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Bisogna dire che tutte le stampatrici che lavoravano in automatico davano un risultato a me non soddisfacente per cui tutti i lavori ,sopratutto quelli professionali ,venivano eseguiti previa opportuna provinatura ,con questo si allungavano di molto i tempi di lavorazione ma il risultato era ottimo.
Il lavoro era sempre tanto e lavorando da solo le ore passate in laboratorio erano tantissime ,a volte mi alzavo al mattino alle quattro o alle cinque e rincasavo
alla sera verso le venti o le ventuno.Il laboratorio era a Milano e distava circa 25 Km. dalla mia abitazione ma la strada che dovevo fare era molto trafficata per cui alla sera impiegavo più di un ora e a volte anche un ora e mezza per il ritorno. Era il 1990 e pensai di trasferire illaboratorio vicino a casa mia ,trovai dei locali in affitto facilmente raggiungibili da Milano ,comodo quindi per i miei clienti e a poca distanza dalla mia abitazione .Erano circa 120mq con una bella cantina, ampio parcheggio antistante quindi l'ideale  per me.
Nel gennaio 1991 mi trasferii definitivamente e cominciai una nuova vita.
Il trasferimento non ebbe alcun effetto negativo per il mio lavoro ,anzi i miei
clienti erano tutti contenti per la facilità con la quale trovarmi durante il giorno e sopratutto per la comodità del parcheggio sempre vuoto.
Le mie macchine funzionavano tutte bene a parte qualche piccolo
inconveniente che però ero sempre in grado di risolvere conoscendole ormai
molto bene.Nel 1995  acquistai il mio primo computer  con il quale ,
imparando tutto da solo ,già producevo stampe digitali realizzate con una
stampante a getto d'inchiostro professionale fino al formato A3+.
Il sistema operativo era Win 3.11 e usavo Photoshop versione 2.2 .
Mi rendevo conto che quello sarebbe stato il futuro della fotografia ma
continuavo a pensare che la vera stampa fotografica sarebbe stata quella
ottenuta con il processo chimico cioè quello originale.
Nel 2001 il lavoro cominciò ad avere una piccola flessione negativa
i miei clienti si lamentavano poichè anche loro notavano una diminuizione ma
la cosa non mi preoccupò molto  pensando che fosse un momento di crisi.
Nel 2003 si presentò il sistema digitale che fu un cambiamento radicale.
I miei clienti cominciarono ad attrezzarsi con macchine digitali ,ponendomi
nella condizione di dover cambiare totalmente l'attrezzatura di stampa.
In tutti questi anni ero riuscito ad accumulare qualche risparmio così mi
decisi ad acquistare una macchina da stampa digitale che però producesse
stampe da poter poi trattare con il processo chimico cioè su carta fotografica.
Dopo varie ricerche e contatti trovai la macchina che faceva per me ,era molto
costosa ma la ritenevo in grado di poter ottenere delle stampe di ottima qualità.
Ero davanti ad un grosso dilemma o acquistare questa macchina o chiudere
l'attività rendendomi comunque conto che il lavoro non sarebbe stato più
quello di prima.Come avrei fatto però ad alzarmi al mattino senza poter recarmi
in laboratorio a svolgere il mio lavoro? La delusione sarebbe stata troppo
grande ,acquistai quindi questa macchina rateizzando la somma in cinque anni .
Questa nuova stampatrice poteva contenere bobine di carta di 76cm di larghezza
per cui sarei stato in grado di produrre stampe del formato 70x100 ,uno dei
miei grandi desideri.Dovetti poi cambiare la sviluppatrice della carta poichè
quella che avevo arrivava fino a 50 cm.Trovai una sviluppatrice a rulli
di 86cm di luce usata ma come nuova che aveva lavorato pochissimo e quindi
in ottimo stato.Nel frattempo mi studiai profondamente il funzionamento delle
maccine da ripresa digitali in modo da poter sempre essere all'altezza della
situazione nel rapporto con i miei clienti ,al punto da poter consigliare loro
il miglior modo di effettuare le riprese che in base poi al mio sistema di stampa
avessero potuto dare il miglior risultato.
Parliamo ora di questa stampatrice.
In dotazione alla macchina era fornito un computer  esterno con un programma
dedicato per poterla comandare ,nella macchina stessa era inserito un
altro computer che faceva da ricevente e tramite i comandi trasmessi via rete
gestiva tutte le funzioni elettroniche e meccaniche.
Poniamo di alzare il coperchio di una stampante a getto d'inchiostro ,la prima
cosa che si nota è un tubo metallico fissato alle due estremità sul quale
scorrono le cartucce dell'inchiostro ,questo sistema di funzionamento era
lo stesso della mia stampatrice solo che al posto delle cartucce era posizionato
un obbiettivo da stampa detto gruppo ottico che raccoglieva i raggi luminosi
che arrivavano dalla codifica del file impressionando la carta sensibile.

