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a cura di Vincenzo de Simone

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Ipogeo di San Pietro a Corte, sepoltura di Socrates.

18 novembre 497. Muore il quarantottenne Socrates,

vir spectabilis, esponente della Salerno bizantina.

Fu deposto nel sepolcreto della ecclesia paleocristiana ricavato nel frigidarium di un complesso termale di età flavia-traianea (I-II secolo) che sarà ipogeo alla cappella palatina di Arechi II.


 

27 settembre 566. Muore la piccola Teodonanda.

Fu sepolta nello stesso luogo che da quasi sette decenni accoglieva le spoglie di Socrates. La presenza della sua ultima dimora dimostra che all’epoca almeno una famiglia longobarda viveva in città, avanguardia per la cacciata dei bizantini che avverrà nel 646.


 

26 agosto 787. Muore Arechi II.

Fu sepolto nella cattedrale antica di Santa Maria.

Aveva sposato Adelperga, figlia di re Desiderio, e nel 758 era stato nominato dal suocero, quindicesimo duca di Benevento. Dopo la caduta del regno longobardo d'Italia, pur costretto a porre il figlio Grimoaldo ostaggio in mano a Carlo Magno, proclamandosi principe si dichiarò, almeno formalmente, indipendente dall'Impero. Trasferì (774) la sede della corte da Benevento a Salerno, che ampliò, fortificò e dotò di una splendida reggia la cui cappella palatina dei santi Pietro e Paolo, poi detta San Pietro a Corte, andò a ricoprire il luogo di culto paleocristiano nel quale avevano trovato sepoltura il vir spectabilis Socrates e la piccola Teodonanda.


 

839. Siconolfo si insedia in città costituendo di fatto il principato di Salerno.

Figlio minore del principe Sicone, capostipite della dinastia succeduta sul trono di Benevento a quella arechiana, alla morte del padre entrò in confto con il fratello maggiore Sicardo che prima lo costrinse a vestire l'abito talare, poi lo esiliò a Taranto. Alla morte di questi, mentre a Benevento succedeva al trono Radelchi (839-851), già tesoriere di Sicardo, si impadronì del potere a Salerno. Con il conio delle sue monete avvia l’attività la zecca cittadina.  

Nell’851 l’imperatore Ludovico II, di cui nominalmente lo stato longobardo era feudo, sancirà la divisione investendo Siconolfo del titolo principesco.


 

Bandiera aghlabida (801-936).

872. Battaglia della Carnale nel corso dell’assedio alla città degli Aghlabidi.

Regnando in Salerno Guaiferio (861-880), figlio di Dauferio, 2° principe della III dinastia longobarda, la città fu oggetto di un lungo assedio da parte dei musulmani Aghlabidi, autonomi all'interno del califfato abbaside, all’epoca guidati dall’emiro Abū al-Gharānīq Muammad II (864-875). La battaglia decisiva si svolse nei pressi del promontorio che dalla collina poi detta Masso della Signora giungeva al mare.

I musulmani, sconfitti, lasciarono sul terremo un numero enorme di caduti e, forse, per questo il luogo sarà detto la Carnale.


 

920. Guaimario II aggiunge il campanile alla cappella palatina dei santi Pietro e Palo edificata da Arechi II.

Può apparire singolare l’iniziativa del principe, il 4° della III dinastia longobarda, in quanto il rintoccare delle campane serviva, e serve, a richiamare i fedeli alle funzioni sacre nelle chiese aperte al pubblico, ma la cappella palatina non lo era, tant’è che la gradinata di accesso che oggi vediamo fu aggiunta soltanto nel Cinquecento tagliando il loggiato che in origine prospettava sul giardino della reggia che insisteva in parte sul larghetto attuale. Ma, molto probabilmente, l’idea era quella di dotare il palazzo di uno strumento atto ad allertare i cittadini in caso di pericoli, sopratutti quelli provenienti dal mare, avvistabili dalla parte più meridionale della reggia, che si sporgeva dalle mura utilizzando una preesistente torre romana o bizantina.

In ogni caso, l’iniziativa non fu scevra di intoppi, poiché il terreno alluvionale di fondazione cedette sotto il peso dell’pera rendendo necessari interventi di correzione dell’assetto e, forse, una limitazione dell’altezza.


 

6 maggio 954. Giunge in città il corpo di san Matteo rinvenuto ad Duo Flumina.

Regnando in Salerno Gisulfo I (933-977), figlio di Guaimario II, 6° principe della III dinastia longobarda, Pelagia, donna abitante a Velia, e il figlio monaco Atanasio rinvennero miracolosamente in località ad Duo Flumina la sepoltura abbandonata dell’apostolo ed evangelista Matteo. Dopo più peripezie, il sacro deposito giunse all’allora cattedrale di Capaccio, oggi santuario carmelitano della Madonna del Granato, da cui, forte della propria autorità, il principe lo reclamò per la propria capitale, ove fu accolto con grande concorso di nobili, clero e popolo.

Sarà posto nella chiesa appositamente eretta di San Matteo de Archiepiscopio, posta su una piccola parte dell’area che sarà della cattedrale normanna.


 

25 dicembre 981. L'imperatore Ottone II di Sassonia celebra il Natale in città.

Regnando in Salerno Mansone (981-983), duca di Amalfi, che in quello stesso anno aveva spodestato il legittimo principe Pandolfo II approfittando della sua età giovanile, l’imperatore Ottone II, in Campania in cerca di supporto alle campagne contro bizantini e saraceni, in spregio dei diritti di Pandolfo II, investì Mansone del principato e poté celebrare in città il Natale, che costituiva anche l’anniversario della sua incoronazione (Roma, 25 dicembre 967). Tuttavia l’investitura imperiale fu vana, poiché Mansone e il figlio Giovanni saranno cacciati dai salernitani in rivolta (983) che proclameranno principe Giovanni II di Lamberto (983-999), ex conte di palazzo già esiliato dagli amalfitani.

 

Ottone II di Sassonia.


 

3 giugno 1052. Muore Guaimario IV, ucciso in una congiura ordita dai cognati.

Quinto principe della VI dinastia longobarda il cui capostipite era stato Giovanni II di Lamberto, nel corso del suo principato (dal 1018) lo stato salernitano raggiunse la massima estensione e al 1052 comprendeva il principato e i ducati di Amalfi e di Sorrento. Aveva sposato in terze nozze Gemma, figlia di Landolfo di Capua, acquisendo quattro cognati che non potevano non ingolosirsi dei suoi stati fino ad ucciderlo, occupare la città ed eleggere principe uno di loro. Sarà l’intervento del fratello, il duca Guidone, e dei normanni Umfredo di Puglia e Riccardo d'Aversa a pone fine all’usurpazione con il massacro dei congiurati e di loro familiari.

 

Moneta di Guaimario IV e del figlio Gisulfo II associato al principato dal 1042.  


 

13 dicembre 1076. Roberto il Guiscardo entra in città. Finisce il principato.

Figlio di Tancredi, conte di Hauteville, e di Fresenda, figlia di Riccardo I, duca di Normandia, in Italia meridionale dal 1047, il Guiscardo era stato proclamato conte di Puglia (1057), investito del ducato di Puglia e Calabria (1059) e aveva sposato in seconde nozze Sichelgaita, sorella di Gisulfo II. Come già accaduto ai cognati di Guaimario IV, non poteva non ingolosirsi del principato del cognato fino a porre d’assedio la città (dal maggio precedente), farsi aprire per tradimento la porta di Elino e costringere Gisulfo a barricarsi nel castello, dal quale uscirà soltanto nel giugno 1077 contro l’assicurazione di aver salva la vita.

Salerno perdeva lo status di capitale di un principato in cambio della cattedrale normanna.


 

18 settembre 1080. Papa Gregorio VII risponde all’arcivescovo Alfano I circa la ricognizione delle reliquie di san Matteo.

 Nel 1080 erano in corso i lavori di sgombero dai manufatti preesistenti dell’area destinata all’edificazione della cattedrale normanna. Si trattava di case, cortili e giardini allo scopo donati dalle famiglie de Ruggiero e Santomango e della chiesa di San Matteo de Archiepiscopio che da circa centoventi anni custodiva le spoglie del Santo. Nel corso di quest’ultima demolizione, fu recuperato e sottoposto a ricognizione il sacro deposito in previsione della nuova collocazione nella cripta della cattedrale da erigersi. Di ciò l’Arcivescovo aveva reso edotto il Papa, che rispose con una lettera di congratulazioni per l’opera in corso.         


 

25 maggio 1085. Muore Gregorio VII. Fu sepolto nella cattedrale normanna.

