Augustin-Louis Cauchy |
Augustin-LouisCauchy
Augustin-Louis Cauchy, nato poche settimane dopo la presa della Bastiglia, era un figlio della Rivoluzione. Malnutrito a causa della carenza dì cibo di quegli anni, da ragazzo il gracile Cauchy preferì esercitare la mente invece del corpo. Secondo una consuetudine consacrata dal tempo, il mondo della matematica gli fornì un rifugio.
Un matematico amico di suo padre, Lagrange, riconobbe il talento precoce del ragazzo. A un suo contemporaneo disse: «Vedete quel giovanotto minuto? Bene! Come matematico ci soppianterà tutti». Ma aveva un consiglio interessante per il padre di Cauchy. «Fate che non tocchi un libro di matematica finché non compirà diciassette anni.» Suggerì invece di stimolare le capacità letterarie del ragazzo così che quando fosse tornato alla matematica sarebbe stato in grado di esprimersi per iscritto con la propria voce e non con una acquistata dai libri dell'epoca. Si dimostrò un consìglio azzeccato.
Cauchy sviluppò una voce nuova che fu impossibile frenare una volta che le cateratte che lo proreggevano dal mondo esterno si riaprirono. La produzione di Cauchy crebbe fino a diventare così immensa che la rivista «Comptes rendus» dovette imporre un limite di pagine per gli articoli da pubblicare, un limite a cui ci si attiene strettamente ancora oggi.
Il nuovo linguaggio matematico dì Cauchy era troppo difficile per alcuni dei suoi contemporanei. Nel 1826 il matematico norvegese Nìels Henrik Abel scrisse: «Cauchy è folle [...] Ciò che fa è eccellente ma molto confuso. All'inizio non ne capivo praticamente nulla; ora riesco a discernerne una parte con maggior chiarezza». Abel continuava osservando che di tutti i matematici di Parigi Cauchy era il solo a fare «matematica pura» mentre gli altri «si occupavano esclusivamente di magnetismo e di altri argomenti fisici [...] Lui è il solo che sa come sì dovrebbe fare matematica».
Cauchy si sarebbe cacciato nei guai con le autorità parigine per aver allontanato gli studenti dalle applicazioni pratiche della matematica. Il direttore dell'Ecole Polytechnique, dove Cauchy insegnava, gli scrisse criticando la sua ossessione per la matematica astratta: «È opinione di molte persone che si stia decisamente esagerando con l'insegnamento della matematica pura all'Ecole e che una tale immotivata stravaganza sia dannosa per le altre discipline».
(Tratto da "L'enigma dei numeri primi - Marcus Du Sautoy - 2005 BUR Saggi)
Augustin Cauchy era nato a Parigi il 21 agosto 1789, un mese dopo la presa della Bastiglia, e aveva avuto un'infanzia particolarmente difficile.
Suo padre era stato un ambizioso esponente del regime che i rivoluzionari erano determinati a rovesciare. Con l'avvento del Terrore parigino, il padre dì Cauchy ebbe sempre più paura vedendo amici e compatrioti finire sotto la ghigliottina. La famiglia decìse così di fuggire e di trovare rifugio in campagna. Ma neppure lì la vita era facile. Il padre di Cauchy ebbe a scrìvere di questo periodo di angustie: «Non abbiamo mai più di mezza libbra di pane, e talvolta neppure quella. Integriamo con la piccola razione di gallette dure e riso che ci vengono destinati».
Cauchy contrasse il vaiolo e da allora fu sempre cagionevole di salute. La costante minaccia dell'arresto del padre e la spossatezza causata dalla denutrizione contribuirono probabilmente allo sviluppo del carattere severo e introverso. Raramente lo si vedeva giocare con altri bambini della sua età. Preferiva trovare sollievo dalle inquietudini della vita familiare rifugiandosi nei libri. Per quanto amasse le lingue e la letteratura, era sempre più evidente che era la matematica a esercitare su di lui un fascino del tutto particolare. Il suo maestro annotò che: «Non era raro trovare lo svolgimento di un tema interrotto all'improvviso: un'idea matematica doveva avere attraversato la mente del ragazzo, assorbendolo a tal punto da costringerlo a tradurre i pensieri in numeri e figure».
