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La conoscenza dei Sumeri

Le schiere celesti

Venuto dallo spazio esterno

La madre chiamata Eva

Quando la sapienza discese dai cieli

Una base spaziale su Marte

 
 

La conoscenza dei Sumeri

 

Le schiere celesti

Nel'agosto 1989, l'astronave spaziale Voyager 2 passò vicino a Nettuno, inviando alla Terra fotografie e dati. La sonda, che pesava soltanto una tonnellata, ma era piena zeppa di telecamere, sensori, misuratori, antenne trasmittenti e minuscoli computer, il tutto funzionante a energia nucleare, trasmise impulsi sommessi che, persino alla velocità della luce, impiegarono piu di quattro ore per raggiungere la Terra, dove vennero catturati da una rete di radiotelescopi, la Deep Space Network della NASA. Poi i deboli segnali furono tradotti in fotografie, mappe e altre categorie di dati, nei sofisticati laboratori del JPL (Jet Propulsion Laboratory) a Pasadena, in California, che seguiva l'operazione per la NASA.

Lanciati nell'agosto 1977, il Voyager 2 ed il suo compagno Voyager 1, in origine erano stati progettati per raggiungere ed esplorare soltanto Giove e SaturnO, e accrescere la quantita dei dati che erano stati già ottenuti in precedenza su questi due giganti gassosi dal Pioneer 10 e dai Pioneer 11, anch'esse astronavi senza equipaggio. Con notevole abilità ed ingegnosità, gli scienziati e i tecnici del JPL approfittarono di un raro allineamento dei pianeti esterni e, usando la forza gravitazionale come una speciale fionda, riuscirono a spedire il Voyager 2 prima da Saturno a Urano, e poi da Urano a Nettuno.

Nettuno era stato scoperto soltanto nel 1846, dopo che alcune perturbazioni nell'orbita del pianeta Urano, relativamente più vicino, avevano indicato l'esistenza di un altro corpo celeste. Nettuno in verità era noto agli antichi, e le scoperte che sarebbero state fatte avrebbero potuto soltanto confermare la conoscenza antica.

I segnali elettronici dal Voyager 2 rivelarono un bellissimo pianeta verde-azzurro come un'acqua marina, avvolto da un'atmosfera di elio, idrogeno e gas metano, spazzato da venti impetuosi e velocissimi. Sotto questa atmosfera apparivano misteriose ed enormi "macchie confuse", di colorazione talvolta blu più scuro, e talvolta di un verde giallastro, forse a seconda dall'angolo di incidenza dei raggi solari. Come previsto, l'atmosfera e la superficie avevano una temperatura inferiore allo zero, ma inaspettatamente si scoprì che Nettuno emette un calore proveniente dal cuore del pianeta. Contrariamente alle precedenti congetture, che consideravano Nettuno un pianeta "gassoso", il Voyager 2 determinò che il pianeta ha un nucleo roccioso al di sopra del quale galleggia — secondo le parole degli scienziati del JPL — "una poltiglia di acqua e ghiaccio". Questo strato di acqua, che gira attorno al nucleo di roccia mentre il pianeta evolve nel suo giorno di sedici ore, agisce come una dinamo creando un campo magnetico di notevoli proporzioni.

Questo bellissimo pianeta, appare circondato da numerosi anelli composti di massi, pietre e polvere, e da almeno otto satelliti, o lune, che gli orbitano attorno. Di questi, il più grande, Tritone, si è dimostrato non meno spettacolare del suo signore planetario. II Voyager 2 confermò il moto retrogrado di questo piccolo corpo celeste (grande quasi come la Luna della Terra) il quale orbita attomo a Nettuno in direzione opposta al moto di questo e di tutti gli altri pianeti conosciuti nel nostro sistema solare, cioè non in senso antiorario bensì in senso orario. Al di là del semplice dato della sua esistenza, delle sue dimensioni approssimative e del suo moto retrograde, gli astronomi non sapevano nulla su Tritone. Il Voyager 2 riportò che si tratta di una "luna blu", colore dovuto alla presenza di metano nell'atmosfera. La superficie di Tritone mostra, attraverso la sottile atmosfera, una superficie color rosa-grigio con formazioni montuose irregolari da un lato, e distese piatte e quasi senza alcun segno di crateri dall'altro lato. Fotografie ravvicinate suggeriscono una recente attività vulcanica, ma di tipo molto singolare: quello che viene eruttato dalle profondità attive e ribollenti di questo corpo celeste non è lava fusa, bensì ghiaccio semisciolto a getti. Persino le congetture iniziali indicavano che Tritone aveva, fino a un periodo relativamente recente in termini geologici, dell'acqua sulla sua superficie, e forse anche dei laghi. Gli astronomi non hanno saputo dare una spiegazione immediata delle "linee parallele di crinali" che corrono diritte per centinaia di chilometri e, in uno o due punti, si incontrano in angoli apparentemente retti, suggerendo aree rettangolari.

Urano, anche se relativamente più vicino a noi, è lontano "soltanto" poco più di tre miliardi di chilometri, si trova così lontano al di là di Saturno da non poter essere visto dalla Terra a occhio nudo. Fu scoperto nel 1781 da Frederick Wilhelm Herschel, un musicista diventato astronomo dilettante, soltanto dopo il perfezionamento del telescopio. Dal momento della sua scoperta fino ad oggi, Urano era stato considerato il primo pianeta sconosciuto agli antichi e scoperto solo in tempi recenti; si riteneva che i popoli antichi conoscessero e venerassero il Sole, la Luna, e soltanto cinque pianeti (Mercurio, Venere, Marte, Giove e Saturno), che essi credevano muoversi attorno alla Terra nella "volta dei cieli". Null'altro era stato visto o conosciuto al di la di Saturno. Le testimonianze raccolte dal Voyager 2 su Urano però dimostravano il contrario: in realta un popolo vissuto nell'antichita conosceva Urano, Nettuno, e persino l'ancor più lontano Plutone!

Gli scienziati stanno ancora analizzando le fotografie e i dati su Urano e le sue sorprendenti lune, cercando risposte a innumerevoli quesiti. Perchè mai Urano è coricato su un fianco, come se fosse stato colpito da un altro grande corpo celeste in rotta di collisione? Perchè i suoi venti soffiano in direzione retrograda, contrariamente a quanta accade nel resto del sistema solare? Perchè la sua temperatura sul lato nascosto al Sole è uguale a quella del lato esposto al Sole? E che cosa ha causato le insolite formazioni e lo strano aspetto di alcune delle sue lune? Particolarmente interessante e la luna chiamata Miranda, "uno degli oggetti piu enigmatici del sistema solare", secondo le parole degli astronomi della NASA. Su questo satellite si puo vedere un altopiano delineato da scarpate lunghe quasi duecento chilometri, che formano un angolo retto (un fenomeno soprannominato "il Caprone" dagli astronomi), dove, su entrambi i lati dell'altopiano, si notano formazioni ellittiche simili a solchi scavati da scanalature concentriche.

