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IPAZIA DI ALESSANDRIA: MARTIRE PAGANA
Il 30 aprile del 311 Galerio, a nome anche di Costantino e di Licinio, emanò l'editto di Nicomedia. Galerio decretò la fine degli editti di Diocleziano, riconobbe ai cristiani libertà di culto e di riunione, restituì alle chiese i beni non ancora alienati dopo la confisca, ordinò la ricostruzione delle chiese. Il cristianesimo divenne ufficialmente religio licita.
Con Teodosio il cristianesimo divenne religione di stato e, nel 392, la religione romana venne proibita, pena la morte.
In ottant'anni i cristiani riuscirono ad impadronirsi del vertice dell'Impero Romano e si trasformarono in accaniti persecutori dei fedeli di quella religione i cui valori avevano dato vita alla grandezza di Roma e dell'Impero.
Nel 410, appena 18 anni dopo la proibizione della religione romana, Alarico e i visigoti mettevano a sacco Roma.
Pochi decenni ancora e l'Impero sarebbe giunto alla fine.
All'inizio del V secolo i fedeli dell'antica religione non avevano più né templi, né clero, né statue, né riti. Rimaneva loro lo spazio della scienza e della filosofia.
Alessandria era stata, fin dal tempo dei Tolomei, un grande centro culturale. Basti ricordare che vi avevano studiato e insegnato Eratostene, Archimede, Euclide, Tolomeo, Plotino.
Ipazia aveva tutte le caratteristiche per essere odiata dai cristiani: donna, pagana, scienziata di grande fama e guida della scuola filosofica neoplatonica di Alessandria.
Nel 415 i cristiani di Alessandria, forse mossi dal proprio vescovo Cirillo, l'aggredirono, la tormentarono crudelmente, la trascinarono per le vie della città, la fecero a pezzi ed infine la bruciarono.
Scrisse Giovanni, vescovo cristiano di Nikiu: "E tutte le persone circondarono il patriarca Cirillo e lo chiamarono 'il nuovo Teofilo' perché aveva distrutto gli ultimi resti dell'idolatria nella città". (Nel 391 il vescovo Teofilo aveva guidato personalmente i cristiani all'assalto del tempio di Serapide cui era seguito l'incendio della Biblioteca di Alessandria).
Località: Egitto - Alessandria
Epoca: 415 d.C.
Ipazia
di Alessandria
Ipazia (370-415) visse al tempo dell'imperatore d'Oriente Arcadio (377-408) e di suo figlio Teodosio II (401-450).
Secondo il Suda, enciclopedia bizantina del X secolo, era figlia di Teone, geometra e filosofo, ultimo direttore del Museo di Alessandria.
Ipazia fu nota per il suo sapere nel campo della matematica, dell'astronomia e della filosofia platonica.
Fu a capo della scuola neoplatonica di Alessandria.
Tra i suoi allievi ebbe Synesius di Cirene che intorno al 410 divenne vescovo cristiano di Tolemaide (odierna Tolmeita, o Tulmaythah in Libia).
Ipazia era pagana.
Opere di Ipazia
Tra le opere di Ipazia si annoverano:
Inoltre Ipazia provvide a curare l'edizione di un'opera di suo padre: il Commentario sull'Almagesto di Tolomeo.
L'ambiente di Alessandria
Con il terzo editto del 391 dell'imperatore Teodosio la persecuzione anti-pagana s'intensificò e molti cristiani si sentirono autorizzati ad iniziare la distruzione degli edifici pagani.
Ad Alessandria il vescovo Teofilo avviò una sistematica campagna di distruzione dei templi.
Il tempio di Serapide, divinità greco-egizia che riuniva in sè Zeus ed Osiride, venne assediato dai cristiani. Il vescovo Teofilo ed il prefetto Evagrio, insieme con gli uomini della guarnigione militare, iniziarono l'opera di demolizione. Il vescovo Teofilo volle dare il buon esempio dando il primo colpo contro la colossale statua del dio Serapide.
Durante l'operazione di repressione religiosa la famosa biblioteca di Alessandria fu incendiata dai cristiani.