Qui sopra viene illustrato il funzionamento della macchina ,naturalmente doveva
essere posta in un locale tutto per lei dove si poteva fare buio per caricare e
scaricare la carta sensibile.La misi al posto dell'ingranditore che dovetti smaltire
con gran rimpianto così come la sviluppatrice negativi essendo ormai inutili.
Il laboratorio assumeva così una configurazione totalmente diversa ma innovativa.
Dovetti smaltire anche le quattro stampatrici analogiche che per  quasi 25 anni
erano state il cuore del laboratorio.Dentro di me sentivo una grande tristezza ma
allo stesso tempo la voglia di imparare cose nuove mi riempiva di grande entusiasmo.
Mi disfai poi anche della vecchia sviluppatrice a leader della carta rimpiazzandola
con quella nuova a rulli. Il funzionamento di quest'ultima era identico a quella vecchia
la differenza era che la carta anzichè essere trascinata dai nastri in naylon scorreva
tra dei rulli che girando la trasportavano nei vari bagni chimici e infine nel forno.
Avevo già organizzato il laboratorio per questa nuova configurazine quando
nell'agosto del 2004 mi fu consegnata la nuova stampatrice.
Il tecnico addetto all'installazione stette con me una giornata guidandomi
passo per passo all'uso corretto della macchina.
Il procedimento non era molto difficile ma bisognava porre la massima
attenzione evitando di dare comandi sbagliati per non avere problemi
e grosse perdite di tempo e di materiale.Si accendeva la macchina collegata
alla corrente tramite gruppo di continuità e stabilizzatore di tensione
si attendeva il bip di consenso del funzionamento del computer interno
poi si accendeva il computer che la comandava e si apriva il programma
dedicato.Una volta caricata la carta la stampatrice attendeva i comandi per la stampa.Da notare che al suo interno era posto un gruppo di condizionamento
per tenere sempre costante la temperatura di lavoro .Su un altro computer si
aprivano in Photoshop i file da stampare e dopo le opportune correzioni si
mandavano in rete alla stampatrice per la stampa finale.
Una delle cose più importanti era avere il monitor del computer ,sul quale si
eseguivano le correzioni ,tarato in modo tale da vedere l'immagine da stampare
come la stampa finale.Al file da stampare tramite Photoshop si assegnava il
                         della stampante per avere il miglior risultato.
Fatto tutto questo sul computer che comandava la macchina si sceglievano
i files da stampare si mettevano in coda di stampa e si dava l'o.k.
Terminata la stampa la macchina si fermava ,si dava il comando taglio carta ,
al buio si scaricava la carta stampata che poi si poneva nella sviluppatrice.
Ho semplificato un pò tutte le operazioni da fare perchè sarebbe stato molto
lungo spiegare tutto nei dettagli ,vi parlerò invece della fotografia digitale.
La fotografia digitale è un procedimento per l'acquisizione di immagini statiche, proiettate attraverso un sistema ottico, su un dispositivo elettronico (sensore) sensibile alla luce, con successiva conversione in formato digitale e immagazzinamento su supporto di memoria.
I metodi più comuni per ottenere fotografie digitali consistono nell'effettuare la scansione di un'immagine precedentemente stampata, oppure sotto forma di negativo o diapositiva, con uno scanner d'immagini oppure di effettuare uno scatto con una fotocamera digitale.
SENSORI
Per ottenere un'immagine digitale, in ogni caso, occorrono un certo numero di dispositivi in grado di trasformare l'intensità di luce riflessa proveniente da diverse parti di una scena o di un'immagine cartacea. Dunque, sia in uno scanner, sia in una fotocamera, l'elemento in grado di svolgere questa funzione è il sensore, il quale ha forma diversa a seconda si tratti di scanner o fotocamera digitale. La funzione che svolge il sensore all'interno di una fotocamera digitale è analogo a quello che svolge la pellicola nella fotografia tradizionale. Da questo si comprende agevolmente come la parte ottica di focalizzazione dell'immagine sulla superficie del sensore mantenga, nella fotografia digitale, un ruolo assolutamente centrale nella qualità delle immagini che si ottengono. La tecnologia con la quale i sensori possono essere realizzati è riconducibile, sia nelle fotocamere, sia negli scanner, a due tipologie diverse:

    CCD (Charge Coupled Device)
    CMOS (Complementary Metal Oxide Semiconductor).

Va tuttavia notato che negli scanner è largamente diffusa l'adozione della tecnologia CCD. Altro fattore di distinzione delle tecnologie è la metodologia di lettura dei segnali elettrici in uscita dai sensori:
Area array
Linear array

In estrema sintesi, un sensore area array legge l'intera immagine, mentre un sensore linear array lavora con modalità simile a quella di uno scanner.
Fatta eccezione per alcuni modelli del tipo linear array (in fascia alta) e per le webcam (in fascia bassa), viene utilizzata una memoria digitale (di solito una memory card; i floppy disk e i CD-RW sono molto meno comuni) per memorizzare le immagini, che possono essere trasferite su PC in seguito.
La maggior parte delle macchine fotografiche digitali permettono di realizzare filmati, talvolta con sonoro. Alcune possono essere utilizzate anche come webcam, altre supportano il sistema PictBridge per connettersi direttamente alle stampanti, altre ancora possono visualizzare le fotografie direttamente sul televisore. Quasi tutte includono una porta USB o FireWire port e uno slot per memory card.
Praticamente tutte le macchine fotografiche digitali permettono di registrare video, ovviamente limitate alla memoria disponibile. Una memory card da 1 GB può memorizzare approssimativamente un'ora di video in formato MPEG-4 in bassa risoluzione, a 640x480 pixel. I modelli più recenti possono catturare fotogrammi ad una frequenza di 60 immagini/secondo con una risoluzione al Full HD, cioè di 1920x1080 pixel. La maggior parte possono registrare l'audio, spesso anche in stereo, ed essere comandate in remoto dal PC, e ovviamente, memorizzare i video sull'hard disk o su DVD tramite il masterizzatore.
Una fotocamera digitale è una fotocamera che utilizza, al posto della pellicola fotosensibile, un sensore (CCD o CMOS) in grado di catturare l'immagine e trasformarla in un segnale elettrico di tipo analogico. Gli impulsi elettrici vengono convertiti in digitale da un convertitore A/D, nel caso del CCD in un chip di elaborazione esterno al sensore, nel caso del CMOS, direttamente dal sensore, avendo implementato al suo interno anche il convertitore A/D, in entrambi i casi viene generato un flusso di dati digitali atti ad essere immagazzinati in vari formati su supporti di memoria.
Una fotocamera digitale è in quasi tutti gli aspetti esattamente identica ad una fotocamera convenzionale, se non per il fatto che invece della pellicola fotografica in rullino usa un sensore elettronico che può essere di diversi tipi. Questo acquisisce l'immagine che successivamente viene convertita in una sequenza di informazioni digitali che adeguatamente elaborate andranno a formare un file (archivio).
In particolare per le macchine digitali vale come per quelle analogiche, e con lo stesso significato, la distinzione fra fotocamera compatta e reflex. Vi sono comunque formati di fotocamera chiamati "bridge“ che hanno caratteristiche funzionali e di qualità immagine estremamente vicine, o a volte superiori alle fotocamere reflex digitali di fascia bassa, pur avendo un obiettivo fisso come le compatte. All'inconveniente dell'ottica non intercambiabile alcuni produttori hanno ovviato introducendo in commercio fotocamere "bridge" con ottiche zoom con ampia escursione focale (da 28 mm equiv. fino a 400 mm equiv.) benché la qualità intrinseca di queste ottiche non possa raggiungere quella delle ottiche di maggior prestigio dedicate agli usi professionali. La presenza di un obiettivo fisso rende dunque sicuramente meno flessibile l’uso della fotocamera in contesti applicativi diversi, ma in positivo c’è da registrare il fatto che non esponendo l’interno della fotocamera
(e quindi il sensore) all’aria durante il cambio di obiettivo, si evita l’accumulo di polvere sul sensore, fatto questo che porta ad avere un degrado della qualità delle immagini riprese.











