Matematici

Bernard Riemann

La metrica di Riemann

 

Bernard Riemann

Georg Friedrich Bernhard Riemann nacque il 17 settembre 1826 nel villaggio di Breselenz, situato nella regione più orientale del regno di Hannover.

Il padre di Riemann, Friedrich Bernhard Riemann, era un pastore luterano, veterano delle guerre contro Napoleone. Era già un uomo di mezza età quando sposò Charlotte Ebell. Bernhard era il loro secondogenito e pare fosse molto legato alla sorella maggiore, Ida (tanto che chiamò poi così anche sua figlia). Dopo di lui nacquero altri quattro bambini, un maschio e tre femmine. Con le condizioni di vita di oggi, che consideriamo normali, è difficile immaginare le difficoltà che poteva incontrare un parroco di campagna, avanti negli anni, con una moglie e sei figli da mantenere, in una regione contadina povera e sottosviluppata nei primi anni del XIX secolo. Dei sei giovani Riemann solo Ida ebbe una vita abbastanza lunga. Tutti gli altri morirono giovani, forse anche a causa della malnutrizione. Anche la madre di Riemann morì giovane, prima di poter vedere cresciuti i suoi figli.

A parte la povertà, a noi, che viviamo e lavoriamo in un'economia moderna, occorre uno sforzo di immaginazione per comprendere le grandi difficoltà per trovare un lavoro in quei tempi e in quelle condizioni. Tranne che nelle città più importanti, la classe media quasi non esisteva. C'erano alcuni commercianti, parroci, maestri di scuola, medici, e funzionari di governo. Chi non possedeva terreni poteva essere artigiano, servitore, o contadino. L'unico impiego rispettabile per le donne era quello di governante: in alternativa dovevano fare affidamento sul marito e sui componenti maschili della famiglia.

Bernhard era ancora un bambino, quando il padre assunse un nuovo incarico di pastore a Quickborn, a pochi chilometri da Breselenz. Il posto, anche più piccolo di Breselenz, rimase la dimora della famiglia fino alla morte del vecchio Riemann nel 1855. Quickborn fu il centro del mondo emozionale di Bernhard fino all'età di trent'anni circa, e ogni volta che egli aveva l'occasione di passare qualche tempo con la famiglia faceva ritorno qui, l'unico luogo in cui si sentiva a proprio agio.

Leggendo la biografìa di Riemann, perciò, bisogna collocarla nel giusto contesto, l'ambiente della sua casa e della sua formazione, che egli aveva a cuore, e nel quale, quando era lontano, voleva fare ritorno. La piatta e umida campagna; la casa piena di spifferi illuminata solo da lampade a olio e candele, fredda in inverno e calda in estate; i lunghi periodi di malattia con i fratelli, che neppure godevano di piena salute (sembra che abbiano tutti sofferto di tubercolosi); il monotono e ristretto circolo sociale della famiglia di un pastore in un remoto villaggio; il cibo insufficiente e poco vario in una regione che adottava le abitudini alimentari più pesanti di una cucina nazionale pesante («Per lungo tempo egli soffrì di costipazione cronica»). Come potevano sopportare tutto questo? Non conoscevano altro, e il semplice affetto è sufficiente per sostenere lo spirito umano quando le avversità sono condivise.

A Quickborn il ginnasio non c'era, così Riemann iniziò a frequentare una vera scuola solo all'età di quattordici anni (quattro anni dopo l'inizio di un regolare corso ginnasiale), a Hannover, la capitale del regno, lontana circa 130 chilometri da Quickborn. La scelta fu guidata dal fatto che a Hannover viveva la nonna materna e dunque la famiglia Riemann poteva risparmiare sulle spese di alloggio. Prima di frequentare il ginnasio Riemann aveva ricevuto la sua istruzione dal padre, con qualche aiuto da un insegnante del villaggio, di nome Schultz.

Riemann era terribilmente infelice a Hannover, morbosamente timido e nostalgico di casa com'era. La sua sola attività extrascolastica, per quanto ne sappiamo, era andare alla ricerca di regali alla sua portata per i genitori e i parenti, da inviare loro in occasione dei compleanni. La morte della nonna nel 1842 migliorò leggermente la situazione. Riemann fu trasferito in un altro ginnasio, questa volta nella città di Liineburg.

Sembra che Riemann non fosse un bravo studente. Aveva quel tipo di intelligenza capace di ritenere solo gli argomenti di proprio interesse, perlopiù in campo matematico. Inoltre, era un perfezionista per il quale era più importante preparare un compito senza errori piuttosto che rispettare i tempi di consegna. Per migliorare il suo profitto, il direttore della scuola fece in modo di sistemarlo come pensionante presso un insegnante di ebraico che si chiamava Seffer o Seyffer. Con l'aiuto di questo signore Riemann migliorò tanto da essere ammesso nel 1846 all'Università di Gottinga come studente di teologia. L'idea era quella di seguire la professione del padre.

Gottinga era l'unica sede universitaria sotto l'influsso della Chiesa di Hannover, così sì trattò della scelta più logica. Fondata nel 1734 da Giorgio II d'Inghilterra, Gottinga divenne presto una delle migliori università tedesche di provincia, con più di 1500 studenti iscritti nel 1823, riservava una grande attrattiva per il giovane Riemann. Era la casa di Cari Friedrich Gauss, il più importante matematico del tempo, e forse di ogni tempo.

Gauss aveva sessantanove anni quando Riemann arrivò a Gottinga. Aveva già fatto la parte migliore del suo lavoro e teneva qualche lezione e qualche conferenza, considerando questa attività come una seccante perdita di tempo. La sua presenza deve però aver colpito Riemann, che era già stato roso dal tarlo della matematica. Sappiamo che Riemann seguì le lezioni di Gauss sull'algebra lineare e quelle di Moritz Stern sulla teoria delle equazioni.

A un certo punto tra il 1846 e il 1847 Riemann confessò forse al padre di essere molto più interessato alla matematica che alla teologia e il padre, che doveva essere un genitore comprensivo, diede il proprio consenso alla carriera matematica. Fu così che Bernhard Riemann divenne un matematico di professione.

Della personalità adulta di Riemann davvero poco è giunto fino a noi. Fonte principale è la breve testimonianza di Dedekind, che scrisse la memoria dieci anni dopo la morte di Riemann. Anche se Dedekind potrebbe naturalmente essersi sbagliato su alcuni punti, egli era per Riemann quanto di più vicino a un amico. Era un uomo sincero e onesto e non ho mai avuto il sospetto che sia stato poco scrupoloso o veritiero sull'argomento.

Riemann era un uomo estremamente timido. Evitava il più possibile i rapporti sociali e si trovava a disagio in compagnia. Gli unici legami stretti - ed erano veramente molto stretti - erano con la famiglia, e gli unici altri rapporti erano con i colleghi matematici. Quando non era con i suoi familiari nel presbiterio di Quickborn soffriva di nostalgia.