Nel 412 Cirillo prese il posto dello zio, il vescovo Teofilo, e divenne patriarca di Alessandria.
Il prefetto di Alessandria Oreste ebbe dei contrasti con Cirillo e fu amico di Ipazia.
Il martirio di Ipazia
Nella primavera del 415 una banda di monaci cristiani catturò Ipazia per strada, la colpì e trascinò il suo corpo fino in una chiesa dove la sua carne venne fatta a pezzi con tegole acute e i suoi resti bruciati.
Alcuni dicono che il vescovo Cirillo fu responsabile di questo atto oltraggioso.
Imperatore era il minorenne Teodosio II, reggente era sua sorella Pulcheria.
Cirillo (375-444) venne fatto santo e nel 1882 fu dichiarato dottore della chiesa cattolica.
La fuga da Alessandria
Dopo l'assassinio di Ipazia i suoi allievi abbandonarono la città. Alessandria perse definitivamente il suo ruolo di centro culturale.
Versioni sulla morte di Ipazia
Si riportano i testi di tre versioni, di cui due di parte cristiana, della morte di Ipazia.
Vita di Ipazia - Dalla Vita di Isidoro di Damascio, riprodotta nel Suda
Damascio (480-550), pagano, fu filosofo neoplatonico, ultimo direttore della Accademia di Atene, soppressa dall'imperatore Giustiniano nel 529.
"Ipazia nacque ad Alessandria dove fu allevata ed istruita. Poichè aveva più intelligenza del padre, non fu soddisfatta dalla sua conoscenza delle scienze matematiche e volle dedicarsi anche allo studio della filosofia.
La donna era solita indossare il mantello del filosofo ed andare nel centro della città. Commentava pubblicamente Platone, Aristotele, o i lavori di qualche altro filosofo per tutti coloro che desiderassero ascoltarla. Oltre alla sua esperienza nell'insegnare riuscì a elevarsi al vertice della virtù civica.Fu giusta e casta e rimase sempre vergine. Lei era così bella e ben fatta che uno dei suoi studenti si innamorò di lei, non fu capace di controllarsi e le mostrò apertamente la sua infatuazione. Alcuni narrano che Ipazia lo guarì dalla sua afflizione con l'aiuto della musica. Ma la storia della musica è inventata. In realtà lei raggruppò stracci che erano stati macchiati durante il suo periodo e li mostrò a lui come un segno della sua sporca discesa e disse, "Questo è ciò che tu ami, giovanotto, e non è bello!". Alla brutta vista fu così colpito dalla vergogna e dallo stupore che esperimentò un cambiamento del cuore ed diventò un uomo migliore.
Tale era Ipazia, così articolata ed eloquente nel parlare come prudente e civile nei suoi atti. La città intera l'amò e l'adorò in modo straordinario, ma i potenti della città l'invidiarono, cosa che spesso è accaduta anche ad Atene. Anche se la filosofia stessa è perita, il suo nome sembra ancora magnifico e venerabile agli uomini che esercitano il potere nello stato.Così accadde che un giorno Cirillo, vescovo della setta di opposizione [il cristianesimo], passò presso la casa di Ipazia, e vide una grande folla di persone e di cavalli di fronte alla sua porta. Alcuni stavano arrivando, alcuni partendo, ed altri sostavano. Quando lui chiese perché c'era là una tale folla ed il motivo di tutto il clamore, gli fu detto dai seguaci della donna che era la casa di Ipazia il filosofo e che lei stava per salutarli. Quando Cirillo seppe questo fu così colpito dalla invidia che cominciò immediatamente a progettare il suo assassinio e la forma più atroce di assassinio che potesse immaginare.
Quando Ipazia uscì dalla sua casa, secondo il suo costume, una folla di uomini spietati e feroci che non temono né la punizione divina né la vendetta umana la attaccò e la tagliò a pezzi, commettendo così un atto oltraggioso e disonorevole contro il loro paese d'origine.
