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Le particelle subatomiche
Nel ventesimo secolo, l'esplorazione del mondo subatomico ha rivelato la natura intrinsecamente dinamica
della materia; ha mostrato che i costituenti dell'atomo, le particelle subatomiche, sono configurazioni dinamiche
che non esistono in quanto entità isolate, ma in quanto parti integranti di una inestricabile rete di interazioni.
Queste interazioni comportano un flusso incessante di energia che si manifesta come scambio di particelle;
un'azione reciproca dinamica in cui le particelle sono create e distrutte in un processo senza fine,
in una continua variazione di configurazioni di energia. Le interazioni tra particelle danno origine alle strutture
stabili che formano il mondo materiale, il quale a sua volta non rimane statico, ma oscilla in movimenti ritmici.
L'intero universo è quindi impegnato in un movimento e in un'attività senza fine, in una incessante danza cosmica
di energia.
Questa danza comporta un'enorme varietà di configurazioni ma, sorprendentemente, queste rientrano in poche
categorie distinte. Lo studio delle particelle subatomiche e delle loro interazioni rivela quindi l'esistenza
di un grande ordine.
Tutti gli atomi, e di conseguenza tutte le specie di materia del nostro ambiente,
sono costituiti solamente da tre particelle dotate di massa:
il protone, il neutrone e l'elettrone. Una quarta particella, il fotone, è priva di massa e costituisce l'unità
di radiazione elettromagnetica. Il protone, l'elettrone e il fotone sono tutti particelle stabili,
il che significa che essi vivono per sempre, a meno che non vengano coinvolti in un processo d'urto,
nel quale possono essere annichilati. Il neutrone, viceversa, può disintegrarsi spontaneamente.
Questa disintegrazione è chiamata decadimento beta ed è il processo fondamentale di un tipo di radioattività
che comporta la trasformazione del neutrone in protone accompagnata dalla creazione di un elettrone e di una
particella di nuovo tipo priva di massa, chiamata neutrino. Come il protone e l'elettrone, anche il neutrino
è stabile. Lo si indica comunemente con la lettera greca v, e il processo di decadimento beta si indica
simbolicamente con:
La trasformazione dei neutroni in protoni negli atomi di una sostanza radioattiva comporta la trasformazione
di questi atomi in altri di tipo completamente differente. Gli elettroni creati durante il processo vengono
emessi sotto forma di una potente radiazione che è largamente usata in biologia, in medicina e nell'industria.
I neutrini, d'altro canto, sebbene siano emessi in numero uguale agli elettroni, sono estremamente difficili da
rivelare perché non hanno né massa né carica elettrica.
Esiste un'antiparticella per ogni particella, con massa eguale ma carica di segno contrario.
L'antiparticella del fotone è il fotone stesso; l'antiparticella dell'elettrone è chiamata
positrone; esistono infine l'antiprotone, l'antineutrone e l'antineutrino. In realtà, la particella priva di
massa prodotta nel decadimento beta non è il neutrino ma l'antineutrino (indicato con v segnato), e quindi il modo corretto
di indicare il processo è:
Vita e dimensioni
Le particelle di cui si è parlato sinora sono solo una piccola parte delle particelle subatomiche oggi conosciute.
Tutte le altre sono instabili e dopo un tempo molto breve decadono in altre particelle, alcune delle quali possono
nuovamente decadere fino a che non si raggiunga una combinazione di particelle stabili. Lo studio delle particelle
instabili è molto dispendioso, in quanto esse devono venire create appositamente per ogni ricerca in processi d'urto,
e questo richiede enormi acceleratori di particelle, camere a bolle, e altri dispositivi estremamente raffinati
per la loro rivelazione.
La maggior parte delle particelle instabili vive solo per un periodo di tempo assai breve, se paragonato alla
scala di tempo dell'uomo: meno di un milionesimo di secondo. Tuttavia, la loro vita media dev'essere valutata
in relazione alle loro dimensioni, anch'esse minuscole. Quando sono considerate da questo punto di vista,
si può vedere che molte di esse vivono per un periodo relativamente lungo, e che un milionesimo di secondo è,
in realtà, un intervallo di tempo enorme nel mondo delle particelle. In un secondo, un essere umano può percorrere
una distanza uguale a poche volte le proprie dimensioni. Per una particella, l'intervallo di tempo equivalente
sarebbe dunque il tempo necessario per spostarsi di una distanza di poche volte le sue dimensioni; un'unità di
tempo che si potrebbe chiamare « secondo-particella».
