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Jorma Kaukonen - Blue Country Heart - Columbia 2002

Noooo, non mi ero dimenticato di questo gioiellino.
Gli è che mi sarebbe piaciuto non scrivere quattro sciocchezze quattro, ma inquadrare il personaggio, ricordare la sua storia, dire qualcosa in più.
Ma, mancandomi il tempo, devo stringere.
E allora solo poche battute.
Jorma Kaukonen fu chitarrista nella mitica formazione westcoast dei Jefferson Airplane.
Poi, fondò il gruppo degli Hot Tuna, i cui dischi sono in gran parte una chicca per amatori e collezionisti.
Per svariati motivi preferisco gli Hot Tuna ai Jefferson, ma questa è opinione strettamente personale.
La storiografia rock ritiene quasi unanimente i Jefferson Airplane come una band basilare e stellare, emblematica del sogno californiano, forse più che gli stessi Grateful Dead, senza considerare che furono, forse, più una moda ed un fenomeno di costume che un vero e proprio momento creativo.
Comunque sia, non voglio togliere ed aggiungere nulla alla leggenda dei Jefferson; mi preme piuttosto sottolineare che i dischi degli Hot Tuna segnarono un'importante capitolo nella storia di una musica non strettamente commerciale e non immediatamente vendibile senza, per questo, cadere in cervellotiche costruzioni di viaggi mentali e cavalcate elettriche nelle isole che non ci sono e nella terra del niente e del vuoto.
La musica di Jorma Kaukonen ha sempre avuto il marchio della semplicità, della spontaneità e dell'immediatezza, anche nei momenti più elaborati.
Rischia di non piacere nè a chi ama le emozioni forti dell'hard rock, le emozioni lunghe, vaganti e distorte della psichedelia ed a chi chiede alla musica soprattutto elucubrazioni cervellotiche.
Ma è l'ideale per chi apprezza l'igiene mentale della musica suonata da suonatori raffinati, tecnicamente bravi, a volte superlativi non per la tecnica in sè, ma per come questa diventi strumento di una espressività e di una ispirazione.

Detto questo, eccoci al disco: Blue Country Heart.
Qui Jorma ha radunato la crema del bluegrass, cioè il meglio dei musicisti che continuano a proporre una musica datata, tradizionale, da non confondere con il genere country, né quello più antico, né quello più attuale.
L'apporto di Sam Bush si sente, sia al banjo che al violino.
Bela Fleck è presente in un brano.
Bravi gli altri, sia per tecnica che per idee.
Il tutto concorre ad un'altra meritevole operazione culturale, analoga a quella che ho già segnalato a proposito di David Johansen; con una differenza, però, non trascurabile. Jorma è più musicista e musicale di quel simpaticone di David. Pertanto l'aspetto artistico è più marcato.
Chi ama la "musicalità" qui può sguazzare in felicissime rivisitazioni di materiali sonori degli anni venti e trenta e gustare la vera pop music americana, non quella destinata ad intrattenere via radio massaie intente alla pulizia della casa ed alla preparazione di qualche soup chicken, ma quella suonata nei villaggi il sabato sera, quella vicina a certe atmosfere cow boy e Kentucky Mountain, un sound per lupi solitari, beautyful losers, e cacciatori di grizzly.
Il disco è bellissimo: può darsi che non piaccia a chi, appunto, non apprezza la musicalità schietta e popolare, privi di artifici , ma perchè non provare ad ascoltarla?
gm - 16 settembre 2002