Nato Ildebrando di Soana, 157º papa della Chiesa cattolica dal 22 aprile 1073, il suo Dictatus papae, una serie di ventisette affermazioni riguardanti prerogative e diritti che nelle sue intenzioni dovevano essere attribuiti al pontefice, origine della cosiddetta lotta per le investiture, lo pose in insanabile conflitto con il re e futuro imperatore Enrico IV di Franconia (1056-1105) fino al punto di dover fuggire da Roma (giugno 1084) e mettersi in salvo a Salerno grazie alla protezione del duca Roberto il Guiscardo. In città assistette alle ultime fasi costruttive della cattedrale normanna e la consacrò negli ultimi mesi del 1084.


 

15 settembre 1121. Papa Callisto II  consacra l’arcivescovo Romualdo I.

Morto il 28 agosto l’arcivescovo Alfano II, papa Callisto II (1119-1124), in visita a  Salerno, consacra arcivescovo della città il cardinale diacono del titolo di Santa Maria in via Lata Romualdo, figlio di Boccone, nativo di Benevento. Romualdo I (1121-1137) sarà protagonista nel conflitto del papato, nelle persone di Onorio II (1124-1130) e di Innocenzo II (1130-1143), con Ruggero II, prima duca di Puglia e Calabria, poi re di Sicilia (1127-1154) aderente all’antipapa Anacleto II (1130-1138). Romualdo, ligio alla Casa d’Altavilla, seguirà Ruggero nella scelta, tant’è che Anacleto sarà a Salerno nel marzo 1131 per sostenerlo in una vertenza che lo opponeva a Roberto di Capua.

 

Callisto II, 162º papa della Chiesa cattolica, nato Guido dei conti di Borgogna.


 

 

Bandiera della

Repubblica di Pisa.

9 agosto 1137. Le truppe della repubblica di Pisa occupano la città.

Nell’ambito del conflitto fra l’imperatore Lotario II di Supplimburgo (1133-1137), sostenitore di papa Innocenzo II (1130-1143), e Ruggero II di Sicilia (1127-1154), aderente all’antipapa Anacleto II (1130-1138), la repubblica di Pisa, intervenuta a favore dell’imperatore e del papa, il 24 luglio aveva posto Salerno sotto assedio con ampio impiego di macchine da guerra riuscendo ad ottenerne la resa che, però, risulterà mutila, poiché, come Gisulfo II nei confronti del cognato Guiscardo, i maggiorenti della città si erano asserragliati nel castello. Sarà un’ambasceria fra re Ruggero e Pisa a determinare il ritiro degli occupanti il 18 settembre.


 

1138-1152. L’arcivescovo Guglielmo da Ravenna dota del campanile la cattedrale edificata dal Guiscardo.

Al suo ingresso in diocesi proveniente dall’altra prestigiosa sede arcivescovile di Capua, Guglielmo dovette subito porsi la problematica della cattedrale priva del campanile, elemento essenziale per chiamare i fedeli alle funzioni del culto, anche se è ipotizzabile l’allora esistenza di qualche struttura di fortuna atta a sostenere campane. Lo stato di fatto, ad oltre un cinquantennio dalla consacrazione da parte di papa Gregorio VII, forse era dovuto alla inattesa morte del Guiscardo (17 luglio 1085) venuta a bloccare il cantiere in corso. In ogni caso, l’arcivescovo Guglielmo principiò e portò a termine la costruzione nell’arco del suo episcopato, come dalla lapide affissa alla facciata verso meridione dell’edificio: TEMP(o)R(e) MAGNIFICI REG(is) ROG(eri) W(ulielmus) EP(iscopus) A(postolo) M(attheo) ET PLEBI DEI. Ossia: Al tempo del magnifico re Ruggiero il vescovo Guglielmo all'apostolo Matteo e al popolo di Dio.


 

 

Aprile 1183. Matteo d’Aiello istituisce l’ospedale di San Giovanni de Busanola.

Il vice cancelliere del Regno Matteo d'Aiello aveva edificato vicino le sue case una chiesa sotto il titolo di Santa Maria, attualmente identificabile nel civico 50 della via Portacatena. Nell'aprile 1183 propose all'arcivescovo, che era suo figlio Nicola, uno scambio fra questa chiesa e quella di San Giovanni de Busanola con le case vicine (area attualmente di Sant’Anna al Porto), ove intendeva allestire un ospedale, il primo in città. Tale struttura, passata in gestione all’ordine di Malta, sarà operativa ancora nel Trecento, prima di essere  sostituita dall’ospedale della Santissima Annunziata, poi di San Giovanni di Dio.

Stemma d’Aiello.


 

Agosto 1191. L’imperatrice Costanza è sequestrata in Castel Terracena.

Figlia postuma di Ruggero di Sicilia (1130-1154) e della terza moglie Beatrice di Rethel, aveva sposato il futuro imperatore (1191-1197) Enrico VI di Svevia. Alla morte del nipote Guglielmo II (re di Sicilia 1166-1189), figlio del fratellastro Guglielmo I (re di Sicilia 1154-1166), fu da questi, non avendo eredi, indicata a succedergli. Si creò una fazione anti-svevia, in città guidato da Matteo d’Aiello, che caldeggiava invece l’ascesa al trono di Tancredi, altro nipote di Costanza, in quanto figlio naturale di Ruggero III duca di Puglia, altro suo fratellastro.

Morto il padre, Enrico, insieme a Costanza, scese in Itakua per farsi incoronare imperatore da papa Celestino III (15 aprile 1191) e tentare la conquista del regno di Sicilia. Nel corso dell’assedio a Napoli, lasciò Costanza a Salerno, apertagli dalla fazione pro-svevia, asserragliata in Castel Terracena. Per gli anti-svevia l’occasione fu ghiotta, per cui assaltarono la fortezza, sequestrarono l’imperatrice e la consegnarono a Tancredi, che si accordò per consegnarla al Papa, mentre Enrico. impossibilitato a conquistare Napoli si ritirava in Germania.


 

17 settembre 1194. Enrico VI di Svevia espugna la città.

Morto il 20 febbraio 1194 re Tancredi di Sicilia (1189-1194) lasciando erede il figlio Guglielmo di soli nove anni, l’imperatore Enrico VI ritenne fosse giunto il momento di ritentare la conquista di quel trono per conto della moglie Costanza. Sceso in  Campania, Salerno non poteva non essere punita dell’affronto fatto all’imperatrice tre anni prima, per cui fu assediata, espugnata e devastata alla ricerca dei capi della fazione anti-svevia. Ma Matteo d’Aiello era morto il 18 luglio 1193, per cui la vendetta imperiale colpì il figlio arcivescovo Nicola, che fu deportato in Germania e trattenuto ben oltre la morte dello stesso Enrico (28 settembre 1197), nonostante le scomuniche minacciate da Innocenzo III e la mobilitazione di vescovi tedeschi e italiani. Sarà dichiarato libero nel 1199, anche se si ritarderà ancora il suo ritorno.

 

Enrico VI Hohenstaufen di Svevia.


 

1197-1198. Con il conio di una moneta dell’imperatrice Costanza termina l’attività della zecca cittadina.

Si chiude la fase della Opulenta Salernum avviata da Siconolfo nell’839 con l’apertura della zecca collegata alla nascita del principato indipendente. Da poco meno di un settantennio la sede del potere era passata a Palermo, passerà poi a Napoli, infine a Roma. Salerno rientrava fra le città secondarie e passeranno quasi sette secoli e mezzo prima che sia ancora illuminata dalla Storia.


 

1288. Conflitto a mano armata fra canonici e frati minori.

Essendo arcivescovo Filippo Capuano (1286-1298), scoppiò un violento conflitto fra i canonici e i frati minori per una questione di precedenza durante i riti del culto. L’eco dei fatti giunse a papa Niccolò IV (1288- 1292), che citò l’arcivescovo a presentarsi davanti a lui, ma questi si rifiutò. Ancora il 18 marzo 1296 papa Bonifacio VIII (1294-1303) scriveva al legato apostolico nel Regno di Sicilia per invitare Filippo a presentarsi a lui entro quindici giorni essendo sorti nuovi inconvenienti.


 

16 aprile 1309. Stipula dell’atto per la fondazione del monastero agostiniano.

Nel coro della cattedrale, si riunirono i canonici, l’arcivescovo eletto Giovanni de Ruggiero e i religiosi agostiniani allo scopo di procede alla stipula dell’istrumento di donazione, da parte del Capitolo metropolitano a favore degli stessi religiosi, del suolo ove una volta esisteva la chiesa di Sant’Angelo ad Mare, sito all’esterno delle mura meridionali della città; lo scopo era quello di permettere, chiaramente con l’utilizzazione di altri terreni sia interni che esterni al muro, l’edificazione del monastero e della chiesa. La particolare posizione dell’area a disposizione di quei religiosi porterà alla singolare situazione che, di fatto, il complesso sorgerà in uno squarcio aperto nelle mura, dall’allineamento delle quali si avanzerà di alcuni metri, per la qual cosa il suo prospetto meridionale diverrà, per un tratto, il fronte della città verso il mare.

