scritto a Clara Wieck: “Ho la tentazione di
distruggere il mio pianoforte: è diventato troppo limitato per me. Nelle
composizioni che scrivo ora, sento molte cose che difficilmente riesco ad
esprimere”.
L’anno seguente disse al suo vecchio insegnante Heinrich Dorn, di sentire che
il pianoforte era inadeguato per tradurre le sue idee. Da quest’epoca in
avanti sembra spesso che il compositore usi gli altri strumenti come un veicolo
per arricchire ed estendere l’eloquenza del pianoforte, permettendo un
prolungamento di accordi ed arpeggi, una caratterizzazione delle melodie con
nuovi colori, un arricchimento delle parti interne degli intrecci
contrappuntistici. La ricerca di nuove sfumature di colore attraverso
l’aggiunta di strumenti di registro centrale, sarebbe continuata sino alla
fine della carriera di Schumann.
Nel
catalogo delle sue opere ci sono una ventina di composizioni cameristiche, dal
duo al quintetto, che per lo più non rinunciano all’apporto del pianoforte,
ad eccezione dei 3 quartetti per archi op.41. Sempre del 1842, sono il Quintetto
con pianoforte op.44, il Quartetto con pianoforte op.47 e i Phantasiestücke per
violino, violoncello e pianoforte op.88. Del 1843 è la prima versione
dell’Andante con Variazioni op.46, scritto per due pianoforti, corno e due
violoncelli.
Dopo
una sosta di quattro anni, Schumann riprende il filone cameristico, e fra il
1847 e il 1853 vedono la luce i 3 Trii con pianoforte op.63 e op.80 (1847) e op.110
(1850), le 2 Sonate per violino e
pianoforte op.105 e op.121 (1851) e
la Sonata F.A
.E.(1853). Fra il 1849 e il 1853 nascono anche una serie di pezzi di vario
genere, sempre con il sostegno del pianoforte, concepiti per sperimentare
soluzioni strumentali di volta in volta diverse: Adagio e Allegro per corno op.70
e Phantasiestücke per clarinetto op.73 (1849), Drei Romanzen per oboe op.94, Fünf
Stücke im Volkston per violoncello op.102, Märchenbilder
per viola op.113 (1851), Märchenerzählungen
per clarinetto, viola e pianoforte op.132 (1853).
INDICE
Nel
periodo tra il 1849 e il 1851 Schumann conobbe a Dresda e a Düsseldorf vari
strumentisti, che senza dubbio lo stimolarono a considerare nelle sue
composizioni i vari strumenti da soli.
Clara
Schumann, che aveva sempre un vivo interesse per le composizioni del marito,
scriveva entusiasticamente nel suo diario nel marzo del 1849: “Ora tutti gli
strumenti hanno un turno!” Questa era certamente un’esagerazione, perché a
parte il violino, per cui Schumann scrisse lavori particolarmente importanti,
gli strumenti coinvolti furono limitati all’oboe, clarinetto, corno,
violoncello e viola, come detto in precedenza. Ci vollero altri due anni da
quella affermazione, perché il compositore scrivesse i 4 Märchenbilder
per viola, quando ormai aveva lasciato Dresda per assumere l’incarico di
direttore dei concerti a Düsseldorf.
I
Märchenbilder op.113
(“Immagini fiabesche”) sono 4 pezzi per pianoforte e viola (violino ad
libitum). Furono composti in un breve lasso di tempo, tra il 1 e il 4 marzo 1851
(non esistono schizzi), a Düsseldorf, dove Schumann continuò a comporre una
serie di pezzi caratteristici che aveva iniziato nel
1849 a
Dresda.
Qui
il genere caratteristico è molto pronunciato: sebbene il lavoro consista solo
di “immagini” più che di storie concrete, ogni pezzo ha una marcata vena
semantica che evoca specifiche associazioni.
Così le domande venate di rimpianto della prima fiaba trovano risposta nelle
affermazioni allegre e ritmiche della seconda, mentre nel tumulto e nel dramma
della terza, si esalta il potenziale virtuosistico dello strumento. Nella quarta
Schumann delicatamente tratteggia il colore scuro della viola per mezzo di una
ninna-nanna cantilenante.
I pezzi anche se di forma libera, non possono in alcun modo essere considerati
come quattro pezzi staccati senza alcun rapporto tra di loro: le relazioni
tonali sono evidenti (rispettivamente in re minore- fa maggiore- re minore e re
maggiore), anche se la successione dei movimenti (Moderato- Vivace-
Rapido- Adagio, con espressione malinconica), è atipica rispetto
all’organizzazione classica della sonata. I pezzi, d’altro canto, sono di
forma molto raccolta, e ad eccezione del quarto ed ultimo, non superano i
quattro minuti di durata.