Due fenomeni, che rappresentano le scoperte più importanti su Urano, ne fanno un pianeta diverso da tutti gli altri. Primo: il suo colore. Con l'aiuto dei telescopi installati sulla Terra e delle sonde spaziali automatizzate, ci sono diventati familiari il marrone grigiastro di Mercurio, la nebbia di colore sulfureo che circonda Venere, il colore rossiccio di Marte, e le molteplici sfumature di rosso, marrone e giallo che caratterizzano Giove e Saturno. Ma, mentre le sorprendenti immagini di Urano apparivano sugli schermi televisivi nel gennaio 1986, la sua caratteristica più stupefacente era il colore verde-azzurro — un colore completamente differente da quello di qualsiasi altro pianeta conosciuto.

L'altra scoperta strana e inaspettata riguardava la composizione di Urano. Contrariamente alle previsioni precedenti degli astronomi, secondo i quali Urano era un pianeta completamente "gassoso" come i giganti Giove e Saturno, il Voyager 2 scoprì che il pianeta non era ricoperto da gas, bensì da acqua, e non solo uno strato di acqua ghiacciata sulla sua superficie, ma un oceano di acqua. Un'atmosfera gassosa, in effetti, avvolge il pianeta, ma sotto di essa si agita un immenso strato — spesso quasi diecimila chilometri! — di "acqua estremamente calda, con temperature che arrivano agli 8.000 gradi Fahrenheit" (secondo le parole degli analisti del JPL). Questo oceano di acqua bollente allo stato liquido circonda un nucleo di roccia fusa, dove elementi radioattivi (o altri processi sconosciuti) producono l'immenso calore interno.

Questa abbondanza, o anche la semplicepresenza, presenza di acqua su pianeti ritenuti gassosi e sui loro satelliti ai confini del sistema solare, era una scoperta del tutto inaspettata.

I Sumeri non solo avevano riconosciuto l'esistenza di Urano, ma avevano anche accuratamente descritto il suo colore verde-azzurro e le sue acque!

Nel 1986 la scienza moderna ha riscoperto quello che la scienza antica già sapeva.

I dati raccolti dal Voyager 2 su Urano e Nettuno avevano così ratificato non soltanto l'antica conoscenza sull'esistenza stessa dei due pianeti esterni, ma anche gli importantissimi dettagli sulla loro conformazione. L'avvicinamento di Nettuno nel 1989 portò ulteriori conferme ai testi antichi, dove Nettuno era elencato prima di Urano, come ci si aspetterebbe da qualcuno che entra nel sistema solare e che quindi vede prima Plutone, poi Nettuno, e quindi Urano. In questi testi, o liste planetarie, Urano viene chiamato, "il pianeta doppio" di Nettuno. I dati del Voyager confermano ampiamente questa antica nozione. Urano e effettivamente molto simile di aspetto a Nettuno, per colore, dimensione e contenuto di acqua; entrambi i pianeti sono circondati da anelli e da una moltitudine di satelliti, o lune, che orbitano attorno a loro. E' stata riscontrata anche un'inattesa somiglianza dei campi magnetici dei due pianeti: entrambi hanno un'inclinazione insolitamente estrema relativamente all'asse di rotazione del pianeta: 58 gradi per Urano e 50 gradi per Nettuno. I due pianeti sono simili anche per la lunghezza dei loro giorni, che durano sedici/diciassette ore.

I terribili venti di Nettuno e la poltiglia di acqua ghiacciata che copre la sua superficie dimostrano l'enorme calore generato dal pianeta, proprio come per Urano. In effetti, i resoconti del JPL affermano che i valori iniziali delle temperature indicavano che le temperature di Nettuno sono simili a quelle di Urano che si trova quasi due miliardi di chilometri più vicino al Sole. Perciò gli sienziati hanno pensato che in qualche modo Nettuno stia generando più calore interno di quanto faccio Urano.

La civiltà Sumera è la prima civiltà dell'uomo di cui si abbia notizia. Apparsa all'improvviso e apparentemente dal nulla circa seimila anni fà, tale civiltà vanta il credito di praticamente tutte le grandi scoperte di una società evoluta. invenzioni e innovazioni, concetti e credenze, che formano la base della civiltà occidentale o meglio, di tutte le altre civiltà e culture della Terra. La ruota, la trazione animale dei veicoli, le barche per i fiumi e le navi per i mari, i mattoni e la calce, gli edifici a più piani, la scrittura, le scuole, gli scribi, le leggi, i giudici e le giurie, la monarchia e i consigli dei cittadini, la musica e la danza, l'arte, la medicina e la chimica, la tessitura e la filatura, la religione, i sacerdoti e i templi, insomma tutto cominciò laggiù, nel Sumer, una regione situata a sud del Irak moderno, nell'antica Mesopotamia. E soprattutto ricordiamo che le scienze della matematica e dell'astronomia ebbero origine proprio quì.

In verità, tutti gli elementi di base dell'astronomia moderna hanno origini sumere: il concetto di sfera celeste, di orizzonte e di zenit, la divisione del cerchio in 360 gradi, la nozione di una fascia celeste in cui i pianeti orbitano attorno al Sole, il raggruppare le stelle in costellazioni dando loro i nomi e le immagini pittoriche che chiamiamo zodiaco, il fatto di applicare il numero dodici allo zodiaco e alle divisioni del tempo, e l'invenzione di un calendario che è stato la base di tutti i calendari fino al giorno d'oggi. Tutto questo, e altro ancora, è cominciato nel paese dei Sumeri.

I Sumeri registravano le loro transazioni commerciali e legali, i loro talenti e le loro storie, su tavolette di argilla (fig. a); disegnavano le illustrazioni su sigilli a forma di cilindro, sui quali la figura era intagliata in negative, per poi imprimersi in positive quando il cilindro veniva fatto rotolare sull'argilla umida (fig. b). Tra i resti delle città sumere riportate alla luce dagli archeologi nell'ultimo secolo e mezzo, sono state trovate centinaia se non migliaia di illustrazioni che trattavano di astronomia, con descrizioni di stelle e costellazioni correttamente posizionate nel cielo, e manuali per osservare il sorgere e il tramontare delle stelle e dei pianeti.

Tra le tavolette recuperate dagli archeologi, ci sono testi che trattano in particolare del sistema solare, mentre altri elencano i pianeti che orbitano attorno al Sole, nell'ordine corretto; uno dei testi riporta persino le distanze tra i pianeti. Su sigilli a cilindro sono state ritrovate illustrazioni che descrivono il sistema solare.