 

Antico stemma degli eremitani di sant’Agostino.

 

Giovanni de Ruggiero era stato eletto arcivescovo dal Capitolo, ma non sarà consacrato, poiché la Santa Sede trasferirà a Salerno (1310) Isarno Morlane dalla sede metropolitana di Lunden, in Danimarca.


 

 

1334-1338. Guerra civile fra le famiglie d’Aiello e Santomango.

Riccardo d’Aiello, figlio del custode del castello Filippo, rapì Bianca da Procida il giorno del suo matrimonio con Landolfo Santomango facendo perdere le tracce sue e della bella preda. La guerra civile che immediatamente si scatenò fra le due famiglie fu totale, violenta e inarrestabile, tanto da indurre le autorità cittadine a chiedere l’intervento  pacificatore di re Roberto il Saggio (1309-1343). La vicenda vide le due famiglie mettere in campo piccoli eserciti costituiti da parenti, amici, dipendenti e clienti, ciascuno per oltre trecento persone, che si scontrarono in città e nei casali, con distruzione delle risorse agricole e blocco delle attività mercantili, in particolare della fiera, divenuta insicura e, quindi, disertata dai mercanti esteri. Fra risse, agguati, incendi, particolarmente efferata apparve l’uccisione, nel luglio 1334, di due dei fratelli Santomango ad opera di Riccardo e Matteo d’Aiello nel convento di Sant’Antonio dei francescani.

Re Roberto, dopo inutili ordini di arresto, messe al bando dal Regno, confische di benefici e possessi feudali, il 15 giugno 1338 emise un indulto a favore di un numero enorme di persone (compaiono i cognomi più belli della nobiltà cittadina), che, di fatto, pone fine alla faida, se non all’inimicizia fra le parti. Riccardo d’Aiello sarà assassinato nel 1350 da una mano rimasta sconosciuta.

Stemma d’Aiello.
Stemma Santomango

 

In origine, lo stemma dei d’Aiello era d’argento al leone d’azzurro. Il giglio d’oro sul petto del leone fu aggiunto all’avvento nel Regno della dinastia angioina (1266) per significare la fedeltà a quei regnanti.


 

1413-1414. Antonio Baboccio da Piperno scolpisce il monumento funebre di Margherita di Durazzo.

Figlia quintogenita di Carlo d’Angiò Durazzo e di Maria d'Angiò Calabria, Margherita sposò (1368) il cugino di primo grado, omonimo del padre, Carlo d’Angiò Durazzo dei conti di Gravina, che sarà re di Napoli (Carlo III, 1382-1386) e re d’Ungheria (1385-1386), ove sarà ucciso. Già reggina consorte sui due regni, assumerà la reggenza su qello di Napoli per il figlio minore Ladislao. All’uscita di questi dalla tutela (1393), si ritirerà a Salerno, trovando alloggio nel palazzo badiale di San Benedetto, oggi sede del Museo archeologico provinciale.

Nel 1412, imperversando in città la peste, nel tentativo di sottrarsi, si portò ad Acquamela, allora casale dello stato feudale di San Severino, attualmente frazione del comune di Baronissi, ove, comunque, il morbo la raggiunse il 6 agosto uccidendola. Avendo chiesto di essere tumulata a Salerno nella chiesa del convento di Sant’Antonio dei francescani, da lei ampliato e arricchito di suppellettili, il figlio commissionò l’opera ad Antonio Baboccio, che la eseguì con Alessio de Vico.

Nel 1808, sopprimendosi il convento, il monumento fu trasferito bella navata sinistra della cattedrale.


 

1453. Ritrovamento dell’icona della Madonna di Costantinopoli.

Sulla spiaggia cittadina davanti al monastero di Sant’Agostino, fu casualmente trovata da un cavatore di sabbia un’icona di fattura mediorientale raffigurante la Madonna in trono con il Bambino e angeli, residuo del naufragio di una nave di mercanti che da Costantinopoli navigava verso Napoli. Consegnata agli eremitani di Sant’Agostino, l’icona fu posta nella cappella dello Spirito Santo; ma per due volte, nella notte, scomparve dalla collocazione per ricomparire in una stalla nel chiostro del monastero, per cui si decise di trasformare in cappella il luogo così miracolosamente prescelto.

Soppresso il monastero il 3 luglio 1809 per la trasformazione dell’immobile in sede dell’Intendenza di Principato Citra, l’icona sarà posta in chiesa, sull’altare maggiore. Attualmente, denominata la Madonna che viene dal mare, è oggetto di festeggiamenti la prima domenica di agosto, con corteo di barche dalla zona orientale della città alla chiesa si Sant’Agostino.


 

27 giugno 1544. Una tempesta distrugge la flotta turca che minaccia la città.

Khayr al-Dīn, più noto come Ariadeno Barbarossa, nacque a Mitilene nel 1478 e morirà a Costantinopoli nel 1546. Definito in modo improprio pirata in occidente, fu corsaro e ammiraglio, dopo il 1533, dell’impero ottomano. Compì scorrerie, saccheggi e cattura di schiavi in tutto il bacino mediterraneo, dalle isole greche al’Andalusia, dalle coste africane a quelle italiane tirreniche e adriatiche.

Il 24 giugno 1544, assaltò l'isola d'Ischia con una ingente flotta facendovi una tale strage che Forio rimase a lungo spopolata. Il 27 fu davanti Salerno apprestandosi allo sbarco, ma un’improvvisa tempesta investì e ricacciò la flotta. Data la stagione e la subitaneità dell’evento, si gridò all’intervento di san Matteo e, pare, nascessero il motto Salerno è mia: io la difendo e lo stemma cittadino con l’effige del Santo.


 

30 giugno 1578. Prima ricognizione del corpo di Gregorio VII.

L’arcivescovo Marco Antonio Marsili Colonna (1574-1589) compie la ricognizione del corpo di papa Gregorio VII, che sarà proclamato santo nel 1606 da Paolo V, e lo trova integro nello scheletro, con attaccate parti di tessuto mummificato.


 

25 dicembre 1605. Seconda ricognizione del corpo di Gregorio VII.

In sede vacante, il canonico Matteo Granito, con l'autorizzazione di Paolo V,  apre la tomba di Gregorio VII e ne toglie il braccio destro che sarà inviato, nell'estate dell'anno successivo, come reliquia alla chiesa di Sovana, su richiesta avanzata da tempo dal vescovo di quella diocesi e dal granduca di Toscana.


 

14 aprile 1614. Stipula del contratto per l’affidamento dell’ospedale ai benfratelli di San Giovanni di Dio.

I governanti della città stipularono un contratto con il padre provinciale di quella congregazione con il quale ad essa si affidava la cura dell’ospedale della Santissima Annunziata Nuova, con l’obbligo di tenervi non meno di sei religiosi in cambio della dotazione annua di trecentocinquanta ducati; il clero dell’Annunziata manteneva l'obbligo-diritto di curare il battesimo dei trovatelli, impartire l'eucaristia e l'estrema unzione ai moribondi, di celebrare messa nella cappella dell’ospedale. Contestualmente furono stipulati gli atti per la  costituzione del monastero, poi detto di San Biagio.

Si trattava dell’ospedale istituito dall’amministrazione della città nel Trecento, dentro le mura (attualmente sede della scuola media Giovanni Lanzalone in via Portacatena, 62), in sostituzione di quello istituito da Matteo d’Aiello fuori le mura, in Busanola, nel 1183.


 

4 maggio 1614. Terza ricognizione del corpo di Gregorio VII. .

L’arcivescovo cardinale Lucio Sanseverino (1612-1623), in occasione della posa in cattedrale, nella cappella delle Crociate, dell’altare dedicato a san Gregorio VII ne dispone le reliquie con i resti degli abiti pontificali in una cassa di piombo.


 

23 aprile 1620. Stipula del contratto per l’edificazione della chiesa di San Giovanni di Dio.

Fu stipulato un contratto fra il sindaco di Salerno e il priore dei benfratelli per la concessione di una casa sulla quale la città esercitava il diritto di patronato, affinché, con la sua demolizione, si potesse costruire, a spese di quei religiosi, una chiesa ad uso dell’ospedale, ma con la porta grande sulla strada, in modo che chiunque potesse frequentarla; il seguente 28 luglio, il vicario generale della Curia, a nome dell’arcivescovo cardinale Lucio Sanseverino (1612-1623) e del Capitolo, concede l’assenso per la costruzione del nuovo luogo di culto cui farà seguito, il 2 agosto, quello della Congregazione dei cardinali del Concilio.

Precedentemente, all’interno del complesso ospedaliero esisteva una cappella sotto il titolo di Santa Maria della Sanità.