Era molto religioso, secondo l'abitudine protestante tedesca (Riemann era luterano). Sua opinione era che l'essenza della religione fosse, traducendo letteralmente dal tedesco di Dedekind, «il quotidiano esame di coscienza al cospetto di Dio».

Riemann rifletteva in maniera profonda sulla filosofia e inquadrava tutto il suo lavoro matematico in un più ampio contesto filosofico. Era un ipocondriaco, nel senso vecchio e nuovo del termine (prima era usato come sinonimo di «depresso»). Dedekind evita la parola, forse per riguardo alla vedova di Riemann, che lo pregò di non rendere noto il fatto. Dedekind dice chiaramente, però, che Riemann fu soggetto ad alcuni episodi di profonda infelicità, soprattutto dopo la morte del padre, che adorava. Affrontò questi momenti tuffandosi completamente nel lavoro.

La sua salute non fu mai buona, minata dai lunghi anni di privazioni alle quali a quel tempo e in quel luogo un uomo povero doveva rassegnarsi se voleva conseguire una istruzione superiore. Si è tentati di definire Riemann come un carattere piuttosto triste e leggermente patetico. Ma sarebbe come considerare solo l'apparenza e le abitudini esteriori dell'uomo. All'interno di quel guscio diffidente e distaccato albergava una mente capace di grande acume e di incredibile audacia. Per quanto timido e svogliato egli possa sembrare alla prima impressione, la matematica di Riemann ha la stessa intrepida potenza ed energia di una delle campagne di Napoleone. I suoi amici e colleghi matematici lo sapevano, naturalmente, e lo rispettavano grandemente.

L'anno 1857 fu anche quello che dovremmo chiamare, nel linguaggio adottato nelle biografie dei personaggi famosi, l'«anno di rottura» di Riemann. La sua tesi di dottorato del 1851 è ora considerata un classico della matematica del XIX secolo, ma all'epoca ottenne poca attenzione nonostante l'entusiasmo di Gauss. Gli altri scritti dei primi anni cinquanta dell'Ottocento non erano granché conosciuti e furono pubblicati in forma comprensibile solo dopo la sua morte. Riemann divenne noto soprattutto per gli argomenti delle sue lezioni, anche se per buona parte quel contenuto era troppò audace allora per essere apprezzato. Nel 1857 Riemann pubblicò un articolo sull'analisi matematica che venne subito riconosciuto di massima importanza, dal titolo Theorìe der Abelschen Funktionen (Teoria delle funzioni abeliane). In esso, egli affrontava problemi d'attualità con metodi molto originali. Entro un anno o due il nome di Riemann sarebbe stato noto ai matematici di tutta Europa. Nel 1859 venne promosso al rango di professore ordinario a Gottinga, con uno stipendio che finalmente gli avrebbe permesso di sposarsi, come fece tre anni dopo con Elise Koch, un'amica della sorella maggiore.

L'11 agosto dello stesso anno, il 1859, poco prima di compiere 33 anni, Bernhard Riemann veniva nominato membro corrispondente dell'Accademia di Berlino. L'Accademia aveva basato la decisione sugli unici due articoli di Riemann che erano ben conosciuti, la tesi di dottorato del 1851 e il lavoro del 1857 sulle funzioni abeliane. Essere eletto membro dell'Accademia di Berlino era un grande onore per un giovane matematico. Era tradizione accettare la nomina presentando all'Accademia una relazione originale, che descrivesse le ricerche recenti. L'articolo che Riemann presentò era intitolato Uber die Anzahl der Primzahlen unter einer gegebenen Grosse (Sul numero dei primi minori di una certa grandezza).

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Parigi rimaneva il centro principale della ricerca matematica, mentre Berlino acquisiva rapidamente importanza. A Parigi, Cauchy e Fourier avevano riformato l'analisi, gettando i fondamenti dello studio moderno dei limiti, della continuità e del calcolo. A Berlino nuovi progressi venivano raggiunti da Dirichlet in aritmetica, da Jacobi in algebra, da Steiner in geometria e da Eisenstein in analisi. Chiunque negli anni quaranta dell'Ottocento desiderasse fare matematica in maniera seria doveva studiare a Parigi o Berlino. Proprio per questo motivo il giovane Bernhard Riemann, che aveva vent'anni nella primavera del 1847, deluso per il livello dell'istruzione a Gottinga e molto desideroso invece di studiare seriamente matematica, si trasferì a Berlino. Vi rimase per due anni, durante i quali sentì soprattutto l'influenza di Lejeune Dirichlet. Dirichlet prese in simpatìa il giovane Riemann, timido e provato dall'indigenza, un sentimento che Riemann, nelle parole di Heinrich Weber, «ricambiava con rispettosa gratitudine».

Ritornato a Gottinga dopo le vacanze di Pasqua del 1849, Riemann intraprese il corso per il dottorato, sotto la supervisione dello stesso Gauss. Certo, la sua speranza era quella di diventare professore all'università. La strada era lunga, però. Insegnare a Gottinga richiedeva non soltanto un dottorato, ma anche un ulteriore titolo, l'«abilitazione», una specie di secondo dottorato, per cui era necessario preparare una tesi e tenere una lezione dimostrativa. Tutto il progetto, il dottorato e l'abilitazione, impegnarono Riemann per più di cinque anni, dall'età di 22 anni e mezzo fino quasi ai 28 anni, durante i quali non percepì alcun reddito.

Subito, Riemann si iscrisse ad alcuni corsi di fisica e filosofia oltre a quelli di matematica. Queste competenze erano richieste per insegnare nei ginnasi di istruzione secondaria, in fin dei conti l'unica possibile carriera per Riemann qualora non avesse potuto ottenere un impiego come professore. Frequentando questi corsi avrebbe potuto limitare i rischi. Nutriva comunque un interesse profondo per entrambe le materie, ed è dunque probabile che l'attitudine personale abbia avuto il suo peso nella scelta. Il livello generale era aumentato anche a Gottinga. Il fisico Wilhelm Weber, uno dei sette di Gottinga espulsi nel 1837, era ritornato all'università per insegnare, dal momento che il clima politico si era considerevolmente allentato. Vecchio amico e collega di Gauss (i due avevano inventato insieme il primo telegrafo elettrico), Weber teneva un corso di fisica sperimentale, che Riemann frequentò.

Quei cinque anni di studi senza reddito devono essere stati duri per Bernhard Riemann. Era lontano da casa: da Gottinga a Quickborn c'erano quasi 200 chilometri, un viaggio di due giorni costoso e con notevoli disagi. Ad ogni modo aveva qualche frequentazione. Nel 1850 arrivò all'università Richard Dedekind. Questi aveva 19 anni, cinque di meno di Riemann, e aspirava allo stesso modo al dottorato. È chiaro dalla nota biografica di Riemann scritta da fDedekind nelle Gesammelte Werke che egli provava affetto e simpatia per il collega più anziano, e grande ammirazione per le sue capacità matematiche; è più difficile stabilire quali sentimenti nutrisse Riemann nei confronti del collega.