L'Imperatore si adirò, e l'avrebbe vendicata se non fosse stato subornato da Aedesius. Così l'Imperatore ritirò la punizione sopra la sua testa e la sua famiglia tramite i suoi discendenti pagò il prezzo. La memoria di questi eventi ancora è vivida fra gli alessandrini".
Vita di Ipazia - Dalla Historia Ecclesiastica di Socrate Scolastico
Socrate Scolastico (380-450), di religione cristiana, di professione avvocato, scrisse la Historia Ecclesiastica in sette libri.
"Ad Alessandria c'era una donna chiamata Ipazia, figlia del filosofo Teone, che ottenne tali successi nella letteratura e nella scienza da superare di gran lunga tutti i filosofi del suo tempo. Provenendo dalla scuola di Platone e di Plotino, lei spiegò i principi della filosofia ai suoi uditori, molti dei quali venivano da lontano per ascoltare le sue lezioni.
Facendo conto sulla padronanza di sé e sulla facilità di modi che aveva acquisito in conseguenza dello sviluppo della sua mente, non raramente apparve in pubblico davanti ai magistrati. Né lei si sentì confusa nell'andare ad una riunione di uomini. Tutti gli uomini, tenendo conto della sua dignità straordinaria e della sua virtù, l'ammiravano di più.
Fu vittima della gelosia politica che a quel tempo prevaleva. Ipazia aveva avuto frequenti incontri con Oreste. Questo fatto fu interpretato calunniosamente dal popolino cristiano che pensò fosse lei ad impedire ad Oreste di riconciliarsi con il vescovo.
Alcuni di loro, perciò, spinti da uno zelo fiero e bigotto, sotto la guida di un lettore chiamato Pietro, le tesero un'imboscata mentre ritornava a casa. La trassero fuori dalla sua carrozza e la portarono nella chiesa chiamata Caesareum, dove la spogliarono completamente e poi l'assassinarono con delle tegole. Dopo avere fatto il suo corpo a pezzi, portarono i lembi strappati in un luogo chiamato Cinaron, e là li bruciarono.
Questo affare non portò il minimo obbrobrio a Cirillo, e neanche alla chiesa di Alessandria. E certamente nulla può essere più lontano dallo spirito del cristianesimo che permettere massacri, violenze, ed azioni di quel genere.
Questo accadde nel mese di marzo durante la quaresima, nel quarto anno dell'episcopato di Cirillo, sotto il decimo consolato di Onorio ed il sesto di Teodosio".
Vita di Ipazia - Dalla Cronaca di Giovanni, vescovo cristiano di Nikiu
"In quei giorni apparve in Alessandria un filosofo femmina, una pagana chiamata Ipazia, che si dedicò completamente alla magia, agli astrolabi e agli strumenti di musica e che ingannò molte persone con stratagemmi satanici.
Il governatore della città l'onorò esageratamente perché lei l'aveva sedotto con le sue arti magiche. Il governatore cessò di frequentare la chiesa come era stato suo costume. Ad eccezione di una volta in circostanze pericolose. E non solo fece questo, ma attrasse molti credenti a lei, ed egli stesso ricevette gli increduli in casa sua.
Un giorno in cui stavano facendo allegramente uno spettacolo teatrale con ballerini, il governatore della città pubblicò un editto riguardante gli spettacoli pubblici nella città di Alessandria. Tutti gli abitanti della città erano riuniti nel teatro.
Cirillo, che era stato nominato patriarca dopo Teofilo, era ansioso di comprendere esattamente il contenuto dell'editto.
C'era un uomo chiamato Hierax, un cristiano che possedeva comprensione ed intelligenza e che era solito dileggiare i pagani. Era un seguace affezionato all'illustre padre il patriarca ed obbediente ai suoi consigli. Egli era anche molto versato nella fede cristiana.
Ora questo uomo si era recato al teatro per conoscere la natura dell'editto. Ma quando gli ebrei lo videro nel teatro gridarono e dissero: 'Questo uomo non è venuto con buone intenzioni, ma solamente per provocare un baccano'.
Il prefetto Oreste fu scontento dei figli della santa chiesa, e Hierax fu afferrato e sottoposto pubblicamente a punizione nel teatro, sebbene fosse completamente senza colpa.