Se tracciamo uno schizzo dell'illustrazione che appare in un bassorilievo sumero vediamo un sistema solare completo, in cui il Sole (e non la Terra!) è posto al centro, e attorno ad esso orbitano tutti i pianeti da noi oggi conosciuti. E' molto evidente se disegniamo i pianeti conosciuti attorno al Sole con le rispettive dimensioni corrette, e nel giusto ordine. La somiglianza tra l'illustrazione antica e quella moderna è sbalorditiva: non lascia alcun dubbio sul fatto che i due gemelli Urano e Nettuno fossero noti agli antichi. L'illustrazione sumera rivela però anche alcune differenze. Non si tratta di errori dell'artista o di cattiva informazione, anzi queste differenze — in particolare due di esse — sono molto significative.

La prima riguarda Plutgne, che ha un'orbita davvero curiosa: troppo inclinata sul piano comune (detto "piano dell'eclittica") rispetto al quale i pianeti orbitano attorno al Sole, è così ellittica che qualche volta Plutone (come è adesso, fino al 1999) invece di trovarsi più lontano, risulta più vicino al sole di Nettuno. Gli astronomi hanno dunque immaginato, fin dalla sua scoperta nel 1930, che in orogine Plutone fosse il satellite di un altro pianeta. Si desume generalmente che fosse una luna di Nettuno che in qualche modo fu strappata dalla sua orbita attorno a Nettuno ed entrò in una propria orbita indipendente (anche se piuttosto bizzarra) attorno al Sole.

Le illustrazioni antiche lo confermano, ma con una differenza significativa. Nella figura antica, Plutone è posizionato tra Saturno e Urano, invece che accanto a Nettuno. E i testi cosmologici dei Sumeri, riferiscono che Plutone, un satellite di Saturno, fu lasciato libero di raggiungere il suo "destino" specifico, la sua orbita indipendente attorno al Sole.

L'antica spiegazione sull'origine di Plutone rivela non soltanto una conoscenza effettiva delle questioni astronomiche, ma anche una grande raffinatezza scientifica. Essa implica una comprensione profonda delle forze complesse che hanno modellato il sistema solare, e inoltre lo sviluppo di teorie astrofisiche secondo cui le lune possono diventare pianeti, o i pianeti in formazione possono trasformarsi in semplici lune. Secondo la cosmologia sumera, Plutone ce l'ha fatta; la nostra Luna, che stava per diventare un pianeta indipendente, fu invece ostacolata da qualche evento celeste e non potè raggiungere tale posizione di indipendenza.

Gli astronomi moderni sono passati dalle semplici teorie alla convinzione che questo sia effettivamente quanto e accaduto nel nostro sistema solare, soltanto dopo aver osservato i dati raccolti dalle astronavi Pioneer e Voyager, e hanno stabilito durante l'ultimo decennio che Titano, la più grande luna di Saturno, era un pianeta in formazione che non riuscì a distaccarsi completamente da Saturno. Le scoperte su Nettuno hanno rinforzato la teoria opposta riguardo a Tritone, la luna di Nettuno, che è poco più di 600 chilometri più grande (come diametro) della Luna della Terra. La sua particolare orbita, i fenomeni vulcanici, e altre caratteristiche inaspettate hanno suggerito agli scienziati del JPL, secondo le parole del capo del gruppo di ricerca, Edward Stone, che "Tritone poteya essere un oggetto che viaggiava attraverso il sistema solare diversi miliardi di anni fà, quando, avvicinatosi un pò troppo a Nettuno, fu attratto dal suo campo gravitazionale, e cominciò a orbitare attorno al pianeta.

Sorge inevitabile una domanda: come potevano sapere tutte queste cose i Sumeri sulla Terra così tanto tempo fà, all'alba della civiltà umana?

La risposta si trova nella seconda differenza tra l'illustrazione sumera che rappresenta il sistema solare (fig.a) e le nostre conoscenze attuali (fig. b). Si tratta dell'inclusione di un grosso pianeta nello spazio vuoto tra Marte e Giove. A noi non risulta nulla di tale pianeta, ma i testi sumeri di cosmologia, astronomia e storia affermano ripetutamente che esiste un altro pianeta nel nostro sistema solare, il dodicesimo: infatti contavano il Sole e la Luna (che consideravano un corpo celeste a se, per le ragioni descritte nel testo) e dieci pianeti invece di nove.

Il pianeta chiamato NIBIRU dai testi sumeri ("il pianeta dell'attraversamento"), che non era nè Marte nè Giove, come avevano affermato alcuni studiosi, ma un altro pianeta ancora che passa in mezzo a loro ogni 3600 anni.

Fu da questo pianeta, affermavano ripetutamente e insistentemente i testi sumeri, che gli ANUNNAKI discesero sulla Terra.

Il termine significa letteralmente "coloro che sono venuti dal cielo sulla terra". Nella Bibbia sono chiamati hnakim, e nel capitolo 6 della Genesi sono detti anche Nefiliw, che in ebraico ha lo stesso significato: quelli che sono discesi dal cielo alla Terra.

E fu dagli Anunnaki, spiegavano i Sumeri — come se avessero anticipato le nostre domande — che avevano imparato ogni cosa. La sofisticata conoscenza che troviamo nei testi sumeri è dunque una scienza propria degli Anunnaki che venivano da Nibiru, e la loro doveva essere una civiltà molto evoluta perchè, gli Anunnaki erano discesi sulla Terra circa 450.000 anni fa, quindi a quei tempi erano gia in grado di viaggiare nello spazio.

Perchè qualcuno dovrebbe prendersi la briga di venire su questo grumo di materia che chiamiamo Terra, non per incidente, non per caso, e non una sola volta ma ripetutamente, ogni 3.600 anni, è una domanda a cui i testi sumeri hanno dato una risposta. Sul loro pianeta Nibiru, gli anunnaki/Nefilim si trovavano ad affrontare una situazione che anche noi sulla Terra potremmo ben presto trovarci di fronte: il deterioramento ecologico stava rendendo la vita sempre più impossibile. Avevano bisogno di proteggere la loro atmosjera esaurita, e l'unica soluzione sembrava quella di sospendere delle particelle d'oro al di sopra dello strato atmosferico, come uno scudo.

Questo metallo raro era stato scoperto dagli Anunnaki sulla Terra e quindi avevano lanciato la Missione Terra per raccoglierlo.

Dapprima avevano cercato di farlo senza troppi sforzi, dalle acque del Golfo Persico, ma quando il tentativo fallì, si impegnarono in faticose operazioni scavando delle miniere nell'Africa sud-orientale.

Circa 300.000 anni fa, gli Anunnaki assegnati alle miniere africane si ammutinarono. Fu allora che lo scienziato capo e l'ufficiale medico degli Anunnaki usarono la manipolazione genetica e le tecniche di fertilizzazione in vitro per creare dei "lavoratori primitivi" — il primo Homo sapiens — da utilizzare nell'estenuante opera di estrazione dell'oro. I testi sumeri che descrivono tutti questi eventi e la loro versione condensata nel Libro della Genesi sono stati trattati ampiamente ne II dodicesimo pianeta. Gli aspetti scientific! di. questi sviluppi e delle tecniche impiegate dagli Anunnaki verranno Quando la relazione tra loro e gli esseri che avevano creato mutò, e di conseguenza essi decisero di dare la civiltà all'uomo, ci trasmisero un pò della loro conoscenza e le capacità di progredire da soli nel sapere scientifico.