 

4 dicembre 1626. Alluvione che distrugge la chiesa dell’Annunziata Nuova.

Una pioggia violenta e incessante fece tracimare il torrente Fusandola che, non era la prima volta e non sarà l'ultima, trascinò a valle una quantità enorme di vegetazione, pietrame e fango che sfondò la porta cittadina posta all’estremità della via attualmente Portacatena e distrusse la chiesa dell’Annunziata Nuova.

Si trattava della chiesa voluta dalla città a fine Quattrocento e detta Nuova in contrapposizione all’Annunziata Vecchia o Extra Moenia, intorno alla quale, a partire dal 1516, si svilupperà il convento dei frati minimi di San Francesco di Paola (attuale deposito militare in largo Giuseppe Ragno). L’Annunziata Nuova sarà sostituita, con inizio dei lavori già nel 1627, da quella oggi nota come Annunziata Maggiore. 


 

16-23 dicembre 1631. Piove cenere sulla città.

Nota come à 16 di Xbre 1631. ad hore 13: piovi in salerno cenere, ven(en)de dal monte vesuvio al(ia)s la montagna di somma, durò per otto giorni continui, andò per quasi tutto il Regno conforme il vento che li portava, fù di grandiss(im)o terrore; […] In questa n(ost)ra Città di salerno se fece continua orat(ion)e notte et giorno essendosi esposto il S(antissi)mo Sacr(amen)to p(er) tutte le chiese co(n) precess(ion)i esemplare; e dove fugirno alcune gente de casali p(er) timore tutti inceneriti, et timidi, dimandando la miseri(cordi)a di N(ostro) S(ignore).

No(tar)e Io(anni) Ant(onio) Ferro

 

Giovan Battista Passaro, Vero Disegno Dell’incendio nella Montagna di Somma altrimente detto Mons Vesuvii distante da Napoli sei miglia, a 16 di Decemb. nel 1631.


 

1647-1648. Rivolta di Ippolito di Pastina.

Pescivendolo, nato alle Fornelle, Ippolito di Pastina, in parallelo ai moti guidati da Masaniello a Napoli, aizzò il popolo salernitano contro le ingiustizie sociali che funestavano la città e, più in generale, i possedimenti italiani della monarchia asburgica. Quando le voci della rivolta napoletana raggiunsero Salerno, la sua abilità consistette nel cavalcarne l'entusiasmo per raggruppare un esercito di popolani, male armati e per nulla istruiti in strategie militari, e prendere possesso della città dislocando il comando della rivolta nel forte alla Carnale. Gli spagnoli ripresero Salerno una prima volta, ma l'8 dicembre 1647, Ippolito la rioccupò. La rivolta del pescivendolo-condottiero sarà travolta dal ritorno dagli Asburgo, che riprenderanno Napoli il 5 aprile 1648, costringendolo alla fuga a Roma.

 

Campanile della chiesa di Sant'Andrea de Lavina, al suono delle cui campane, secondo la tradizione, Ippolito di Pastina avrebbe chiamato il popolo salernitano alla rivolta.


 

9-15 agosto 1648. Assedio della flotta francese.

Enrico II di Lorena, duca di Guisa (1640-1664), ritenendosi erede della dinastia angioina sul regno di Napoli, aveva tentato di trasformare la repubblica nata dalla rivolta di Masaniello in un dominio personale proclamandosene duce. Fallito il tentativo, invogliato da Ippolito di Pastina, rifugiato presso l’ambasciata francese a Roma, che gli aveva fatta balenare la possibilità di una nuova rivolta antispagnola in Principato Citra, cinse di assedio navale Salerno con una flotta al comando del principe Tommaso di Savoia Carignano. Ma il duca Francesco Caracciolo, al  comando della piazza cittadina, aveva già predisposto le opportune difese, dalle torri sulle mura a quella alla Carnale e delle masse rivoltose non vi fu traccia, se non per un gruppo formatosi al ponte delle Fratte. Per cui la città, pur duramente assediata, dopo sette giorni di furiosi attacchi e controffensive, dall’Angellara alla Spinosa, riuscì a spezzare la morsa e costrinse il Savoia alla ritirata.

 

Enrico II di Lorena, duca di Guisa.


 

13 giugno-20 settembre 1656. La peste fra due temporali.

La peste che imperversava a Napoli giunse con grossi nuvoloni neri provenienti dalla costiera amalfitana, che scaricarono sulla città un fortissimo temporale, si disse, di acqua infetta. Chi poteva, lasciava la città per le campagne mentre si narrava di eventi raccapriccianti, come di una donna che partorì un gatto con tre teste o di un’altra sul cui petto comparve, a sangue, un crocifisso, o di un bimbo nato con la voce da adulto e la barba o ancora di molti animali domestici che parlavano come esseri umani. Chi non poteva lasciare la città si affidava ad ogni sorta di possibili difese, dall’incenso, che anche i medici mettevano nei becchi delle loro maschere, alla bambagia, che andava per la maggiore, umida della manna che sgorgava dalle ossa di san Matteo.

Il 20 settembre un nuovo violentissimo temporale venne a dilavare uomini, vicoli, animali e tuguri, per cui il giorno dopo, festività di san Matteo, la città si destò monda dalla peste, che, tuttavia, aveva fatto due vittime particolari: il priore della Scuola medica Giovanni de Galdo, morto in agosto, e il suo successore Matteo Francesco Naccarella, morto in settembre.


 

29 marzo 1670. Recupero delle reliquie di san Gtammazio.

Essendo arcivescovo Gregorio Carafa (1664-1675), in corso di visita pastorale, a sollecitazione del sindaco Matteo del Pezzo (1° settembre 1669-31 agosto 1670), il presule decretò la demolizione della chiesa parrocchiale di San Grammazio, documentata dal 1026, ufficialmente per l’inadeguatezza della struttura, in realtà per permettere ai gesuiti la creazione del largo attualmente Abate Conforti davanti alla loro chiesa del Gesù, il che portò al rinvenimento della sepoltura del santo vescovo salernitano e di una lapide che indicava la sua morte  al 25 gennaio 490, all’età di 41 anni. Le reliquie furono poste nella cripta della cattedrale.


 

13 agosto 1694. Messa in lingua e rito caldeo.

L’arcivescovo Marco de Ostos (1692-1695) concede licenza a mons. Timoteo Siro, arcivescovo di Mandiu in Mesopotamia, di passaggio in città, di poter celebrare la messa in lingua e rito caldeo.


 

 

Bandiera della

Repubblica Napoletana.

27 aprile 1799. Saccheggio della città ad opera dei francesi.

Proclamata il 23 gennaio 1799, la Repubblica Napolitana, impropriamente detta anche Partenopea, nacque portando in se il germe della sua rapida caduta (22 giugno 1799): la mancanza dell’adesione popolare e un’autonomia all'estremo limitata, di fatto sottoposta ai diktat dell’armata francese, per cui non furono pochi i tentativi insurrezionali. Quello di Salerno fu punito con il saccheggio e la detenzione a Napoli dell’arcivescovo Salvatore Spinelli (1797-1805). Passata l’anarchia repubblicana, come avevano festeggiato l’avvento del nuovo corso, i salernitani ne festeggiarono la fine con ringraziamenti a san Matteo.


 

1820. Ferdinando I di Borbone fa portare a Napoli la cosiddetta fontana delle paparelle.

Durante la breve esistenza della Repubblica Napolitana (23 gennaio-22 giugno 1799), i francesi del generale Jean Étienne Championnet avevano depredato Napoli e i siti di Pompei ed Ercolano di innumerevoli opere d’arte. Nel corso del saccheggio di Salerno (27 aprile 1799) era loro sfuggita la vasca in porfido egizio posta al centro del quadriportico della cattedrale. Sarà cura di Ferdinando I delle Due Sicilie scipparla alla città e portata a Napoli.

 

Napoli, sistemazione attuale della vasca con i leoni disegnati dall’architetto Pietro Bianchi (1826).


 

8 ottobre 1849. Visita alla città di papa Pio IX.

Nato Giovanni Battista Mastai Ferretti, 255º papa della Chiesa cattolica (1846- 1878), Pio IX, quale sovrano dello Stato Pontificio, concesse la costituzione il 14 marzo 1848 aprendo le istituzioni, sia legislative che esecutive, ai laici. A seguito dell’assassinio (15 novembre 1848) di Pellegrino Rossi, suo ministro di Polizia, il 24 successivo partì nottetempo da Roma con destinazione Gaeta, in territorio del Regno delle Due Sicilie, ove sperimenterà un viaggio in treno sulla linea Napoli-Nocera e visiterà Pagani e Salerno. Qui fu accolto dall’arcivescovo Marino Paglia (1835-1857), con il quale si trattenne a colazione nell’episcopio.