Finita l'epoca del Terrore, la famìglia fece ritorno a Parigi e il padre di Cauchy si gettò nuovamente nella politica. Alla fine, il suo impegno fu ricompensato, ed egli guadagnò un seggio al Senato. Qui strinse amicizia con due colleghi senatori, che erano anche eminenti matematici: Pierre-Simon de Laplace e Joseph-Louis Lagrange. Quest'ultimo era diventato famoso prima della Rivoluzione per avere risolto alcuni dei problemi per cui l'Accademia aveva messo in palio dei premi: uno studio sulle lune di Giove e di Saturno, uno riguardante l'influenza dei pianeti sul transito delle comete e un terzo volto a spiegare le leggere oscillazioni con cui la Luna mostra caratteristiche differenti della propria superficie. Riteneva che Ì rovesci di fortuna di suo padre fossero stati la ragione preponderante per cui era diventato un matematico: «Se fossi stato ricco, probabilmente non mi sarei dedicato alla matematica».
Come il padre di Cauchy, anche Lagrange aveva temuto il peggio quando il vento della Rivoluzione si era abbattuto sulla Francia. Era riuscito a cavarsela per il rotto della cuffia. Essendo italiano, aveva rischiato il carcere per le nuove leggi del settembre 1793. Un collega che era intervenuto in suo favore fu mandato alla ghigliottina per averlo aiutato. «È bastato un solo istante per far cadere quella testa, e cent'anni non basteranno per farne sorgere una simile», scrisse Lagrange dell'amico che lo aveva salvato dall'incarcerazione. Alcuni attribuiscono la sopravvivenza di Lagrange durante questo periodo alla sua notoria idea secondo cui «il primo principio di ogni persona saggia è conformarsi strettamente alle leggi del Paese in cui sì trova a vivere, anche quando quelle leggi sono irragionevoli». Una lezione che forse aveva imparato dallo spietato mondo della matematica.
Un giorno, Cauchy padre portò con sé il figlio al Palaìs du Luxembourg e mostrò ai grandi accademici i problemi di matematica con cui il ragazzo si dilettava. Lagrange ne rimase impressionato e, rivolgendosi al collega Laplace, commentò: «Vedete questo ometto? Bene! Finirà col superare tutti noi in fatto di matematica». Poi diede al padre di Cauchy un insolito consiglio per la formazione futura di Augu-stin: «Non lasciate che tocchi un libro di matematica o che scriva un solo numero prima di avere completato Ì suoi studi di letteratura». In pratica Lagrange suggeriva di sviluppare in primo luogo le abilità linguistiche.
Lagrange avvertiva nell'aria l'imminenza di alcuni importanti cambiamenti nel mondo della matematica. Vi era necessità di un linguaggio più astratto, abbastanza sofisticato da permettere dì esprimere le sottigliezze di questi tempi nuovi per la disciplina. Forse, se il giovane Cauchy avesse ben padroneggiato le regole grammaticali del greco e del latino, avrebbe avuto gli strumenti per creare questo nuovo linguaggio. «Se non vi affrettate a dare ad Augustin una solida educazione letteraria, si lascerà trasportare dalle sue inclinazioni; potrebbe anche diventare un grande matematico, ma sarebbe incapace di trovare un suo proprio linguaggio.»
Cauchy iniziò a frequentare l'università alla precoce età di sedici anni, ma, nell'ambiente accademico, si sentiva un estraneo. I suoi compagni erano tutti appassionati alla politica rivoluzionaria del momento. Cauchy, d'altro canto, aveva ereditato le solide tendenze monarchìche del padre e ì devoti sentimenti cattolici della madre. I compagni lo schernivano impietosamente per le sue reazionarie convinzioni politiche e religiose. Ciò non fece che rinsaldare ulteriormente Cauchy nel proprio credo, tanto che aderì a una società segreta cattolica, mirante a collocare persone fedeli al papa in posizioni influenti.
Nonostante l'opposizione di Cauchy alla causa repubblicana, Napoleone non si privò dei suoi servigi come ingegnere ai cantieri di Cherbourg, dove era in allestimento la flotta che avrebbe invaso l'Inghilterra. Terminati gli studi, Cauchy lavorò fuori Parigi per tre anni: «Mi alzo alle quattro di mattina, e sono occupato fino a sera. Il lavoro non mi stanca; al contrario mi rafforza e mi fa sentire in perfetta salute».
