Riemann aveva scovato un passaggio che conduceva dal mondo familiare dei numeri a una matematica che sarebbe parsa assolutamente aliena ai matematici greci che avevano studiato i numeri primi duemila anni prima di lui. Egli aveva innocentemente mescolato i numeri immaginari con la sua funzione zeta, scoprendo, come un alchimista della matematica, il tesoro che emergeva da quella miscela di elementi, un tesoro che generazioni di matematici avevano cercato invano.
Riemann aveva stipato le sue idee in un saggio di dieci pagine, ma era del tutto consapevole del fatto che quelle idee avrebbero aperto vedute radicalmente nuove sui numeri primi.
Il punto da cui era partito Riemann per elaborare la sua teoria delle funzioni immaginarie era stato il lavoro compiuto da Cauchy, e per Cauchy una funzione era definita da un'equazione. Adesso Riemann aveva aggiunto l'idea che anche se l'equazione era il punto di partenza, era la geometria del grafico definito dall'equazione a essere davvero importante.
Il problema è che non è possibile disegnare il grafico completo di una funzione in cui sì inseriscono numeri immaginari. Per illustrare il suo grafico, Riemann aveva bisogno di lavorare in quattro dimensioni. Quale significato danno i matematici a una quarta dimensione? Chi ha letto i libri scritti da cosmologi come Stephen Hawking potrebbe legittimamente rispondere «il tempo». La verità è che noi matematici usiamo le dimensioni per seguire l'andamento di qualsiasi cosa ci possa interessare. In fisica ci sono tre dimensioni per lo spazio e una quarta dimensione per il tempo.
Per Riemann la funzione zeta era descritta da un analogo paesaggio in quattro dimensioni. Due dimensioni servivano a tracciare le coordinate dei numeri immaginari inseriti nella funzione zeta. La terza e la quarta dimensione si potevano poi utilizzare per registrare le due coordinate che descrivono il numero immaginario prodotto dalla funzione.
Il problema è che viviamo in uno spazio a tre dimensioni e perciò non possiamo basarci sul mondo visibile per comprendere questo nuovo «diagramma immaginario». Uno dei metodi migliori per comprenderli è guardare le ombre.
L'ombra che proiettiamo è un'immagine bidimensionale del nostro corpo tridimensionale. Se la si osserva da certe prospettive un'ombra fornisce poche informazioni, ma vista di profilo, per esempio, la silhouette di una persona può rivelare quanto basta per consentirci di riconoscerne il volto. In modo simile, possiamo costruire un'ombra tridimensionale del paesaggio a quattro dimensioni che Riemann creò usando la funzione zeta, un'ombra che conservi informazioni sufficienti a permetterci di cogliere le idee di Riemann.
La mappa bidimensionale dei numeri immaginari ideata da Gauss dà una rappresentazione grafica dei numeri che inseriremo nella funzione zeta. L'asse nord-sud registra il numero di passi che compiremo nella direzione immaginaria, mentre l'asse est-ovest rappresenta i numeri reali. Possiamo distendere questa mappa su un tavolo. Ciò che vogliamo fare è creare un paesaggio fisico situato nello spazio che sta al di sopra di questa mappa. L'ombra della funzione zeta si trasformerà allora in un oggetto fisico di cui potremo esplorare i picchi e le valli. L'altezza del paesaggio al di sopra di ciascun numero immaginario della mappa dovrebbe registrare il risultato che si ottiene inserendo quel numero nella funzione zeta. Per la stessa ragione per cui un'ombra mostra solo pochi dettagli di un oggetto tridimensionale, alcune informazioni vanno inevitabilmente perse nella costruzione grafica di un tale paesaggio. Ruotando l'oggetto, otteniamo ombre diverse che ne rivelano aspetti diversi. Analogamente, abbiamo a disposizione un certo numero di scelte riguardo a ciò che vogliamo che registri l'altezza del paesaggio al di sopra di ciascun numero immaginario della mappa stesa sul tavolo. Tuttavia è possibile scegliere un'ombra che racchiude informazioni sufficienti a permetterci di comprendere la scoperta di Riemann.
Ombra tridimensionale del paesaggio a quattro dimensioni della funzione zeta.