 

7 settembre 1860, ore 9:30 circa. Garibaldi in città.

Il generale Giuseppe Garibaldi, che aveva trascorso la notte ad Eboli, nel palazzo dell’avvocato Francesco La Francesca, attraversò la città alla volta di Vietri sul Mare, ove, con i suoi collaboratori e un gruppo di circa venti militi della Guardia nazionale di Salerno, salì a bordo di un treno speciale che, fra due folte ali di folla plaudente, lo portò a Napoli, città abbandonata il giorno precedente da Francesco II di Borbone alla volta della linea del Volturno, fra le fortezze di Gaeta e di Capua, ove sperava di riorganizzare il proprio esercito, che invece sarà sconfitto e ridotto alla sola Gaeta, ove resisterà per tre mesi (13 novembre 1860-13 febbraio 1861).


 

11 settembre 1860, sera. Fuga dell’arcivescovo Salomone.

Dopo il trionfale ingresso del generale Giuseppe Garibaldi a Napoli (7 settembre), era stato chiesto all’arcivescovo di Salerno Antonio Salomone (1858-1872) di cantare, la sera del giorno 11, un Te Deum di ringraziamento per il mutamento politico. Ma quel pomeriggio mons. Salomone era indisposto, essendo tornato in mattinata con febbre dalla visita pastorale a Calvanico, per cui la funzione fu officiara dall’arcidiacono Ignazio Gaudiosi. In serata una folla, interpretando con malizia l’assenza del presule, inscenò una manifestazione sotto l’episcopio, con insulti e minacce di morte. Mons. Salomone fu costretto a fuggire passando per l’ingresso del seminario; riparò prima a Napoli, poi, espulso nel 1865, a Roma, per tornare in sede soltanto il 7 settembre 1866. Sarà sottoposto a tentativi di portarlo a processo e al controllo delle autorità sabaude fino alla morte, il 9 marzo 1872.


 

15 aprile 1872. Lo stemma cittadino senza san Matteo.

Con il Rigoletto di Giuseppe Verdi (al quale sarà intitolato nel 1901) si inaugurava il Teatro comunale realizzato nel corso della prima sindacatura di Matteo Luciani (1862- 1874). Non è noto come gli intervenuti commentassero lo stemma cittadino privo della figura di san Matteo sostituta da una stella. Era l’icona dell’atteggiamento anticlericale del Luciani in presenza della questione romana aperta, con Pio IX che si rifiutava di riconoscere la legittimità dello Stato italiano, del quale, chiuso in Vaticano, si dichiarava prigioniero politico.


 

 

6 gennaio 1924. Intimidazione fascista che porta alle dimissioni del sindaco.

Andati al potere il 28 ottobre 1922 con la connivenza di re Vittorio Emanuele III di Savoia, a Salerno i fascisti non potevano tollerare la presenza in comune del sindaco Alfredo Capone che all’atto dell’insediamento, il 14 febbraio 1923, si era dichiarato libero da ogni vincolo di partito, non ligio ad alcuna persona, non dominato da particolari interessi o ambizioni. A seguito dell’intimidazione subita si dimetterà con l’intero Consiglio comunale l’11 gennaio. Lo sostituirà Michele Falvella, designato proprio quel 6 gennaio nel direttorio fascista cittadino, e altri tre commissari prefettizi prima della nomina del primo podestà il 24 dicembre 1926 nella persona di Antonio Conforti.


 

13 aprile 1928. Soppressione della sezione cittadina degli Esploratori Cattolici.

Aperta in città sotto l’egida dell’arcivescovo Carlo Gregorio Maria Grasso (1915-1929), fin dal 1924 era stata fatta bersaglio da parte dei fascisti che la vedevano antagonista nei confronti dei loro Balilla.


 

2 dicembre 1930. Ritrovamento della testa di Apollo.

Era stata, forse, la mareggiata del giorno prima a trascinare sul fondale al largo di Santa Teresa, proveniente chissà da dove, la bella testa dell’Apollo di bronzo che rimase impigliata in una rete di pescatori e a stento portata a riva per dimensioni (altezza massima cm. 53; larghezza massima cm. 38) e peso (kg. 40).

Affidata al Museo archeologico provinciale, fondato appena tre anni prima, e per il restauro a Giulio Raccagni, fu riconosciuta quale frammento di una statua dalle dimensioni colossali raffigurante il dio Apollo, forse con le fattezze di Alessandro Magno, realizzata con la tecnica di fusione a cera persa nell’arco temporale fra il I secolo a.C. e il I secolo d.C. Domenico Mustilli considerò il bronzo opera dello scultore campano Pasiteles, il che limiterebbe la datazione al I secolo a.C.

Il 5 maggio 1932, la testa ricevette la visita di Giuseppe Ungaretti, che descriverà le sue emozioni nel brano La pesca miracolosa del suo Viaggio nel Mezzogiorno.


 

1° luglio 1935. Benito Mussolini in città.

Nessuno aveva dormito quella notte, tanta l'attesa febbrile. Migliaia di persone in strada fin dalle prime luci dell'alba, nonostante una pioggia battente, tra bandiere, striscioni e canti inneggianti alla Patria. Una marea umana gremiva il lungomare pavesato di festoni e fiori e percorso incessantemente da milizie e camicie nere. Una Salerno in delirio, insomma,  si preparava ad accogliere Mussolini.

L'idrovolante che trasportava il Duce si materializzò improvviso all'altezza di Capo d'Orso, accolto dal boato della folla, mentre un raggio di sole squarciava d'impeto le nere nubi, sfolgorando e illuminando le speranze del popolo salernitano. Dopo l'ammaraggio, eseguito con manovra rapida e perfettissima. con pilotaggio dello stesso Mussolini, il Duce incontrò il podestà Manlio Serio, il regio prefetto Soprano e l'onorevole Jannelli, quindi proseguì per Eboli, ove salutò i battaglioni Forlì, Ravenna, Cuneo e Palermo in partenza per l’Africa Orientale.

Concluse la giornata visitando la diga del Sele, le opere di bonifica e gli scavi di Paestum, sempre accompagnato da delirante passione di popolo.

(liberamente tratto dagli organi di stampa dell’epoca)

 

21 settembre 1936. La tela di san Matteo di Clemente Tafuri parte per l’Etiopia.

La campagna d’Etiopia si era conclusa da quattro mesi (5 maggio) con la vittoria e la riapparizione dell’impero sui colli fatali di Roma. Al massimo del consenso di popolo, il regime fascista vedeva nella nuova provincia una valvola di sfogo per la mano d’opera in eccesso e in più un formidabile catalizzatore di investimenti e commesse statali. Anche il Vaticano aveva dato un timido assenso alla missione civilizzatrice, per cui l’amministrazione municipale salernitana del podestà Manlio Serio ritenne opportuno commissionare a Clemente Tafuri una enorme tela (6 metri x 4) raffigurante san Matteo per farne omaggio alla città di Addis Abeba.

Dopo la solenne benedizione in cattedrale, il dipinto percorse lentamente le strade cittadine fino alle banchine del porto, per l’imbarco alla volta delle coste africane. Lo accompagnava un lunghissimo corteo di fedeli, autorità cittadine e provinciali, clero con l’arcivescovo Monterisi, congreghe e monaci.

Ad Addis Abeba la tela fu presa in custodia dai cappuccini e posta in un deposito del convento, poiché le sue dimensioni erano incompatibili con la piccola chiesa conventuale. Il 25 ottobre 1938, a richiesta di notizie da parte della diocesi di Salerno, il comando della Regia guardia di finanza di Addis Abeba rispondeva che il San Matteo di Tafuri si trovava ancora in quel deposito, in attesa di una degna collocazione; degna collocazione che non vi sarà mai, poiché con la perdita della colonia da parte italiana (1941) della tela si perderanno la tracce.


 

11 settembre 1943, ore 11:30 circa. Il colonnello Thomas Aloysius Lane si insedia in comune quale governatore militare della città.

A due giorni dall’inizio dell’operazione Avalanche (ore 3:30 del 9 settembre), nella città abbandonata dalle autorità civili, una lunga colonna di camionette, carri armati e autoblindo si fermò davanti al palazzo comunale. Ne era al comando il colonnello dell'esercito statunitense Thomas Aloysius Lane, creato governatore militare della città. In mancanza delle autorità civili, si chiamò il priore curato della Santissima Annunziata don Aniello Vicinanza, che parlò con il capitano di origini italiane Riola; quindi Il colonnello Lane prese possesso del Palazzo di Città e si fece condurre a rendere visita all'arcivescovo Monterisi, al quale chiese di poter visitare la tomba di san Gregorio VII in cattedrale.

 

Affissione al Comune del proclama con il quale il colonnello Thomas Aloysius Lane assumeva il governatorato militare della città


 

11 febbraio 1944, ore 0:00. Salerno è ufficialmente sede del governo italiano.