I due studiosi ottennero il dottorato a pochi mesi di distanza l'uno dall'altro: Riemann nel mese di dicembre 1851, e Dedekind l'anno seguente. Entrambi furono valutati da Gauss, che allora aveva superato i settant'anni ma era sempre molto sensibile a scorgere un talento matematico eccezionale. Sulla tesi presentata dal giovane Dedekind, ancora poco maturo dal punto di vista matematico, Gauss da un giudizio poco più lusinghiero di una semplice promozione. Per Riemann invece si lascia prendere dall'entusiasmo, e Gauss era uomo che raramente si entusiasmava: «Un lavoro notevole e importante, che non soltanto soddisfa il livello richiesto per una dissertazione dottorale, ma di gran lunga lo supera».

Gauss non si era sbagliato (e se si parla di matematica, dubito che si sia mai sbagliato). La tesi di Riemann è un lavoro fondamentale nella storia della teoria delle funzioni complesse. La teoria delle funzioni complesse è una branca dell'analisi molto profonda, potente e affascinante. Oggi sì può dire che il primo argomento studiato in un corso sulla teoria delle funzioni complesse riguarda le equazioni di Cauchy-Riemann perché una funzione abbia un comportamento regolare e sia degna di studi ulteriori. Queste equazioni comparvero per la prima volta nella loro forma moderna nella dissertazione dottorale di Riemann. Il lavoro contiene anche i primi abbozzi della teoria delle superfici di Riemann, una fusione della teoria delle funzioni con la topologia. La tesi di dottorato di Riemann è, in breve, un capolavoro.

Riemann e Dedekind intrapresero poi la seconda fase della maratona accademica in cui si erano impegnati, che comportava la tesi di abilitazione e la lezione dimostrativa richieste per ottenere un impiego di docente all'università.

La prassi per l'abilitazione prevedeva che Riemann dovesse in primo luogo presentare una tesi scritta, e poi tenere una lezione dimostrativa davanti a tutto il consiglio di facoltà. Anche la tesi - intitolata lì ber die Darstellbarkeit einer Funktion durch eine frigo-nometmcke Keihe (Sulla rappresentabilità di una funzione mediante una serie trigonometrica) - è una pietra miliare, che introduce l'integrale di Riemann, ora insegnato come concetto fondamentale nei corsi avanzati di analisi. La lezione per l'abilitazione superò però di molto la tesi.

Riemann doveva proporre tre titoli per la conferenza, fra i quali Gauss, il suo relatore ne avrebbe scelto uno. Riemann aveva proposto due temi di fisica matematica e uno di geometria. Gauss scelse l'argomento intitolato Uber die Hypothesen, welche der Geometrìe zu Grunde lìegen (Sulle ipotesi che stanno alla base della geometria), e Riemann tenne la lezione al consiglio dì facoltà il 10 giugno 1854.

Questo è uno dei lavori più importanti mai presentati a livello mondiale, un successo sensazionale. La sua esposizione fu, afferma Hans Freudenthal nel Dictìonary of Scienti/io Biography, «uno dei punti culminanti nella storia della matematica». Le idee contenute in questo articolo erano così avanzate che ci vollero decenni prima che venissero completamente accettate, e sessant'anni prima che trovassero la loro naturale applicazione fisica, come struttura matematica per la teoria generale della relatività di Einstein. E la cosa incredibile è che l'articolo quasi non contiene simbolismo matematico. Sfogliandolo, vedo cinque simboli di uguale, tre radici quadrate e quattro simboli di sommatoria, una media di meno di un simbolo per pagina! Compare solo una formula vera e propria. Tutto il lavoro era stato scritto per essere capito, o forse (si veda oltre) frainteso, dal membro tipo della facoltà di una media università di provincia.

Punto di partenza di Riemann erano alcune idee che Gauss aveva proposto in un saggio del 1827 intitolato Disquisitiones generales circa superfìcie curvas (Indagini generali sulle superfici curve). Negli ultimi anni Gauss era stato impegnato nell'esecuzione di un dettagliato rilievo topografico del regno di Baviera (durante il quale, per inciso, inventò l'eliotropo, un dispositivo per eseguire osservazioni a lunga distanza sfruttando i raggi solari riflessi tramite un sistema di specchi). A partire dalla realtà che stava studiando, la mente straordinaria di Gauss aveva estrapolato alcuni concetti sulle proprietà delle superfici bidimensionali, e la maniera in cui descrivere matematicamente tali proprietà. Questo lavoro di Gauss e in genere considerato come punto di partenza per la materia denominata «geometria differenziale».

Riemann, nella sua lezione di abilitazione, riprese queste idee e le generalizzò agli spazi con qualunque numero di dimensioni. Più decisamente, inaugurò un modo completamente nuovo di affrontare l'argomento. Gauss lo aveva visto tutto, nella sua immaginazione, in termini di fogli curvi bidimensionali immersi nello spazio tridimensionale ordinario dal quale potevano essere osservati: l'astrazione naturale per la sua esperienza di rilevatore geodetico. Riemann aveva spostato il punto di vista e lo aveva scelto intemo allo spazio studiato.

L'attitudine mentale generale di Riemann, e tutti i suoi migliori lavori matematici, sono il risultato della contrapposizione tra due insiemi contrari di idee. Da un lato egli era un grande globalizzatore, che tendeva sempre a vedere le cose in grande. Una funzione non era, per Riemann, un semplice insieme di punti, ancora meno era una delle sue rappresentazioni simboliche in forma di grafico o tabella, e ancora meno una raccolta di espressioni contenenti formule algebriche. (In uno dei suoi pochi commenti negativi riportati su qualcuno, Riemann notò che il matematico di Berlino Gotthold Eisenstein «si fermava alla computazione formale».) Che cosa era, dunque, una funzione? Era un oggetto, dal quale nessuno dei suoi attributi avrebbe potuto veramente essere separato. Riemann vedeva una funzione nel modo in cui si dice i campioni di scacchi vedano una partita, nel suo complesso, come un insieme unito

Al tempo stesso vi era un'inclinazione opposta, pure molto evidente nel lavoro di Riemann, la tendenza a ridurre ogni soggetto matematico all'analisi. «Riemann (...) pensava sempre in termini analitici», afferma Laugwitz, che qui si riferisce all'aspetto infinitesimo dell'analisi, ai limiti, alla continuità, alla regolarità: alle proprietà locali di numeri, funzioni e spazi. Quando ci pensate, è molto strano che lo studio di una regione infinitesima intorno a un punto e a un numero ci permetta di spiegare le grandi proprietà complessive di funzioni e spazi. Questo è particolarmente evidente nella teoria generale della relatività, dove si comincia ad analizzare regioni microscopiche dello spazio-tempo e si finisce a contemplare la forma dell'universo e l'agonia delle galassie. Il fatto che possiamo pensare in questa maniera straordinaria, tanto nella matematica pura che applicata, si deve soprattutto ai matematici dei primi dell'Ottocento e in particolare a Bernhard Riemann.

