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Bob Dylan
Blonde On Blonde - cd Columbia - (prima edizione come doppio LP: 1966)

La storia di Blonde On Blonde incominciò male negli studi della Columbia a New York nel 1965.
Undici ore di registrazione servirono solo a comprendere che qualcosa non funzionava.
Bob era nervoso, il prodotto non rispecchiava i suoi intenti ed anche il produttore Bob Johnston era insoddisfatto.
Poi qualcuno ebbe l'idea di trasferire il tutto a Nashville, la storica capitale del Tennessee, conosciuta per essere la città della musica più stomachevole del mondo, quel country commerciale ed insipido che si ascolta ancora su tante radio americane.
Pare, tuttavia, che Nashville avesse una sorta di potere magico: placare i nervi e fermare il logorio della vita moderna.

Bob riuscì a darsi una calmata, e quindi a portare a termine quello che quasi unanimemente venne considerato uno dei suoi capolavori.
A distanza di anni il giudizio è immutato: fu uno dei più bei dischi di sempre, non uno dei cento, per capirci, ma uno delle dieci meraviglie del mondo del rock'n'roll.
Scorrere il nome dei sessionmen impegnati della registrazione procura ancora brividi di piacere in chi capisce di rock: gente come Al Kooper e Robbie Robertson.
Ma fu anche un disco di turnisti di Nashville, oscuri prezzolati ad ore, che pazientemente aspettavano, anche fino a notte fonda che il capo finisse di scrivere e comporre.

Cerchiamo di spiegare il nervosismo: Dylan usciva da un periodo nero, o forse c'era ancora dentro fino al collo.
In tourneè ininterrotta, continuava a girare come una trottola ed a tenersi su con dubbie medicine e tanta drug.
Il pubblico che aveva affollato i concerti era costituito in buona parte da vecchi fans e simpatizzanti di sinistra, ostili alla svolta elettrica e rock che il nostro aveva intrapreso.
Sia in America che in Inghilterra era stato contestato.
L'apparizione al festival di Newport fu un disastro. Perfino Pete Seeger, uomo intelligente, aveva avuto un attacco isterico mentre Dylan suonava quella roba.
Una stampa ultrapartigiana, come quella di Sing-Out, organo militante del folk impegnato, aveva denunciato solennemente il tradimento di Dylan.
Le voci favorevoli erano poche e quasi soffocate dal rumore degli insulti diretti al signor Dylan.
Non c'era stata esibizione non disturbata dalle battutine di un pubblico sordo alla musica ed ai testi, sadico e crudele come solo sanno esserlo i tifosi traditi (da Ronaldo... and Clara).
Durante un concerto uno scalmanato era salito sul palco ed aveva dato uno spintone ad Al Kooper, facendolo rotolare dalla sedia.
Dylan ordinò alla band di continuare a suonare, e la musica finì con l'imporsi. Anche i più incarogniti tra i contestatori si sedettero tranquilli, si misero a fumare canne, ed a scolarsi tolle di Budweiser.
Si comprende che il nostro era andato avanti imperterrito, ma ferito nel profondo.
Certo, in Inghilterra aveva anche incontrato consensi e si era fatto ammiratori importanti come John Lennon, Manfred Mann, gli Animals, che fecero delle covers di brani di Dylan. Ma la questione è un'altra: i vecchi amici ed i vecchi amori si erano persi per strada e coltivavano rancori. Da Joan Baez a Pete Seeger, da Phil Ochs all'ultimo menestrello del Village.

Secondo Robert Shelton, autore del memorabile No Direction Home: The Life And The Music Of Bob Dylan (tradotto e pubblicato da Feltrinelli come Vita e musica di Bob Dylan), uno dei meriti di Dylan fu l'aver portato nel mondo del rock dei testi finalmente poetici, in netto contrasto con poesiole altrimenti insipide, Beatles (fino al '65) compresi.

