Dal libro "Il maiale è servito" della classe III sez. D

 

 

Il maiale come simbolo del Carnevale

Il 17 gennaio, festa di Sant'Antonio Abate, è anche l'inizio del Carnevale, di cui il maiale è una delle personificazioni animalesche (come l'asino, il tacchino, il caprone) essendo il simbolo della ghiottoneria.

Prima di morire il Carnevale-maiale deve fare testamento, preceduto da un processo in piena regola. Questi testamenti rappresentavano un pretesto per denunciare "coram populo" i raggiri della società e dei cittadini più in vista del paese.

Nella letteratura popolare italiana sono presenti molti esempi di componimenti poetici, nei quali il Carnevale-porco, tramite un Notaio, lascia le varie parti del suo corpo alle autorità del paese, facendo chiare allusioni agli imbrogli commessi da personaggi illustri…

Riportiamo qualche esempio di "TESTAMENTUM DOMINI PORCELLI"

 

"Io peccatore e lurido maiale

devo morire perché è Carnevale,

ma prima che sia morto e scenda all'orco,

sentite che vi dice questo porco!

 

Al sindaco, che conoscete tutti,

gli lascio i miei buonissimi prosciutti

perché‚ per tutto l'anno, inverno e estate,

si faccia le sue solite pappate.

 

Poi lascio al segretario comunale

il mio grugnante grifo di maiale,

perché lo ficchi sempre dappertutto,

e s'ingozzi e non resti a becco asciutto.

 

Lascio il mio fiele al medico condotto,

perché ci faccia un utile decotto,

da dare come cura ai suoi malati,

finché alla fine non li avrà spacciati.

 

Al parroco gli lascio la ventresca,

che gli ricordi la sua bella tresca

con la moglie del povero speziale,

 

 

al quale lascio in dote un bel guanciale,

su cui possa dormire sonni tranquilli,

senza mettersi in testa certi grilli!

 

Infine lascio il resto del mio corpo,

a chi gradisce e apprezza questo porco,

che fra salsicce, sfrizzoli e prosciutto

non se ne spreca niente, è buono tutto!

 

Così io vi farò peccar di gola

anche da morto, basta la parola.

Fra salsicce, salami e bei prosciutti

uno per uno vi accontento tutti!"

 

Quella che segue è la versione dell’agronomo bolognese Vincenzo Tanara , di fine settecento, ma si tratta di un testo molto più vecchio, attestato fin dalla tarda antichità e poi tramandato per tutto il medioevo e oltre, in cui il porco stesso è immaginato mentre fa testamento, cogliendo l’occasione per enumerare ad una ad una le sue molteplici benemerenze verso l’umanità. Da San Gerolamo, vissuto fra il IV e il V secolo, apprendiamo che, il testamento del Porcello veniva recitato dai fanciulli delle scuole a mo’ di filastrocca.

TESTAMENTUM PORCELLI

Avvedutasi certo venerabil porco, che dal protosguattero Zighittone doveva esser macellato, gli addimandò un hora di tempo per poter disporre delle sue facoltà, così comparve il notaro di Svigo, il quale rogò l’ultima volontà di quello.

"Prima lascio il mio si da una caterva di golosi con varia cuocitura nel loro ventre sepellito.

Lascio a Priapo (dio della fecondità e degli orti) il mio grugno, col quale possa cavare i tartufi dal suo horto.

Lascio a’ librari e cartari i miei maggiori denti, da poter con comodità piegare e pulire le carte.

Lascio a’ dilettissimi Hebrei, dai quali mai ho avuto offesa alcuna, le setole della mia schiena, da poter con quelle rappezzar le scarpe e far l’arte del calzolaio.

Lascio a’ fanciulli la mia vessica da giocar.

Lascio alle donne il mio latte, a loro proficuo e sano.

Lascio la mia pelle a’ mondatori e mugnai, per far recipienti da acconciar i grani.

Lascio la metà delle mie cotiche a’ scultori, per far colla di stucco, e l’altra metà a quelli che fabbricano il sapone.

Lascio il mio sebo a’ candelottari, per mescolarlo a metà col bovino e caprino e far ottime candele, con le quali li virtuosi possano alla quiete della notte studiare.