Quella memorabile lezione per l'abilitazione è, in effetti, un documento filosofico e matematico al tempo stesso. A tal riguardo la tanto sottolineata oscurità di alcuni passaggi potrebbe essere stata intenzionale da parte di Riemann. L'argomento fondamentale che Riemann affrontava era la natura dello spazio. E allora, per il medio accademico anziano compiacente del tempo - il tipo di personaggio che poteva far parte del consiglio di facoltà a Gottinga quando Riemann espose la sua lezione in quel giorno di giugno - la natura dello spazio era un argomento già definito. Era stato definito settant'anni prima da Immanuel Kant nella sua Critica della ragion pura. Lo spazio è una parte preesistente del nostro equipaggiamento mentale, con il quale organizziamo le nostre impressioni sensoriali, ed è necessariamente euclideo (ovvero piatto, con una linea retta che rappresenta la distanza minore tra due punti e gli angoli di un triangolo che sommati danno 180 gradi).

La geometria non euclidea descritta da Lobacevskij intorno al 1830 era, da questo punto di vista, un'eresia filosofica. L'articolo di Riemann si poneva come un'estensione di quell'eresia; e forse proprio per questo motivo egli espose le sue idee a un livello tanto generale, in modo che il collegamento con la geometria non euclidea sfuggisse a tutti tranne che ai matematici presentì più esperti, (Ma di certo non a Gauss, che infatti aveva inventato la geometria non euclidea per sé pur senza pubblicare i risultati, «per timore», come scrisse in una lettera a un amico, «del clamore delle teste di legno». I tedeschi del xix secolo prendevano seriamente la loro filosofia.)

Dedekìnd conseguì l'abilitazione poco dopo Riemann ed entrambi i matematici cominciarono a insegnare nel trimestre dell'autunno-inverno del 1854, quando Riemann aveva 28 anni, e Dedekind 23. , Per la prima volta nella sua vita, Riemann poteva contare su uno stipendio, anche se non doveva essere molto elevato. I liberi docenti venivano pagati dagli allievi che seguivano le lezioni (tecnicamente dall'università, che trasferiva ai professori le quote pagate dagli studenti). A quel tempo gli studenti di matematica a Gottinga erano pochi (alla prima lezione di Riemann erano otto), e le lezioni venivano spesso annullate per mancanza dì iscrizioni. Probabilmente Riemann e Dedekind assistettero l'uno alle lezioni dell'altro.

Si aggiungeva poi un altro'problema, e cioè il fatto che Riemann non doveva essere molto bravo come insegnante. Dedekind parla chiaro sull'argomento:

Non vi è dubbio che l'insegnamento causò grandi difficoltà a Riemann nei primi anni della sua carriera accademica. La sua brillante intelligenza e la sua immaginazione lungimirante in genere non apparivano. Quello che invece appariva erano i grandi passaggi nella logica dei suoi ragionamenti, passaggi che difficilmente le menti meno dotate erano in grado di seguire. Se gli veniva chiesto di elaborare i passaggi mancanti, si turbava e non era in grado di adeguarsi al flusso di pensiero più lento di chi gli aveva posto la domanda (...) Dall'espressione dei suoi allievi tentava dì capire se stava andando troppo Veloce oppure no, e appariva contrariato quando, contro le sue aspettative, aveva la sensazione di dover dimostrare un punto che a lui sembrava del tutto naturale.

Dedekind, mai generoso nei confronti del suo soggetto, prosegue affermando che le qualità di Riemann come docente migliorarono nel corso degli anni. Questo è forse vero, ma le lettere degli studenti di Riemann giunte fino a noi suggeriscono che almeno fino al 1861 «spesso perdeva il filo del discorso ed era incapace di spiegare le cose più semplici». Il contributo di Riemann sull'argomento è, come di consueto, piuttosto toccante. In una lettera scritta al padre dopo la prima lezione, tenuta il 5 ottobre 1854, commenta: «Spero che entro sei mesi mi sentirò più a mio agio nelle lezioni, in modo che i miei timori non rovinino il soggiorno a Quickborn e la permanenza con voi, come l'ultima volta». Era un uomo disperatamente timido.

Il grande evento di quel periodo fu la morte di Gauss, il 23 febbraio 1855, all'età di settantasette anni. Anche se non godeva di buona salute negli ultimi tempi, Gauss morì rapidamente, per un attacco di cuore, seduto sulla sua sedia preferita nell'amato osservatorio.

La cattedra di Gauss fu offerta immediatamente a Dirichlet, che accettò e arrivò a Gottinga poche settimane dopo. Memore della gentilezza di Dirichlet nei suoi confronti a Berlino e dei loro rapporti durante la visita del più anziano a Gottinga nel 1852, Riemann fu sicuramente contento. Il cervello di Gauss, nel frattempo, era stato donato al dipartimento di fisiologia dell'università, dove si trova ancora oggi.

Anche Dirichlet era contento: a Berlino era oberato di lavoro. Se la moglie fosse contenta o meno non è dato sapere. Abituata all'alta società di Berlino, Rebecca Dirichlet, nata Mendelssohn, dovette ritenere Gottinga molto noiosa e provinciale. Fece del suo meglio per la cittadina, organizzando ricevimenti (Dedekind ne ricorda uno con sessanta o settanta persone) e serate musicali come si usava a Berlino. Lo stesso Dedekind si giovò di questo ambiente, da persona sociale e amante della musica com'era. Riemann era, naturalmente, un caso a parte, e se il suo amico riuscì mai a convincerlo a partecipare a uno di questi incontri, il povero Riemann deve aver resistito soffrendo per la timidezza.

Nell'ottobre di quell'anno, il 1855, provò una sofferenza ancora maggiore, quando morì suo padre, seguito molto presto dalla sorella più giovane Giara. Ora il legame affettivo con Quickborn era spezzato. Il fratello di Riemann ottenne un impiego come impiegato postale a Brema e le tre sorelle ancora in vita, che non avevano altri mezzi di sostentamento e neppure una sistemazione (dal momento che il presbiterio di Quickborn era stato occupato dal nuovo pastore), andarono a vivere con lui.

Il povero Riemann fu probabilmente devastato da questi avvenimenti. Si tuffò nel lavoro e nel 1857 produsse il lavoro fondamentale sulla teoria delle funzioni, l'articolo che fece conoscere il suo nome. Per lo sforzo, però, e il dispiacere, cadde in un esaurimento nervoso. La famiglia di Dedekind aveva una casa di vacanza nei monti Harz, a pochi chilometri a ovest di Gottinga. Dedekind convinse Riemann a trascorrervi qualche settimana e lo raggiunse per un breve periodo, per fare qualche passeggiata insieme.

