il sito di storia salernitana

a cura di Vincenzo de Simone

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della Porta

 

Guarna

 

Archivio di Stato - largo Abate Conforti, 7

 

La storia documentata dell’isolato che comprende questi immobili inizia con un privilegio di Gisulfo II del novembre 1053, esibito il 12 agosto 1335 dal procuratore del nobile Matteo de Porta, consigliere e familiare regio, figlio del milite Tommaso, a dimostrazione del legittimo possesso di quanto la sua famiglia deteneva; con tale privilegio il principe concedeva ai fratelli Guaiferio e Alberto, figli del conte Adalferio, definiti dilectis parentibus nostri (dai quali i della Porta discendevano), l’intera chiesa di San Marco, con tutti i beni, il bagno e quant’altro ad essa pertinente. 

Questa chiesa era sita, fino all’interdizione disposta l’8 settembre 1803, quando ne perdurava il patronato della famiglia della Porta, all’angolo nord-orientale dell’isolato. Le case ad essa adiacenti, evidentemente eredi dei beni concessi da Gisulfo II, già confiscate a Bartolomeo della Porta, il 12 luglio 1300 saranno concesse da Carlo II ad un altro membro della famiglia, Giovanni, e ai suoi eredi; il 16 marzo 1466 altre case già dei della Porta nella persona di Francesco, nell’attualità del documento di Giovanni Guarna, sono citate in relazione all’altra chiesa di San Ludovico che, quando tali case saranno adibite a sede della Regia Udienza, sarà citata con il titolo di San Ludovico o San Luigi e l’appellativo de Porta o de Guarna, prima di divenire la cappella del carcere con il titolo di San Leonardo, protettore dei detenuti.

Il complesso Regia Udienza-carcere è documentato negli immobili che attualmente ospitano l'Archivio, intanto passati in parte ai de Samudio di Napoli, in parte ai Capano, patrizi del sedile di Porta Rotese, dal 1569.

Nel 1806, con la provvisoria caduta della dinastia borbonica e l'avvento dei regni napoleonidi, la Regia Udienza fu soppressa e sostituita da altre magistrature. Il complesso fu sede del tribunale di prima istanza e della Gran Corte Criminale, che avevano ereditato, l'uno in campo civile, l'altra in quello penale, le competenze della Regia Udienza; è tale restò  anche al ritorno dei Borbone, nel 1815.

Anche dopo l'unità d'Italia l'immobile conservò la sua destinazione di sede giudiziaria ed ospitò il Tribunale Civile e Correzionale, che ereditava le competenze della Gran Corte Criminale e del Tribunale Civile del periodo borbonico. Nello stesso tempo vi fu alloggiata anche la Corte d'Assise.

Quando, nel 1934, gli uffici giudiziari si trasferirono nel nuovo Palazzo di Giustizia, gli edifici divennero sede dell'Archivio Provinciale (poi Archivio di Stato), precedentemente alloggiato nel Palazzo d'Avossa in via delle Botteghelle.

 

Si veda anche San Ludovico d'Angiò