I
quattro pezzi dell’op.113 sono strutturalmente comparabili con quelli
dell’op.132, sebbene la sequenza dei “caratteri” sia differente.
INDICE
Il
primo movimento (Non veloce), è una sorta di dialogo pieno di malinconia tra la
viola e il pianoforte, di chiara impronta liederistica.
Il
pezzo apre in re minore in ritmo di 3/4, con le prime otto battute di
introduzione, in cui entrambi gli strumenti creano una spazialità sonora
“lievemente increspata”, con l’uso di note arpeggiate, che distribuiscono
in senso diagonale anziché verticale i suoni della triade.
E nello specifico, alla linea ascendente delle prime due battute della viola, si
contrappone la linea discendente a battuta del pianoforte, e viceversa
procedendo quasi con un moto ondeggiante contrario.
Nella
sezione centrale (bb.9-58) viene enunciato dal pianoforte l’inciso tematico di
due battute (bb 9-10).
Questo
viene prontamente ripreso dalla viola con l’aggiunta di una battuta di
rielaborazione dello stesso , a sua volta imitato nella battuta successiva
dal pianoforte (bb 11-15).
Questo
procedimento imitativo tra la viola e la mano destra del pianoforte, prosegue
per tutto il movimento, in un intreccio melodico, con varianti ritmiche e
dinamiche, più o meno sensibili, mentre alla mano sinistra è affidato un
accompagnamento armonico che ha l’impulso sul battere con la tonica, e sul
levare ha il riempimento armonico, ribattuto e su un altro registro.
Il
tutto continua fino alla ripresa dell’introduzione, da parte della viola
soltanto, variata ritmicamente nelle prime due battute (bb.58-59), a b.58 per
diminuzione e a b.59 in sincope, ma mantenuta melodicamente uguale all’inizio.
La parte pianistica invece viene modificata in questa ripresa finale,
continuando la serie di citazioni dell’inciso tematico, e delle successive
rielaborazioni alla mano destra, e mantenendo sotto forma di accompagnamento la
mano sinistra.
INDICE
Il
secondo movimento (Vivace) è un rondò nel ritmo di 2/4 in fa maggiore nella
forma A-B-A-C-A; i due episodi intermedi, rispettivamente in re minore e in si „ maggiore, non allentano neppure per un attimo il clima di
irrisolta tensione che impronta tutto il brano.
La
sezione A inizia a b.3, dopo una brevissima introduzione di due battute
affidata, alla viola sola nella prima battuta, subito incalzata dal pianoforte
alla seconda battuta (bb 1-4).
Da
subito (b.1), viene enunciata la cellula ritmica, di poco modificata a b.2 dal
pianoforte che la mantiene fino a b.6, e che si presenta a b.3 come inciso
tematico della viola per quattro battute a cui ne seguono altre sei, sempre in
ritmo puntato, ma con un impulso accentato in ogni levare (bb.9-12).
Tutta
la sezione risulta essere molto percussiva per la sovrapposizione pressoché
costante degli stessi ritmi ai due strumenti, e per l’uso accordale anche
nella viola che va a ispessire la già fitta scrittura pianistica, ma incalzante
allo stesso tempo per la spinta conferita allo scorrere del discorso musicale
dai ritmi puntati.
Nonostante
la sezione B (bb.51-70) abbia una tessitura meno densa della precedente,
l’effetto che risulta è comunque precipitoso, per l’uso di quartine di
sedicesimi del pianoforte che si succedono vorticosamente, a cui si sovrappone
la viola con lo stesso ritmo dell’inizio anche se nel legato e nel pp.
Dopo
l’integrale ripresa della sezione A (bb.71-118), segue la sezione C (119-142),
che unisce l’inciso ritmico di b.2 del pianoforte alla mano sinistra e
l’inciso di quartine della sezione B alla mano destra, questa volta non legate
e in sequenza discendente e ascendente, che vengono riprese dalla viola, e poi
utilizzate in un gioco imitativo tra i due strumenti. Segue una terza integrale
ripresa della sezione A (bb.143-190), a cui fa seguito una coda (bb.191-205) di
15 bb. che combina materiale rielaborato delle battute immediatamente precedenti
(bb.189-190) all’inciso ritmico delle prime battute, a sua volta interpolato.
INDICE
Il
terzo (Rapido) è un breve pezzo, che ha il tono concitato e incalzante di una
fosca ballata romantica, in cui momenti di frenetica agitazione si alternano a
brevi istanti di calma e di abbandono lirico.