Cirillo si irritò con il governatore della città per questo fatto, ed anche perché aveva messo a morte Ammonio, un illustre monaco del convento di Pernodj, ed anche altri monaci.
Quando il magistrato principale della città venne informato, rivolse la parola agli ebrei come segue: 'Cessate le ostilità contro i cristiani'. Ma essi rifiutarono di dare ascolto a quello che avevano sentito; si vantarono dell'appoggio del prefetto che era dalla loro parte, e così aggiunsero oltraggio a oltraggio e progettarono un massacro in modo infido.
Di notte posero in tutte le strade della città alcuni uomini, mentre altri gridavano e dicevano: 'La chiesa dell'apostolico Athanasius è in fiamme: corrano al soccorso tutti i cristiani'. Ed i cristiani al sentire queste grida vennero fuori del tutto ignari della slealtà degli ebrei. Quando i cristiani vennero avanti, gli ebrei sorsero e perfidamente massacrarono i cristiani e versarono il sangue di molti, sebbene fossero senza alcuna colpa.
Al mattino, quando i cristiani sopravvissuti sentirono del malvagio atto compiuto dagli ebrei contro di loro, si recarono dal patriarca. Ed i cristiani si chiamarono a raccolta tutti insieme. Marciarono in collera verso le sinagoghe degli ebrei e ne presero possesso, le purificarono e le convertirono in chiese. Una di esse venne dedicata a S. Giorgio.
Espulsero gli assassini ebrei dalla città. Saccheggiarono tutte le loro proprietà e li derubarono completamente. Il prefetto Oreste non fu in grado di portare loro alcun aiuto.
Poi una moltitudine di credenti in Dio si radunò sotto la guida di Pietro il magistrato, un credente in Gesù Cristo perfetto sotto tutti gli aspetti, e si misero alla ricerca della donna pagana che aveva ingannato le persone della città ed il prefetto con i suoi incantesimi.
Quando trovarono il luogo dove era, si diressero verso di lei e la trovarono seduta su un'alta sedia. Avendola fatta scendere, la trascinarono e la portarono nella grande chiesa chiamata Caesarion. Questo accadde nei giorni del digiuno.
Poi le lacerarono i vestiti e la trascinarono attraverso le strade della città finché lei morì. E la portarono in un luogo chiamato Cinaron, e bruciarono il suo corpo. E tutte le persone circondarono il patriarca Cirillo e lo chiamarono 'il nuovo Teofilo' perché aveva distrutto gli ultimi resti dell'idolatria nella città".
Decreti del Codice Teodosiano contro il paganesimo
Si riportano alcuni decreti contro il paganesimo emessi dagli imperatori romano-cristiani nel periodo in cui visse Ipazia.
CTh.16.10.7
Imppp. gratianus, valentinianus et theodosius aaa. floro praefecto praetorio. si qui vetitis sacrificiis diurnis nocturnisque velut vesanus ac sacrilegus, incertorum consultorem se inmerserit fanumque sibi aut templum ad huiuscemodi sceleris executionem adsumendum crediderit vel putaverit adeundum, proscriptione se noverit subiugandum, cum nos iusta institutione moneamus castis deum precibus excolendum, non diris carminibus profanandum. dat. xii kal. ian. constantinopoli eucherio et syagrio conss. (381 dec. 21).
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CTh.16.10.8
Idem aaa. palladio duci osdroenae. aedem olim frequentiae dedicatam coetui et iam populo quoque communem, in qua simulacra feruntur posita artis pretio quam divinitate metienda iugiter patere publici consilii auctoritate decernimus neque huic rei obreptivum officere sinimus oraculum. ut conventu urbis et frequenti coetu videatur, experientia tua omni votorum celebritate servata auctoritate nostri ita patere templum permittat oraculi, ne illic prohibitorum usus sacrificiorum huius occasione aditus permissus esse credatur. dat. prid. kal. dec. constantinopoli antonio et syagrio conss. (382 nov. 30).
