Edmund Landau |
Edmund Landau
Edmund Landau, che aveva sette giorni meno di Hardy era l'esempio di un raro fenomeno: il rampollo di una famiglia facoltosa con una rigorosa etica del lavoro e una serie di grandi successi in un campo diverso dal commercio. La madre di Landau Johanna, nata Jacoby, veniva da una ricca famiglia di banchieri. Il padre era un importante ginecologo di Berlino, con uno studio molto avviato. Anche il padre di Landau era un fervente sostenitore delle cause ebree. La famiglia abitava in Pariser Platz 6a, nel quartiere più elegante di Berlino, vicino alla Porta di Brandeburgo. Edmund ottenne una cattedra da professore a Gottinga nel 1909. Quando qualcuno gli chiedeva come raggiungere la sua abitazione, egli rispondeva: «Non potete sbagliarvi: è l'edificio più bello della città». Seguì il padre (e Jacques Hadamard) nella causa del sionismo, e si adoperò per la fondazione dell'Università Ebraica di Gerusalemme, nella quale poi tenne la sua prima lezione di matematica, in ebraico, poco dopo l'inaugurazione dell'istituto nel 1925.
Landau era un tipo particolare - questo era un periodo buono per i matematici particolari - e su di lui circolano alcuni racconti apocrifi che stanno al pari di quelli su Hilbert e Hardy. Forse l'aneddoto più noto riguarda il suo commento su Emmy Noether, una collega di Gottinga. La Noether era mascolina e decisamente poco avvenente. Quando gli venne chiesto se non fosse un esempio di grande matematico donna, Landau rispose: «Posso testimoniare che Emmy sia un grande matematico, ma sul fatto che sia donna, non posso giurarci».
La sua professionalità sul lavoro era leggendaria. Si diceva che durante la convalescenza di uno dei suoi giovani assistenti, ricoverato in ospedale in seguito a una grave malattia, Landau si fosse arrampicato su una scala per spingere un enorme fascicolo di carte attraverso la finestra del poveretto. Littlewood commentò così: «Semplicemente non sapeva che cosa volesse dire essere stanco». Hardy ricorda che Landau lavorava ogni giorno dalle sette del mattino fino a mezzanotte.
Landau era un insegnante dotato ed entusiasta e un matematico straordinariamente produttivo. Scrisse più di 250 articoli e 7 libri. Per la nostra storia è soprattutto importante il primo di quei volumi, un classico della teoria dei numeri, pubblicato nel 1909. È il libro ricordato da Littlewood nella citazione che apre questo capitolo: «Tutto questo subì una completa trasformazione quando apparve il libro di Landau nel 1909». Il titolo completo era Handbuch der Lebre von der Verteilung der Primzahlen (Manuale della teoria della distribuzione dei numeri primi). In genere i teorici dei numeri vi si riferiscono semplicemente come all'Handbuch. Questo libro, in due volumi di più di 500 pagine ciascuno, riuniva tutto quanto era noto all'epoca sulla distribuzione dei numeri primi, con forte enfasi sulla teoria analitica dei numeri. L'ipotesi di Riemann è enunciata a pagina 33. L'Handbuch non era il primo libro sulla teoria analitica dei numeri (Paul Bachmann ne aveva pubblicato uno nel 1894) ma la sua esposizione estremamente dettagliata e sistematica presentava l'argomento con uno stile chiaro e piacevole, tanto che il lavoro di Landau divenne subito il testo di riferimento nel campo.
Non credo che L'Handbuch di Landau sia mai stato tradotto in inglese. Il teorico dei numeri Hugh Montgomery, imparò il tedesco leggendo L'Handbuch, con un dito sul dizionario, e raccontò la storia che segue. La prima cinquantina di pagine è dedicata a una rassegna storica, suddivisa in paragrafi intitolati ognuno a un grande matematico che ha contribuito allo sviluppo della materia: Euclide, Legendre, Diricblet e così via. Gli ultimi quattro sono: «Hadamard», «von Mangoldt», «de la Vallèe Poussin», «Verfasser». Hugh era rimasto molto colpito dai contributi di Verfasser, ma si domandava come mai non avesse mai udito prima il nome di questo brillante matematico. Ci volle del tempo prima che imparasse che «Verfasser» in tedesco significa «autore» fin tedesco i sostantivi hanno l'iniziale maiuscola).
L'Handbucb fu probabilmente il suo libro più importante. In esso la teoria analitica dei numeri è presentata per la prima volta non come raccolta di alcuni bei teoremi sparsi, ma come scienza sistematica. Il libro trasformò la materia, fino ad allora terreno di caccia di un manipolo di audaci eroi, in uno dei campì più fertili degli ultimi trent'anni. Quasi tutti i suoi contenuti sono stati superati, e questo è il tributo più grande al libro.
(Tratto da "L'ossessione dei numeri primi - John Derbyshire - 2006 Bollati Boringhieri)
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