Quando Riemann cominciò a esplorare il paesaggio, s'imbattè in vari aspetti fondamentali della sua geografìa. Stando dentro il paesaggio zeta e guardando verso est, lo vedeva degradare verso una pianura uniforme che si elevava di un'unità sopra il livello del mare. Se si girava e procedeva verso ovest, vedeva una cresta di alture ondulate che correva da nord a sud. Le cime di queste alture erano tutte situate al dì sopra della linea che incrociava l'asse est-ovest in corrispondenza del numero 1. Sopra questo punto
d'intersezione c'era un picco torreggiante che saliva in ciclo. Era, in effetti, infinitamente alto. Come aveva scoperto
Eulero, quando si inserisce il numero 1 nella funzione zeta si ottiene un risultato che se ne va all'infinito. Dirigendosi a nord o a sud di questa vetta di altezza infinita, Riemann incontrava altri picchi. Nessuno di essi, tuttavia, era di altezza infinita. Il primo picco cadeva a un po' meno di 10 passi verso nord, in corrispondenza del numero immaginario 1 + (9,986...)i, e raggiungeva un'altezza di appena 1,4 unità circa.
Se Riemann avesse ruotato il paesaggio e riportato su un diagramma la sezione trasversale delle colline in corrispondenza di questa linea di divisione nord-sud passante per 1, avrebbe ottenuto qualcosa del genere:
Vista in sezione della catena di montagne che attraversa il paesaggio zeta da nord a sud. Questa sezione trasversale è stata
tracciata lungo la linea crìtica nord-sud definita dal luogo dei punti con coordinata est pari a 1 unità.
Un aspetto cruciale del paesaggio non mancò di attrarre l'attenzione di Riemann. Sembrava che non ci fosse modo di usare la formula che definisce la funzione zeta per costruire il paesaggio a ovest, oltre la catena montuosa. Riemann aveva lo stesso problema che Eulero aveva incontrato inserendo numeri ordinari nella funzione zeta. Ogni volta che si inseriva un numero situato a ovest di 1, la formula che definisce la funzione zeta se ne andava inesorabilmente all'infinito. Eppure in questo paesaggio immaginario, a dispetto del picco che si innalzava all'infinito sopra il numero 1, le altre montagne della catena che correva da nord a sud sembravano percorribili.
Perché allora non procedevano nel loro andamento ondulato, a prescindere dai risultati prodotti dalla funzione zeta? Sicuramente il paesaggio non terminava lì, in corrispondenza di quella linea nord-sud. Possibile che non ci fosse nulla a ovest di quel confine? A dar fede soltanto alle equazioni, si sarebbe pensato che il paesaggio a est di 1 era tutto quello che si poteva costruire. Le equazioni non avevano alcun senso quando vi si inserivano numeri situati a ovest di 1.
Per fortuna Riemann non si lasciò disorientare dall'apparente intrattabilità della funzione zeta. La sua formazione lo aveva munito di una prospettiva che mancava ai matematici francesi. Egli riteneva che l'equazione su cui si fondava un paesaggio immaginario dovesse essere considerata come un aspetto secondario. Di importanza primaria era l'effettiva topografia quadridimensionale del paesaggio. Poteva ben darsi che le equazioni non avessero senso, ma la geometria del paesaggio suggeriva altrimenti. Riemann riuscì a trovare una formula con cui si poteva costruire il paesaggio mancante a ovest.
Quel nuovo paesaggio poteva poi essere saldato in modo perfetto al paesaggio originario. Ora un esploratore del mondo immaginario sarebbe potuto passare tranquillamente dalla regione definita dalla formula di Eulero al paesaggio creato dalla formula di Riemann senza nemmeno accorgersi di attraversare un confine.
A questo punto Riemann aveva a disposizione un paesaggio completo che ricopriva l'intera mappa dei numeri immaginari. Adesso era pronto a fare la mossa successiva. Durante gli studi di dottorato, aveva scoperto due fatti cruciali e impensabili su questi paesaggi immaginati. In primo luogo aveva appreso che possedevano una geometria straordinariamente rigida. C'era un solo modo per espanderli.
Ciò che poteva esistere a ovest era completamente determinato dalla geometria del paesaggio di Eulero a est. Riemann non poteva manipolare a proprio piacimento il suo nuovo paesaggio per creare alture ovunque gli andasse di farlo. Qualsiasi modifica avrebbe provocato uno strappo nella cucitura fra i due paesaggi. La totale rigidità di questi paesaggi immaginari era una scoperta importante.
Riemann aveva scoperto che le alture e le valli presenti in una regione contengono informazioni sulla topografia dell'intero paesaggio.