Dylan, alzando il tiro, non fece certamente male nè al folk, nè, tantomeno, al rock.
Egli stesso era cresciuto ascoltando Elvis Presley e Rhythm 'n' Blues. Aveva suonato, in una band di rock 'n roll, durante l'adolescenza, indossando giacconi di pelle e guidando Harley Davidson. Corse pure il rischio di andare a sbattere contro un treno merci in manovra, e prima aveva investito un bambino di tre anni, fortunatamente senza conseguenza.
Joan Baez racconta che non sapeva andare in moto, e che c'era da raccomandarsi a Dio prima di ogni curva.

Bob aveva virato verso il folk perchè attratto dall'irresistibile verità cantata dal grande Woody Guthrie.
Ma, strada facendo, aveva compreso che era il rock il suo stile più congeniale. E fare del rock non portava necessariamente a cantare schifezze..

Del resto il sound proposto da Dylan non fu mai qualcosa di banale.
La prova non va necessariamente cercata in Blonde On Blonde, giacchè anche nei dischi precedenti, è visibile in capolavori come Like A Rolling Stone.
Fu grazie a Dylan, quantomeno anche grazie a Dylan, che il rock crebbe come genere letterario oltre che musicale, attirando nuove schiere di appassionati ed estendendo di molto i confini delle sue possibilità. Oggi si può parlare di cultura rock e non sottocultura perchè in essa affluirono tensioni autentiche, finalmente espresse in modo esplicito e non solo sintetico e simbolico.
Senza Dylan ci sarebbero stati ugualmente i Doors ed i Velvet Underground, intendiamoci, ma fu lui a preparare il terreno, a concimarlo col letame del blues ed a seminarlo con versi che rimandavano a Keats e Rimbaud.
I primi adepti del nuovo Dylan furono in America Roger Mc Guinn e David Crosby, dei Byrds. Ed è indubitabile che il nuovo rock della costa occidentale cominciò proprio con i Byrds. La loro cover di Mr. Tambourine Man fece il giro del mondo in poche settimane, sfidando i Beatles sul loro stesso terreno: il suono gradevole e fresco con le chitarre turgide di soavità e coretti angelici.

Dylan fu accusato di aver abbandonato la purezza del folk in cambio dell'easy money.
Se ben si riflette, non c'è difesa possibile contro un simile ragionamento, rimanendo sullo stesso terreno. Bisogna cambiare totalmente il punto di vista: il guadagno, come pure la popolarità, non sono il male, e non dipendono affatto dalla qualità della musica, o dalla sua degenerazione.
Negli anni '60 le classifiche dei dischi venduti ospitavano personaggi come Donovan o Joan Baez ed il ciarpame commerciale era molto meno invasivo di oggi. A metà del decennio nacque una sorta di febbre per il folk, sia nella versione più pura, sia in quella in parte mistificata dall'industria discografica come nel caso dei Byrds e di Sonny & Cher. Ma a noi piaceva anche questo, come piace tuttora. Sfido chiunque a trovare falsi i Byrds o corrotto il suono del duo.

"Verso la metà del '65 - scrive Shelton - un grosso successo che rappresentava la protesta folk rock fu Eve of Distruction, di P.F. Sloan, incisa da Barry Mc Guire, un tempo dei New Christie Minstrels. Eve elencava le ingiustizie sociali e metteva in guardia sulla necessità di un cambiamento immediato se non si voleva correre il rischio di un olocausto nucleare." (Shelton, cit.)
Ma, come a prendere le distanze, nel settembre dello stesso anno Dylan dichiarava a Newsweek: "Non ho mai scritto una canzone politica. Le canzoni non possono salvare il mondo. Ho superato tutte queste cose."
Il che non è vero, giacchè Masters Of War fu, ad esempio, una canzone politica, tra le più efficaci e pungenti mai composte. E' solo vero che nessuna canzone può salvare il mondo.