Venuto dallo spazio esterno

La densità delle lune di Urano (tranne che per il satellite Miranda) è significativarnente più pesante di quella dei satelliti ghiacciati di Saturno. Allo stesso modo i dati del Voyager 2 mostravano — contraddicendo ancora quello che "avrebbe dovuto essere" — che le due maggiori lune interne di Urano, Ariel e Umbriel hanno una composizione più leggera (spessi strati di ghiaccio e piccoli nuclei di roccia) rispetto alle lune esterne Titania e Oberon, che risultarono composte soprattutto di pesante materiale roccioso con solo un sottile strato di ghiaccio.

Questi dati del Voyager 2 non erano le uniche testimonianze a suggerire che le lune di Urano non si fosserp formate allo stesso tempo del pianeta. bensì più tardi in circostanze insolite. Un altro fatto che mandò in crisi gli scienziati fu scoprire che gli anelli di Urano sono di colore neroscuro, più nero della polvere di carbone, presumibilmente composti di materiale ricco di carbone. Questi anelli scuri, cutvi, inclinati e bizzarramente ellittici erano alquanto dissimili dai bracciali simmetrici di particelle ghiacciate che circondano Saturno. Nero scuro erano anche sei delle nuove piccole lune scoperte attorno ad Urano, delle quali alcune fungevano da "pastori" per gli anelli. La conclusione ovvia era che gli anelli e le piccole lune si erano formati dai frammenti di una violenta catastrofe nel passato di Urano.

La teoria di una catastrofica collisione celeste quale evento che potesse spiegare tutti gli strani fenomeni riguardo a Urano, le sue lune e i suoi anelli, fu ulteriormente rafforzata dalla scoperta che i frammenti neri piu grossi, che formano gli anelli di Urano, ruotano attorno al pianeta ogni otto ore, una velocità doppia rispetto a quella della rivoluzione stessa del pianeta attorno al proprio asse. Ecco allora la domanda: in che modo e stata impressa una tale velocità ai frammenti negli anelli?

Considerati tutti i dati precedenti, la probabilità di una collisione celeste risulta l'unica risposta possibile. Dobbiamo prendere in considerazione la reale probabilità che le condizioni di formazione dei satelliti siano state determinate anche dagli eventi legati alla forte inclinazione di Urano.

Nelle conferenze stampa gli scienziati della NASA sono stati ancora più audaci e hanno detto: "Una cpllisione con qualcosa delle dimensipni della TerraJ, che viaggiava a circa 60.000 chilometri all'ora, avrebbe potuto provocare un risultato del genere", immaginando che si tratti di un "evento accaduto quattro miliardi di anni fa.

L'astronomo Carry Hunt dell'Imperial College di Londra, ha riassunto tutto in poche parole: "Urano ha preso una bella sberla da giovane".

Prima dell'avvicinamento del Voyager 2 a Nettuno, si sapeva che il pianeta aveva soltanto due satelliti, Nereide e Tritone. Nereide risultò avere una strana orbita: insolitamente inclinata rispetto al piano equatonale del pianeta (di ben 28 gradi) e molto eccentrica, poichè invece di girare attorno al pianeta con un movimento quasi circolare, segue un percorso molto allungato, che porta la luna fino a quasi dieci milioni di chilometri da Nettuno, per poi riavvicinarla a un milione e seicentomila chilometri da esso. Benchè, secondo le regole della formazione dei pianeti, per le sue dimensioni avrebbe dovuto essere sferica, Nereide ha una forma molto curiosa, simile a una ciambella ritorta. Inoltre, è brillante da una parte e nero scuro dall'altra. Tutte queste particolarità hanno portato Martha W. Schaefere Bradley E. Schaefer a concludere, in un importante saggio sull'argomento pubblicato sulla rivista Nature (2 giugno 1987), che Nereide ebbe una collisione con una luna attorno a Nettuno o a un altro pianeta e che lei e Tritone furono sbalzati nella loro curiosa orbita da qualche grosso pianeta o coprpo celeste. Immaginate, commenta Brad Schaefer, che una volta Nettuno avesse un normale sistema di satelliti come quello di Giove o di Saturno, e poi sia arrivato un grosso oggetto che, penetrando nel sistema, abbia sconvolto tutto.

II materiale scuro che si osserva su un lato di Nereide si poteva spiegare in due modi possibili, ma entrambi presuppongono che sia avvenuta una collisione. O un impatto su un lato del satellite ha spazzato via uno strato esterno piu scuro che lo rjcopriva, mettendo a nudo del materiale sottostante più brillante, oppure la materia scura apparteneva al corpo estraneo, ed "è andata a impastarsi su un lato di Nereide". La seconda possibilità e più plausibile, come suggerisce la scoperta, annunciata dall'equipe del JPL il 29 agosto 1989, che tutti i nuovi satelliti (sei in piu) trovati dal Voyager 2 su Nettuno "sono molto scuri" e "hanno tutti una forma irregolare", anche la luna designata 1989N1, che normalmente per le sue dimensioni avrebbe dovuto essere sferica.

La scienza dei Sumeri parla di un solo grande evento all'origine di tutto. I loro testi spiegano più di quanto i moderni astronomi siano riusciti anche solo a concepire riguardo ai pianeti esterni. Gli antichi testi illustrano inoltre questioni a noi più vicine, come ad esempio l'origine della Terra e della sua Luna, della Fascia degli Asteroidi e delle comete. Poi raccontano una storia che combina il credo dei creazionisti con la teoria dell'evoluzione, una storia che fornisce una spiegazione molto più soddisfacente di qualsiasi concezione moderna su ciò che è accaduto sulla Terra e su come siano apparsi l'uomo e la sua civiltà.

La madre chiamata Eva

La storia dell'uomo, così come la conosciamo oggi, è iniziata con un gruppo di mammiferi detti "primati" circa 45 o 50 milioni di anni fà, quando apparve in Africa un antenato comune di scimmie, gorilla ed esseri umani. Venticinque o trenta milioni di anni più tardi, dalla linea del primati si ramificò un precursore delle Grandi Scimmie. Nel 1920 dei fossili di questa antica scimmia, il "proconsole" forono rinvenuti per caso su un'isola nel Lago Vittoria e la scoperta attrasse infine nella zona la migliore coppia di paleontologi (marito e moglie), Louis S. B. e Mary Leakey. Oltre ai fossili del "proconsole" trovarono nella zona anche dei resti di Ramapiteco, la prima scimmia eretta o primate umano; erano vecchi di circa 14 milioni di anni, circa otto o dieci milioni di anni più tardi del "proconsole". Non si trattava semplicemente del ritrovamento di qualche fossile, le scoperte africane aprivano la porta al laboratorio segreto della natura, il nascondiglio dove Madre Natura continua a lavorare per la marcia del pro-gresso che ha portato dai mammiferi ai primati e dai primati alle grandi scimmie, e poi agli ominidi. Il luogo era la stretta vallata che attraverso l'Etiopia, il Kenya e la Tanzania, una parte del sistema di crepacci che iniziano nella valle di Giordania e presso il Mar Morto in Israele, e, comprendente il Mar Rosso, arrivano fino all'Africa del Sud.