Quando Riemann a novembre fece ritorno a Gottinga, venne nominato professore associato all'università, con il modesto stipendio di 300 talleri all'anno. Ora però le disgrazie si susseguivano rapidamente. Il fratello Wilhelm morì a Brema nello stesso mese, e poi all'inizio dell'anno successivo morì la sorella Marie. La famiglia che Riemann adorava e che rappresentava il centro della sua vita affettiva, stava scomparendo davanti ai suoi occhi. Fece venire a vivere con lui a Gottinga le altre due sorelle. ) Nell'estate del 1858 Dirichlet ebbe un attacco di cuore mentre si trovava in Svizzera per una serie di lezioni e fu riportato a Gottinga soltanto con grandi difficoltà. Mentre giaceva gravemente malato, la moglie morì improvvisamente per un ictus. Dirichlet la seguì poi nel mese di maggio (il suo cervello andò a fare compagnia a quello di Gauss nel reparto di fisiologia.) La cattedra di Gauss era ora vacante.

Dalla morte di Gauss a quella di Dirichlet erano passati quattro anni, due mesi e dodici giorni. In quel lasso di tempo, Riemann aveva perso non soltanto i due maestri che stimava più di tutti gli altri matematici, ma anche il padre, il fratello, due sorelle e il presbiterio a Quickborn, l'unico luogo che aveva rappresentato per lui una casa e un rifugio sin dai tempi dell'infanzia.

Mentre la sua vita affettiva era stata segnata da questi traumi, la stella di Riemann nel mondo della matematica stava cominciando a brillare. Verso il 1860, l'acutezza e l'originalità del suo lavoro vennero conosciute, a un certo livello, dai matematici di tutta Europa. Il giovane studente terribilmente timido che aveva iniziato gli studi di dottorato dieci anni prima era ora un matematico di rilievo e Gottinga, che era nota nel 1850 come la cattedra di Gauss, cominciava a essere identificata come la facoltà di Gauss, Dirichlet e Riemann (e non di Dedekind, i cui lavori migliori dovevano ancora venire: nell'autunno del 1858 Dedekind aveva infatti lasciato Gottinga per assumere un incarico a Zurigo).

Non ci fu molto da sorprendersi dunque quando la facoltà scelse Riemann come secondo successore di Gauss. Il 30 luglio 1859 gli venne garantita una cattedra, un reddito sicuro e - forse in considerazione dell'esigenza di mantenere le due sorelle sopravvissute -l'alloggio di Gauss all'osservatorio. Presto seguirono altri onori. Il primo venne l'il agosto, quando venne nominato membro corrispondente dell'Accademia di Berlino. Riemann fece ritorno a Berlino poco più di dieci anni dopo averla lasciata, ma ora si presentava con una bella ghirlanda d'alloro sulla testa, per essere ricevuto con gloria dai grandi nomi della matematica tedesca: Kummer, Kronecker, Weierstrass, Borchardt.

Per coronare un tale trionfo, Riemann espose all'Accademia il suo studio «sul numero dei primi minori di una certa grandezza». Nella prima frase del saggio ringraziava i due uomini, ormai entrambi scomparsi, con il cui aiuto (per quanto accordato molto più volentieri da parte di Dirichlet che da parte di Gauss) aveva scalato le vette. Nella seconda frase mostrava la Chiave d'Oro. Nella terza introduceva la funzione zeta. La matematica non è più stata la stessa da allora.

Bernhard Riemann morì il 20 luglio 1866, un venerdì, poche settimane prima del suo quarantesimo compleanno. Aveva preso un brutto raffreddore nell'autunno del 1862, e questo aveva peggiorato la tubercolosi di cui probabilmente soffriva fin da bambino.

L'interessamento dei colleghi di Gottinga gli aveva garantito alcuni aiuti statali allo scopo di trasferirsi in un luogo dal clima più favorevole, dal momento che questo era l'unico modo conosciuto in cui un malato di tubercolosi poteva vedere alleviati i sintomi e rallentare il decorso della malattia.

Riemann trascorse così gli ultimi quattro anni perlopiù in Italia. Morì a Selasca, sulla riva occidentale del Lago Maggiore, nelle Alpi piemontesi. Erano con lui la moglie Elise e la figlia dì tre anni, Ida. Così Richard Dedekind ricorda l'evento, nella breve biografia dedicata all'amico e pubblicata nella raccolta delle opere di Riemann.

Il 28 giugno arrivò sul Lago Maggiore, dove alloggiò presso villa Pisoni a Selasca, vicino Intra. Le sue forze si affievolivano rapidamente: sentiva che la sua fine era prossima. Il giorno prima di morire, sotto una pianta di fico, felice, dinnanzì al meraviglioso paesaggio che lo circondava, stava lavorando a quelle carte che, è triste dirlo, lasciò incomplete. La sua vita declinava gradualmente senza lotta e senza agonia mortale; sembrava che egli seguisse con interesse la separazione dell'anima dal corpo. Mentre la moglie gli porgeva pane e vino, egli le chiese di salutare tutti a casa e aggiunse: «Bacia la nostra bimba». Ella recitò per lui il Padre Nostro ma lui non fu più in grado di parlare. Alle parole «perdona i nostri debiti» volse lo sguardo in alto con devozione. Ella senti le mani di lui diventare fredde e dopo qualche sospiro il suo nobile e ardente cuore cessò di battere. Quel senso di religiosità che crebbe in lui nella casa del padre, lo accompagnò per tutta la vita, ed egli servi fedelmente Dio, nella sua maniera. Con la più alta devozione, non interferì mai con la fede degli altri: la cosa principale nella religione era, a suo parere, il quotidiano esame dì coscienza al cospetto di Dio.

Riposa nel sagrato della chiesa di Biganzolo, nella parrocchia di Selasca. La sua lapide porta l'iscrizione:

QUI RIPOSA IN DIO
GEORG FRIEDRICH BERNHARD RIEMANN
PROFESSORE A GOTTINGA
NATO A BRESELENZ IL 17 SETTEMBRE 1826 MORTO A SELASCA IL 20 LUGLIO 1866 TUTTO CONCORRE AL BENE DI COLORO CHE AMANO DIO

L'iscrizione è tutta in tedesco. L'epitaffio è tratto dalla lettera di san Paolo ai Romani, 8,28 (in tedesco, Denen die Goti lieben miis-sen alle Dinge zum Besten dienen}. Oggi la tomba di Riemann non esiste più: venne distrutta in occasione di una successiva ristrutturazione della proprietà della chiesa. Resta solo la lapide, murata a lato del cancello di entrata del piccolo cimitero.

Elise Riemann ritornò a Gottinga con la figlia. Vissero con l'unica sorella sopravvissuta di Bernhard Riemann, che pure si chiamava Ida, a Weender Chaussee 17. La casa adiacente, al numero 17A, era abitata da Hermann Schwartz, un professore di matematica all'università. La cattedra di Riemann venne assegnata ad Alfred Clebsch, autore del testo fondamentale della geometria algebrica moderna.