Da Libertà, organo salernitano del Fronte di liberazione del 12 febbraio: […] al balcone centrale del palazzo municipale, è stata nuovamente innalzata la bandiera nazionale in segno di restituzione all'amministrazione del Governo italiano delle terre liberate.

Da ieri Salerno è ufficialmente Sede del Governo d'Italia e tale fatto, che la rende partecipe alla vita centrale della nazione in un momento così difficile e delicato, rende la cittadinanza orgogliosa di questo privilegio che la storia le ha accordato.


 

14 febbraio 1944. La famiglia reale transita in città diretta a Ravello.

La famiglia reale e il seguito, partiti alle 6 da Brindisi con una colonna formata da cinque autovetture, alle ore 16:30 giunse a Ravello, alla villa Episcopio, in via san Giovanni del Toro, messa a disposizione dal duca Riccardo di Sangro, presente all'arrivo degli ospiti. Si trattava di una residenza concordata con gli alleati che il Re non sembrava gradire, infatti soltanto due giorni dopo, in un colloquio con il temente generale Mason MacFarlane, solleciterà il trasferimento della famiglia reale a Napoli.

 

Stendardo dei re d'Italia.


 

18 marzo 1944, ore 16:30 circa. Eruzione del Vesuvio che porta pioggia di cenere sulla città.

Preceduta da segni premonitori fin dal 12 agosto 1943, iniziò l'eruzione del Vesuvio. Continuerà fino al giorno 29 arrecando distruzione e perdite di vite nei centri abitati immediatamente a ridosso del vulcano. Torre del Greco sarà investita da una continua pioggia di cenere che un vento turbinoso porterà ben lontano, fino a Salerno e, verso oriente, fino alle coste della Puglia.

 

Pioggia di cenere su Salerno,

da un filmato girato da operatori alleati riproposto dalla Rai..


 

17 aprile 1944. Il maresciallo Badoglio rassegna le dimissioni del governo nelle mani di Vittorio Emanuele III, che le accetta e contemporaneamente lo incarica della formazione del nuovo ministero, che nascerà il 22 aprile.

In giornata giunge in città Palmiro Togliatti per la concretizzazione della Svolta di Salerno secondo i principi enunciati il 1° aprile nella sede della direzione del Partito Comunista Italiano in via Medina a Napoli: 1) Unità dei grandi partiti antifascisti; 2) Garanzia alla Nazione italiana che tutto il popolo, finita la guerra, sarà chiamato a decidere, in assemblea nazionale costituente eletta a suffragio universale diretto e segreto, quale sarà la forma di Stato che intende avere; 3) Costituzione di un governo di unità nazionale che intensifichi gli sforzi per la cacciata dei tedeschi dal territorio nazionale.

 

Palmiro Togliatti,


 

5 giugno 1944. Atto di nomina del principe Umberto a luogotenente del Regno.

Il documento fu stilato a Salerno, nella sede del governo a Palazzo di Città, sulla bozza predisposta da Vittorio Emanuele III, e portato alla villa Episcopio a Ravello da un corriere motociclista che, per altro, incorse in un incidente che ne ritardò la consegna. Il Re compì alle ore 15 quest’ultimo gesto del suo regno. L'abdicazione successiva, il 9 maggio 1946, seguita dall’esilio volontario in Egitto, sarà soltanto un atto formale.

 

Monogrammi di Vittorio Emanuele III e di Umberto II.


 

9 giugno 1944. Nasce il governo Bonomi.

Il 6 giugno il maresciallo Badoglio, come da prassi costituzionale per il cambio del Capo dello Stato, aveva rassegnato le dimissioni nelle mani del Luogotenente del Regno. Allo stesso tempo, il principe Umberto lo aveva incaricato di formare un nuovo governo includendo altre personalità politiche. Ma su un nuovo governo Badoglio c’era stato il veto del Comitato di Liberazione Nazionale, che aveva esposto di preferire una personalità politica, nella fattispecie il demolaburista Ivanoe Bonomi. Il governo nasce sotto la tutela di sei ministri senza portafoglio: Alberto Cianca (azionista), Alcide De Gasperi (democristiano), Benedetto Croce (liberale), Giuseppe Saragat (socialista), Meuccio Ruini (demolaburista), Palmiro Togliatti (comunista).


 

15 luglio 1944. Il governo lascia Salerno per tornare a Roma.

 

Un malinteso orgoglio civico ha portato enti e madia salernitani alla creazione arbitraria della locuzione colloquiale ed enfatica  Salerno Capitale in riferimento al periodo in cui la città fu sede provvisoria del Governo nazionale. In realtà, Salerno, come prima Brindisi, fu sede dell'esecutivo ma non fu mai proclamata capitale costituzionale, che restò formalmente sempre Roma.       


 

10 luglio 1954. Quarta ricognizione delle reliquie di san Gregorio VII.

La Commissione pontificia istituita dalla Sacra Congregazione dei Riti, composta dal cardinale Ildefonso Schuster, arcivescovo di Milano, da monsignor Salvatore Natucci, da padre Ferdinando Antonelli e dal dottor Lorenzo Sympa, procedette all’apertura della tomba marmorea di san Gregorio VII la quale conteneva una cassa di piombo con inciso sul coperchio l’iscrizione Ego Lucius Sanseverinus Archiepiscopus Salernitanus hic Corpus Beati Gregorii Papae VII inclusi et in eius honorem hoc altare consecravi ac consuetas indulgentias concessi die IV Maji MDCXIV. Aperta la cassa furono rinvenuti numerosi frammenti scheletrici in buone condizioni misti ad indumenti. Quindi si dette incarico al professor Gastone Lambertini di effettuare gli ulteriori accertamenti anatomici, radiografici, fotografici e per il trattamento teso ad assicurare la migliore conservazione delle ossa.

Per l’occasione, l’11 luglio papa Pio XII indirizzò un radiomessaggio al clero e al popolo di Salerno.


 

16 settembre 1954, ore 17:00, cappella dell’episcopio. Formazione del simulacro raffigurante san Gregorio VII.

Le reliquie di san Gregorio VII, completate le operazioni di cui al disposto del 10 luglio, alla presenza dell’arcivescovo mons. Demetrio Moscato, di d. Giuseppe Bergamo e di d. Giuseppe d’Ascola, sono collocate dal prof. Alessandro Rivolta e da d. Federico Aquaro all’interno di un manichino successivamente rivestito degli abiti pontificali e deposto in una teca di cristallo e argento collocata nell’abside della navata destra della cattedrale.    


 

25-26 ottobre 1954. Alluvione.

Per la sua conformazione geografica, l’area a settentrione del golfo di Salerno è, nel periodo autunnale e invernale, interessata da abbondanti precipitazioni, ma in quella tragica notte i cumulonembi si addossarono lungo il crinale dei monti della Costiera e dei colli salernitani, stazionando per molte ore e scaricando un volume di pioggia particolarmente elevato, calcolato, per la città, in 504 mm in 24 ore.

La pioggia cominciò a cadere alle 13:00 riempiendo i bacini idrografici dell’area ad est della Costiera Amalfitana e quelli a nord del capoluogo con i torrenti Olivieri, Fusandola e Rafastia, generando numerose colate di detriti e fango che, nel giro di poco tempo, si riversarono lungo i ripidi canaloni che raggiungono il mare.

Nella notte, le devastazioni furono immense: frane, voragini, ponti crollati, strade e ferrovie distrutte in più punti, case spazzate via, esercizi commerciali colmati di detriti, autovetture travolte e trecentodiciotto vittime, di cui centosette in città.

Erano gli anni del boom economico e l’espansione edilizia marciava a ritmi serrati, senza minimamente prendere in considerazione l’assetto del territorio. Gli argini fluviali venivano incanalati artificiosamente per aumentare lo spazio da edificare, con il disboscamento dissennato si aumentava il rischio frane e in quella notte fra il 25 e il 26 ottobre giunse, improvvisa e devastante, la richiesta di pagamento per queste politiche scellerate, che ancora nel presente continuano imperterrite.

Il 1°novembre il presidente della Repubblica Luigi Einaudi (1948-1955) visitò le zone alluvionate trattenendosi in città dalle ore 12:15 alle ore 17:15.     


 

28 maggio 1960. Visita del presidente Gronchi.

Il presidente della Repubblica Giovanni Gronchi (1955-1962) giunse a Salerno alle ore 11:30 in automobile proveniente da Napoli; ne ripartì alle ore 16:30 diretto ad Amalfi. Nelle ore trascorse in città, oltre gli incontri istituzionali, si intrattenne con i ragazzi della banda musicale dell’Istituto Umberto I.

 


 

24 luglio 1960. Muore il pilota Sorgheles Saveniers.

