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La teoria del Bootstrap
Il mondo come rete di relazioni
di Fritjof Capra da un'intervista pubblicata sul n. 2 della rivista GAIA, Marzo 1986
Domanda: "Per cominciare potresti parlarci un po’ del modello
'bootstrap'? Sarebbe interessante vedere come la concezione del mondo che
soggiace al modello del bootstrap possa essere applicata anche a campi
differenti da quello della fisica, come la biologia o l'organizzazione sociale."
Fritjof Capra: "Questo modello è stato enunciato una ventina di anni fa
e all'epoca era un'idea molto nuova e radicale."
In effetti lo è tuttora: non è accettata dalla maggior parte dei fisici.
E' un approccio allo studio delle particelle elementari che non si basa sul
concetto di entità fondamentali e afferma, per la comprensione della realtà
atomica e subatornica, il principio dell'autoconsistenza interna.
Io lo considero il culmine della concezione del mondo come 'rete di
relazioni'.
Questa concezione emerge ora in molte scienze ed è per questo che il modello
può essere applicato a numerose discipline.
La realtà è una rete di relazioni ed ogni sua parte non può essere compresa
se non in rapporto al resto, cioè non esistono più proprietà fondamentali
indipendenti dalle connessioni con tutto il sistema.
Il concetto di relazione diventa più importante del concetto di struttura o
di entità dell'oggetto: si tratta di un cambiamento radicale dall'oggetto alla
relazione.
La struttura della rete nel suo complesso è determinata unicamente dalla
coerenza logica, l'auto-coerenza delle relazioni.
E' questa in sostanza la filosofia del bootstrap, la sua prima visione del
mondo.
Fu una vera rivoluzione per la fisica che tradizionalmente scompone la
materia in parti fondamentali, elementari, i 'mattoni'.
Verso il 1960 Goffrey Chew, l'autore dell'ipotesi del bootstrap, suggerì la
possibilità di un approccio secondo cui l'autocoerenza è il solo principio dal
quale si devono derivare tutte le proprietà delle particelle, delle interazioni,
ecc.
Questa teoria è allo stesso tempo molto difficile e affascinante: quando si
pensa che tutto è interconnesso diventa molto complicato fare considerazioni su
una singola parte del sistema...
Domanda: "Che cos'è una connessione? E’
una relazione tra due particelle, una forza che le fa interagire?
"
Fritjof Capra: "Sì, le connessioni sono le interazioni tra le
particelle.
Più in generale tutta la materia atomica si presenta come una rete di
relazioni estremamente deboli, dense, la cui descrizione matematica era troppo
complicata, era quindi necessario concentrarsi solo su alcune connessioni, ma il
problema era quello di sapere quali fossero le più importanti.
Negli anni ‘60 non c'era una teoria matematica in grado di analizzare le
connessioni ed è per questo che l'idea del bootstrap non ha avuto successo
all'epoca della sua formulazione.
Un grande passo avanti è stato fatto nel ‘76 con la scoperta, da parte del
fisico italiano Veneziano, della possibilità di usare la topologia come
linguaggio proprio di questa teoria.
La topologia è un ramo della matematica, una specie di geometria non rigida:
le forme non sono rigide e si può deformare tutto fintanto che le relazioni
restano le stesse...
Domanda: "Allora, a questo punto, come può servire
la filosofia del bootstrap in altre discipline? ".
Fritjof Capra: "... E'
un cambiamento molto profondo, da una metafora ad un'altra: da quella della
costruzione a quella della rete.
Quella della costruzione è la metafora centrale della nostra scienza... Io
credo che col bootstrap si abbandoni ora questa metafora delle fondamenta della
costruzione.
Non c'è alto e basso, non ci sono concetti più fondamentali di altri... Il
mondo è percepito come una rete in cui ogni singola parte dipende da tutte le
altre e nessuna è più fondamentale.
Questa visione ci fa molta paura, perchè è molto diversa dalla nostra
tradizione scientifica, intellettuale, filosofica.
Ma è la visione dominante, per esempio nella tradizione buddhista e taoista,
si ritrova in molte tradizioni mistiche orientali. E' questo passaggio dalla
costruzione alla rete, ciò che sta per prodursi ora.
Credo che il quadro ideale e naturale per estendere questa concezione ad
altri fenomeni (cosa che ho fatto nel mio libro "Il tempo dei cambiamento") sia
la teoria dei sistemi, che è anch'essa legata a questa nozione di rete.
Quando si parla di organismi viventi, altre considerazioni si aggiungono a
quelle di tipo fisico...