Nel 1884, la figlia di Riemann Ida, all'età di vent'anni, sposò Cari David Schilling, che aveva conseguito il dottorato con Schwartz nel 1880 ed era rimasto in ottimi rapporti con lui. Poco tempo dopo, Schilling accettò l'impiego di direttore dell'accademia navale di Brema. Nel settembre 1890, la vedova e la sorella di Riemann si trasferirono a Brema presso gli Schilling. La figlia di Riemann morì nel 1929, il marito nel 1932. Sembra che abbiano avuto molti figli, ma non sono stato in grado di sapere quanti. I discendenti di Bernhard Riemann, ad ogni modo, sono ora mescolati al resto dell'umanità.

Per quanto pochi siano stati gli anni di lavoro a lui concessi, e per quanto poche siano le pagine pubblicate dei suoi appunti dì studio, il suo nome è, e rimarrà, un riferimento per i matematici. Le sue memorie sono per la maggior parte capolavori: piene di metodi originali, idee profonde e immaginazione lungimirante.

(Tratto da "L'ossessione dei numeri primi - John Derbyshire - Bollati Boringhieri 2002)

La metrica di Riemann

Georg Friedrich Bernhard Riemann (1826-1866) era il secondo dei sei figli di un pastore luterano di Breselenz, un paesino vicino a Hannover in Germania. Riemann crebbe in povertà, e per tutta la sua breve vita ebbe una salute malferma; qualcuno ha detto che se fosse stato più sano e fosse vissuto anche pochi anni di più, lo sviluppo di diversi rami della matematica sarebbe stato molto più rapido. Mostrò i primi segni del suo genio matematico a sei anni, età in cui non solo sapeva risolvere tutti i problemi aritmetici che gli venivano proposti, ma ne poneva egli stesso di nuovi ai suoi stupitissimi maestri. A dieci anni cominciò ad andare a lezione di matematica da un professore il quale si accorse che, se gli si dava un problema, la soluzione del ragazzo era migliore della sua. A quattordici anni inventò un calendario perpetuo che poi regalò ai genitori.

Da bambino Bernhard Riemann era timidissimo e cercava di superare la sua timidezza preparandosi molto bene ogni volta che doveva parlare in pubblico; da adolescente diventò un perfezionista che non mostrava a nessuno i suoi lavori finché non erano impeccabili. Questa tendenza a evitare le sorprese avrebbe svolto un ruolo importante nella sua vita accademica. Nel 1846 il diciannovenne Riemann si iscrìsse alla celebre Università di Gòttingen come studente di teologia; aveva preso questa decisione per assecondare il padre, che avrebbe voluto che il figlio diventasse un ecclesiastico come lui, ma fu subito attratto dai corsi dei brillantissimi matematici che insegnavano allora a Gòttingen, fra i quali c'era anche il grande Gauss, e con il permesso, concesso a malincuore, del padre passò a matematica. Dopo il primo anno di università si trasferì a Berlino, dove ricevette una splendida preparazione e si affinò ulteriormente grazie a docenti di fama come Jacobi, Steiner, Dirichlet, Eisenstein e altri. Restò a Berlino due anni; poi, nel 1848, ci furono disordini politici e Riemann venne arruolato in una formazione paramilitare composta da studenti. Una volta, nel corso di violente dimostrazioni, rimase sedici ore filate di guardia al palazzo reale.

Nel 1849 tornò a Gòttingen per lavorare alla tesi di dottorato; il supervisore della sua ricerca era Karl Friedrich Gauss. Riemann non diede solo contributi importanti alla geometria, ma lavorò anche sulla teoria dei numeri; oggi è famoso per la funzione zeta, che permette di studiare i numeri primi per mezzo dell'analisi complessa (il problema di trovare Ì valori di una variabile complessa per i quali la funzione zeta prende il valore zero è uno dei più celebri di tutta la matematica). Nel 1850, dopo essersi occupato di molti settori della matematica e della fisica, maturò una salda convinzione filosofica: era necessario creare ex novo un'intera teoria matematica che partisse dalle leggi elementari che governano i punti e ne ricavasse una trattazione generale del plenum (termine con cui Riemann intendeva uno spazio pieno e continuo). Era questa l'idea che alla fine gli avrebbe permesso di far compiere un grande passo in avanti a tutta la matematica, e questo, a sua volta, avrebbe reso possibile, un secolo dopo, una rivoluzione di tutte le scienze fisiche.

Ai primi di novembre del 1851 Riemann presentò a Gauss la dissertazione, intitolata Fondamenti di una teoria generale delle funzioni di variabile complessa. Il lavoro era di qualità talmente elevata e dava alla scienza un contributo così importante che Gauss, il quale con gli scritti altrui non era mai stato tanto generoso, né mai lo sarebbe stato in seguito, lo elogiò altamente; ed era solo un segno di ciò che ancora doveva accadere, anche se i due grandi matematici sarebbero morti nel giro di pochi anni.

Nel 1854 Riemann cominciò a insegnare all'Università di Gòttingen; per il momento era un Privatdozent, cioè riceveva solo un onorario privato da suoi allievi (nelle università tedesche, in genere, era questo il primo gradino della carriera accademica); all'epoca si usava chiedere a ogni Privatdozent di prima nomina di presentare al dipartimento un saggio inedito (la cosiddetta Habilitationsschrift); era una specie di rito di iniziazione. Riemann, che aveva già dato contributi mólto importanti in analisi complessa e in altri campi, preparò la dissertazione con molta cura e con il solito perfezionismo; ad ascoltarlo ci sarebbero stati, oltre a Gauss, tutti i più eminenti matematici dell'università.

Il giovane lavorava senza posa, incontentabile come sempre. La tradizione voleva che il Privatdozent indicasse al dipartimento che doveva esaminare la sua candidatura tre temi diversi, in ordine di preferenza, fra i quali scegliere l'argomento da presentare. I primi due temi che Reimann propose riguardavano Ì campi in cui più aveva lavorato, e naturalmente sperava che venisse scelto uno di questi; il terzo era un problema di geometria sul quale non si sentiva particolarmente preparato. In genere un dipartimento assegnava al candidato il primo argomento indicato, o (più raramente) il secondo, ma non il terzo, per cui Riemann lavorò alacremente per perfezionare la sua preparazione sui primi due.

Gauss però era di un altro avviso; per decenni si era dedicato al problema del quinto postulato di Euclide e delle geometrie non euclidee, sviluppate, nel frattempo, da Bolyai e Lobacev-skij. Nel corso di quelle riflessioni aveva creato l'idea di curvatura e concluso che la curvatura dello spazio euclideo (piatto) era nulla, quella di una sfera era positiva mentre quella dell'opposto" iperbolico di una sfera era negativa. Conoscendo il genio del giovane Riemann, Gauss pensò che forse lui sarebbe riuscito a proseguire, così gli assegnò il terzo argomento.