I fisici valutano questa unità di tempo in IO^-23 secondi.
Questa scrittura è una notazione abbreviata per indicare un numero decimale con 23 zeri davanti alla cifra 1
(compreso quello prima della virgola), cioè 0,00000000000000000000001 secondi.
Per attraversare un nucleo atomico di medie dimensioni, una particella impiega circa dieci di questi
« secondi-particella » se viaggia a una velocità prossima a quella della luce, come avviene negli esperimenti
d'urto.
Tra le numerose particelle instabili, ve ne sono circa due dozzine che possono attraversare parecchi atomi
prima di decadere. Si tratta di una distanza di circa 100.000 volte le loro dimensioni e corrisponde a un
intervallo di tempo di alcune centinaia di « ore-particella ».
Queste particelle sono elencate nella seguente tabella insieme alle particelle stabili di cui si è già parlato.
La tabella riporta tredici diversi tipi di particelle, molte delle quali si presentano in differenti
« stati di carica ».
I pioni, per esempio, possono avere carica positiva , negativa ,
oppure essere elettricamente neutri . Esistono due tipi di neutrini, uno che interagisce solo con elettroni ,
l'altro solo con muoni . Sono elencate anche le antiparticelle; tre particelle
coincidono con le proprie antiparticelle. Le particelle sono disposte in ordine di massa crescente:
il fotone e i neutrini sono privi di massa; l'elettrone è la più leggera delle particelle dotate di massa;
i muoni, i pioni e i kaoni pesano poche centinaia di volte più dell'elettrone; le altre particelle pesano
da mille a tremila volte in più.
La maggior parte delle particelle instabili elencate nella tabella percorrerà, di fatto, un centimetro intero,
o anche diversi centimetri, prima di decadere, e quelle che vivono più
a lungo, un milionesimo di secondo, possono percorrere diverse centinaia di metri prima di decadere:
una lunghezza enorme rispetto alle loro dimensioni.
Tutte le altre particelle note sinora appartengono a una categoria chiamata risonanze.
Esse vivono per un tempo notevolmente più breve, decadendo dopo pochi
« secondi-particella », cosicché possono percorrere soltanto, al massimo, una distanza corrispondente a poche
volte le loro dimensioni. Ciò significa che non possiamo visualizzarle nella camera a bolle; la loro esistenza
può essere dedotta solo indirettamente. Le tracce che si vedono nelle fotografie delle camere a bolle possono
essere prodotte solo dalle particelle elencate nella tabella.
Le interazioni tra particelle
Tutte queste particelle possono essere create e annichilate in processi d'urto; ognuna di esse può anche essere
scambiata come particella virtuale, contribuendo così all'interazione tra le altre particelle.
Ciò sembrerebbe portare a un gran numero di differenti interazioni tra le particelle, ma fortunatamente,
sebbene non si sappia ancora perché, tutte queste interazioni sembrano rientrare in quattro categorie con intensità
di interazione notevolmente diversa:
- Le interazioni forti
- Le interazioni elettromagnetiche
- Le interazioni deboli
- Le interazioni gravitazionali
Tra queste, le interazioni elettromagnetiche e quelle gravitazionali sono le più conosciute, poiché le
sperimentiamo direttamente nel mondo macroscopico.
L'interazione gravitazionale agisce tra tutte le particelle,
ma è talmente debole che non può essere rivelata sperimentalmente. Tuttavia, l'interazione gravitazionale
dell'enorme numero di particelle che costituiscono i corpi macroscopici, sommandosi, produce la forza
di gravita che, su larga scala, è la forza dominante nell'universo.
Le interazioni elettromagnetiche si manifestano tra tutte le particelle cariche; sono responsabili dei processi
chimici e della formazione di tutte le strutture atomiche e molecolari.
Le interazioni forti tengono insieme protoni e neutroni nei nuclei atomici e costituiscono la
forza nucleare, di gran lunga la più intensa di tutte
le forze in natura. Per esempio, gli elettroni sono legati al nucleo atomico dalla forza elettromagnetica con
energie di circa dieci unità (chiamate elettron-volt), mentre la forza nucleare tiene insieme protoni e neutroni
con energie di circa dieci milioni di elettron-volt!
I nucleoni non sono le sole particelle che interagiscono mediante le interazioni forti.
In effetti, la schiacciante maggioranza delle particelle è soggetta alla interazione forte.