Ma Riemann aveva fatto una seconda scoperta cruciale su quello strano nuovo tipo di matematica. Aveva scoperto quello che si potrebbe considerare il DNA dei paesaggi immaginari: ogni cartografo matematico che avesse saputo come tracciare sulla mappa immaginaria bidimensionale i punti in cui il paesaggio cadeva al livello del mare avrebbe potuto ricostruire la configurazione dell'intero paesaggio. La mappa che riportava questi punti era la mappa del tesoro di ogni paesaggio immaginario. Era una scoperta sbalorditiva. Un cartografo che vive nel nostro mondo reale non riuscirebbe a ricostruire le Alpi se gli si dicessero tutte le coordinate dei punti del mondo che si trovano al livello del mare. Ma in questi paesaggi immaginari la posizione di tutti i numeri immaginari in cui la funzione va a zero svela ogni cosa. Questi punti sono chiamati gli zeri della funzione zeta.
Gli astronomi sono avvezzi a dedurre la composizione chimica di pianeti lontani senza bisogno di visitarli. La luce proveniente da un pianeta può essere analizzata grazie alfa spettroscopia e contiene informazioni sufficienti a rivelarne la chimica. Questi zeri si comportano come lo spettro di luce emesso da un composto chimico. Riemann sapeva che la sola cosa che doveva fare era segnare tutti i punti della mappa in cui l'altezza del paesaggio zeta era uguale a zero. Le coordinate di tutti questi punti situati al
livello del mare gli avrebbero dato informazioni sufficienti a ricostruire tutte le alture e gli avvallamenti al di sopra del livello del mare.
Riemann non aveva dimenticato quale era stato il punto di partenza della sua esplorazione. Il big bang che aveva creato quel paesaggio zeta era la formula con cui Eulero aveva definito la funzione zeta, una formula che, grazie al prodotto di Eulero, poteva essere costruita utilizzando solo i numeri primi. E se le due cose — i numeri primi e gli zeri della funzione zeta - producevano lo stesso paesaggio, Riemann sapeva che un qualche nesso doveva legarle. Un unico oggetto costruito in due modi diversi. Fu il genio di Riemann a svelare come quelle due entità fossero due lati della stessa equazione.
Il collegamento che Riemann riuscì a trovare fra i numeri primi e i punti situati a livello del mare nel paesaggio zeta non avrebbe potuto essere più diretto. Gauss aveva tentato di stimare quanti fossero i primi compresi fra 1 e un qualsiasi numero N. Ma Riemann, usando le coordinate di quegli zeri, fu in grado dì creare una formula che forniva il numero esatto dei primi non maggiori di N.
La formula escogitata da Riemann aveva due ingredienti chiave. Il primo era una nuova funzione R(N) che serviva a valutare il numero di primi non maggiori di N e che in sostanza forniva una stima migliore di quella di Gauss. La nuova funzione produceva ancora degli errori, ma i calcoli di Riemann rivelavano che questi errori erano notevolmente più pìccoli di quelli prodotti dalla formula di Gauss.
Per fare un esempio, il logaritmo integrale di Gauss prediceva l'esistenza di 754 numeri primi in più di quanti ce ne fossero realmente nell'intervallo compreso fra 1 e 100 milioni. La funzione perfezionata introdotta da Riemann ne prediceva soltanto 97 in più, con un errore che era grosso modo pari a un millesimo dell'un per cento.
La tabella seguente evidenzia quanto sia più precìsa la nuova funzione di Riemann nella stima del numero di primi non maggiori di N per valori di N che vanno da 1O2 a 1O16.
Ma se la nuova funzione di Riemann rappresentava un miglioramento rispetto alla funzione logaritmo di Gauss, produceva comunque degli errori. Tuttavia, l'escursione che Riemann aveva compiuto nel mondo immaginario gli diede accesso a qualcosa che Gauss non si sarebbe mai potuto sognare di ottenere: un metodo per eliminare quegli errori. Riemann comprese che utilizzando i punti della mappa dei numeri immaginati che segnavano Ì luoghi in cui il paesaggio zeta era al livello del mare, poteva disfarsi di quegli errori e ottenere una formula esatta per il conteggio dei numeri primi. Era questo ìl secondo ingrediente chiave della sua formula.
Eulero aveva fatto una scoperta sorprendente: se si inseriva un numero immaginario nella funzione esponenziale si otteneva un'onda sinusoidale. La curva in rapida ascesa che normalmente si associa alla funzione esponenziale veniva trasformata dall'introduzione di questi numeri complessi in una curva di andamento sìnuoso del tipo solitamente associato alle onde sonore. Questa scoperta diede avvio a una corsa all'esplorazione degli strani nessi portati alla luce dai numeri immaginari, Riemann comprese che era possibile estendere la scoperta di Eulero usando la sua mappa di punti corrispondenti agli zeri del paesaggio immaginario. In questo mondo oltre lo specchio riuscì a vedere come, usando la funzione zeta, ciascuno di quei punti poteva essere trasformato in una specìfica onda. Ogni onda avrebbe avuto l'aspetto di una variazione nel diagramma di una funzione seno.