Il ramo che porta agli umani si è separato da quello delle scimmie quadrumani circa quattordici milioni di anni fà, e ci vollero altri nove milioni di anni circa prima che apparissero le prime scimmie con caratteri ominidi, chiamate Australopitechi, e tutte dove la natura aveva scelto il suo laboratorio per "costruire l'uomo".

Tra le pietre miliari di tali scoperte si annovera il ritrovamento di parti dello scheletro di una femmina soprannominata "Lucy", ritenuto un Australopiteco progredito vissuto circa 3,5 milioni di anni fà; un fossile conosciuto con il numero di catalogo "Cranio 1470" di un maschio di forse 2 milioni di anni fa, e considerate dai suoi scopritori un "quasi-uomo" o Homo abilis ("uomo abile"), termine le cui implicazioni sono discusse da molti; i resti dello scheletro di un "uomo giovane e robusto", catalogato come WT. 15000, cioe un Homo erectus di circa 1,5 milioni di anni fà, probabilmente il primo vero ominide. Quest'ultimo essere, che inaugurava l'età della Pietra Antica, cominciò a usare le pietre come strumenti ed emigrare attraverso la penisola del Sinai, che serve da ponte terrestre tra Africa e Asia, verso l'Asia sudorientale da una parte e l'Europa meridionale dall'altra.

La via del genere umano si perde qui; il capitolo tra 1,5 milioni di anni fà e circa 300.000 anni fà è andato perduto, tranne forse che per qualche traccia dell'Homo erectus al margine delle sue migrazioni. Poi, circa 300.000 anni fà, senza alcuna prova di un cambiamento graduale, fece la sua apparizione l'Homo sapiens. Dapprima si credette che l'Homo sapiens Neanderthaliano — l'uomo di Neanderthal (così chiamato dal luogo dove fu scoperto per la prima volta in Germania) che divenne il più diffuso in Europa e in alcune parti dell'Asia circa 125.000 anni fà — fosse l'antenato del Cro-Magnon, l'Homo sapiens sapiens, che occupò quelle terre circa 35.000 anni fà. In seguito si ipotizzò che il Neanderthal, più "primitivo" e "bruto" si fosse evoluto da una ramificazione diversa dell'Homo sapiens, e che il Cro-magnon si fosse evoluto da qualche parte per conto proprio. Ora si sà che la seconda ipotesi è più corretta, ma non del tutto. Imparentati ma non discendenti l'uno dall'altro, i due rami dell'Homo sapiens vissero fianco a fianco fino a 90.000 o addirittura a 100.000 anni fà.

Alia fine del 1987 i ritrovamenti di Qafzeh e Kebara e della caverna sul Monte Carmelo furono datati con metodi nuovi, compreso quello della termoluminescenza, una tecnica che fornisce risultati affidabili molto anteriori al limite di 40.000 - 50.000 anni della datazione al radiocarbonio. Secondo le relazioni di Helene Vallades del Centro Nazionale di Ricerca di Gif-sur-Yvette, i risultati mostrarono senza alcun dubbio che sia i Neanderthal che i Cro-Magnon avevano abitato insieme in quella zona tra i 90.000 e i 100.000 anni fa. Le stesse scoperte furono confermate più tardi in un'altra località della Galilea.

Christopher Stringer del British Museum riconobbe che l'opinione convenzionale secondo cui i Neanderthal precedettero i Cro-Magnon era superata. Le due linee sembravano discendere entrambe da una forma più antica di Homo sapiens. "Dovunque sia stato l'Eden originale per gli umani moderni," dichiarava, "sembra ora che per qualche ragione i Neanderthaliani siano stati i primi a migrare verso nord, circa 125.000 anni fa." Insieme al suo collega Peter Andrews e a Ofer Bar-Yosef dell'Universita Ebraica e di Harvard, sostenne con forza una interpretazione "partenza dall'Africa". Una migrazione verso nord degli Homo sapiens da un luogo d'origine in Africa fu confermata dalla scoperta (da parte di Fred Wendorf della Southern Methodist University di Dallas) di un cranio neanderthaliano nei pressi del Nilo in Egitto, antico di 80.000 anni.

Tutto questo indica forse un'alba più antica per gli esseri uman?". Mentre scienziati di altre discipline si univano alla ricerca, divenne chiaro che la risposta era affermativa. I Neanderthal, come fu dimostrato, non erano semplicemente visitatori del vicino Oriente, ma vi avevano abitato per lungo tempo. E non erano i bruti primitivi che le prime ipotesi ci avevano fatto credere. Seppellivano i loro morti con rituali che indicavano pratiche religiose e, almeno, un certo tipo di comportamento spiritualmente motivato che li avvicina agli umani moderni.Alcuni, come lo scopritore dei resti dei Neanderthal nella caverna di Shanidar, cioè Ralph S. Solecki della Columbia University, ritengono che i Neanderthaliani conoscessero l'uso delle erbe medicinali già 60.000 anni fà. Ritrovamenti di scheletri nelle caverne israeliane hanno convinto gli anatomisti che, contrariamente alle teorie precedenti, i Neanderthal erano capaci di parlare, i fossili del cervello mostrano un'area del linguaggio notevolmente sviluppata e il cervello dei Neanderthal era più grosso del nostro, non era ottuso e rozzo.

