CD DEL MESE

Wayne Shorter - Alegria - Verve 2003

Questa volta ci vorrebbe un dieci e lode, se non di più. Tanto di cappello a Mr. Shorter e soci.
Messo il cd sul piatto ed infilata la zucca nelle cuffie, come al solito quando nutro un minimo di aspettativa, ho provato una sorta di shock quando mi è arrivato il solito suono acuto e sottile del sax soprano che ripete un breve inciso. Ci risiamo, mi son detto. Riecco il nostro che fa il verso a sé stesso, ad Atlantis, a Supernova, a tanti pezzi belli e brutti dell'epoca Weather Report. Tutti un po' stucchevoli, alla lunga.
IInvece no. Solo un attimo. Poi, è partita all'unisono la sezione ritmica, ed è scattata la differenza.
Sacajawea, questo il titolo del primo brano, dura 7'41". Al piano c'è Danilo Perez, al basso John Patitucci, alla batteria Brian Blade, alle percussioni Alex Acuna. E' la stessa formazione del live dell'anno scorso, che già era un signor disco. Ma questo è ancora meglio. Supera di gran lunga tutte le speranze logico-matematiche possibili, perchè non è la somma dei fattori, di x+y+c, sempre uguali, ma il prodotto di talenti variabili a secondo dl tempo, del luogo, dell'ispirazione, dello stimolo, dei partners stessi,
E se la variabile incognita x, questa volta, riserva piacevolissime sorprese, anche quando non fa che ripetere, in fondo, gli stessi incisi di soprano cui siamo abituati ed anche un po' stufi, il resto è davvero ancor più che una sopresa: è una rivelazione sulle direzioni che può prendere la musica nel duemila.
In cinque casi Shorter ricorre a brani composti da altri: Serenata di Leroy Anderson; Vendiendo Alegria di Mika Himel e Joso Spralja; la Bachiana Braileiras No. 5 del compositore Hector Villa-Lobos; il traditional She Moves Through The Fair, 12th Century Carol di anonimo. Si tratta di scelte felicissime, forse ispirate dallo Spirito Santo.
Se già Serenata ti trasporta in un luogo di felici visioni, con l'aiuto dell'ormai indispensabile Brad Meldhau che siede al pianoforte in luogo di Danilo Perez, e Vendiendo Alegria, pezzo non propriamente allegrissimo, perchè leggermente pervaso di malinconia, come nuvole bianche troppo cariche in un cielo serenissimo, ti spalanca il cuore e ti apre la mente, è con la Bachiana di Villa - Lobos che tocchiamo i vertici della musica e dell'arte dispensata da Shorter.
L'intro delle percussioni di Acuna, che qui si supera, è da cineteca. L'ingresso del sax è perfetto e sontuoso, ma è il violoncello di Charles Curtis , forse più vivaldiano che bachiano, a dire "Brasile", paradossalmente, proprio con uno strumento che poco avrebbe a che fare con la tradizione di samba che conosciamo. Eppure è questo il miracolao: un matrimonio perfetto tra la ritmica dolente delle serate nelle favelas, un violoncello incantevole e discreto che potresti trovare nelle ville con piscina a Los Angeles, un sax che accenna invece di mostrare, oscuro e contratto come nei jazz-club di Atene intitolati ad Eraclìto ed alle armonie lidie. Maestro di sintesi ermetiche, questo Shorter non è Coltrane perchè mi sembra proprio la negazione del discorso torrenziale ed inarrestabile, del comizio suonato.

Angola, 5'26", è firmato da Shorter. Di ottima fattura, potrebbe passare inosservato rispetto a quanto sentito finora, ma è uno sbaglio. Rimettilo da capo. Ritmica tribale, ok, le solite radici africane, ok, che c'è di nuovo rispetto agli ormai abusati ed usurati clichè di world?
Tanto, tantissimo. L'orchestrazione, le tromba ellingtoniana di Jeremy Belt, i tromboni di Jim Pugh e Steve Davis, e così via orchestrando. Certo: è Africa, ma vista con l'ottica di Ellington e Mingus, del grande jazz "nero" composto e non solo improvvisato, ma non rifatto tale e quale. Tra Shorter da un lato, Ellington e Mingus dall'altro, c'è di mezzo la lezione di Davis, oltre che il vero jazz africano, quello di Dollar Brand e Masekela. E c'è davvero un po' anche di world.
Sicchè la sintesi è ora più impegnativa.
Gli altri brani rispecchiano, grosso modo, il felicissimo momento attraversato da Shorter sul piano compositivo e come band leader. Francamente, letta la partecipazione di Meldhau, e ricordato il ruolo svolto da Danilo Perez in
Footprints Live! mi sarei aspettato un lavoro più pianistico.
Non che mi dispiaccia, visti i risultati, ma quando si ha la fortuna di avere a disposizione quattro mani del valore di Perez e Meldhau, il loro impiego part-time puzza di spreco. Unico neo.

gm - 16 marzo 2003 - mystery for ever

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