Di tutte le particelle oggi note,
solo cinque (e le loro antiparticelle) non prendono parte alle interazioni forti. Esse sono il fotone e i quattro
« leptoni » elencati nella parte in alto della tabella. Quindi tutte le particelle si suddividono in due grandi
gruppi: i leptoni e gli adroni, o particelle a interazione forte. Gli adroni si suddividono ulteriormente in
mesoni e barioni che differiscono per varie caratteristiche; per esempio tutti i barioni hanno
antiparticelle distinte dalle rispettive particelle, mentre un mesone può essere la propria antiparticella.
Le interazioni deboli sono causate esclusivamente dai leptoni. Questa interazione è talmente debole,
e ha un raggio d'azione così piccolo, che non riesce a tenere insieme alcunché, mentre le altre tre interazioni
danno luogo a forze di legame: l'interazione forte tiene insieme i nuclei atomici, l'interazione elettromagnetica
gli atomi e le molecole, e l'interazione gravitazionale i pianeti, le stelle e le galassie. L'interazione debole
si manifesta solo in certi tipi di urti tra particelle e di decadimenti radioattivi, come in quello beta di cui
si è parlato prima.
Tutte le interazioni tra adroni sono mediate dallo scambio di altri adroni.
Proprio perché avviene attraverso lo scambio di queste particelle dotate di massa
l'interazione forte ha un raggio d'azione tanto piccolo. Esso si estende solo a una distanza uguale a poche
volte le dimensioni della particella e quindi non può mai dare luogo a una forza macroscopica. Di conseguenza,
non siamo in grado di sperimentare direttamente queste forze nella vita quotidiana. Viceversa, le interazioni
elettromagnetiche sono mediate dallo scambio di fotoni privi di massa e quindi il loro raggio d'azione è
illimitatamente grande; è questa la ragione per cui le forze elettriche e magnetiche si manifestano nel mondo
macroscopico. Si pensa che anche le interazioni gravitazionali siano mediate da particelle prive di massa,
chiamate « gravitoni »; ma queste interazioni sono talmente deboli che non è stato ancora possibile osservare
il gravitone, sebbene non vi sia alcuna seria ragione per metterne in dubbio l'esistenza.
Le interazioni deboli, infine, hanno un raggio d'azione estremamente piccolo - molto più piccolo di quello
delle interazioni forti — e si suppone quindi che siano prodotte dallo scambio di una particella molto pesante,
chiamata « mesone W ». Si immagina che questa ipotetica particella abbia una funzione analoga a quella del
fotone nelle interazioni elettromagnetiche, differendone solo per la sua grande massa. Questa analogia è,
in effetti, la base dei più recenti sviluppi della teoria dei campi con la quale si cerca di elaborare una teoria
unificata delle interazioni deboli e di quelle elettromagnetiche.
Una teoria unificata, nota come teoria elettrodebole, è stata elaborata agli inizi degli anni Settanta
indipendentemente da S. Weinberg, della Harvard University, e da A. Salam, del Centro internazionale di fisica
teorica di Trieste, con apporti di S. Glasgow e di altri (a questi tre studiosi fu conferito nel 1979 il premio
Nobel per i loro contributi in questo campo). Nella teoria elettrodebole si ipotizza l'esistenza di tre particelle
(W+, W-, Z°) che, nonostante le loro enormi masse (rispettivamente circa 80 e 90 volte quella .del protone),
apparterrebbero alla stessa famiglia dell'elettrone.
Dopo che nel 1973 gli esperimenti hanno dato indicazioni a favore dell'esistenza anche della particella Z°,
il problema attuale, per una piena conferma e un approfondimento della teoria, è di riuscire a rivelare
le particelle in questione e a studiarne le proprietà
Nella strada aperta dalla teoria elettrodebole e sulla base degli sviluppi nello studio dei quark,
già si intravede la possibilità di elaborare una teoria più generale che unifichi, oltre le interazioni deboli
e quelle elettromagnetiche, anche quelle forti, e di conseguenza tutte le particelle oggi conosciute.
In molti processi d'urto della fisica delle alte energie le interazioni forti, elettromagnetiche e deboli si
combinano dando luogo a una intricata sequenza di eventi.
Le particelle che si urtano inizialmente spesso vanno distrutte e si creano diverse particelle nuove,
le quali a loro volta subiscono urti ulteriori oppure decadono, talvolta attraverso diversi passaggi successivi,
nelle particelle stabili che infine permangono.
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