Tutte queste recenti scoperte non hanno lasciato dubbi sul fatto che l'uomo di Neanderthal fosse sicuramente un Homo sapiens, non un antenato del Cro-magnon ma un esemplare più antico derivato dallo stesso materiale umano. Nel marzo 1987 Christopher Stringer del British Museum, insieme con un collega, Paul Mellars, organizzò una conferenza all'Universita di Cambridge per aggiornare e assimilare le nuove scoperte su "Le origini e la diffusione dell'uomo moderno". Conclusero che dopo una lacuna di 1,2 -1,5 milioni di anni dall'Homo erectus, era apparso improvvisamente l'Homo sapiens poco più tardi di 300.000 anni fà (come dimostrano i fossili in Etiopia, in Kenya e in Sud Africa). I Neanderthal si differenziarono dall'antico Homo sapiens ("uomo saggio") circa 230.000 anni fà, e potrebbero aver iniziato la loro migrazione verso nord circa 100.000 anni più tardi, forse in coincidenza con l'apparizione dell'Homo sapiens sapiens. La conferenza esaminò anche altri gruppi di prove, compresi i nuovissimi dati forniti dalla biochimica. I più entusiasmanti furono i dati basati sulla genetica. L'abilità dei genetisti di tracciare delle parentele attraverso la comparazione delle "frasi" del DNA era stata provata dai casi legali di attribuzione di paternità. Era inevitabile che le nuove tecniche si estendessero a rintracciare non soltanto le relazioni tra genitori e figli, ma anche intere discendenze di specie. Fu questa nuova scienza della genetica molecolare a permettere ad Allan C. Wilson e a Vincent M. Sarich (entrambi dell'Università della California a Berkeley) di stabilire con grande accuratezza che gli ominidi si erano differenziati dalle scimmie circa 5 milioni, e non 15 milioni di anni fà, e che i "parenti più prossimi" degli ominidi erano gli scimpanze e non i gorilla.

Poichè il DNA di una persona continua a mescolarsi con i geni dei padri, di generazione in generazione, dopo qualche passaggio diventa difficile usare con profitto la tecnica della comparazione del DNA nel nucleo delle cellule (che viene metà dalla madre e metà dal padre). Si scoprì però che oltre al DNA nel nucleo delle cellule, esiste un DNA anche nella cellula materna fuori dal nucleo, in corpi detti "mitocondri". Questo DNA non si mescola con il DNA del padre, viene trasmesso "immutato" da madre a figlia a nipote e così via attraverso le generazioni. La scoperta, opera di Douglas Wallace della Emory University negli anni 1980, lo portò a comparare questo "mtDNA" in circa 800 donne. La sorprendente conclusione, da lui stesso annunciata ad una conferenza scientifica nel luglio del 1986, fù che l'mtDNA appariva così simile in tutti i soggetti da far pensare che le donne esaminate fossero tutte discendenti di una sola antenata femmina.

Le ricerche furono riprese da Wesley Brown dell'Università del Michigan, che scoprì in che modo, determinando il rapporto di mutazione naturale del DNA, si poteva calcolare quanto tempo fosse trascorso dall'apparizione dell'antenata comune. Paragonando il DNA di ventuno donne di differenti origini geografiche e razziali, giunse alla conclusione che tutte dovevano la loro origine ad un'unica "Eva mitocondrica" che era vissuta in Africa tra i 300.000 e i 180.000 anni fà.

Queste affascinanti scoperte furono riprese da altri ricercatori, che si misero sulle tracce di "Eva". La figura principale tra loro è Rebecca Cann, dell'Universita della California a Berkeley (più tardi trasferitasi all'Universita delle Hawaii). Dopo aver raccolto la placenta di 147 donne di differenti razze e provenienze geografiche, che avevano partorito in ospedali di San Francisco, estrasse e comparò il loro mtDNA. La conclusione fù che tutte quelle donne avevano in comune un'unica antenata femminile che era vissuta tra i 300.000 e i 150.000 anni fà (a seconda che il rapporto di mutazione fosse del 2 per cento o del 4 per cento ogni milione di anni). Il limite superiore dei 300.000 anni, notarono i paleoantropologi, coincideva con le prove fossili del tempo in cui aveva fatto la sua apparizione I'Homo sapiens. "Che cosa è potuto accadere 300.000 anni fà, per provocare un simile cambiamento?" si chiedevano la Cann e Alan Wilson, ma senza poter dare una risposta.

Per proseguire negli esperimenti di quella che finì per essere chiamata "l'ipotesi Eva", la Cann e i suoi colleghi, Wilson e Mark Stoneking, procedettero all'esame della placenta di circa 150 donne americane i cui antenati provenivano dall'Europa, dall'Africa, dal Medio Oriente e dall'Asia; fu analizzata anche la placenta di donne aborrigene dell'Australia e della Nuova Guinea. I risultati indicarono che l'mtDNA africano era il più antico, e che tutte quelle donne differenti, provenienti da varie zone geografiche e culturali, avevano un'unica antenata femmina, che era vissuta in Africa tra i 290.000 e i 140.000 anni fà, prove schiaccianti mostravano che l'Africa era stata la culla dell'uomo moderno. La storia dice che gli esseri umani di oggi si sono evoluti in Africa circa 200.000 anni fa.

Secondo il Libro della Genesi, Adamo ed Eva cominciarono ad avere figli soltanto dopo "la cacciata dall'Eden". Non sappiamo nulla di una eventuale discendenza di Abele, il loro secondo figlio che fu ucciso da suo fratello Caino. Leggiamo di fatto che Caino e i suoi discendenti ricevettero l'ordine di emigrare lontano. I discendenti della "linea maledetta di Caino" erano forse gli emigrants Neanderthaliani ? Si tratta di una possibilità affascinante che deve rimanere solo una teoria. Pare certo invece che la Bibbia riconosca la prima apparizione dell'Homo sapiens sapiens, gli esseri umani moderni. Ci dice che il terzo figlio di Adamo ed Eva, Set, aveva un figlio chiamato Enosh, da cui deriva la discendenza dell'umanità. Ora, Enosh in ebraico significa "umano, essere umano", come io e voi. Fu ai tempi di Enosh, afferma la Bibbia, che "gli uomini cominciarono a chiamare il nome di Yahweh". Fu allora, in altre parole, che cominciarono ad esistere l'uomo pienamente civilizzato e la religione.

Quando la sapienza discese dai cieli

Alla base della scienza dell'astronomia e del funzionamento del calendario, come anche del commercio e delle attività economiche, c'era la conoscenza della matematica. Il sistema numerico dei Sumeri è detto sessagesimale, che significa "a base 60". La numerazione andava da 1 a 60, come facciamo oggi noi da 1 a 100. Ma poi, mentre noi diciamo "duecento", i Sumeri dicevano "2 gesh", cioe 2 x 60, uguale a 120. Quando nei loro calcoli il testo dice "prendi la meta" o "prendi un terzo", il significato era metà di 60 (cioè 30), un terzo di 60 (cioe 20). Potrebbe sembrarci, a causa della nostra abitudine al sistema decimale ("10 volte") che si basa sul numero delle dita della mano, piuttosto complicate e difficile, ma per un matematico il sistema sessagesimale è una vera delizia.

Il numero 10 è divisibile soltanto per pochi altri numeri interi (per 2 e per 5, per essere precisi). Il numero 100 è divisibile soltanto per 2,4, 5, 10, 25 e 50. Ma 60 è divisibile per 2, 3, 4, 5, 10, 12, 15, 20 e 30. Così come abbiamo ereditato il 12 sumero nel conto delle ore del giorno, del 60 nel calcolo del tempo (60 secondi in un minuto, 60 minuti in un'ora) e di 360 nella geometria (360 gradi in un cerchio), il sistema sessagesimale è ancora l'unico perfetto nelle scienze celesti, nella registrazione del tempo e nella geometria (dove un triangolo ha angoli la cui somma è 180 gradi, e il quadrato ha angoli per un totale di 360 gradi). Nella geometria teorica e in quella applicata (come la misurazione dell'area dei campi) questo sistema rende possibile il calcolo di aree di forme diverse e complesse, il volume di recipienti di ogni tipo (adatti a contenere cereali, olio o vino), la lunghezza dei canali, o la distanza tra i pianeti.