RISOLUZIONE
Secondo le regole attuali di mercato un parametro distintivo delle fotocamere è quello del numero di pixelrisoluzione. Per ottenere una buona fotografia risulta
essere importante un'ottica di qualità, un sensore che abbia un buon rapporto segnale/rumore, una buona gamma dinamica ed infine in funzione delle esigenze di stampa si sceglierà il numero di pixel del sensore.
(Una macchina fotografica non ha una sua "Risoluzione"! La risoluzione in fotografia
è data dal numero di pixel per pollice o per cm lineare e la macchina fotografica non misura i cm. È solamente nella fase di stampa che si può parlare di risoluzione, decidendo quanti pixel inserire in ogni cm della fotografia stampata. La macchina fotografica produce solo pixel!)
IL SENSORE
Il sensore, analogo a quello utilizzato nelle videocamere portatili, può essere
CCD o C-MOS. Sempre e comunque si tratta di dispositivi fotosensibili costituiti
da una matrice di fotodiodi in grado di trasformare un segnale luminoso in un segnale elettrico. Impiegando il CCD, la conversione del livello di luce in dato digitale avviene necessariamente all'esterno del sensore ad opera di un chip dedicato, nel CMOS la conversione avviene direttamente all'interno del chip/sensore, ogni fotodiodo ha il proprio amplificatore e convertitore A/D.
Nella fotocamera digitale, l'immagine viene messa a fuoco sul piano del sensore.
I segnali così catturati vengono amplificati e convertiti in digitale. A questo punto
i dati digitali sono in forma grezza (raw) e - così come sono - possono essere memorizzati su un file per una successiva elaborazione in studio, con altri apparecchi informatici. Successivamente il processore di immagine interno alla fotocamera trasforma questi dati, cioè calcola le componenti primarie mancanti su ogni pixel (RGB) e rende compatibili i dati di immagine con i normali sistemi di visualizzazione di immagini (generalmente nel formato JPEG o TIFF a seconda delle esigenze per le
quali è destinata la fotocamera) ed infine immagazzina il file elaborato in una memoria a stato solido (ordinariamente dal punto di vista tecnologico si tratta di EEPRom di tipo Flash, mentre i formati con cui sono messe in commercio sono diversi (CF, XD, SD, MMC, Memory stick, ecc). Le schede contengono generalmente un rilevante numero di immagini, la quantità dipende dalle dimensioni della singola immagine, dalla modalità di registrazione e dalle dimensioni della memoria.
La risoluzione totale del sensore si misura in milioni di pixel totali. Un pixel è l'unità di cattura del file: rappresenta cioè la più piccola porzione dell'immagine che la fotocamera è in grado di catturare su una matrice ideale costruita sul sensore CCD.
Le proporzioni delle immagini che si ottengono con gli attuali sensori (o attraverso elaborazioni del processore d'immagine interno alla fotocamera), sono indicate nella figura seguente:
Proporzioni delle immagini che si ottengono con gli attuali sensori