Il
pezzo, in ritmo di 2/4, alterna una sezione A in re minore (36 bb.), a una B in
si maggiore (24 bb.), per ritornare ad A in re minore (37 bb.), tonalità in cui
termina anche la coda (8 bb.). Il pezzo è costruito su quattro elementi
motivici:
- quattro terzine di
sedicesimi: xxx
xxx
xxx
xxx
(vedi b.1)
- una minima: h
(vedi b.1)
- una combinazione ritmica che
inizia in levare: e
\
e
xx
\
e
e
- una combinazione ritmica: q
. e
Questi
vengono abbinati in vari modi: a due, a tre o a quattro, ma mai da soli, vista
la fitta scrittura cameristica, con combinazioni sovrapposte (vedi b.1 o bb.5-6)
o consequenziali (vedi la viola alle bb.13-14). Un esempio di combinazione di
tutti e quattro gli elementi avviene alle bb.9-10.
Nel
corso di tutto il pezzo sembra che Schumann giochi con la combinazione a più
livelli di questi elementi motivici, creando oltre a delle varianti a livello
ritmico, anche delle varianti a livello dinamico, non presentando mai un motivo
nella stessa combinazione. Per esempio, la prima volta che compaiono le terzine
alla viola (bb.1-2 e seg.), b.1 è
in p e b.2 in crescendo e diminuendo,
quando lo stesso motivo passa al pianoforte (bb.18-19 e seg.) b.18 è in p,
mentre b.19 è in f, e così la viola a b.29 è nel p
e a b.30 è nel f, oppure verso la fine, da b.86 a b.91 tutta la
sequenza di terzine è nel f, da b.92 a b.95 è in eco nel p,
e da b.96 a b.99 viene proposta sempre in p, ma all’ottava
superiore.
All’inizio
del pezzo si possono notare due contrasti a un doppio livello: il primo è a
livello ritmico, di immobilità accordale del pianoforte, rispetto a una mobilità
virtuosistica della viola, che poi si inverte a b.18 e seguenti, il secondo è a
livello di campo diastematico, cioé rispetto all’ambito intervallare
ristretto della viola si contrappone un’ampia spazializzazione del pianoforte,
sia per densità della massa accordale, sia per l’effettivo ambito
intervallare che copre, dalle regioni più gravi a quelle più acute.
Sembra
che Schumann si compiaccia anche a sfasare gli impulsi ritmici,
mettendo degli accenti sui tempi deboli: un esempio si può rinvenire alle bb.5-6,
quando il motivo 3, affidato al pianoforte, inizia a metà battuta, ma è
marcato da un accento. Questo appare come un modo di deviare la regolare
sequenza di terzine della viola, che procedono come in ostinato dalla prima
battuta, e intromettendosi anche con una dinamica ff rispetto al p
della viola.
Dopo
che il motivo 3 viene ripetuto alle bb.7-8, si presenta per la prima volta il
motivo
4 a
b.9, insieme a tutti gli altri (bb.9-10), e finalmente si arriva al primo
climax di questo movimento alle bb.14-20 (il secondo sarà alle bb.75-
85 in
funzione conclusiva), assieme alla comparsa del motivo 3 assieme al motivo 4,
affidato alla viola in sequenza lineare, non verticale (bb.14-15).
Si
può notare, sempre a livello di contrapposizioni, che ciò che avviene a
livello della micro-forma mediante l’uso di contrasti dinamici improvvisi,
accenti sfalsati e ispessimenti di scrittura, avviene anche a livello della
macro-forma, con la sezione B che si differenzia totalmente dal clima irrequieto
delle sezioni A, attraverso una scrittura ritmica meno densa e più distesa.
Nelle
ultime battute della coda (bb.104-105) sono da prendere in considerazione le sei
crome per quarte discendenti , in quanto prefigurazione della “cellula
motivica” del I (bb.3-4) e del III (bb.32-35) movimento del Trio op.132, che
sarà un motivo unificante di quel
lavoro, come emerge dall’analisi che seguirà.
INDICE
L’ultimo
brano (Adagio, con espressione malinconica) è il più ampio della raccolta.
Come per incanto, le tensioni presenti nei due brani precedenti si sono
dissolte, e al loro posto regna una dolcezza piena di malinconia; ora il canto
della viola e del pianoforte può distendersi senza sofferenza come in una
ninna-nanna, che sembra già evocare, con le sue sonorità intime e notturne, il
mondo poetico di Johannes Brahms.