Quando si cominciò a tenere delle registrazioni, si usava uno stilo con la punta arrotondata per imprimere sull'argilla umida i vari simboli che rappresentavano i numeri 1, 10, 60, 600 e 3.600. Ilnumerale finale era 3.600, indicato da un grande cerchio; era chiamato SAR (shar in accadico), il numero "principe", "reale", il numero degli anni terrestri che impiegava Nibiru a completare un'orbita attorno al Sole.

Con l'introduzione della scrittura cuneiforme ("a forma angolare") in cui gli scribi usavano una specie di stilo a forma di cuneo, anche i numerali erano scritti con segni cuneiformi. Altri segni cuneiform} denotavano frazioni o multipli; combinati a segni complessi che segnalavano al calcolatore di aggiungere, sottrarre, dividere o moltiplicare, permettevano di risolvere perfettamente problemi di aritmetica e algebra che metterebbero in difficolta molti studenti di oggi. Per esempio, il calcolo del quadrato, del cubo o della radice quadrata dei numeri. Gli antichi seguivano delle formule prestabilite, con due o tre incognite, che vengono usate ancora oggi.

Sebbene fosse chiamato "sessagesimale", il sistema sumero di numerazione e di matematica è in realta basato non solo sul numero 60, ma su una combinazione di 6 e 10. Mentre nel sistema decimale ogni passaggio viene compiuto moltiplicando la somma precedente per 10, nel sistema sumero i componenti aumentavano moltiplicando alternativamente: una volta per 10 e poi per 6, poi per 10, e poi ancora per 6. Questo metodo ha lasciato sconcertati gli studiosi di oggi. Il sistema decimale è senza dubbio basato sulle dieci dita della mano (ancora oggi si dice "digitale" per indicare un sistema a cifre) e dunque possiamo capire il 10 nel sistema dei Sumeri, ma da dove è venuto il 6, e perche?

Ci sono anche altri misteri. Tra le migliaia di tavolette matematiche della Mesopotamia, molte riportavano tavole di calcoli già fatti. Sorprendentemente, invece di andare dai numeri più piccoli in su (come 1, 10, 60, eccetera) scendevano verso il basso, cominciando da un numero che puo essere descritto soltanto con il termine "astronomico": 12.960.000. Un esempio citato da Th. G. Pinches (Alcune tavole matematiche del British Museum) cominciava in alto con le seguenti righe:

1. 12.960.000 i suoi 2/3 8.640.000
2. la sua meta 6.480.000
3. il suo terzo 4.320.000
4. il suo quarto 3.240.000

e continuavano così fino a "la sua ottantesima parte 180.000" e a "la sua quattrocentesima parte 32.400". Altre tavolette portavano il procedimento fino alla sedicimillesima parte (che è 810), e non c'e dubbio che la serie continuasse fino a 60, la duecentosedicimillesima parte del numero iniziale 12.960.000.

H. V. Hilprecht (La spedizione babilonese dell'Università della Pennsylvania), dopo aver studiato migliaia di tavolette matematiche delle librerie dei templi di Nippur e di Sippar e della biblioteca del re assiro Ashurbanipal di Ninive, concluse che il numero 12.960.000 era letteralmente astronomico — derivava cioè dal fenomeno della precessione, che ritarda il movimento nella costellazione zodiacale con cui il Sole sorge completamente in una casa una volta ogni 2.160 anni. Il giro completo delle dodici case, attraverso cui il Sole ritorna al punto di partenza del suo viaggio, richiede dunque 25.920 anni; il numero 12.960.000 rappresentava cinquecento di questi cerchi completi delle precessioni.

Era incredibile apprendere, come accadde ad Hilprecht e ad altri, che i Sumeri non solo erano a conoscenza del fenomeno della precessione, ma sapevano anche che il passaggio da una casa all'altra dello zodiaco richiede 2.160 anni; doppiamente incomprensibile era il fatto che avessero scelto come base della loro matematica un numero che rappresentava cinquecento cicli completi di case zodiacali, ognuno dei quali richiedeva il periodo fantastico (perquanto riguarda gli esseri umani) di 25.920 anni. In effetti, mentre l'astronomia moderna accetta l'esistenza del fenomeno e dei suoi periodi così come sono stati calcolati dai Sumeri, non esiste scienziato, adesso come in passato, che possa o abbia mai potuto confermare per esperienza personale il passaggio anche di una sola casa (come viene anticipato ora quello nell'Acquario); e tutti gli scienziati messi insieme non hanno ancora potuto essere testimoni di un ciclo complete. Eppure, eccolo riportato nelle tavolette dei Sumeri.

Come suggeriva correttamente Hilprecht, il numero 12.960.000 deriva effettivamente dall'astronomia, infatti, èe il tempo (25.920 anni) necessario per un intero ciclo precessionale. Ma il ciclo poteva essere ridotto a proporzioni più adatte all'uomo, cioè quelle dello spostamento precessionale di una sola casa zodiacale. Sebbene anche i 2.160 anni di un solo spostamento completo fossero superiori alla durata della vita di un terrestre, lo spostamento graduale di un grado ogni 72 anni era un fenomeno più facilmente osservabile (che i sacerdoti-astronomi potevano osservare personalmente e conoscere). Era questo l'elemento "terrestre" della formulazione.

C'era poi il periodo orbitale di Nibiru, che gli Anunnaki sapevano equivalente a 3.600 anni terrestri. Ecco quì i due fenomeni basilari e immutabili, cicli di una certa lunghezza che combinavano i movimenti di Nibiru e della Terra in un rapporto di 3.600 : 2.160. Questo rapporto poteva essere ridotto a 10:6. Una volta ogni 21.600 anni, Nibiru completava sei orbite attorno al Sole e la Terra si spostava di dieci case zodiacali. Questo, secondo me, ha data origine al sistema 6 x 10 x 6 x 10 di computo alternato che viene chiamato "sessagesimale".

Il sistema sessagesimale, come è stato osservato, si trova ancora alla base dell'astronomia e del calcolo del tempo moderni. E così anche il rapporto 10 : 6 degli Anunnaki. Avendo perfezionato l'architettura e le arti plastiche estetiche, i Greci formularono un canone di proporzioni chiamato la "regola aurea". Sostenevano che la proporzione perfetta e piacevole dei lati di un tempio o di una grande sala erano raggiunti dalla formula AB:AO = AP:PB, che dà il rapporto del lato più lungo verso quello più corto di 100:61,8 (piedi, cubiti, o qualsiasi altra unità di misura si scegliesse). A me sembra che l'architettura sia debitrice per la "regola aurea" non ai Greci, bensì agli Anunnaki (attraverso i Sumeri), perchè si tratta esattamente del rapporto 10:6 su cui si basa il sistema sessagesimale.