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CTh.16.10.10
Idem aaa. ad albinum praefectum praetorio. nemo se hostiis polluat, nemo insontem victimam caedat, nemo delubra adeat, templa perlustret et mortali opere formata simulacra suspiciat, ne divinis adque humanis sanctionibus reus fiat. iudices quoque haec forma contineat, ut, si quis profano ritui deditus templum uspiam vel in itinere vel in urbe adoraturus intraverit, quindecim pondo auri ipse protinus inferre cogatur nec non officium eius parem summam simili maturitate dissolvat, si non et obstiterit iudici et confestim publica adtestatione rettulerit. consulares senas, officia eorum simili modo, correctores et praesides quaternas, apparitiones illorum similem normam aequali sorte dissolvant. dat. vi kal. mart. mediolano tatiano et symmacho conss. (391 febr. 24).
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CTh.16.10.11
Idem aaa. evagrio praefecto augustali et romano comiti aegypti. nulli sacrificandi tribuatur potestas, nemo templa circumeat, nemo delubra suspiciat. interclusos sibi nostrae legis obstaculo profanos aditus recognoscant adeo, ut, si qui vel de diis aliquid contra vetitum sacrisque molietur, nullis exuendum se indulgentiis recognoscat. iudex quoque si quis tempore administrationis suae fretus privilegio potestatis polluta loca sacrilegus temerator intraverit, quindecim auri pondo, officium vero eius, nisi collatis viribus obviarit, parem summam aerario nostro inferre cogatur. dat. xvi kal. iul. aquileiae tatiano et symmacho conss. (391 iun. 16).
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CTh.16.10.12pr.
Imppp. theodosius, arcadius et honorius aaa. ad rufinum praefectum praetorio. nullus omnino ex quolibet genere ordine hominum dignitatum vel in potestate positus vel honore perfunctus, sive potens sorte nascendi seu humilis genere condicione ortuna in nullo penitus loco, in nulla urbe sensu carentibus simulacris vel insontem victimam caedat vel secretiore piaculo larem igne, mero genium, penates odore veneratus accendat lumina, imponat tura, serta suspendat. (392 nov. 8).
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CTh.16.10.12.1
Quod si quispiam immolare hostiam sacrificaturus audebit aut spirantia exta consulere, ad exemplum maiestatis reus licita cunctis accusatione delatus excipiat sententiam competentem, etiamsi nihil contra salutem principum aut de salute quaesierit. sufficit enim ad criminis molem naturae ipsius leges velle rescindere, illicita perscrutari, occulta recludere, interdicta temptare, finem quaerere salutis alienae, spem alieni interitus polliceri. (392 nov. 8).
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CTh.16.10.12.2
Si quis vero mortali opere facta et aevum passura simulacra imposito ture venerabitur ac ridiculo exemplo, metuens subito quae ipse simulaverit, vel redimita vittis arbore vel erecta effossis ara cespitibus, vanas imagines, humiliore licet muneris praemio, tamen plena religionis iniuria honorare temptaverit, is utpote violatae religionis reus ea domo seu possessione multabitur, in qua eum gentilicia constiterit superstitione famulatum. namque omnia loca, quae turis constiterit vapore fumasse, si tamen ea in iure fuisse turificantium probabuntur, fisco nostro adsocianda censemus. (392 nov. 8).
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CTh.16.10.13pr.
Impp. arcadius et honorius aa. rufino praefecto praetorio. statuimus nullum ad fanum vel quodlibet templum habere quempiam licentiam accedendi vel abominanda sacrificia celebrandi quolibet loco vel tempore. igitur universi, qui a catholicae religionis dogmate deviare contendunt, ea, quae nuper decrevimus, properent custodire et quae olim constituta sunt vel de haereticis vel de paganis, non audeant praeterire, scituri, quidquid divi genitoris nostri legibus est in ipsos vel supplicii vel dispendii constitutum, nunc acrius exsequendum. sciant autem moderatores provinciarum nostrarum et his apparitio obsecundans, primates etiam civitatum, defensores nec non et curiales, procuratores possessionum nostrarum, in quibus sine timore dispendii coetus illicitos haereticos inire comperimus, eo, quod fisco sociari non possunt, quippe ad eius dominium pertinentes, si quid adversus scita nostra temptatum non fuerit vindicatum adque in vestigio ipso punitum, omnibus se detrimentis et suppliciis subiugandos, quae scitis sunt veteribus constituta. (395 aug. 7).