Per prepararsi, Riemann creò una teoria completamente nuova; ma i semi li aveva già piantati qualche tempo prima. Mentre lavorava in altri due campi (numeri complessi e teoria dei numeri), infatti, nei ritagli di tempo aveva sviluppato una propria filosofia dello spazio ed elaborato autonomamente la nozione gaussiana di "curvatura", insieme alle idee di Bolyai e Lobacev-skij. Intuiva, sia pure in modo vago, che dietro questi concetti spaziali e geometrici, per il momento ancora privi di connessioni, doveva esserci una grande teoria generale; era possibile unificare il tutto creando un sistema nuovo e potente che andasse al di là degli aspetti settoriali? Mentre si occupava di altri rami della matematica, aveva sempre questo obiettivo in mente, ma non arrivò a stabilire se la generalizzazione fosse possibile fin quasi al momento della prolusione. Poi il giorno venne: il giovane docente doveva fare davanti ai colleghi più anziani una lezione che era una prova d'esame, e presentò una teoria che avrebbe cambiato per sempre sia la geometria, sia le scienze fisiche. Quale fu la sua nuova e rivoluzionaria idea?

Riemann fu uno dei migliori matematici puri del suo secolo, ma in realtà era molto più di un matematico puro. In lui era profondissimo e intensissimo anche il desiderio di capire il mondo fisico che lo circondava, e si rese conto, anticipando la relatività e la cosmologia moderna, che per capirlo bisognava comprendere a fondo lo spazio; e spazio per lui voleva dire geometria: in altre parole, a lui interessava descrivere le leggi fisiche in quanto hanno a che fare con la geometria dello spazio in cui viviamo. Aveva sempre amato i princìpi generali, aveva sempre preferito l'astrazione e l'universalità ai dettagli e alle analisi minute; sapeva che esistevano tre tipi di geometria, euclidea, iperbolica ed ellittica (o sferica), ma sapeva anche che la geometria di una superficie a un certo punto poteva cambiare, e un oggetto non doveva per forza essere, per esempio, soltanto sferico o soltanto euclideo: una superficie poteva anche avere una geometria che da un punto all'altro variava. Perciò Riemann voleva una teoria molto più potente: voleva un metodo che descrivesse una superficie indipendentemente dalle variazioni della sua geometria, e fu a questo punto che ebbe la rivelazione che molto tempo dopo avrebbe permesso ad Albert Einstein di portare a termine la sua teoria della relatività generale.

Riemann decise che la proprietà di una superficie che aveva bisogno di comprendere e catturare era quella di distanza (ovvero metrica}. Nello spazio piatto euclideo, la minima distanza fra due punti è, come si vede nella figura 3, l'ipotcnusa ac del triangolo rettangolo abc, se la distanza lungo l'asse x è bc e quella lungo l'asse y è ab.

La genialità di Riemann consistette nell'estendere questa nozione di "distanza" ai casi in cui lo spazio non è più piatto. Se per esempio lo spazio s'incurva, così che l'angolo retto non è più tale ma ha un'altra misura, diciamo (p, è possibile generalizzare la formula del teorema di Pitagora c2 = a2 + b2 ricavandone c2 = a2 + b2 - 2ab cos(phi). In generale, quale che fosse la curvatura di una superficie, e anche nei casi in cui cambiava da un punto all'altro, Riemann riuscì a definire una funzione che misurava la distanza istantanea fra due dei suoi punti. In base a tale funzione, il quadrato della distanza è

dove u e v variano sugli interi 1 e 2.

Sessant'anni dopo Einstein avrebbe usato proprio questa formula, ma con gli indici u e v che variavano sugli interi 1, 2, 3 e 4, rendendo conto delle quattro dimensioni dello spazio-tempo (tre spaziali e una temporale), per derivare finalmente le equazioni della relatività generale. Il termine guv, elemento fondamentale dell'equazione tensoriale di Einstein, indicava ora il tensore metrico, che permette di rendere conto della curvatura che il campo gravitazionale impone allo spazio dell'universo. Se gli indici u e v variano sugli interi 1, 2, 3 e 4 ci sono, escludendo i casi di simmetria (dx1dx2 e dx2dx1 sono la stessa cosa), dieci grandezze in gioco nella funzione che definisce il quadrato della distanza quadridimensionale.

L'idea di Riemann, presentata nel saggio per la libera docenza più famoso di tutta la storia della matematica, aprì un nuovo campo d'indagine. Ora era possibile ignorare i fenomeni locali di una superficie e concentrarsi sul quadro generale: era la metrica, infatti, a fare tutto. Essa inoltre permetteva applicazioni locali molto utili, e nacque così una teoria interamente nuova: la geometria differenziale, che ha avuto poi un grandissimo sviluppo nel Novecento. L'approccio generale aveva invece delle implicazioni topologiche (lo stesso Riemann aveva studiato i metodi topologici lavorando sui problemi della teoria delle funzioni di variabile complessa). La topologia è lo studio degli spazi e delle funzioni continui; si occupa di problemi come: "Questa superficie è connessa o è formata da più componenti scollegate?"; "Questa successione di punti in uno spazio converge su un punto interno o esterno a tale spazio?"; "E possibile coprire uno spazio infinito con una collezione finita di insiemi?". Si tratta di questioni più generali di quelle affrontate dalla geometria, ma fra i due campi esistono importanti connessioni. La topologia è nota anche come "scienza delle equivalenze determinate per mezzo di funzioni (o deformazioni) continue"; in senso topologico una ciambella equivale a una tazza con un solo manico, una sfera equivale a una qualsiasi superficie chiusa tridimensionale e una bi-ciambella (ciambella con due buchi) equivale a una tazza con due manici.

In ultima analisi la topologia parla della geometria generale delle superfici (ovvero varietà), e in questo campo sono possibili grandi generalizzazioni; studiando la topologia i matematici possono cioè arrivare a verità più generali e astratte di quelle raggiungibili in geometria. Due esempi famosi sono il nastro di Mòbius (una superficie bidimensionale piegata lungo la terza dimensione) e la bottiglia di Klein (una superficie tridimensionale piegata lungo la quarta dimensione). Il nastro di Mòbius, che ha preso il nome da August F. Mòbius (1790-1868), ha un solo lato; è molto usato nelle cinghie mobili per ridurre l'usura, poiché vengono continuamente utilizzati entrambi i "lati". La bottiglia di Klein è una bottiglia senza interno; deve il suo nome a Felix Klein (1849-1925), allievo di Plucker, cioè di un matematico che era stato molto colpito dalle idee presentate da Riemann nella Habilitationsschrift del 1854. Klein, che amava immensamente la geometria, cercò di estendere alcune nozioni geometriche alla topologia utilizzando a tale scopo la potentis-sima idea algebrica di "gruppo"; e grazie alla teoria dei gruppi fece per la topologia ciò che Riemann aveva fatto per la geometria, raggiunse cioè l'unificazione e l'astrazione.

