Il fascismo della repubblica sociale italiana
Punto d’arrivo di 25 anni di
coerenza
Come è noto con la liberazione di Mussolini dalla prigionia del Gran Sasso, avvenuta il 12 settembre 1943 e il suo ritorno al potere, l’ex Partito Nazionale Fascista (P.N.F.) assunse la denominazione di Partito Fascista Repubblicano (P.F.R.).
Fu questo cambio di denominazione un fatto contingente (legato al fatto che il re era fuggito ed era stata proclamata la repubblica) e si trattò semplicemente di una questione nominale, o fu, invece, un cambiamento sostanziale dell’essenza stessa del partito ?
La tesi che cercheremo di sostenere è che il cambiamento fu sostanziale e si configurò come una accelerata evoluzione dell’ideologia fascista. Evoluzione che, nel corso del ventennio, fu spesso frenata per i pesanti compromessi cui il Fascismo fu costretto, ma che, tuttavia, non si arrestò mai e si espresse di anno in anno con le realizzazioni in campo sociale, con la politica estera, con le leggi, con l’organizzazione.
Dire che il Fascismo è stato Mussolini probabilmente è eccessivo. E’ giusto riconoscere che il Fascismo ha avuto menti eccellenti che hanno dato contributi significativi allo strutturarsi dell’ideologia fascista. Non si può, però, ignorare che il grande orientatore, il grande coordinatore, il grande timoniere è stato, fin dagli inizi, Benito Mussolini.
Nel 1914 Mussolini socialista comprese che l’idea di un internazionale socialista era un’idea utopica e che, quindi, il socialismo italiano sia quello riformista accomodante e intrallazzatore, sia quello rivoluzionario ma velleitario non aveva prospettive di successo, malgrado il consistente consenso elettorale. E comprese anche che i problemi sociali erano intrecciati con i problemi nazionali per cui era solo nell’ambito nazionale, all’interno dello stato nazionale, che i problemi sociali andavano affrontati e risolti. E la via per risolverli era quella di portare le forze popolari all’interno dello stato. Quella di far partecipare attivamente il popolo alla vita dello stato. E quale migliore occasione per fare irrompere le masse all’interno della vita dello stato se non la guerra, quella guerra alla quale le masse popolari sarebbero state portate a partecipare ?
E Mussolini si fece interventista, lasciò il socialismo e partecipò alla guerra.
Qui stanno le origini e le radici del Fascismo. Questi furono i primi punti fermi dell’ideologia:
1) Fare irrompere le masse popolari all’interno della vita dello stato
2) Far sì che le masse popolari si sentissero Nazione e fossero orgogliose di esserlo
3) Affrontare e risolvere i problemi sociali come problemi nazionali.
La fondazione dei Fasci
La guerra fu vinta, i combattenti tornarono a casa e trovarono un clima di confusione e di disagio. I problemi sociali, aggravati dalla necessità di reinserire le masse dei combattenti nella vita lavorativa, creavano tensione e malcontento. I socialisti che erano stati neutralisti commisero l’errore di non aver saputo accettare la nuova situazione e continuarono a denigrare i combattenti e ad esaltare i disertori e i traditori, creando fra i combattenti riserntimenti e reazioni.
In questo clima Mussolini, direttore del Popolo d’Italia, decise di creare una organizzazione che fronteggiasse la situazione sostenendo le tesi che lui stesso andava presentando sul giornale.
E, il 19 marzo 1919, a Milano, in Piazza Sansepolcro, nacquero i Fasci di combattimento.
Il loro programma pubblicato sul Popolo d’Italia del 6 giugno 1919, consisteva in una serie piuttosto sintetica di “noi vogliamo”. Se li esaminiamo attentamente, tuttavia, possiamo notare che essi sono in perfetta coerenza con i tre “punti fermi” di cui sopra. E, in qualche misura, ne rappresentano lo sviluppo e la messa a punto. Si chiedeva, infatti (si citano alcuni punti significativi):
a) In relazione al punto 1) : Abolizione del Senato ed istituzione di un Consiglio Nazionale tecnico del lavoro intellettuale e manuale, dell’industria, del commercio e dell’agricoltura….; La partecipazione dei rappresentanti dei lavoratori al funzionamento tecnico dell’industria. ; L’affidamento alle stesse organizzazioni proletarie (che ne siano degne moralmente e tecnicamente) della gestione di industrie e servizi pubblici.