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CTh.16.10.13.2
Insuper capitali supplicio iudicamus officia coercenda, quae statuta neglexerint. dat. vii id. aug. constantinopoli olybrio et probino conss. (395 aug. 7).
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CTh.16.10.14
Idem aa. caesario praefecto praetorio. privilegia si qua concessa sunt antiquo iure sacerdotibus ministris praefectis hierofantis sacrorum sive quolibet alio nomine nuncupantur, penitus aboleantur nec gratulentur se privilegio esse munitos, quorum professio per legem cognoscitur esse damnata. dat. vii id. dec. constantinopoli arcadio iiii et honorio iii aa. conss. (396 dec. 7).
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CTh.16.10.15
Idem aa. macrobio vicario hispaniarum et procliano vicario quinque provinciarum. sicut sacrificia prohibemus, ita volumus publicorum operum ornamenta servari. ac ne sibi aliqua auctoritate blandiantur, qui ea conantur evertere, si quod rescriptum, si qua lex forte praetenditur. erutae huiusmodi chartae ex eorum manibus ad nostram scientiam referantur, si illicitis evectiones aut suo aut alieno nomine potuerint demonstrare, quas oblatas ad nos mitti decernimus. qui vero talibus cursum praebuerint, binas auri libras inferre cogantur. dat. iiii kal. feb. ravennae theodoro v. c. cons. (399 ian. 29).
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CTh.16.10.16
Idem aa. ad eutychianum praefectum praetorio. si qua in agris templa sunt, sine turba ac tumultu diruantur. his enim deiectis atque sublatis omnis superstitioni materia consumetur. dat. vi id. iul.; proposita damasco theodoro v. c. cons. (399 iul. 10).
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CTh.16.10.18
Idem aa. apollodoro proconsuli africae. aedes illicitis rebus vacuas nostrarum beneficio sanctionum ne quis conetur evertere. decernimus enim, ut aedificiorum quidem sit integer status, si quis vero in sacrificio fuerit deprehensus, in eum legibus vindicetur, depositis sub officio idolis disceptatione habita, quibus etiam nunc patuerit cultum vanae superstitionis impendi. dat. xiii kal. sept. patavi theodoro v. c. cons. (399 aug. 20).
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CTh.16.10.19pr.
Imppp. arcadius, honorius et theodosius aaa. curtio praefecto praetorio. post alia: templorum detrahantur annonae et rem annonariam iuvent expensis devotissimorum militum profuturae. (408 [407] nov. 15).
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CTh.16.10.19.1
Simulacra, si qua etiamnunc in templis fanisque consistunt et quae alicubi ritum vel acceperunt vel accipiunt paganorum, suis sedibus evellantur, cum hoc repetita sciamus saepius sanctione decretum. (408 [407] nov. 15).
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CTh.16.10.19.2
Aedificia ipsa templorum, quae in civitatibus vel oppidis vel extra oppida sunt, ad usum publicum vindicentur. arae locis omnibus destruantur omniaque templa in possessionibus nostris ad usus adcommodos transferantur; domini destruere cogantur. (408 [407] nov. 15).
Riferimenti bibliografici:
|
Antichità
classica
|
Garzanti
|
Ammiano Marcellino |
Le storie
|
TEA
|
Brown P. |
Il mondo tardo antico
|
Einaudi
|
Cameron A. |
Il tardo impero romano
|
Il Mulino
|
Donadoni S. |
Testi
religiosi egizi
|
TEA
|
Gibbon E. |
Destino e caduta
dell'Impero romano
|
Mondadori
|
Williams S. - Friell G. |
Teodosio - L'ultima
sfida
|
ECIG
|
MAAT FORUM
MAAT
CONOSCERE
LA STORIA PER CREARE IL FUTURO
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