Lagrange continuò a tenere sotto osservazione quel prodigio matematico e gli propose di esaminare un problema che stava sconcertando i matematici dell'epoca. Esso riguardava certi nuovi solidi simmetrici che erano stati scoperti. Platone, 2000 anni prima, aveva dimostrato che esistevano cinque tipi di dado in cui le facce fossero tutte copie dello stesso poligono regolare. Per esempio, 12 pentagoni potevano essere messi insieme per realizzare la «sfera di pentagoni», o dodecaedro.
Con grande sorpresa, nel 1809 era stata costruita una nuova forma costituita da 12 pentagoni. Platone aveva posto come condizione che le facce delle sue forme non dovessero intersecarsi reciprocamente. Ma che cosa accadeva rimuovendo questa limitazione? Un insegnante dì matematica parigino aveva scoperto un nuovo modo per assemblare i 12 pentagoni cosi da produrre una nuova forma simmetrica battezzata «grande dodecaedro».
Per quanto si presenti come una forma costituita da molti triangoli irregolari, essa può essere vista come un solido con 12 facce pentagonali che si intersecano. La forma soddisfa tutte le condizioni di un solido platonico, a eccezione della intersecabilità. Ma quante altre forme strane e belle come queste sarebbe stato possìbile immaginare? Tre altre forme erano state aggiunte alla lista, ma i matematici iniziavano a chiedersi quando questa lista si sarebbe esaurita.
L'Accadema di Francia decise che la questione dovesse essere definita una volta per tutte e destinò il suo premio per l'anno 1811 a chi fosse riuscito a dimostrare incontrovertibilmente che i cinque solidi platonici più i quattro nuovi solidi costituivano tutte le forme tridimensionali che sarebbe stato possibile costruire con facce date da poligoni regolari
Mentre sgobbava in qualità di ingegnere a Cherboure,preparando la flotta di Napoleone per l'invasione dell'Inghilterra, Cauchy si dedicò a verifìcare se queste quattro forme fossero le sole aggiunte possibili ai dadi dei greci. Per ambire al premio, però, sarebbe stata necessaria un'argomentazione solidissima e che non ne ammettesse altre. Forgiare nuove forme era bello. La loro esistenza, una volta costruite, parlava da sé, un po' come le formule che risolvevano le equazioni di secondo, terzo e quarto grado.
Cauchy sperimentò quanto fosse arduo trovare un linguaggio per esprimere l'insidioso mondo visivo della geometria e dello spazio. Come aveva dichiarato Cartesio: le percezioni sono inganni dei sensi. Il lavoro di Cauchy segna un punto di svolta nel modo di fare matematica. Egli riconobbe la debolezza intrinseca nel ricorrere alle intuizioni geometriche e cercò un modo più rigoroso per esprimere queste idee intuitive, che potesse mettere al riparo dai tranelli delle percezioni visive. Questo approccio era in contrasto con quello di scienziati della statura di Keplero, il quale, poco più di due secoli prima, aveva schernito l'idea che le immagini potessero essere espresse in un linguaggio verbale, seppure matematico: «Nulla è dimostrato da simboli; nulla di nascosto viene svelato in filosofia naturale attraverso simboli geometrici».
Con il suo approccio critico alla matematica dello spazio e della simmetria, Cauchy rispose con successo al problema proposto dall'Accademia per il 1811. Queste quattro nuove forme, oltre alle cinque forme platoniche classiche, erano le sole forme simmetriche possibili. L'Accademia gli conferì il premio. Lo sforzo che aveva profuso nel cercare di dirimere la questione delle forme in aggiunta al faticoso impegno di Cherbourg aveva però un prezzo. Cauchy ebbe un collasso nel settembre del 1812, dovuto a una combinazione di grave depressione ed esaurimento nervoso. Fece ritorno a Parigi, accorgendosi che l'isolamento non era stato buona cosa. Parigi era il teatro in cui si svolgeva l'azione: qui e solo qui avrebbe dovuto svolgere il suo lavoro di matematico. Avendo vinto il premio dell'Accademia, potè ben presto occupare il posto che gli spettava nell'elite degli accademici.
(Tratto da "Il disordine perfetto - Murcus du Sautoy - 2007 Rizzoli)
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