Moltiplicando il valore in pixel della risoluzione orizzontale per quello della risoluzione verticale si ottiene il numero totale di pixel che la fotocamera è in grado di distinguere in una immagine.
Vantaggi dei file Raw
l principale vantaggio del Raw va ricercato nella modalità di registrazione del file e nelle possibilità di elaborazione che esso offre successivamente allo scatto. Un file Raw durante la conversione da analogico a digitale è normalmente campionato almeno a 12 bit per canale (R,G o B). Ognuno dei canali cromatici a questo livello della elaborazione è ancora incompleto avendo solo i segnali raccolti dai photodetectors e non anche quelli generati per interpolazione. Alcune fotocamere di alto livello producono file Raw con campionamento a 16 bpp (bpp=bit-per-pixel o, meglio, bit-per-photodetector) e, come si è visto, questa è una sola delle tre componenti del pixel. I software di elaborazione dei file RAW hanno la possibilità quindi di produrre file grafici RGB a 48 bpp (qui è perfettamente corretto ritenere b.p.p. come bit-per-pixel, perché, quando il file grafico è elaborato, ogni pixel contiene tutte e tre le componenti RGB necessarie per definire ogni elemento del pixel). Per questa elevatissima profondità colore il file si presta ad elaborazioni anche abbastanza spinte senza che la qualità e dettaglio di immagine degradino troppo. Si consideri che normalmente la generazione del file TIFF o del file JPG avviene a profondità colore di 24 bpp (che equivale ad 8 bpp per ognuno dei canali RGB) quindi per la stampa è normalmente richiesto un dettaglio cromatico (=profondità colore) molto minore. Tale caratteristica tecnica dei file Raw permette una lavorazione in studio delle immagini senza alterarne la qualità. Ma non solo. L'utilizzo dei file RAW consente addirittura di apportare in un secondo momento con elaborazioni in studio dei miglioramenti significativi alla qualità dell'immagine scattata, potendo per esempio aggiustare il bilanciamento del bianco, ridurre eventuali aberrazioni cromatiche degli obiettivi, ottimizzare l'esposizione con un campo di variazione abbastanza elevato, applicare filtri antirumore, ecc.
Poiché le immagini JPG, anche se composte in alta qualità, hanno una dimensione
di circa 1/4 della stessa immagine in Raw, lo svolgimento di tale funzione non comporta l'impiego di una grande quantità di memoria interna. Quindi tale funzione
in JPG è molto frequente trovarla nelle fotocamere anche di fascia medio-bassa.
A questo proposito si consideri che il tempo di registrazione dell'immagine nella scheda di memoria è normalmente molto superiore a quello che impiega il processore d'immagine ad elaborare i dati grezzi in arrivo del sensore per formare l'immagine JPG. Dunque, complessivamente, il tempo impiegato dalla fotocamera per svolgere la funzione di scatto a raffica è comunque minore in JPG rispetto al formato Raw.
Parliamo ora in breve della ripresa fotografica con macchine digitali professionali.
Passando dalla fotografia analogica a quella digitale una buona parte di fotografi
pensava che le cose sarebbero state molto più semplici con il pensiero
"tanto fa tutto da sola".Ebbene questa cosa diciamo che ha un pò affossato
la qualità delle immagini prodotte e ha portato nel settore una grossa quantità,
lasciatemelo dire ,di gente inesperta che si è affidata all'improvvisazione
non essendo in possesso delle indispensabili nozioni fondamentali della fotografia.
E' essenziale per fare una buona foto sapere in quel momento cosa si sta facendo
cosa succede se fai una regolazione o non la fai.
E' molto semplice e comune pensare che dopo con Photoshop tutto si sistema
e la foto si possa cambiare e migliorare come si vuole ,GRAVE ERRORE.
Con una immagine analogica e quindi da negativo le correzioni in fase di stampa
erano molto più ristrette ma anche molto più efficaci ,con l'immagine digitale
le correzzioni possono sembrare molteplici e risolutive ma non è così.
Lìmmagine che si ottiene da una macchina digitale è una cosa molto delicata
e va trattata quindi con cautela ed esperienza.Non si può pensare di aggiustare
contrasto ,luminosità ,curve di livello ,correzioni del colore con un click del mouse
pena lo stravolgimento dell' immagine stessa e un risultato finale disastroso. Teoricamente l'immagine andrebbe stampata così come è stata scattata per cui salterebbero all'occhio tutti gli errori fatti in ripresa ,ecco  perchè ribadisco
il concetto che per ottenere una buona foto digitale la ripresa è tutto.
Non affidarsi mai allo scatto automatico se non in condizioni di luce ottimali
cioè non al sole bensì in zona di ombra chiara perchè l'immagine digitale è
molto sensibile ai forti contrasti dando l'effetto bruciatura nelle zone di alte luci
e l'effetto grana o rumore nelle zone molto scure perdendo tutti i dettagli in
entrambi i casi.Per ottenere una buona nitidezza è sempre consigliato
chiudere il diaframma in maniera adeguata aumentando così il tempo di posa
rischiando di ottenere una foto mossa per cui l'abilità consiste nell'avere
la mano molto ferma ,una posizione molto stabile allargando possibilmente
un pò le gambe ,ma non affidarsi all'automatismo dello stabilizzatore di immagine
perchè questo a volte non funziona per niente.Fondamentale è il bilanciamento
del bianco ,prerogativa delle macchine di ultima generazione ,questa operazione
va fatta con molto scrupolo avendo a disposizione un foglio di carta bianco
posizionato davanti al soggetto sfuocando con obbiettivo aperto.
Specialmente nelle riprese in luce ambiente quindi senza flash il bilanciamento
del bianco è estremamente necessario poichè i sensori tendono ad enfatizzare
i colori ambiente specialmente nel rosso e nel giallo dando all'immagine un
effetto sgradevole.Altro punto dolente è l'uso del flash.Usando quest'ultimo
nella ripresa digitale bisogna sopratutto tenere conto del numero guida
del flash usato che normalmente è fornito dalla casa costruttrice.
Il numero guida non è nient'altro che il rapporto tra la distanza flash- soggetto 
e il diaframma che si sta usando ,viene calcolato supponendo di scattare ad una sensibilità di 100 ISO con un obiettivo da 50 mm.