Domanda: "Come vedi l'articolazione tra le tue
idee filosofiche, per esempio l'influenza del Taoismo, del Buddhismo e, su
queste basi, il passaggio alla formulazione di modelli matematici fisici o
scientifici?
Cioè la filosofia e i concetti che se ne possono trarre sono soltanto
metafore o pensi che esista una struttura comune che possa esprimersi tanto
attraverso la filosofia quanto tramite modelli matematici in fisica?
".
Fritjof Capra: "Credo che la filosofia del Taoismo, le tradizioni dei
mistici, costituiscano un quadro più ampio che secondo me rappresenta un
retroterra o un quadro di integrazione ideale per questo paradigma scientifico
sistemico.
La coscienza ecologica in fin dei conti sorpassa la scienza e
si rispecchia, si afferma, nella coscienza spirituale o mistica.
Vedo qui un legame molto importante: la coscienza delle interconnessioni e
delle interdipendenze fondamentali di tutti i fenomeni, la coscienza
dell'integrazione in sistemi più ampi, è nello stesso tempo coscienza ecologica
e coscienza spirituale.
In questo modo le due si uniscono.
Le idee di orientamento spirituale hanno così rapporto profondo con le idee
scientifiche.
La formulazione scientifica è differente, più specialistica, più ristretta,
ma può inserirsi in modo armonioso in questa coscienza spirituale o mistica.
Il Tao della Fisica di Fritjof Capra
Proprio nel 1975 esce Il Tao della Fisica dello sconosciuto fisico-teosofo
americano Fritjof Capra: è subito un successo mondiale.
Capra ha fatto un acuto parallelismo tra le ultime acquisizioni della fisica
con i più antichi testi orientali, in particolare indù e cinesi.
Il principio ispiratore del libro è ancora attualissimo e la scienza, da
allora, si è ancor più avvicinata alla religione.
Riportiamo alcuni brani fondamentali.
"... Attualmente, nella fisica moderna si è manifestato un atteggiamento
molto diverso.
I fisici sono giunti a comprendere che tutte le loro teorie dei fenomeni
naturali, comprese le "leggi" che formulano, sono creazioni della mente
dell'uomo; proprietà della nostra mappa concettuale della realtà, più che
proprietà della realtà stessa.
Questo schema concettuale è necessariamente limitato e approssimato, come lo
sono tutte le teorie scientifiche e le leggi della natura che esso contiene.
Tutti i fenomeni naturali sono in definitiva interconnessi, e per spiegare
uno qualsiasi di essi dobbiamo comprendere tutti gli altri il che, ovviamente, è
impossibile.
I grandi successi della scienza sono dovuti alla possibilità di introdurre
approssimazioni.
In tal modo, se ci si accontenta di una conoscenza approssimata della natura,
si possono descrivere gruppi di fenomeni opportunamente scelti, ignorandone
altri meno importanti.
Così è possibile spiegare un gran numero di fenomeni a partire da alcuni di
essi, e di conseguenza si possono capire diversi aspetti della natura in modo
approssimativo senza dover comprendere tutto quanto in una volta sola.
Questo è il metodo scientifico; tutte le teorie e i modelli scientifici sono
approssimazioni della vera natura delle cose, ma l'errore che si introduce con
l'approssimazione è spesso sufficientemente piccolo da giustificare questo modo
di procedere.
I fisici costruiscono quindi una sequenza di teorie parziali e approssimate,
ognuna delle quali, pur essendo più precisa della precedente, non rappresenta
una descrizione completa e definitiva dei fenomeni naturali.
Come queste teorie, anche le leggi della natura che esse delineano sono
mutevoli destinate a essere sostituite da leggi più precise quando le teorie
vengono perfezionate.
Di solito, il carattere incompleto di una teoria si rispecchia nei suoi
parametri arbitrari, o "costanti fondamentali", cioè in quantità i cui valori
numerici non sono spiegati dalla teoria, ma devono essere inclusi in essa dopo
essere stati determinati empiricamente.
La meccanica quantistica non è in grado di spiegare il valore usato per la
massa dell'elettrone, né la teoria dei campi rende conto della carica
dell'elettrone, e neppure la teoria della relatività spiega il valore della
velocità della luce.
Nella concezione classica queste quantità erano considerate costanti
fondamentali della natura che non richiedevano alcuna spiegazione ulteriore.
Nella concezione moderna si ritiene che il loro ruolo di costanti
fondamentali sia temporaneo e rispecchi i limiti delle teorie attuali.