Lascio la metà della mia songia a’ carrozzieri, bifolchi e carrettieri, e l’altra metà a’ garzolari per conciare la canapa. Lascio le mie ossa ai giocatori, per far dadi da giocare.

Lascio a’ rustici, miei nutritori, il fiele, per poter senza spesa cavar le spine dal loro corpo,quando scalzi e nudi nel lavorar la terra gli fossero entrati nella pelle, e per poter senza spesa, in luogo di lavativo, l’indurato corpo irritare.

Lascio agli alchimisti la mia coda, acciò conoscano che il guadagno che son per fare con quell’arte è simile a quello che io faccio col dimenar tutto il giorno la detta coda.

Lascio agli hortolani le mie unghie, da ingrassar terreno per piantar carote.

In tutti gli altri liei lardi, presciutti, spalle, ventresche, barbaglie, salami, mortadelle, salcizzutti, salcizze e altre mie preparationi, instituisco cuglio che sia mio herede universale il carissimo economo villeggiante".

(Vincenzo Tanara, L’economia del cittadino in villa, Venezia, 1665, pag. 193,194).

 

dal CD audio

MI PIACE (il maiale)

(rivisitazione della canzone "Mi piaci" di Alex Britti)

Cosa vorresti per regalo da trovare sotto al letto

qualche fiore eccezionale o qualche frase che ho già detto

come quella volta in treno che guardavi dal finestrino

ti ho visto e avvicinandomi cominciai a fare il cretino.

Che ore sono, quanti anni hai davvero sei di Milano

ho una zia che vive a Brescia e certe volte il mondo è strano.

Cosa vuoi che ti dica, adesso che ci siam sposati,

ti accontenti di "ti voglio bene" oppure vuoi proprio "ti amo".

 

Ti ho comprato un maialino che disturba raramente

ma da quando sta con te l’hai messo a dieta veramente,

lo sapevo che eri strana però non capivo quanto

e da quando stiamo insieme non mangio niente e a volte piango.

È un problema il mangiare siamo andati al ristorante

sembra non ti piaccia niente eppure di cose ne hanno tante,

allora siamo andati al mare così almeno ti rilassi

ed invece è troppo caldo così anche lì mi stressi,

andiamo via ti prego andiamo a casa ti farò riempire

ma poi sei troppo stanca niente mangiare e vuoi dormire.

 

Però mi piace mi piace che ci posso fare se mi piace, mi piace.

 

Siamo usciti con gli amici così almeno sei contenta,

siamo andati al ristorante una bistecca con la birra

e anche lì neanche a farla apposta hai avuto da ridire

perché la carne era troppo grassa e hai chiamato il cameriere,

questo posto mi fa schifo guarda un po’ che bisteccaccia,

Indubbiamente s’è incazzata e ha dato a me un cazzotto in faccia.

 

Però mi piace mi piace che ci posso fare mi piace.

 

C’hai convinto tutti quanti che lui ha il colesterolo,

distrugge cuore, arterie e la salute va in volo

e così son due anni che mi manca la bistecca,

sembra quasi che io viva addirittura alla Mecca.

Senza salsicce, né lo strutto, né prosciutto, né zampone

son due anni di tortura, è diventata un’ossessione.

 

Però mi piace mi piace che ci posso fare se mi piace, mi piace.

 

Cosa vuoi che ti dica, c’ho creduto veramente

ma per me è troppo buono e tutto il resto non conta niente

perciò adesso c’ho pensato e l’ho comprato di nascosto,

se lo vede mia moglie per me in cucina non c’è più posto,

ma perché quel giorno che t’ho visto fui così cretino,

se potessi tornare indietro non rinuncerei al cotechino.

 

Però mi piace mi piace che ci posso fare se mi piace, mi piace.

 

La canzone è stata cantata dalle alunne Myriam Cataldi, Daniela Di Domenico, Alessia Cernesi  e Martina Pontone   e registrata con il supporto tecnico di Alessandro Gallozzi, in arte Alex, giovane cantautore cassinate che sta riscuotendo successi anche a livello nazionale, al quale vanno i nostri più sentiti e affettuosi ringraziamenti.

 

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