Il
pezzo è in forma A-B-A′ in ritmo di 3/8, con le tre sezioni strutturali
molto proporzionate: A (30 bb.), B (32 bb.), A′ (32 bb). A loro volta in
queste sezioni si riscontrano frasi e semifrasi di struttura regolare: A è
composta da a (4b.+4b.) in re maggiore, + a′ (4b.+4b.+6b.)
che parte in si minore per arrivare in progressione a do maggiore e a re
maggiore, + a (4b.+4b.); B, tutta in fa maggiore, è composta da b (4b.+4b.),
+ b′ (4b.+4b.+4b.) + b (4b.+4b.) + b″ (4b.);
A′, armonicamente uguale ad A, è composta da a (4b.+4b.), + a′
(4b.+4b.+6b.), + a (4b.+4b.) + a″ (2b.).
Nella
sezione A, il tema viene presentato nelle
prime quattro battute, da viola e pianoforte, che procedono per terze
ritmicamente coincidenti, e a sua volta è formato da 2 battute melodicamente
ascendenti e 2 battute. melodicamente discendenti.
Il
tema comprende due motivi: uno ritmico melodico ( e
| e.
xxx
| e
e),
che si trova nelle prime due battute, e che, uguale o leggermente modificato, è
alla base di tutto il pezzo, l’altro intervallare (vedi bb.2-3), è dato da un
intervallo di terza -maggiore e minore- che caratterizza la linea melodica, come
intervallo statisticamente prevalente per via di reiterazioni. “Questa è una
proprietà-di-schema le cui iterazioni-traslazioni elasticamente accomodate,
poggiano su momenti pre-formati dell’attività ideomotoria tipica della
ninna-nanna”.
La
cellula ritmica di tre semicrome di b.1, viene modificata per diminuzione in
terzina a b.18 dal pianoforte, e poi è successivamente introdotta a b.39, nella
sezione B b′, come ostinato ritmico, che introduce anche una varietà
dinamica al pezzo con l’introduzione del crescendo al primo fp
del pianoforte, seguito da uno sf alla viola e da un altro fp
del pianoforte. Per il resto, dinamicamente tutto il pezzo è costantemente in
una sonorità di pp con qualche crescendo e diminuendo,
ma nella stessa dinamica soffusa.
A
conclusione dell’analisi dell’op.113, è possibile fare un’ulteriore
considerazione a favore dell’omogeneità dell’intera composizione. Mettendo
in serie la sequenza degli incisi tematici di ognuno dei quattro movimenti, in
modo da evidenziare solo la struttura ritmica, si può osservare quanto segue:
I
mov. (b.9)
3/4 e
| q
̮ xxxx
| xx e
II
mov. (b.3)
2/4 xx
| e.
xx
e.
x
III
mov. (b.5)
2/4 e
| e
xx
| e
e
IV
mov. (bb.2-3) 3/8
e
| e.
xxx
| e
e
Innanzitutto
è subito visibile una cellula ritmica unificante, seppure con varianti sui
tempi deboli. Si può notare che tutti gli incisi sono anacrusici (con un levare
di croma ad eccezione del II mov.che è di biscrome ribattute).
In
secondo luogo, la nota in battere di ogni inciso ha un valore pari alla somma
delle note restanti nella battuta o comunque un valore più lungo (per es. nel
II mov.).
Questa
struttura in levare degli incisi, imprime una forte direzionalità verso il
battere, creando un senso di grande movimento e impulso verso l’accento forte
della battuta, soprattutto nei due movimenti centrali (i più veloci), cosa che
è evidente in modo particolare all’ascolto.
Se
poi si mettono in sequenza ravvicinata le struttura ritmiche degli incisi
tematici dei due movimenti esterni:
quello
del IV mov. (bb.2-3)
e
| e.
xxx | e
e
, si può anche scrivere con la legatura di valore:
e
| e
̮ xxxx | e
e
, che lo rende ancora più omogeneo al I mov. (b.9):
e
| q
̮ xxxx
| xx e
Un
elemento di similitudine tra I e IV movimento è il ritmo ternario (3/4, 3/8),
così come avviene nel II e il III movimento entrambi in ritmo binario (2/4).
Un
altro fattore di analogia tra il I e il IV movimento è dato dall’uso delle
legature di frase nell’esposizione dell’inciso tematico, cosa che rende la
cellula ritmica notevolmente meno percepibile all’ascolto.
Schumann
ha quindi unito pezzi apparentemente diversi tra loro, ma in realtà li ha tutti
collegati con la stessa cellula ritmica, evidenziandola o nascondendola mediante
variazioni ritmiche e di fraseggio.
INDICE
Il
Trio composto da clarinetto, viola e pianoforte non ha precedenti nella storia
della musica prima del 1786, anno in cui fu composto da W.A.Mozart il
“Kegelstatt-Trio” KV.498.