La forbice tra successo commerciale e qualità venne ad insinuarsi più tardi, diciamo nei '70.
La storia dei magnifici perdenti costretti a rimanere nei garages, nei clubs, nei circuiti alternativi, coincise con la fine di alcuni miti, quale quello di Jim Morrison e dei Doors, con la morte di Jimi Hendrix, di Janis Joplin e di Brian Jones.
La decisione dei Beatles di non tenere più concerti, privò il mondo del rock di uno degli elementi di maggior richiamo.
I nuovi eroi, dal chitarrista Duane Allman alla pattuglia dei californiani capeggiati da Crosby e Young, saranno oggetto di culto per un pubblico molto più ristretto e diviso in compartimenti stagni. Ci saranno tifosi di questo e di quello, anche tifosi di Dylan, che riempiranno i grandi stadi, ma, il quadro risulterà complessivamente spezzato, se non frantumato.
A quelli fuori dello stadio, della musica di quelli dentro, glie ne fregherà sempre meno.

L'approccio a Blonde On Blonde richiede qualche cautela, specie per noi italiani.
C'è ancora troppa gente che ascolta solo la musica e valuta solo quella, con superficialità. Non è così che si può provare a capire Dylan, anche se non credo sia impresa facile una volta tradotti i testi.

Come songwriter Dylan è sia facile che difficile. Richiede attenzione. I doppi sensi, i riferimenti a situazioni a noi ignote, le citazioni e le autocitazioni sono all'ordine del giorno. Secondo Shelton c'è molto Shakespeare, ad esempio, ma anche molta letteratura blues, un linguaggio che spazia dalla parlata country alle dimensioni più sofisticate del Greenwich Village. Nonostante cercasse di nascondere il vizio, Dylan fu e rimane un maledetto intellettuale.

Per questo, chi scrive di Dylan corre normalmente un duplice rischio: quello di fare affermazioni del tutto inesatte od infondate, per sentito dire, e quello di cadere vittima della sindrome dell'evangelista, malattia ricorrente in tanti fans del nostro, quasi Dylan fosse stato il Verbo.

La storia del profeta, pompata dai soliti pappagalli, rischia di farci intendere lucciole per lanterne.
Il vero merito di Dylan fu quello di farsi interprete di una parte dei sogni e dei problemi di una generazione, o forse anche due.
Like A Rolling Stone aveva invitato ad aver fiducia solo in sé stessi, a non cercare facili sponde. Ma, non vedere l'errore possibile in questo atteggiamento sarebbe stato demenziale, e possiamo dire che Dylan non lo fu mai. Dobbiamo fidarci anche degli altri: tutta la vita sociale è possibile solo perchè abbiamo fiducia nel lattaio, nell'autista dell'autobus, nel medico che ci visita, e persino nello spacciatore che ci propina la roba.
Se avere fiducia in sé stessi è abbandonare la via della droga, il più stupido dei puntelli sociali, ben venga Like A Rolling Stone. Ma, ho molti dubbi sul fatto che Dylan intendesse la canzone allo stesso modo. Viveva troppo al presente, in quel momento, per avere davvero un occhio sul futuro. E dipendeva dalle anfetamine per tenersi in piedi, all'incirca come Elvis Presley. Ma a differenza di Presley, pensava di più.

Con Blonde On Blonde siamo ad un altro capitolo, ma anche a ripensamenti.
Con poche parole Shelton inquadra la situazione: "Nell'album c'è un sound molto preciso che Dylan cercò in seguito di riprodurre in Street Legal. Lo descriveva come quel rarefatto, selvaggio sound al mercurio.
Blonde comincia con uno scherzo e termina con un inno: fra le due cose, l'umorismo si alterna al tema dominante dell'individuo intrappolato dalle circostanze, dall'amore, dalla società, dalle illusioni, dalle speranze non realizzate. Stiamo qui seduti, pieni di problemi / anche se tutti quanti facciamo del nostro meglio per negarlo, descrive la posizione del cantante.
Vediamo questa gabbia vuota che si corrode, offre qualche speranza." ( Shelton, No direction home...)

Esaminiamo solo alcune canzoni, quelle che mi hanno colpito di più su un piano di sensibilità soggettiva.

Pledging My Time è un classico brano dall'andamento blues ed anche nello stile di scrittura ricalca lo schema dei blues-singers. L'armonica ha un suono lancinante e ricorda il pimpante Little Walter, o se si preferisce, Rice Miller, ovvero Sonny Boy Williamson II.
Well, early in the mornin'
'Til late at night,
I got a poison headache,
But I feel all right.
I'm pledging my time to you,
Hopin' you'll come through, too.

