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a cura di Vincenzo de Simone

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il civico 71 della via Masuccio Salernitano

 

Alla via Masuccio Salernitano i civici dal 63 al 71 corrispondono ad un edificio che si compone di due elementi architettonicamente distinti: il primo consistente in tre piani superiori e quattro locali terranei (civici dal 63 al 69), allineato al fronte delle costruzioni contigue verso est; il secondo, consistente nella sola tromba delle scale con il portoncino contrassegnato dal civico 71, allineato, con un avanzamento rispetto al primo di circa un metro, al fronte del palazzo contiguo verso ovest. Osservato con attenzione, questo secondo elemento risulta essere un ex campanile, esattamente quello di Santa Maria de Domno.

Il 4 gennaio 1862 quest’area fu sottoposta ad una perizia commissionata dal tribunale civile di Salerno a seguito di una lite giudiziaria vertente fra due privati entrati in possesso delle strutture residue della chiesa dopo la sua sconsacrazione avvenuta nel 1822. Dalla descrizione che ne fece il perito si ricava che l’aula si estendeva in corrispondenza degli attuali civici dal 63 al 69, andando ad incastrarsi con la zona absidale, come avviene tutt’ora per l’edificio che la sostituisce, sotto la costruzione contigua verso est.              

Immediatamente ad occidente dell’ex campanile, il civico 73 è il portone del grosso fabbricato che si estende fino al meridione del largo Dogana Regia ed è ricavato nella tompagnatura di un ampio arco. Questi per secoli fu l’accesso ad un portico dal quale si accedeva, come si accede tutt’ora, alle sovrastanti case tramite un secondo portone interno verso meridione e alla chiesa tramite la sua porta grande, oggi forse nascosta sotto intonaci successivi, verso oriente.

Santa Maria de Domno fu edificata per iniziativa di Sichelgaita, consorte del principe Giovanni, in una sua proprietà acquistata nel 986. Fra l’ottobre 1091 e il gennaio 1140 i molti discendenti dei principi fondatori posero in essere una lunga serie di donazioni di parti del suo patronato a favore della badia di Cava, tant’é che nel privilegio di Eugenio III del maggio 1148, concesso all’abate Marino, Santa Maria de Domno è fra le chiese di Salerno soggette alla badia; tuttavia ancora nel 1441 troveremo aventi diritti sulla chiesa le famiglie Mazza, Guarna e Mariconda.

Nel 1818 la giurisdizione su Santa Maria de Domno è ceduta dalla badia di Cava all’archidiocesi di Salerno in cambio di quella su San Potito in Roccapiemonte. Il 22 aprile 1822 la parrocchia è soppressa e annessa ai Santi XII Apostoli.

Il 7 maggio 1856, in Roma, si emette il decreto concistoriale con il quale si sancisce lo scambio di giurisdizione intervenuto quasi un quarantennio prima. Il documento pontificio viene letto il 16 marzo 1857 in Lanzara, alla presenza de entrambi gli ordinari. Fra le clausole integranti dell’accordo vi è il patto, in riferimento al sito di Santa Maria de Domno, di non potersi più là fare chiesa o ospizio di monaci.

 

Per saperne di più. G. Crisci, Salerno Sacra, 2a edizione postuma a cura di V. de Simone, G. Rescigno, F. Manzione, D. De Mattia, edizioni Gutenberg 2001, I, pp. 66-71.

Inoltre. V. de Simone, Nuove acquisizioni sulla chiesa medievale di Santa Maria de Domno in Salerno, in «Rassegna Storica Salernitana», 28, 1997, pp. 7-21.