Il circuito automobilistico cittadino, su cui si corse dal 1953 al 1961, prima sotto il nome di Circuito del lungomare (1953-54), poi sotto quello di Gran Premio Città di Salerno (1955-61), con monoposto di formula 3 (1953-57), poi formula Junior, si sviluppava sui due rettilinei di corso Garibaldi-via Roma e della Lungomare, con curve di ritorno intorno al Teatro Verdi (via Stanislao Lista) e intorno all’allora palazzo della SITA (via Mario Marino). Si trattava di una tre giorni automobilistica, fra prove, batterie eliminatorie e gara, che attrasse moltitudini di spettatori e piloti italiani e stranieri allora in auge, fra cui i vincitori Berardo Taraschi (1953, 54, 55, 57 e 59), Sesto Leonardi (1956), Carmelo Genovese (1958), Colin Davis (1960), Raffaele Fiordelisi (1961).

Nonostante si corresse ancora nel 1961, la kermesse ebbe tragico termine il 24 luglio 1960, quando il pilota belga Jean Blanc, al secolo Sorgheles Saveniers, perse il controllo della vettura, urtò un albero e travolse degli spettatori assiepati senza protezioni adeguate, causando la propria morte e quella di uno spettatore. 


 

1962. Si gira il film Le quattro giornate di Napoli.

Girandosi il film drammatico-storico Le quattro giornate di Napoli ispirato al libro di Aldo De Jaco La città insorge e diretto da Nanni Loy per la casa di produzione Titanus, a Salerno, a piazza Casalbore, furono girate le scene relative ad un rastrellamento di civili in realtà operato dai nazisti allo stadio del Vomero (oggi Arturo Collana). Ad interpretare la parte dello stadio napoletano fu chiamato lo stadio Donato Vestuti, mentre il set dell’azione armata dei rivoltosi guidata dal capitano Stimolo (Gian Maria Volonté) è riconoscibile in uno degli immobili prospettanti sulla piazza.

 

Fermo immagine dal film. Sullo sfondo una delle torri del Vestuti.


 

28 aprile 1963. Muore uno spettatore allo stadio Vestuti.

Si giocava Salernitana-Potenza per il girone C della Serie C. Il primo tempo si era chiuso con il Potenza in vantaggio per 1-0 (gol dell’ala sinistra Vincenzo Rosito al 42° su respinta del portiere Pezzullo), nonostante le proteste dei granata per un presunto fuorigioco. Nella ripresa, la Salernitana era tornata in campo pressando gli ospiti nella loro metà campo nel tentativo di ripristinare l’equilibrio, finché, circa all’80°, l’arbitro Gandiolo di Alessandria negava ai granata un calcio di rigore per l’atterramento in piena area dell’attaccante Oliviero Visentin.

Il pubblico impreca e si agita forsennatamente, finché, travolte le recinzioni, invade il campo nel tentativo di raggiungere l’arbitro protetto dalle forze dell’ordine che sparano in aria a scopo intimidatorio; ma un colpo è esploso con angolo sbagliato e raggiunge e ammazza il quarantottenne Giuseppe Plaitano, padre di quattro figli, che non si era mosso dal suo posto sulle gradinate della tribuna.

L’arbitro e i suoi collaboratori di linea rimarranno asserragliati negli spogliatoi per sette ore. Il Potenza avrà la vittoria a tavolino per 2-0. Il Vestuti sconterà quattro turni di squalifica. L’autore dello sparo assassino non sarà identificato.  


 

16 marzo 1980, ore 20:00 circa. Uccisione del magistrato Nicola Giacumbi.

Il dottor Giacumbi. facente funzione di procuratore della Repubblica in città, mentre rincasava con la moglie signora Carmela Di Renna, fu raggiunto, nell’androne della propria abitazione, da due individui mascherati che gli esplosero numerosi colpi di pistola alle spalle uccidendolo quasi all’istante. L’azione terroristica fu rivendicata da varie sigle eversive, fra le quali la Colonna Fabrizio Pelli delle Brigate Rosse, che già aveva rivendicato la paternità di un attentato ad una concessionaria Fiat, sulla quale effettivamente puntarono le indagini che portarono all’individuazione e al rinvio a giudizio di nove persone (sette uomini e due donne), arrestate fra marzo e aprile del 1981, originarie di Salerno e Montecorvino Rovella, di cui otto saranno condannate dalla Corte d'Assise d'Appello di Potenza.

Alla memoria del dottor Giacumbi sarà conferita la medaglia d’oro alle vittime del terrorismo istituita con la legge 29 novembre 2007 consegnata al figlio Giuseppe. Nel 2020, nel 40° anniversario della morte, sarà emesso un francobollo.   


 

26 agosto 1982, ore 15:00 circa. Strage di Salerno.

Il convoglio dell’89° reggimento Salerno dell’esercito, un furgone e un’autovettura, aveva lasciato la caserma Cascino per raggiungere l’Angelucci per il servizio di guardia. Lungo il tragitto, all’incrocio di via Amato con via Parisi, due autovetture con a bordo terroristi affiliati alle Brigate Rosse lo assalirono per impossessarsi delle armi in dotazione ai militari. Il conflitto a fuoco che seguì con il ferimento del caporale Antonio Palumbo attrasse sul luogo una volante della polizia di Stato i cui occupanti, Antonio Bandiera e Mario De Marco, furono immediatamente raggiunti dalle raffiche di una mitraglietta cecoslovacca Skorpion.

IIl bottino da parte degli assalitori sarà di quattro fucili Fal Beretta Bm/59 e di due Garand. L’agente Antonio Bandiera (ventiquattrenne) morì all’istante; l’agente scelto Mario De Marco (trentenne) morirà all’ospedale di Napoli il 29 agosto; il caporale Antonio Palumbo (ventunenne) morirà anch’egli a Napoli il 23 settembre. Antonio Palumbo sarà insignito della medaglia d’argento al valore dell’esercito alla memoria il 24 maggio 1983; Antonio Bandiera e Mario De Marco saranno insigniti della medaglia d’argento al valor civile alla memoria il 15 dicembre 1988.

 

In alto:

bandiera delle Brigate Rosse,

stemma dell’89° reggimento

Salerno, stemma della polizia di Stato.

 

 

A lato:

Mario De Marco,

Antonio Bandiera,

Antonio Palumbo.


 

19-20 maggio 1984. Quinta ricognizione delle reliquie di san Gregorio VII.

Il 23 aprile, l’arcivescovo Gaetano Pollio (1969-1984) aveva ottenuto dalla Santa Sede l’autorizzazione ad effettuare una nuova ricognizione delle reliquie del santo pontefice con l’intenzione, avanzata da parte di mons. Guerino Grimaldi, all’epoca coadiutore della diocesi, di ricollocare le spoglie nell’antico e sarcofago marmoreo che le aveva ospitate fra il 1085 e il 1954. I rilievi scientifici furono condotti dal dott. Gino Fornaciari, del Laboratorio di paleoantropologia di Viareggio, completati i quali, le ossa furono adagiate in una cassa di legno con fodera di seta damascata di colore violaceo, con sigilli in ceralacca. La cassa, infine, fu deposta ad tempus nella Cappella di Nona nel palazzo arcivescovile.


 

29 maggio 1984. Visita del presidente Pertini.

Il presidente della Repubblica Sandro Pertini (1978–1985) giunse alle ore 11:05 al Teatro Augusteo proveniente in auto da Napoli per partecipare all'inaugurazione del convegno 1944 - Salerno capitale: istituzioni e società presentato dal direttore del dipartimento di Scienze Storiche e Sociali dell’Università di Salerno professor Augusto Placanica. Dopo la relazione del professor Ennio Di Nolfo sul tema La svolta di Salerno come problema internazionale, il Presidente raggiunse la sede comunale per la firma del registro d’onore, l’incontro con gli amministratori e il senato accademico dell'Università e la visita alla mostra storico-documentaria su Salerno capitale, che gli fu illustrata dal curatore dottor Nicola Oddati. Alle ore 13:00, il Presidente lasciò in auto la città per raggiungere Cava de’ Tirreni per l’inaugurazione della biblioteca intitolata a Simonetta Lamberti presso l’ Istituto tecnico Matteo della Corte.


 

24 aprile 1985, ore 17:15. Deposizione delle reliquie di san Gregorio VII nel sarcofago romano.

L’arcivescovo Guerino Grimaldi (1984-1992), assistito dal vicario generale mons. Franco Spaduzzi, dal cerimoniere don Comincio Lanzara, dal canonico-parroco don Giovanni Toriello, da don Gennaro Grimaldi e da don Arturo Carucci, procedette all’apertura della cassa con le reliquie del Santo custodita dal 20 maggio 1984 nella Cappella di Nona nel palazzo arcivescovile e ne trasferì il contenuto in un’urna di onice rosato dono del Lions Club di Salerno con fodera di seta rossa ricamata dalle clarisse di Serino poi calata nel sarcofago del I secolo d.C. a bucrani con ghirlande, sul quale in età moderna erano state scolpite le chiavi petrine.