Bene, dal mattino presto
fino a tarda notte
ho un tremendo mal di testa,
ma mi sento bene
Sto impegnando il mio tempo con te,
sperando che anche tu ce la faccia.


Come si vede, è qualcosa di molto diverso da una canzone di protesta, è storia di vita vera, da cui traspare la volontà di sottrarsi al nichilismo. Impegnare il mio tempo nella vecchia battaglia di tanti poeti contro la negazione della vita era per Dylan più urgente ed importante che scrivere proteste contro il sistema.
Aveva capito che la rivoluzione incomincia con un sì alla possibilità e non con dei no alla realtà. O, forse, non era più interessato ad alcuna rivoluzione.

Rainy Day Women N° 12 & 35 arrivò come singolo al secondo posto in classifica. Singolare, perchè l'andamento è da marcetta stile funerali a New Orleans, cantata e suonata da alticci. Certamente non è il brano più bello dell'album. Puzza piuttosto di divertissment, di presa in giro nei confronti di chi pensa solo male delle nuove generazioni, pieno di doppi sensi su droga ed alcoolici e le opinioni più stupide e banali in materia.
La parola ricorrente dello sfottò è stoned. Chiunque suoni la chitarra, per voi, è stoned, ironizza Dylan.
Ma Shelton vi ha scovato un sottinteso amaramente personale: quell'anno Dylan era stato lapidato (stoned) dalle folle.
Gian Pieretti, gran furbacchione, riprese la tematica, e costruì un brano che Antoine, gran frikkettone francese, portò a Sanremo.
Se sei bello ti tirano le pietre, se sei brutto ti tirano di tutto...
cantavamo noi goliardi stravolgendo il testo di Pieretti, più vicini a Dylan di quanto lo fosse lo stesso Dylan.

Visions Of Johanna è sicuramente il brano più sviluppato sotto il profilo testuale, ma anche quello che più profuma di una lontana e paziente dolcezza musicale.

Ain't it just like the night to play tricks when you're tryin' to be so quiet?
We sit here stranded, though we're all doin' our best to deny it
And Louise holds a handful of rain, temptin' you to defy it
Lights flicker from the opposite loft
In this room the heat pipes just cough
The country music station plays soft
But there's nothing, really nothing to turn off
Just Louise and her lover so entwined
And these visions of Johanna that conquer my mind

Bill King parlò di questo brano come della "canzone d'amore più complessa e carica di suggestione". Dylan... "cerca costantemente di trascendere il mondo fisico per raggiungere l'ideale luogo dove le visioni di Johanna divengono reali. Questo non accadrà mai eppure la vita senza tale ricerca è priva di valore;..."
Il mio consiglio è di infilare il dischetto nel lettore, andare subito sul sito www.bobdylan.com, scaricare il testo e poi gustarsi il brano seguendo Dylan nel canto.

Stuck Inside Of Mobile With The Memphis Blues Again. "Nelle canzoni blues e contry - scrive Shelton - si trova il costante lamento per i luoghi abbandonati. Qualsiasi volo di figurazioni folli percorra la canzone, il titolo e il suo caustico messaggio di smembramento costituiscono un finale martellante per ognuna delle nove strofe. Il blues è un grido, un gemito, un rantolo della voce sostenuta dalla Band, che rafforza la spinta accelleratrice dei lunghi versi. E quali personaggi: lo straccivendolo, Shakespeare dandy ed un mucchio di pazzi al neon. Se Desolation Row è Main Street, Memphis Blues è la condizione nazionale di una società sradicata, solitaria e perduta."

I Want You. Doveva essere il titolo dell'album. Poi si decise diversamente. Comunque sia, aveva l'impianto da brano in grado di scalare le classifiche, e come singolo riuscì ad infilarsi al ventesimo posto.
Si può intendere come la canzone dell'amore insoddisfatto, dell'eterna sete mai placata nemmeno dall'acqua più pura.

