PIETRA PECE
Per la costruzione del Duomo di San Giorgio non furono utilizzati solo i calcari bianchi del ragusano bensì anche la pietra pece, ovvero un calcare bituminoso di colore chiaramente nero di cui gli Iblei sono ricchi.
Per le sue caratteristiche fisiche ( pietra impermeabile) e per la facilità della sua lavorazione fu molto utilizzata anche in antico per capitelli, soprattutto di ordine corinzio, per cornici di porte e finestre e per pavimentazioni. Inoltre per motivi estetici e cromatici veniva spesso alternata nelle pavimentazioni delle chiese a marmi bianchi.
Nonostante la sua impermeabilità la pietra pece solo in superficie perde il colore, a causa dello strato volatile di bitume, sbiancando e quindi ha bisogno di essere regolarmente rigenerato e protetto.
Il ripristino del colore originale
dei capitelli e di altri particolari durante l’ultimo restauro è stato soggetto
a critiche, dovute al fatto che per molti decenni la chiesa non aveva subito
lavori e il colore nero era andato perduto sulla facciata così come nella
memoria dei cittadini, al punto di negare l’utilizzo di tale pietra, il quale
invece ci viene testimoniato da Jean Houel nel suo
«Viaggio pittoresco delle isole di Sicilia, Lipari e Malta» avvenuto negli anni
1776/79. Il riferimento che ci interessa riguarda la sua visita ad una cava
dell'epoca di pietra pece e rileggiamo testualmente:
«Questa pietra è usata per le
costruzioni, soprattutto per gli edifici più considerevoli: spesso per
piastrellare le chiese ci si serve di tali pietre nere che vengono alternate
con mattonelle di marmo bianco. Resiste all'attrito più della pietra bianca,
come si nota negli antichi pavimenti, dove le mattonelle di pietra bianche sono
logorate ed incavate, mentre quelle di pietra nera sono integre. La si usa con
più precisione di qualunque altro tipo di pietra, perché si pialla come il
legno: viene utilizzata per fare
cornici di porte e finestre ed anche tutti i capitelli delle colonne,
soprattutto quelle di ordine corinzio. Si può perfino tagliare
facilmente al pari di un pezzo di formaggio, soprattutto d'estate. Il solo
inconveniente che risulta da questa facilità è che gli scultori tagliano in
modo talmente particolareggiato le dentellature delle foglie d'acanto da farne
foglie di cicoria.»