b) In relazione al punto 2) : Politica estera intesa a valorizzare la volontà e l’efficienza dell’Italia……; Istituzione della Nazione armata con brevi periodi di istruzione……;Obbligo dello Stato di dare e mantenere alla scuola carattere precipuamente e saldamente formativo di coscienze nazionali e carattere imparzialmente, ma rigidamente laico; carattere tale da disciplinare gli animi ed i corpi alla difesa della Patria….
c) In relazione al punto 3) : Obbligo dei proprietari di coltivare le terre, con la sanzione che le terre non coltivate siano date a cooperative di contadini, con speciale riguardo a quelli reduci dalla trincea: e obbligo dello Stato al necessario contributo per la costruzione delle case coloniche. ; Una forte imposta straordinaria sul capitale a carattere progressivo, che abbia la forma di una vera espropriazione parziale di tutte le ricchezze. E tutto ciò oltre a una serie di richieste specifiche e pratiche tendenti a realizzare una maggior giustizia sociale e migliori condizioni per i lavoratori (giornata di 8 ore, minimi salariali….)
Il Fascismo nasceva, così, contrapponendo all’utopismo velleitario dei socialisti un pragmatismo robusto e una esplicita indicazione di direzione.
Governo Fascista e sue realizzazioni
Bastarono poco più di tre anni per arrivare alla conquista
del potere. Sicuramente concorse anche l’insipienza e l’indecisione degli
avversari, ma fu soprattutto la decisione e la gestione intelligente della propria
forza organizzativa che condusse, il 28 ottobre 1922 alla Marcia su Roma e
all’incarico dato dal re a Mussolini di formare un nuovo governo.
Immediatamente il governo Mussolini affrontò il problema del ritorno all’ordine e il problema del risanamento economico, condizioni indispensabili per migliorare le condizioni di vita della popolazione. Nell’anno precedente la Marcia su Roma si ebbero in Italia 680 scioperi con 7.336.393 ore di lavoro perdute. Nell’anno successivo gli scioperi scesero a 156 con una perdita di sole 246.975 ore. La costituzione della Milizia Volontaria per la Sicurezza Nazionale, costituita con apposito decreto nel gennaio 1923, rappresentò un fatto importante nella “normalizzazione” del paese. Essa, infatti, oltre che essere un potente strumento per il controllo dell’ordine pubblico a fianco di polizia e carabinieri, consentì anche il progressivo assorbimento degli squadristi che, inquadrati in un organismo militare organizzato rigorosamente e disciplinato, con ufficiali dell’esercito, poterono essere meglio controllati. Non a caso la costituzione della M.V.S.N. fu accolta senza significative opposizioni dagli alleati e risultò gradita anche al re.
La disoccupazione che al dicembre 1922 era a quota 381968, scese, al dicembre 1923 a 258580 e, al dicembre 1924, a quota 150449.
Un rigoroso programma economico largamente condiviso ridusse drasticamente le spese improduttive e parassitarie portanto, nel 1925, alla totale eliminazione del disavanzo.
Il carattere decisionista e senza complessi del governo di Mussolini sul piano internazionale ebbe occasione di manifestarsi già nel 1923 con la crisi di Corfù. Come è noto il 27 agosto 1923 il generale Tellini e alcuni altri ufficiali italiani furono assassinati in Grecia presso Gianina mentre, per conto delle potenze alleate, si occupavano della delimitazione dei confini fra Albania e Grecia. Immediatamente Mussolini chiese alla Grecia formali scuse, punizione dei colpevoli e onori alle vittime e alla bandiera. E, avendo la Grecia tergiversato dichiarandosi non responsabile del fatto, occupò Corfù dopo averla bombardata. La Grecia ricorse alla Società delle Nazioni e si aprì una grave crisi. Ma una riunione di ambasciatori compose la crisi convincendo la Grecia ad accettare, praticamente, tutte le richieste di Mussolini. La mossa dell’Italia non fu ben giudicata dalle altre nazioni, però il suo prestigio crebbe e, all’interno, la cosa fu motivo di fierezza e di orgoglio.