Secondo la filosofia del bootstrap le teorie future, a mano a mano che
aumenterà la loro precisione e il loro campo d'applicazione, dovrebbero essere
in grado di spiegare, una dopo l'altra, queste costanti.
Quindi ci si dovrebbe avvicinare alla situazione ideale - senza mai
raggiungerla - nella quale la teoria non contiene alcuna costante fondamentale
non spiegata, e tutte le sue leggi derivano dalla condizione di coerenza interna
complessiva.
Tuttavia è importante rendersi conto che anche questa teoria ideale deve
contenere qualcosa di non spiegato, sebbene non necessariamente nella forma di
costanti numeriche.
Fino a quando continuerà ad essere una teoria scientifica, essa richiederà
che vengano accettati senza spiegazione alcuni dei concetti sui quali si basa il
linguaggio scientifico.
Spingere alle sue estreme conseguenze l'idea del bootstrap significherebbe
andare al di là della scienza:
In senso lato, l'idea del bootstrap, sebbene affascinante ed utile, non è
scientifica... La scienza come la conosciamo richiede un linguaggio basato su
alcune strutture non discutibili.
Da un punto di vista semantico, perciò, il tentativo di spiegare tutti i
concetti può difficilmente essere definito "scientifico ".
E’ evidente che una concezione della natura di tipo completamente bootstrap,
nella quale tutti i fenomeni dell'universo siano determinati unicamente dalla
loro coerenza reciproca, si avvicina molto alla visione orientale del mondo.
Un universo indivisibile, nel quale tutte le cose e tutti gli eventi sono
interconnessi, difficilmente avrebbe senso se non possedesse una coerenza
interna.
Da un certo punto di vista, la condizione della coerenza interna, che
costituisce la base dell'ipotesi del bootstrap, e l'unità e l'interrelazione di
tutti i fenomeni, posti in così grande rilievo nel misticismo orientale, sono
soltanto aspetti diversi della stessa idea.
Questa stretta connessione è espressa nel modo più chiaro nel Taoismo.
Per i saggi taoisti, tutti i fenomeni nel mondo facevano parte della Via
cosmica, il Tao, e le leggi seguite dal Tao non erano state date da alcun
legislatore divino, ma erano inerenti alla sua stessa natura.
Le principali scuole del misticismo orientale concordano quindi con la
concezione della filosofia del bootstrap secondo la quale l'universo è un tutto
interconnesso in cui nessuna parte è più fondamentale delle altre, cosicché le
proprietà di una parte qualsiasi sono determinate da quelle di tutte le altre.
In questo senso, si potrebbe dire che ogni parte "contiene" tutte le altre e,
in realtà, una percezione di mutua incorporazione sembra essere una
caratteristica dell'esperienza mistica della natura.
Come dice Shri Aurobindo: "Per il senso supermentale non vi è nulla di
realmente delimitato: esso si fonda sulla percezione del tutto in ogni cosa e di
ogni cosa nel tutto'
Questa idea del tutto in ogni cosa e di ogni cosa nel tutto ha trovato la sua
elaborazione più ampia nella scuola Avatamsaka del Buddhismo Mahayana che viene
spesso considerata il punto più alto e conclusivo del pensiero buddhista".
"... Così si esprime Sir Charles Eliot: "Si dice che nel cielo di Indra
esiste una rete di perle disposta in modi tale che, se ne osserva una, si vedono
tutte le altre riflesse in essa. Nello stesso modo, ogni oggetto nel mondo non è
semplicemente se stesso ma contiene ogni altro oggetto, e in effetti é ogni
altra cosa. In ogni particella di polvere, sono presenti innumerevoli
Buddha".
La matrice S
La «teoria bootstrap» di Chew è così rivoluzionaria da poter essere considerata al
di là della linea paradigmatica, non come l'ultimo modello occidentale di
fisica, ma come il primo post-occidentale. Si basa sulla «teoria S-matrix», un
modello matematico dell'universo proposto per la prima volta da Heisenberg nel
1943 per spiegare la forte interazione degli adroni a livello subatomico. La
«teoria S-matrix» suggerisce che i modelli di movimento delle particelle non
siano veramente essenziali: essi hanno origine dalla tendenza di quelle
particelle a comportarsi in un certo modo.