Il
Trio ebbe origine da uno stretto contatto di amicizia e collaborazione tra
Mozart e Anton Stadler, primo clarinetto nell’Orchestra della Corte Imperiale
di Vienna. Con l’aggiunta della parte di pianoforte scritta per la sua
studentessa Franziska von Jacquin, e la parte di viola per lui stesso, Mozart
creò un nuovo genere.
Il
primo lavoro scritto per clarinetto, viola e pianoforte dopo il Trio di Mozart,
furono i 4 Märchenerzählungen
(“Racconti di fiaba”) di R. Schumann scritti nel 1853. Il lavoro scaturì da
un’amicizia musicale con Johannes Brahms, continuando così la tradizione
mozartiana. Con Brahms come fonte d’ispirazione, il Trio di Schumann acquista
un senso di vivacità briosa e di entusiasmo.
I
4 Märchenerzählungen
op.132 furono
composti tra il 9 e l’11 Ottobre 1853 nella
casa di Düsseldorf, e sono l’ultima opera da camera scritta da
Schumann. Clara annotava nel suo diario l’11 Ottobre: “Robert ha composto
quattro pezzi per pianoforte, clarinetto e viola. Per lui la combinazione di
questi strumenti è estremamente romantica. E’ un genio senza limiti”.
Come precedentemente detto, Brahms era stato a trovare Schumann tra il 30
Settembre e il 3 Novembre 1853, e “la sua visita coincise quasi esattamente
con l’ultimo periodo creativo di Schumann”.
Con
una lettera di presentazione del violinista Joseph Joachim, il ventenne Brahms
fu accolto dalla famiglia Schumann, e sebbene alloggiasse alla locale taverna,
odiava quei pasti, così trascorreva tutto il suo tempo in loro compagnia.
Schumann considerava Brahms come un “messia” della musica, non soltanto
incoraggiando la sua carriera ma collegandolo stilisticamente alla tradizione di
Bach, Mozart, Beethoven.
Con questo nuovo “ragazzo-prodigio” accanto a lui, Schumann fu intensamente
ispirato a lavorare con il giovane a nuove composizioni, in special modo alla
“Sonata F.A.E.” con il motto di tre note, derivato da “Frei aber einsam”
(“Libero ma solo”), che è il motto della Sonata dedicata a J.
Joachim a cui A. Dietrich contribuì con il primo movimento, Brahms con il terzo
e Schumann con il secondo e il quarto.
I Märchenerzählungen
furono composti durante questa travolgente ispirazione e furono descritti da
Schumann stesso come “pezzi prevalentemente allegri, scritti con tanta
gioia…la strumentazione è di un effetto particolare”,
nella lettera per la pubblicazione al suo editore Breitkopf und Härtel del 3
Novembre 1853.
Questo commento da lui fatto all’editore era forse per contrastare le voci che
giravano sul suo conto. Infatti, durante la visita di Brahms, Schumann non mostrò
d’avere molti di quegli aspetti della malattia di cui aveva sofferto negli
anni precedenti. In effetti, l’intero autunno del 1853 fu un periodo calmo e
produttivo per il compositore.
Il Trio è dedicato con amicizia al suo allievo: “Ad Albert
Dietrich / a lunga memoria./ Düsseldorf 20 febbraio 1854/ (buona
giornata)”,
e fu pubblicato nel 1854 da Breitkopf und Härtel. Attualmente ci sono
quattro edizioni dell’opera: International Music Publications, Boosey and
Hawkes, Carl Fischer and Breitkopf.
Come suggerimento al suo editore, Schumann scrisse una parte alternativa
per il violino che sostituisce il clarinetto in si
„.
La prima esecuzione avvenne a Düsseldorf in forma privata il 25 Ottobre 1853 con Clara Schumann al
pianoforte, il clarinettista Kochner e R. Becker al violino (in mancanza della
viola). Altre due esecuzioni in forma privata furono fatte il 28 e il 30 Ottobre
con Joachim.
Sebbene intitolati “Racconti di fiaba”, non ci sono elementi
programmatici o titoli in nessun movimento, e il lavoro non sembra trarre
ispirazione da fonti letterarie. Il titolo rimanda a un generale carattere e a
un’atmosfera di emozioni e stati d’animo, piuttosto che a una specifica
storia. Il lavoro è essenzialmente una suite di pezzi caratteristici, ispirati
da idee extra-musicali e con allusioni al simbolismo e al mistero, ma non è
musica programmatica in sé. Spensierato e gioioso il lavoro riflette il
generale stato d’animo di Schumann durante il soggiorno di Brahms.