 

26 maggio 1985. Visita di papa Giovanni Paolo II.

Era la domenica di Pentecoste quando Giovanni Paolo II, 264º papa della Chiesa cattolica (1978-2005), al secolo Karol Józef Wojtyła, giunse in città in elicottero atterrando sul terreno di gioco dello stadio Vestuti,  accolto dall’arcivescovo Guerino Grimaldi e dal sindaco Vittorio Provenza. Dopo la visita alla cattedrale, in particolare alla tomba di san Gregorio VII, e al palazzo arcivescovile, raggiunse le migliaia di fedeli che lo attendevano in piazza della Concordia, ove celebrò messa.

 


 

31 maggio 1993, sera. Arresto di Vincenzo Giordano.

Sindaco dal 1987, confermato dopo la tornata elettorale del 6-7 maggio 1990, un progetto della sua trasformazione urbana, la copertura del trincerone ferroviario, incapperà nella stagione cittadina di tangentopoli per l'appalto conferito in modo illecito, secondo la Procura della Repubblica, alla Cogefar del gruppo Fiat e alla Di Donato costruzioni di Cava de’ Tirreni. Lasciato lo scranno di primo cittadino con la ratifica delle dimissioni del 22 maggio 1993, il 31 successivo sarà raggiunto da un ordine di custodia cautelare per falso ideologico, abuso di ufficio e turbativa d'asta insieme ad Aniello Salzano, all’epoca dei fatti membro della commissione Grandi Opere Pubbliche, e all'ex assessore ai Lavori Pubblici e vicesindaco Fulvio Bonavitacola. Rimase in cella per sessanta giorni. La vicenda giudiziaria ebbe fine in Cassazione nel 2003 con il proscioglimento.


 

4 febbraio 1998. Visita del presidente Scalfaro.

Il presidente della Repubblica Oscar Luigi Scalfaro (1992–1999) giunse alle ore 10:15 al Teatro Verdi proveniente in auto da Napoli, accompagnato dalla figlia Marianna, per l’incontro e gli indirizzi di saluto delle autorità comunali, provinciali e regionali e i sindaci del salernitano. Si portò, quindi. al Parco del Mercatello (ore 12:00) per l’inaugurazione (scoprimento, da parte del Presidente, della targa di intitolazione del parco e benedizione da parte dell'arcivescovo Gerardo Pierro) e la visita alla struttura. Successivamente (ore 12: 50-ore 13:40) il Presidente visitò le strutture dell'associazione La Tenda - Centro di Solidarietà intrattenendosi con la dirigenza, gli operatori, i giovani assistiti e i loro familiari. Alle 13:55 raggiunse la prefettura per la colazione privata e la pausa pomeridiana. Lascerà la città in auto alle ore 16:00 per portarsi alla sede universitaria di Fisciano.


 

24 maggio 1999. Incendio sul treno Piacenza-Salerno.

Il treno 1681 nella notte fra il 23 e il 24 maggio riportava in città tifosi della Salernitana dopo la partita di Piacenza che aveva sancito la retrocessione della squadra in serie B.

Dopo molteplici episodi di vandalismo, nella galleria Santa Lucia fra Nocera e Salerno, sul convoglio fu appiccato un incendio nel quale perirono due minori, una terza persona e Simone Vitale, vigile del fuoco ausiliario fuori servizio, che si era attardato nel disperato e purtroppo vano tentativo di portare soccorso, cui sarà conferita la medaglia d'oro al merito civile alla memoria.


 

4 febbraio 2003. Arenamento della Yasmina Kingstown.

"Una notte di tempesta, a Salerno, è arrivata, inaspettata e meravigliosa, una nave, erede di antichi velieri, misterio-sa e intrigante. E così, all’alba, i primi salernitani mattinie-ri, camminando nei pressi della battigia, hanno scoperto il mostro di metallo, approdato a trenta metri dalla riva, leg-germente inclinato sul fianco, come per una ferita". Così l’antropologo Paolo Apolito, ma, al di là della fiabistica, si trattava della motonave Yasmina Kingstown arrivata dalla Cina, che rimarrà incagliata davanti alla Carnale per ben duecentoventiquattro giorni durante i quali divenne una icona, un ingombro, una parte della città, un lungo evento mediatico e culturale di enormi proporzioni, tant’è che il tuttologo Vittorio Sgarbi lanciò l’eccentrica proposta di lasciarla nel mare di Salerno, come un’opera d’arte.

Si ideò, il 4 marzo, un convegno all’Università cittadina e una collettiva di artisti alla galleria Il Catalogo, per riflettere su quella realtà urbana nuova e sconcertante. Il golfo era diventato un elegante set surrealista, finché, dopo mille tentativi di disincaglio, una draga olandese scavò nel fondale un canale di centoventi metri permettendo alla Yasmina di scomparire all’orizzonte.


 

2 febbraio 2005. Visita del presidente Ciampi.

Il presidente della Repubblica Carlo Azeglio Ciampi (1999-2006) giunse alle ore 10:30 al Palazzo del Governo; alle 10:55, in piazza Amendola, gli furono resi gli onori militari da un reparto schierato con bandiera e banda. Alle ore 11:10, al teatro Augusteo, incontrò le autorità cittadine e i sindaci della provincia. Quindi, portatosi in prefettura, incontrò, alle ore 12:45, i sindaci di Sarno, Bracigliano e Siano e il capo del Dipartimento per la Protezione Civile Guido Bertolaso; alle 16:15 l'arcivescovo Gerardo Pierro; alle 16:45 gli esponenti dei sindacati Cgil, Cisl, Ui e Ugl; alle 17:15 il presidente dell'Associazione Industriali di Salerno e il vice presidente di Confindustria. Alle ore 18.00, in largo Giuseppe Ragno, scoprì una targa in memoria dell'alluvione del 1954; alle 18:30, al teatro Verdi, assistette al concerto dei cori del Teatro dell'Opera di Salerno e dell'Orchestra Filarmonica Salernitana.

L’indomani il Presidente sarà alla sede universitaria di Fisciano e a Pontecagnano da dove partirà in aereo per Roma alle ore 11:15.


 

18 giugno 2008. Rinvenimento dell’affresco di san Ludovico d’Angiò.   

In corso di lavori di manutenzione al civico 8 di largo Abate Conforti, venne alla luce, attraverso lo scrostamento dello strato di intonaco che lo ricopriva, un affresco trecentesco raffigurante san Ludovico d’Angiò. Egli era il secondo figlio del re di Sicilia (1285-1309) Carlo II lo Zoppo, quindi, alla morre del fratello maggiore Carlo Martello nel 1295, di fatto divenne l'erede al trono, ma egli aveva indossato l'abito francescano per cui l'anno successivo rinunciò al titolo di principe di Salerno, spettante agli eredi al trono angioino, ai feudi francesi della famiglia e allo stesso trono paterno a favore del fratello minore Roberto, che, poi, effettivamente salì al trono passando alla storia come Roberto il Saggio. In quello stesso 1296, Ludovico fu ordinato sacerdote e nominato vescovo di Tolosa. Morirà l'anno successivo, di tubercolosi, all'età di ventitre anni. Sarà canonizzato il 7 aprile 1317 e il suo culto sarà emblematico per le famiglie dell’aristocrazia filoangioina.

L’ambiente del rinvenimento, oggi nell’ambito dell’Archivio di Stato, costituì, fra Trecento e Quattrocento, la cappella gentilizia in uno degli insediamenti dei della Porta.       


 

14 settembre 2010, Visita del presidente Napolitano.

Il presidente della Repubblica Giorgio Napolitano (2006-2015) giunse in mattinata in treno e, accompagnato del prefetto, si portò in comune, accolto dal sindaco e dai presidenti della giunta e del consiglio regionale, nonché dal presidente della provincia, con i quali visitò la mostra Salerno, la città della Costituzione, allestita nel Salone dei Marmi. Quindi, al teatro Augusteo, incontrò i sindaci e altre autorità della provincia. Nel pomeriggio, dopo la colazione in prefettura, visitò la galleria d'arte moderna Il Catalogo per una rievocazione del poeta Alfonso Gatto; al rione Pastena, partecipò, con il sindaco, all’inaugurazione di un asilo nido; visitò, con il presidente della provincia, il castello di Arechi. Concluse la giornata al teatro Verdi assistendo ad un concerto di musica da camera

L’indomani il Presidente sarà al Festival internazionale del cinema per ragazzi di Giffoni Valle Piana ripartendo per Roma nella tarda mattinata.