L'opera di Riemann aveva fornito, sia direttamente che indirettamente, alcuni elementi decisivi indispensabili alla comprensione del mondo fisico. Il suo saggio per la libera docenza, esaltato e definito "capolavoro immenso" da Gauss e dagli altri professori di Gòttingen, fornì ad Einstein lo strumento diretto e specifico che gli avrebbe permesso di scrivere l'equazione del campo della sua teoria della relatività generale, mentre il suo lavoro in topologia ha continuato per più di un secolo a ispirare Klein e quelli che sono venuti dopo di lui, fino allo stupefacente teorema proposto dal matematico britannico Sir Roger Penrose: è stato questo teorema, basato sulla relatività generale di Einstein, ma che utilizza i potenti metodi generali della topologia, a chiarire in che modo dev'essere cominciato il nostro universo. L'opera avviata da Riemann con le sue ricerche geometriche è proseguita con una disciplina moderna, la geometria differenziale, e ha toccato il culmine con i risultati presentati in una conferenza tenuta a Princeton durante il convegno del 1979 per il centenario della nascita di Einstein (i lavori sono stati pubblicati nel 1980) dal più grande studioso vivente di geometria, S.S. Chern.

In questa conferenza, intitolata "Relatività e geometria differenziale postriemanniana", Chern sostiene che nel futuro della relatività generale c'è una ricerca di generalità matematica ancora più spinta e mostra che la metrica dì Riemann può essere estesa a nozioni ancora più avanzate e complesse, elaborate solo nel tardo Novecento. Un giorno questi nuovi e potenti strumenti matematici, alcuni dei quali non ancora completamente sviluppati, potrebbero indicarci la via per comprendere la vera natura dell'universo e perfino permetterci di raggiungere la meta che Einstein non toccò mai in tutta la vita, nonostante i suoi ostinati tentativi: una "teoria di ogni cosa" capace di unificare tutte le forze fisiche.

Dalla geometria del grande e del piccolo e dalla topologia, con le sue eleganti generalizzazioni sulla forma e sullo spazio, è naturale passare a una domanda importante: qual è la geometria dell'universo in cui viviamo? Viviamo in un'immensa sfera quadridimensionale, o magari in una gigantesca bottiglia di Klein? Questa è una delle più importanti fra le domande filoso-fiche che ci suggeriscono la relatività generale di Einstein e l'opera dei cosmologi del Novecento.

Presa in senso stretto, la geometria riemanniana fornisce un modello della geometria non euclidea dedotta da uno degli assunti di Saccheri, la cosiddetta "ipotesi dell'angolo ottuso". Consideriamo infatti la geometria di una superficie sferica nello spazio ordinario: qui la somma degli angoli di un triangolo è maggiore di 180°. Le "rette" di questa geometria, cioè le linee di minima distanza fra due punti della superficie sferica, sono archi di cerchio massimo; un triangolo che abbia un vertice al Polo Nord e gli altri due sull'Equatore, quindi con due lati che sono archi di meridiano e il terzo che è un pezzo di Equatore, ha chiaramente una somma degli angoli interni maggiore di 180°. Inoltre in questa geometria un cerchio ha una circonferenza che è meno di n volte il diametro; una sfera quadridimensionale ci fornirà dunque un modello di questo particolare tipo di universo non euclideo. Un altro possibile modello dell'universo è dato da uno spazio aperto euclideo quadridimensionale; ma come facciamo a visualizzare uno spazio quadridimensionale che sia non euclideo nel senso di Bolyai e Lobacevskij? Qui, come abbiamo già visto, la somma degli angoli di un triangolo è minore di 180°, e la circonferenza è più di n volte il diametro. Mentre lo spazio euclideo piatto ha curvatura nulla e le superfici sferiche o ellittiche hanno una curvatura che è un numero positivo, la curvatura della geometria di Bolyai-Lobacevskij è negativa. Ma come facciamo a visualizzare questo spazio? Nel 1868 il matematico italiano Eugenio Beltrarni (1835-1900) fornì un modello a questa geometria iperbolica; nel tentativo di visualizzare lo spazio in cui valgono le proprietà di Bolyai-Lobacevskij, anch'egli si ispirava alla grande opera di Riemann. Diede il nome di "pseudosfera" alla superficie da lui scoperta, che ha ovunque una curvatura negativa costante; in effetti si tratta di una sorta di sfera invertita che ha una curvatura opposta a quella sferica, quindi negativa. Otteniamo una pseudosfera tridimensionale ruotando una trattrice.

La geometria del nostro universo quadridimensionale è una generalizzazione di una delle tre forme considerate sopra. Ma di quale?

Riemann pagò un prezzo per il suo genio e la sua preveggenza veramente incredibili. Era talmente bravo che il grande Gauss continuava a spronarlo, e il mondo dei matematici (ma anche dei fisici) deve essergli grato per quello che, sotto questa pressione, ha prodotto. Tale pressione però, esercitata su una persona che già per sua natura si prodigava fino all'estremo limite e per di più aveva salute cagionevole, provocò un crollo fisico. Nemmeno lo straordinario favore con cui fu accolta la sua Habilitationsschrift (il titolo è Sulle ipotesi che stanno alla base della geometria] valse a rimetterlo in salute, e Riemann scrisse al padre che le ricerche straordinariamente difficili che aveva dovuto condurre sia per la libera docenza sia per i lavori di fisica matematica e teoria delle funzioni lo avevano fatto ammalare. Per diverse settimane non riuscì assolutamente a lavorare; poi tornò la bella stagione e per tentare di rimettersi Riemann affittò una casa con giardino e cercò di passare più tempo all'aperto, lontano dalla soffocante stanzetta dove era solito lavorare per ore e ore.

Il saggio per la libera docenza gli diede un grande successo accademico. Innanzitutto riuscì ad avere otto studenti che seguivano le sue lezioni, invece dei soliti tre o quattro, e poiché erano gli studenti a pagarlo, questo comportava un notevole aumento delle entrate. Poi nel 1857, a trentun anni, divenne assistente, e solo due anni dopo, nel 1859, occupò la prestigiosa cattedra che era stata di Gauss (morto nel 1855; in quei quattro anni la cattedra era stata occupata da Dirichlet). Il fatto di essere stato scelto per coprire la cattedra di Gauss a Gòttingen era un segno della grande stima che avevano per lui i colleghi, e il mondo dei matematici in generale.

Ma la sua salute non migliorò, anzi, nel 1862 ebbe una ricaduta. Aveva una grave affezione ai polmoni, e il governo tedesco gli concesse i fondi necessari per una convalescenza nel mite clima italiano. Nei pochi anni che visse ancora, Riemann continuò a fare la spola fra Gòttingen e varie città italiane; quando arrivava a Gòttingen peggiorava, quando era in Italia migliorava. L'Università di Pisa, che conosceva la situazione, gli offrì una cattedra, ma Riemann rifiutò e cercò più volte di tornare a Gòttingen. Le sue condizioni di salute, però, continuarono ad aggravarsi; morì di tisi in Italia, in una villa sul Lago Maggiore, nel luglio del 1866. Aveva trentanove anni.

(Tratto da "L'equazione di Dio - Amir D. Aczel - Il Saggiatore 2000)