INDICE
Il primo movimento (Vivace, non così veloce) è una
forma-sonata abbreviata che ha un alto grado di unità melodica ma un breve
sviluppo tematico.
Schumann usa frammenti melodici delle battute iniziali
per unificare l’intero lavoro. Qui non c’è una melodia tenuta a lungo, ma
piuttosto una serie di motivi che passano tra le voci.
L’esposizione comincia in si „ maggiore con la viola che espone il primo tema
accompagnata dalla linea arpeggiata dalla mano destra del pianoforte (bb 1-5
La scrittura omofonica iniziale è indicativa della presentazione tematica
generale dell’opera: un tema è esposto da uno strumento, accompagnato dagli
altri due. Occasionalmente ci sono alcuni contrappunti, ma soltanto per una
battuta o poco più. Ci sono anche esposizioni del tema che sono fatte da due
strumenti con l’altro in accompagnamento.
L’agilità dell’accompagnamento pianistico è costante nell’intero
movimento, e Schumann usa principalmente disegni arpeggiati. Questa linea
arpeggiata a battuta 1 nel pianoforte, è la prima di due motivi
che Schumann usa per unificare l’intero movimento.
Il primo motivo (es.8, b.1, primo battere) è quasi sempre di valori di
trentaduesimi, usato come un ostinato dal pianoforte che sta sotto il clarinetto
e la viola.
Il secondo motivo, (es.8, bb.3-4) è formato da sei note per quarte
discendenti, ed è enunciato dalla viola come parte del primo tema, ripreso dal
clarinetto alle bb.7-8. Questo secondo motivo è materiale aggregante sia per il
primo movimento che per l’intero lavoro, per cui si può considerare come
“cellula motivica”,
agile nel carattere con un ritmo puntato tipicamente schumanniano. In aggiunta a
ciò, il profilo dell’intero primo tema ha un terzo uniformante aspetto.
Mentre il primo tema è suonato dalla viola, la parte del clarinetto è
delegata a un ruolo di accompagnamento con l’uso di un intervallo di seconda,
che diventa un intervallo unificante per tutto il movimento. Infatti questo
intervallo si trova già come intervallo conclusivo del tema della viola (b.5),
e serve come un elisione per l’esposizione del tema al clarinetto.
Il clarinetto riprende il primo tema a b.5, in coincidenza, come per la
viola, con il pianoforte che suona un accompagnamento simile a prima.
La viola aggiunge una linea armonica a quella del clarinetto alle bb.6-7.
Entrambe le entrate della viola (b.6 e b.9) cominciano con l’intervallo di
seconda.
Il pianoforte entra per la prima volta con il tema a b.9, ora con
l’accompagnamento di trentaduesimi alla mano sinistra e la melodia alla
destra. A b.11 la viola inizia un disegno melodico e ritmico ripetitivo, che è
molto costante in tutta la sezione dell’esposizione e dello sviluppo. Il
disegno consiste di note di trentaduesimi suonate sotto l’enunciazione del
tema affidato agli altri due strumenti.
Il carattere suggerirebbe agitazione, ma con il generale aspetto lirico
che emerge dalla melodia, non emerge nessun reale aspetto drammatico.
A b.13 il clarinetto enuncia il secondo tema dell’esposizione (in
si
„ maggiore)
basato su triadi arpeggiate.
Il profilo della linea è simile al primo tema, ma molto più corto. La
viola devia un po’ dal suo costante accompagnamento in questa entrata
tematica, per aggiungere alcune armonie alla voce del clarinetto, ma questo è
soltanto una breve parentesi, poiché ritorna alla sua originale figura ritmica
a b.14.
A b.21 (es.10) il clarinetto espone il secondo tema in fa maggiore con la
risposta della viola in contrappunto a b.23.
Questa è una delle poche volte in cui è usata la scrittura
contrappuntistica nel movimento; come precedentemente detto, la maggior parte
delle esposizioni tematiche sono presentate da uno strumento con
l’accompagnamento degli altri due.
A b.27 viola e clarinetto sono in accompagnamento, e il pianoforte
espone il primo tema (in si „ maggiore), che è poi terminato dal clarinetto a b.29.
Questa è l’unica volta nell’intero lavoro, che uno strumento passa in
questo modo l’esposizione tematica a un altro strumento.
L’esposizione termina a b.31. Lo sviluppo inizia in fa maggiore a b.31 con un immediato cambio armonico, e un nuovo tema.
Questo amore per la stravaganza e la sorpresa, unito a una predilezione
per l’aggiunta di nuovo materiale nella sezione dello sviluppo, sono entrambi
aspetti dello stile di Schumann.