Just Like A Woman. Fece un po' di scalpore l'atteggiamento apparentemente maschilista, anche se poco dopo Roberta Flack riprese il brano interpretandolo in chiave squisitamente femminile.
In realtà si tratta di una canzone gentile come poche, impreziosita da un giro di chitarra acustica che ti entra più nel cuore che nella testa.
Richie Havens ne diede una buona versione in Mixed Bag del '67.
Il vibrafonista Gary Burton la eseguì in Tennessee Firebird, album jazz del 1966.
Il retroscena del brano è stato investigato con femminile senso dell'intrigo da Elaine Moryson. La ragazza di Just Like A Woman era una pin up del Factory di Andy Warhol, tale Edie Sedgwick, che, forse, si era invaghita di Dylan, o, altrettanto forse, recitava solo una parte. Il nostro, a quel tempo, aveva in testa solo Sara, ma come tutti noi galletti non disdegnava le attenzioni delle altre.
"Ex-ragazza della buona società bostoniana ed ex-modella, la Sedgwick dedicava il proprio tempo a conoscere persone belle e di talento."
O per sviluppare lei stessa una qualche potenzialità artistica, o per diventare musa ispiratrice.
Ma con Dylan era caduta proprio nella tana dell'orso.


Nobody feels any pain
Tonight as I stand inside the rain
Ev'rybody knows
That Baby's got new clothes
But lately I see her ribbons and her bows
Have fallen from her curls.
She takes just like a woman, yes, she does
She makes love just like a woman, yes, she does
And she aches just like a woman
But she breaks just like a little girl.

Sad Eyed Of The Lowlands.
Questo era il brano che chiudeva l'album. Qualcuno la definì come la canzone d'amore più bella mai scritta, ed è quindi ovvio che il riferimento vada a Sara, la moglie di Dylan, che all'epoca era l'unica donna davvero presente nella vita di Bob. Il sound è un semplice accompagnamento che si ripete ad ogni strofa, ma questa lunga canzone non aveva bisogno di più musica; funziona così e funziona solo se riesci a decifrare il testo e la trama dei rimandi e delle immagini. Ogni strofa si chiude con questo inciso (anche se per la verità nel disco Dylan cambia le parole del verso "Should I leave them by your gate" con "put them")

Where the sad-eyed prophet says that no man comes,
My warehouse eyes, my Arabian drums,
Should I leave them by your gate,
Or, sad-eyed lady, should I wait?

Si può rimanere estasiati da quel My warehouse eyes, my Arabian drums, ma si fatica a tradurre in italiano l'equivalente di warehouse, qualcosa che rimanda ad un fondo di magazzino, ad uno scampolo, e quindi, ad uno sguardo all'ingrosso, dunque all'incapacità a vedere la finezza ed il prezioso.
Ma, io sono orientato ad interpretare la cosa in senso diverso: My warehouse eyes è lo sguardo intrappolato nella merce, quindi nel mondo in cui tutto è commercio.
L'associazione a tamburi arabi è semplicemente un miracolo di fantasia poetica, a meno che non sia stata lei stessa, Lady Sadeyed, a suggerire l'accostamento.
Sicchè abbiamo: uno sguardo intrappolato nella merce, tamburi arabi che sono la vera colonna sonora di questo bazaar, il mondo al di qua della porta.

La canzone cominciava così:

With your mercury mouth in the missionary times,
And your eyes like smoke and your prayers like rhymes,
And your silver cross, and your voice like chimes,
Oh, who among them do they think could bury you?

appendice a Blonde

Il discorso non mi sembrava finito, per questo ho deciso di vedere la questione un po' più dall'alto. Il sound al mercurio è particolarmente adatto ad un'ascolto ad alta quota.
Mi sono trasferito in Val d'Aosta dopo una incendiaria nottata con Otis Grand al Macallè di Castelceriolo: ho fatto a pugni col cuscino e non sono riuscito a chiudere occhio nemmeno alle 6 di mattina.
Più tardi mi ha cercato il Rev. Blind Slim Fast ed ero alla prese con una grolla.


gm - 3 novembre 2002 - da un luogo non meglio precisato della Val d'Aosta