                                           NUMERO GUIDA  NG = Distanza x Diaframma
                                            oppure  Diaframma = Numero Guida : Distanza
                                                                                                                                                                                      E’ un parametro che serve anche a confrontare diversi flash tra loro. Facciamo un esempio: il numero guida del flash integrato nella Canon 20D è 13 mentre quello
di un'altro modello è 43. Si ragioni per comodità in termini di diaframmi, sempre a 100 ISO, chiedendoci quale è la distanza massima a cui possiamo illuminare il soggetto scattando con apertura f-5,6:

                                                            Distanza = NG : Diaframma
                                                                  Canon 20D    2,3 m
                                                                           Altro    7,6 m

Se per 100 ISO si espone correttamente ad f/5,6, per 200 ISO si passerà a f/8, per
400 ISO a f/11 e così via. Va notato che nella foto digitale non interviene
l'effetto di reciprocità essendo quest'ultimo legato solo ai materiali sensibili
quali carte e pellicole. Il rapporto che intercorre tra sensibilità e NG è legato
da una serie di fattori di moltiplicazione molto facili da ricordare poiché altro non sono che la progressione della scala del diaframma:

                                        ISO     100     200     400     800     1600     3200     ...
                                Fattore X     1       1,4         2       2,8          4          5,6      ...

Nel caso in esempio NG passa da 43 a 100 ISO a 43*2,8=120 a 800 ISO, facendo ancora qualche calcolo si ottiene che la distanza massima cui si può illuminare il soggetto ad f/5,6 sarà (43x2,8)=120/5,6=21,5 m. Il numero guida però non rappresenta la potenza della luce emessa dalla lampada, in quanto questa è funzione anche della forma e posizione della parabola e della presenza o meno di filtri o diffusori montati sulla testa del flash.
Bisogna usare molta attenzione nel dosare l'illuminazione flash specialmente
con soggetti in primo piano per evitare il sovradosaggio di luce che crea delle
zone sovraesposte quindi molto chiare dove si perdono tutti i dettagli
dell'immagine creando la cosidetta bruciatura poi irrecuperabile.
Per dare più profondità all'immagine si deve evitare di avere un primo piano
molto illuminato su uno sfondo posteriore molto scuro ,per fare questo bisogna
dare una alta potenza al flash di modo che il lampo possa andare in profondità
e chiudere il diaframma adeguatamente per non avere i primi piani sovraesposti.
Sto parlando di flash esterni alla macchina sui quali è possibile regolare la
potenza impostando i diaframmi ovvero impostando un diaframma molto chiuso
come f11 o f16 il flash darà un piccolo lampo a bassa potenza e così al contrario.
Altro elemento importante che può sembrare un pò strano è usare sempre il
flash anche nelle riprese in esterno ,naturalmente dove è possibile poichè
quel piccolo lampo rende l'immagine meno contrastata ,schiarisce le ombre
dando all'immagine stessa una morbidezza che è importante nella foto digitale.
Non sono operazioni che si fanno molto facilmente ma sono comportamenti che
si acquisiscono dopo molta pratica e molte prove.





Macchina reflex
profilo colore
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