La stessa cosa si può dire del fenomeno matematico conosciuto come "i numeri di Fibonacci", in cui una serie di numeri cresce in modo tale che ogni numero successivo (ad esempio 5) è la somma dei due numeri precedenti (2+3), poi 8 è la somma di 3+5, e così via. Il matematico del quindicesimo secolo Luca Pacioli riconobbe la formula algebrica di questa serie e chiamò il quoziente (1.618) "numero aureo" e il suo reciproco (0,618) "numero divino".

Dopo aver spiegato come, secondo la mia opinione, fù organizzato il sistema sessagesimale, torniamo ad esaminare quella che secondo Hilprecht era la base superiore del sistema, il numero 12.960.000.

E' facile dimostrare che questo numero è semplicemente il quadrate del vero numero di base degli Anunnaki — 3.600 — che rappresenta la lunghezza in anni terrestri dell'orbita di Nibiru (3.600 x 3.600 = 12.960.000). Fù dividendo 3.600 per il dieci terrestre che si ottenne il numero più facile da maneggiare di 360, il numero dei gradi in un cerchio. Il numero 3.600, a sua volta, è il quadrato di 60; questa relazione fornisce il numero dei minuti in un'ora e (nei tempi moderni) il numero dei secondi in un minuto, e ovviamente il numero sessagesimale di base.

Ora se dividiamo il numero 12.960.000 per 2.160 (il numero di anni necessari per il compimento di uno spostamento da una casa dello zodiaco all'altra), il risultato è 6.000, mille volte sei. Il sei come numero di "giorni" non ci è insolito, l'abbiamo incontrato all'inizio della Genesi nei suoi sei giorni della creazione. Forse il salmista aveva visto le tavolette matematiche in cui poteva trovare la riga che definiva 12.960.000 come la duemilacentosessantesima (2160) parte di mille volte sei?" E' davvero interessante vedere che i Salmi riecheggiano i numeri con i quali avevano giocato gli Anunnaki.

Una base spaziale su Marte

La realizzazione di basi sulla Luna e su Marte, e persino di una colonia su Marte, è stata pianificata da lungo tempo, ed è considerata perfettamente fattibile. Mantenere la vita e le attivita umane sulla Luna rappresenta certamente una sfida, ma gli studi hanno dimostrato che sarebbe possibile risolvere i problemi che comporta. Il compito diventa indubbiamente più difficile per quanto riguarda Marte, dal momento che i rifornimenti dalla Terra (previsti dal progetto Luna) sono più difficili e costosi. Nondimeno, le risorse vitali necessarie all'uomo per sopravvivere e lavorare si trovano già su Marte, e gli scienziati credono che l'uomo possa "vivere della terra" anche lassù.

Oggi Marte ci appare come un pianeta freddo, mezzo congelato e inospitale per qualsiasi essere vivente sulla sua superficie, con inverni gelidi e temperature che si alzano sopra lo zero soltanto nella stagione più calda, con vaste aree coperte di ghiacci eterni o di rocce di ferro arrugginito e pietrisco (il che conferisce al pianeta la sua colorazione rossiccia), senza acqua liquida che possa sostenere la vita o ossigeno da respirare. Ma in un tempo non lontano, geologicamente parlando, era un pianeta con stagioni relativamente piacevoli, acque correnti, oceani e fiumi, cieli (azzurri) solcati da nuvole, e forse persino qualche forma di semplice vita vegetale indigena.

Tutti i diversi studi concordano che al momento presente Marte stà attraversando un'era glaciale, non dissimile dalle ere glaciali attraverso cui la Terra e già passata. Le ere glaciali terrestri, attribuite a molti fattori, sono ora considerate conseguenze di tre fenomeni principali che si riferiscono all'orbita della Terra attorno al Sole. La prima è la configurazione stessa dell'orbita: si è concluso che l'orbita si modifica da una forma prevalentemente circolare ad una forma prevalentemente ellittica, in un ciclo di circa centomila anni, e questo porta la Terra a volte più vicina, a volte più lontana dal Sole. La Terra ha le stagioni perchè il suo asse non è perpendicolare al piano orbitale (eclittica), ma è leggermente inclinato, portando l'emisfero nord ad una maggiore esposizione al Sole durante l'estate (del nord) mentre provoca l'inverno nell'emisfero sud, e viceversa. Questa inclinazione, attualmente di 23,5 gradi, non è stabile; la Terra, come una nave che rolla, cambia inclinazione di circa 3 gradi avanti e indietro in un ciclo che richiede circa 41.000 anni per essere completo. Maggiore è l'inclinazione, più estremi sono gli inverni e le estati; l'aria e l'acqua scorrono in modo diverso e aggravano le trasformazioni climatiche che noi definiamo "ere glaciali" e "periodi temperati interglaciali". Un terzo ciclo, che influisce sulla situazione nell'insieme, è quello della Terra che, oscillando nella sua rotazione, traccia col suo asse un cerchio immaginario nel cielo determinando il fenomeno della precessione degli Equinozi; la durata di questo ciclo è di circa ventiseimila anni.

Anche il pianeta Marte è soggetto a questi tre cicli, tranne per il fatto che la sua orbita più ampia attorno al Sole e la sua maggiore inclinazione provocano cambiamenti climatici più estremi. Il ciclo, come abbiamo detto, si considera nell'ordine dei 50.000 anni per Marte (anche se sono stati suggeriti periodi più corti o più lunghi).

Quando arriverà il prossimo periodo di clima temperato su Marte, il prossimo periodo interglaciale, il pianeta sarà letteralmente inondato dall'acqua, le stagioni non saranno più cosi rigide, e l'atmosfera non sarà più così aliena ai terrestri come lo è oggi. Quando è stato l'ultimo periodo "interglaciale" su Marte? Non deve essere troppo lontano, perchè altrimenti le tempeste di polvere su Marte avrebbero cancellato in maggior misura, se non del tutto, i resti che dimostrano che sulla sua superficie scorrevano un tempo dei fiumi, esistevano degli oceani, delle spiagge e dei laghi, e inoltre non ci sarebbe cosìi tanto vapore acqueo ancora oggi presente nell'atmosfera di Marte. "L'acqua corrente dev'essere esistita sul pianeta rosso in tempi relativamente recenti, dal punto di vista geologico", secondo Harold Masursky del Geological Survey statunitense. Alcuni credono che l'ultima trasformazione si sia verificata non più di diecimila anni fa.

(Tratto da "La Genesi" di Zecharia Sitchin)