A b.33 il clarinetto risponde al pianoforte con l’esposizione del terzo tema e
alle bb.35-39 c’è un movimento cromatico da fa minore a in
si
„ maggiore,
dove il clarinetto presenta un’enunciazione completa del secondo tema. A b.41
il clarinetto e la viola iniziano una sequenza ascendente usando frammenti del
secondo tema e la figurazione in trentaduesimi della viola. Nella seconda metà
della b.46, la viola entra con frammenti del secondo tema, terminando la sezione
a b.48. A questo punto l’agitazione comincia a diminuire, con un disegno
melodico discendente in tutte le parti. Il clarinetto e la viola continuano a
imitarsi l’uno con l’altra, con brevi frammenti del secondo tema alle bb.47-
48. A
b.50 l’imitazione melodica diventa ancora più frammentata, con la
presentazione solo dell’ultima metà della melodia, chiudendo la sezione con
un ritorno a in si
„ maggiore
a b.52. Ciò conduce alla ricapitolazione nella seconda metà di b.52 ,
con la viola che suona il primo tema un’ottava più bassa di quella presentata
la prima volta.
A b.55 il clarinetto entra con il primo tema. C’è una cadenza
d’inganno e l’introduzione di nuovo materiale melodico a b.59 .
Questa sezione
continua fino a b.63, con la viola che ritorna alla figurazione in trentaduesimi
accompagnata da una linea legata del clarinetto e dai familiari disegni ritmici
del pianoforte.
La coda è a b.65,
con le enunciazioni del secondo tema da parte del clarinetto e della viola e con
un generale rilassamento del ritmo, e termina
in si
„ maggiore.
INDICE
Il
secondo movimento (Vivace e molto marcato) è uno scherzo in forma di minuetto e
trio. Schumann scrisse in molti lavori cameristici al secondo movimento degli
scherzi, che di solito sono in ritmo ternario, mentre questo è in ritmo
binario. Il carattere generale è massiccio, e i riferimenti tematici al primo
movimento sono usati come elementi di unità. La prima battuta mette in
evidenza una forza e una percussività pianistiche non ancora incontrate nel
pezzo finora.
I
pesanti accordi del pianoforte e il libero uso delle ottave (in sol minore)
espongono il primo motivo del movimento.
I
due strumenti “melodici” sono parte della linea accentata del pianoforte.
Alle
bb.3-4, il pianoforte fa un riferimento alla “cellula motivica” (es.8, b.3),
ora presentato per aumentazione in forma accordale.
Ogni
frase è di quattro misure, come avveniva anche nel primo movimento.
A
b.9 il clarinetto e la viola si dividono in due linee, una legata e l’altra
ritmica, ritornando a b.17 ai pesanti accordi iniziali del pianoforte.
A
b.21 inizia una sequenza di improvvisi, sorprendenti cambiamenti di carattere .
La
dinamica scende al p, gli accenti sono rimossi, ed è enfatizzato
l’aspetto lirico del clarinetto e della viola.
Alle
b.25-26 ci sono due misure della sezione dello scherzo, con un ritorno del
carattere lirico a b.27.
Un
altro cambiamento a sorpresa avviene a b.33, con un ritorno ai robusti accordi
del pianoforte, ora in do minore.
I
cambi improvvisi di clima sono usati da Schumann prevalentemente in questo
movimento.
Questo
carattere accentato continua per otto battute fino a un ponte (b.41-48), basato
su una sequenza ascendente.
A
b.49 c’è un ritorno alla pesante sequenza accordale del pianoforte, e ciò
continua fino alla chiusa della sezione dello scherzo a b.60.
Il
trio comincia a b.61 e comprende molti cambiamenti improvvisi, su molti
livelli.
Armonicamente
c’è un cambio da sol minore a mi
„ maggiore,
con la presenza di un carattere più lirico. La dinamica è dolce con il
pianoforte che arretra a ruolo di accompagnamento, e la viola e il clarinetto
espongono un motivo lirico di terzine per terze.
Questo
motivo lirico è affermato dal pianoforte a b.69, con gli altri strumenti che
sostengono un accompagnamento legato.
A
b.77 il clarinetto e la viola citano la melodia con un ritmo sottostante un
po’ più agitato. L’armonia passa in minore a b.92, con settime diminuite e
accordi di re minore che suggeriscono una cadenza a re minore, con la chiusura
della sezione del trio a b.96.
A
b.97 ritorna la sezione dello scherzo, che non avviene in maniera
integrale.