Sul piano sociale il governo fascista operò con decisione e le sue decisioni furono immediatamente apprezzate dal popolo che andò schierandosi, in maniera sempre più esplicita, con il regime. Elenchiamo soltanto alcuni degli interventi legislativi che incisero più profondamente in senso positivo sulla vita dei cittadini:
1923: Assicurazione invalidità e vecchiaia (30/12), Assicurazione contro la disoccupazione (30/12), Assistenza ospedaliera ai poveri (30/12), Tutela del lavoro di donne e fanciulli (26/4), Riforma della scuola;
1925: Opera Nazionale Maternità e Infanzia (10/12)
1927: Assistenza illegittimi abbandonati, Assicurazione obbligatoria contro la TBC (27/10)
1928: Esenzione tributaria per le famiglie numerose (14/6), Assicurazione obbligatoria per le malattie professionali
1929: Opera Nazionale Orfani di guerra (16/7)
1933: Istituto Nazionale Infortuni sul Lavoro (I.N.A.I.L.) (23/3)
1935: Istituzione libretto di lavoro (10/1) Istituto Nazionale per la Previdenza Sociale (I.N.P.S.) (4/10)
1937: Settimana lavorativa a 40 ore (29/5), Ente Comunale di Assistenza, Assegni familiari, Casse rurali ed Artigiane (26/8)
1942: Cassa integrazione guadagni (13/6)
1943: Istituto Nazionale per l’assistenza malattia (I.N.A.M.) (11/1)
Le bonifiche di aree paludose e insane (paludi Pontine, Emilia, Sardegna, Bassa Padana, Coltano, Maremma Toscana) furono opere imponenti che offrirono al lavoro dei nostri agricoltori abbondanti terre coltivabili e residenze decorose nelle nuove campagne rese salubri e nelle città nate dal nulla come Littoria (oggi Latina), Sabaudia, Aprilia, Pomezia, Guidonia, Carbonia, Fertilia, Segezia, Alberese, Mussolinia (oggi Arborea), Tirrenia, Tor Viscosa, Arsia, Pozzo Littorio o nei 64 nuovi borghi rurali. E gli acquedotti Pugliese, del Monferrato, del Perugino, del Nisseno e del Velletrano fornirono nuovi impulsi all’agricoltura.
E nuovi territori furono dati alle braccia operose dei nostri lavoratori con la salda riconquista della Libia e con la conquista dell’Impero dell’Africa Orientale Italiana. Quest’ultimo fatto provocò una notevole crisi nei rapporti internazionali, ma la crisi fu superata e il prestigio dell’Italia crebbe ulteriormente.
E ancora di più
crebbe con lo sviluppo dell’industria italiana, specie quella aeronautica, con
le grandi traversate atlantiche e i vari raid e primati conquistati.
Un ulteriore passo verso la trasformazione dello stato in senso spiccatamente sociale fu il varo del sistema corporativo. Il primo obiettivo era quello di traghettare ufficialmente il popolo nella cittadella dello stato, mettendo in grado il popolo stesso, attraverso i rappresentanti di ogni categoria di lavoratori, di partecipare al governo del paese. Il secondo obiettivo era quello di superare la contrapposizione lavoratori-datori di lavoro mediante l’inserimento degli uni e degli altri all’interno della stessa corporazione in qualità di “produttori”. Purtroppo le resistenze dell’unione industriali e di certi settori importanti della nazione (i cosiddetti “poteri forti”) non consentirono la realizzazione del progetto, malgrado al congresso di Ferrara si tentasse di affermare la necessità di una attuazione integrale e coerente.
Fu, tuttavia, affermato un principio che troverà ampi consensi, tanto che anche un antifascista partigiano come Duccio Galimberti lo adotterà pressochè senza modifiche nel suo progetto di costituzione. (1)
Ma il vero capolavoro di Mussolini fu il suo costante dialogo col popolo. Attraverso i suoi scritti e, soprattutto, i suoi discorsi, egli trasmetteva direttamente al popolo le sue idee e i suoi progetti, ricevendone approvazione e sostegno. Nessun governo in nessuna epoca ha forse goduto di un consenso popolare così ampio pari a quello goduto dal governo di Mussolini. Ed egli fu sempre sensibile alle aspirazioni e ai bisogni del suo popolo, dedicando la massima attenzione anche allo svago e all’emancipazione culturale dei lavoratori mediante l’Opera Nazionale Dopolavoro, all’educazione e alla cura della salute dei giovani mediante le organizzazioni giovanili, la scuola, le colonie marine e montane, al problema abitativo mediante l’Istituto Nazionale Case Popolari. Solo per citare alcuni interventi fra i più significativi.