Le caratteristiche di ciascuna onda erano determinate dalla posizione dello zero che ne era responsabile. Tanto più a nord si situava un punto a livello del mare, quanto più rapidamente l'onda corrispondente avrebbe oscillato. Se pensiamo a quest'onda come a un'onda sonora, la nota associata a uno zero risulta tanto più acuta quanto più a nord quello zero si situa nel paesaggio zeta.
Ma perché queste onde - queste note musicali — erano utili per il conteggio dei numeri primi? Riemann fece una scoperta stupefacente: nelle altezze variabili di quelle onde era codificato il modo per correggere gli errori presenti nella sua stima del numero di numeri primi. La funzione R(N) forniva una stima ragionevolmente buona del numero di primi minori o uguali a N. Ma aggiungendo a questa stima l'altezza di ciascuna onda al di sopra del numero N, egli scoprì che poteva ottenere il numero esatto di primi. L'errore era stato eliminato completamente. Riemann era riuscito a dissotterrare il Santo Graal che Gauss aveva cercato invano: una formula esatta per calcolare il numero di primi minori o uguali a N.
L'equazione che esprime questa scoperta può essere riassunta in parole semplicemente come «numeri primi = zeri = onde».
Per un matematico, la formula di Riemann che fornisce il numero di primi in termini di zeri ha un impatto pari a quello dell'equazione di Einstein E= mc2, che rivelò l'esistenza di un legame diretto fra massa ed energia. Proprio come l'equazione di Einstein, questa è una formula di connessioni e trasformazioni. Riemann assistette passo passo alla metamorfosi dei numeri primi. I numeri primi creano il paesaggio zeta, e i punti che in quel paesaggio si trovano a livello del mare sono la chiave per scardinare i suoi segreti. Dopodiché emerge una nuova connessione in base alla quale ognuno di quei punti a livello del mare produce un'onda, una nota musicale. Infine Riemann ritornò al punto di partenza per mostrare come queste onde permettano di contare il numero esatto di numeri primi. Riemann deve essere rimasto strabiliato nel vedere il cerchio chiudersi in maniera tanto spettacolare.
Riemann sapeva che, poiché esistono infiniti numeri primi, esistono infiniti punti che si trovano a livello del mare nel paesaggio zeta. Perciò devono esserci infinite onde che permettono di tenere sotto controllo gli errori. C'è un modo molto vivido per vedere come l'aggiunta di ogni onda supplementare migliori la stima del numero di numeri primi fornita dalla formula di Riemann. Prima dell'aggiunta delle onde corrispondenti agli zeri, il grafico della funzione di Riemann R(N) (riportato alla pagina seguente, in alto) non assomiglia affatto alla scalinata che rappresenta l'effettivo numero di numeri primi (in basso). Nel primo caso si ha una curva uniforme, nel secondo una curva frastagliata.
È sufficiente tener conto degli errori previsti dalle trenta onde create dai primi trenta zeri che incontriamo quando ci
dirigiamo a nord nel paesaggio zeta per produrre un effetto evidentissimo. Il grafico di Riemann appare trasformato rispetto alla curva uniforme corrispondente a R(N) ed è molto più simile alla scalinata che descrive il numero effettivo di numeri primi:
L'effetto che si ottiene aggiungendo le prime trenta onde al grafico uniforme di Riemann.
Ogni nuova onda rende un poco più contorta la curva perfettamente uniforme da cui si è partiti. Riemann comprese che qualora vi avesse aggiunto tutte le infinite onde, una per ogni punto a livello del mare che incontrava mentre proseguiva verso nord nel paesaggio zeta, la curva si sarebbe sovrapposta esattamente alla scalinata dei numeri primi.
Una generazione prima, Gauss aveva scoperto quella che riteneva fosse la moneta lanciata dalla Natura per scegliere i numeri primi. Le onde scoperte da Rìemann erano i risultati effettivi dei lanci fatti dalla Natura. Le altezze di ognuna dì quelle onde in corrispondenza del numero N predicevano per ogni lancio se la moneta dei numeri primi avrebbe dato testa o croce. Se la scoperta del legame fra numeri primi e logaritmi compiuta da Gauss aveva permesso di prevedere il comportamento medio dei numeri primi, Riemann aveva individuato ciò che controllava quel comportamento nei minimi dettagli.
(Tratto da "L'enigma dei numeri primi - Marcus Du Sautoy - BUR)
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