A
b.98 il clarinetto e la viola mantengono il motivo legato sopra gli accordi
pesantemente accentati del pianoforte. Questa sezione è un collegamento tra il
trio e lo scherzo, che usa caratteri e temi presi da entrambe le sezioni, e
continua fino a b.106, dove tutte e tre le parti convergono alla fine in una
citazione letterale dello scherzo iniziale. La coda arriva a b.157, con
riferimenti al secondo tema del primo movimento.
Il
pezzo finisce con accordi di minime sincopati al pianoforte, preparando un clima
calmo per il movimento che segue.
INDICE
“I
tempi lenti di Schumann sono costantemente «poesie senza parole»”
e questo movimento (Tempo calmo, con tenera malinconia) riflette questa
osservazione. Usando la forma da capo a fondo, Schumann
organizza le frasi tematiche in piccole sezioni.
Il
carattere è molto lirico e sereno, semplice e introspettivo, con il clarinetto
e la viola protagonisti lirici, e il pianoforte semplice accompagnatore. In
effetti in nessun punto del movimento al pianoforte è affidata la melodia.
Il
tema è di solito presentato in frasi di quattro misure con una dinamica dolce,
e il carattere generale, crea un effettivo contrasto con l’agitazione del
movimento precedente. Aprendo in sol maggiore , il movimento comincia con
la viola e il pianoforte che enunciano la “cellula motivica” (b.1) per moto
contrario e inverso, preparando l’atmosfera calma per l’ingresso del
clarinetto che enuncia il primo tema a b.2. Il tema comprende due motivi,
entrambi trovati a b.2 e b.3.
Uno
è l’uso della terza maggiore come intervallo d’apertura: l’altro è
l’uso di una figura ritmica puntata (e.
x)
che è immediatamente aumentata (q.
e).
Il tema ha un profilo ascendente che contrasta con la “cellula motivica per
quarte discendenti” del pianoforte.
Un
aspetto finale del tema è la variazione della collocazione della nota cadenzale
a b.5. Ogni volta che il tema viene presentato, finisce in una diversa
inversione della precedente esposizione, fornendo elementi di varietà a ogni
successivo ritorno. Alla fine della prima esposizione del tema a b.5, sia il
clarinetto che la viola finiscono sulla tonica.
La
viola enuncia il tema a b.6 in la maggiore, accompagnata dal disegno in ostinato
di sedicesimi del pianoforte e seguita dal clarinetto a b.7. Un’appoggiatura
nel pianoforte sul battere di b.9 aggiunge colore e sorpresa alla cadenza. A b.10
il clarinetto ritorna al tema (ora in re maggiore) con la viola che a b.11
inizia l’accompagnamento legato della precedente linea del clarinetto. Il
clarinetto cadenza a b.13 sulla tonica dell’accordo. Un’altra esposizione
del tema è presentata dalla viola a b.14 su un sottofondo legato del
clarinetto, e finisce sulla terza dell’accordo a b.17 (ora mi minore). Questa
chiude la prima sezione del movimento.
Tra
b.18 e b.23 si trova una sezione di transizione in si maggiore, che è
contrastata dall’accordo di mi minore di b.17, seguita da un’esposizione
tematica del clarinetto a b.24 (ora in sol maggiore). Come all’inizio, il
clarinetto finisce sulla tonica a b.27, rinforzato da un’altra tonica nella
viola. La viola enuncia il tema a b.28, accompagnata da note legate del
clarinetto, iniziando a cadenzare a b.31 con un cambio armonico a sorpresa in la
maggiore.
Un’altra
breve sezione di transizione si trova a b.32 basata sulla “cellula
motivica per quarte discendenti” del primo tempo (bb.3-4, I mov.), presentata
qui in imitazione tra clarinetto e viola.
Il quarto
movimento (Vivace, molto marcato) è in forma A-B-A con una coda. Il carattere
è di marcia, con l’uso di una figura ritmica puntata per enfatizzare, e
questi elementi rendono il quarto, il movimento più drammatico dell’intero
lavoro. I riferimenti tematici al primo movimento sono presenti come elementi di
unità motivica.
La prima
battuta inizia in si
„ maggiore con pesanti, massicci accordi e figure ritmiche
puntate nel pianoforte.
INDICE
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Mc Gill, R., note al libretto
del CD “Robert Schumann/Chamber Music”,©
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Struck, M., vedi nota n.22, “Beifolgend erhalten Sie auch einiges Neue von
mir, was Sie vielleicht anmuthen wird. Es sind meistens fröhliche,
mit guter Lust geschriebene Stücke. ...Die Zusammenstellung der Instrumente
in den Märchenerzählungen
ist von ganz eigenthümlicher Wirkung”.
Struck, M., vedi
nota n.22.