I denigratori parleranno di populismo e di paternalismo, ma la realtà è che il popolo si sentiva veramente e direttamente partecipe del destino della Nazione e che quindi, l’inserimento del popolo nella vita della stato fu una realtà del Fascismo.
L’alleanza con Hitler e il “nuovo ordine europeo”
Le vicende disastrose dell’ultima guerra mondiale hanno fatto sì che dell’alleanza con la Germania si siano visti e considerati soprattutto, se non esclusivamente, gli aspetti negativi. In realtà alla base dell’alleanza, così come Mussolini l’aveva concepita, c’era il sogno di un “nuovo ordine europeo” che era perfettamente coerente con le idee e le impostazioni del Fascismo. L’idea, infatti, era quella della costruzione di una grande Europa fascista, nella quale l’ordine sociale fosse quello preconizzato dal Fascismo: giustizia sociale, equa distribuzione della ricchezza, armonica collaborazione fra le classi. Ma era anche quella della costruzione di un mondo più giusto, ove la equa distribuzione della ricchezza si attuasse anche fra le nazioni, costringendo le nazioni plutocratiche dell’Occidente, Inghilterra e Stati Uniti d’America principalmente, a riunciare al monopolio della massima parte delle risorse del pianeta.
Purtroppo l’esito
infausto della guerra, che Mussolini non aveva voluto (il suo obiettivo per gli
anni quaranta era il rilancio dell’economia e dell’immagine dell’Italia nel
mondo con la grande esposizione E 42) ha portato agli esiti che sono noti.
La Repubblica Sociale Italiana
E sorse, in condizioni difficilissime, la Repubblica Sociale Italiana. I vincitori del conflitto, quelli che scrivono la storia, hanno avuto buon gioco nel descriverla come uno staterello fantoccio nelle mani dei tedeschi, giacchè le necessità della guerra sul suolo d’Italia hanno mostrato i tedeschi come i veri padroni della penisola e i fascisti della R.S.I. come semplici collaboratori sottomessi in tutto ai voleri dei tedeschi.
Ma la realtà non fu questa. E’ vero che il campo militare la conduzione della guerra era, e non poteva essere altrimenti, nelle mani dei tedeschi. Ma la R.S.I. mantenne la sua piena autonomia amministrativa e politica, e non rinunciò a portare avanti le istanze del Fascismo. Così, sul piano delle realizzazioni approvò, malgrado la contrarietà dei tedeschi, la legge sulla socializzazione delle imprese che realizza un grande passo avanti in direzione di quella giustizia sociale che fu uno degli obiettivi primari del Fascismo fin dai suoi inizi.
Ma, al di là delle cose che poterono essere realizzate, è necessario conoscere e valutare anche l’elaborazione delle idee e i progetti che fiorirono durante l’esperienza repubblicana, perché è soprattutto attraverso la conoscenza e lo studio di queste che si può ricostruire quello che la R.S.I. è stata e quello che l’ultimo Fascismo, coerente con le sue origini e con tutta la sua storia, voleva essere.
Ed è soprattutto dalla proposta di costituzione elaborata dal Ministro Biggini e che fu allegata al verbale della seduta del Consiglio dei Ministri del 16 dicembre 1943, che tutto questo emerge con estrema chiarezza e con grande evidenza.
La “costituzione” dell’ultimo Fascismo
La proposta del Ministro Biggini, dal titolo Alcune idee sul futuro assetto politico e sociale del popolo italiano rappresenta una chiara sintesi di come il Fascismo avrebbe organizzato lo stato in caso di vittoria. E in questa sintesi, che deve essere conosciuta e meditata, possono vedersi e valutarsi la coerenza con cui il Fascismo della R.S.I. intendeva portare a compimento il progetto del primo Fascismo: ripristino di un sistema democratico e attiva partecipazione del popolo alla vita della nazione, esaltazione dell’orgoglio nazionale (anche con la costituzione di un esercito di volontari) in una prospettiva di ampie intese internazionali, radicale soluzione dei conflitti sociali nella prospettiva di una radicale attuazione delle più avanzate forme di giustizia sociale.
Si concludeva così, fra i bagliori sinistri di una guerra all’ultimo sangue, la parabola del Fascismo cui Mussolini, malgrado i compromessi inevitabili cui era dovuto sottostare durante il ventennio, aveva garantito uno sviluppo coerente fino alla fine.
NOTE.
1) Vedi “Caro nemico” di Franco Franchi. Ed. Settimo Sigillo Roma