Secondo Chew l'unica possibile
spiegazione del successo della «teoria S-matrix» è che la materia non esiste per
nulla e che l'universo è una «serie di eventi dinamici e intercorrelati. Nessuna
proprietà delle diverse parti di questa trama è essenziale, esse derivano tutte
dalle proprietà delle altre parti. È la coerenza globale delle loro reciproche
interrelazioni a determinare la struttura dell'intera rete». In questo modello
tutte le leggi, fisiche, chimiche o storiche, sono costruzioni puramente umane,
che la nostra mente impone alla realtà che va al di là della nostra
comprensione. Le strutture e i processi sono «coerenti» in sé e tra loro, ma non
lo sono rispetto a un qualche principio fondamentale che si ponga «fuori» dai
processi stessi.
L'ipotesi «bootstrap» fa crollare l'intero progetto della
filosofia occidentale, il cui obiettivo è di rivelare i principi ultimi che
regolano il funzionamento delle cose: si tratta di una ricerca che oggi ci
appare come un tuffo in un pozzo senza fondo. Invece di perdere il nostro tempo
a cercare postulati fondamentali, dovremmo seguire l'esempio dei mistici, che
ricercano una intuizione diretta piuttosto che una comprensione razionale.
Questa intuizione deve essere adottata dall'anarchismo post-occidentale per
comprendere direttamente e intuitivamente quale ruolo abbiamo nel mondo. La
nuova fisica si accorda con le opinioni «primitive» delle popolazioni indigene
meglio di quanto faccia con ciò che esce da un qualsiasi seminario universitario
o da un acceleratore di particelle. Lo sciamano dei Pueblo, nella sua polverosa
kiva, sul funzionamento del mondo sapeva molto di più di Robert Oppenheimer
rinchiuso nel suo laboratorio di Los Alamos.
L'ossessione occidentale di
ammazzare, espropriare, convertire e nascondere le popolazioni indigene è ora
più facile da comprendere. Loro conoscevano la verità, mentre noi ci ostinavamo
a vivere nella menzogna: non riuscivamo a guardarli in faccia. Il mondo
post-occidentale, qualunque forma assumerà, dovrà accostarsi umilmente,
supplicando, al selvaggio dipinto, al mangiatore di mescal che una volta
disprezzava. Gli anarchici giustamente disdegnano le «filosofie» New Age e le
considerano chiacchiera confusa e superficiale dettata dall'egocentrismo del
tardocapitalismo. Ma non dobbiamo gettar via il bambino con l'acqua sporca. Le
popolazioni indigene hanno veramente qualcosa di profondo da insegnarci. . . . .
Tutte queste diverse idee si uniscono in modo affascinante nella teoria dei
sistemi, prodotta dal contributo di cibernetica, fisica dei quanti, teoria del
caos, e molte altre discipline. La teoria dei sistemi non è cosa nuova, ma è
stata accettata molto lentamente per ragioni più politiche che scientifiche. Un
«sistema» è un aggregato di elementi correlati, la cui identità non è data dalla
natura dei componenti, ma da quella delle loro relazioni dinamiche. Inoltre la
teoria assume che nessun elemento del sistema sia autonomo; tutti sono «oloni»
(il termine è di Arthur Koestler), ovvero sono fenomeni che sono simultaneamente
parte del tutto. È un altro modo di dire che il tutto è maggiore della somma
delle sue parti, un concetto molto antico.
Molti anarchici obietteranno che la
teoria dei sistemi è pregiudicata dalla sua abitudine a descrivere le
interconnessioni in termini di gerarchia. Il punto è centrato, sebbene sia
basato sulla fusione tra due fenomeni abbastanza dissimili che portano lo stesso
nome. Una gerarchia sociale o politica è una creazione umana fittizia, che fa
violenza all'ordine naturale delle cose. Le gerarchie dei sistemi sono naturali
per definizione, ma probabilmente sarebbe meglio pensarle come trame, come reti.
Possono essere visualizzate come orizzontali, piuttosto che verticali,
eliminando i valori impliciti di termini quali alto o basso, senza compromettere
la sostanza della teoria stessa. Dalle origini della teoria dei sistemi,
giudicata meccanica e cibernetica, sorge un'altra valida obiezione. Il
linguaggio dei sistemi tende ancora a trattare i fenomeni sociali e culturali
come se questi si comportassero come strutture chimiche o fisiche. Questo
richiama alla mente il riduzionismo e il meccanicismo a cui ci si dovrebbe
opporre. Sfortunatamente la teoria dei sistemi è in gran parte un prodotto della
ricerca bellica della seconda guerra mondiale. Fu inventata, come i computer e
la teoria dei giochi, per facilitare l'eliminazione di un numero sempre maggiore
di persone. L'idea sta perdendo questa connotazione tipica dei suoi inizi, ma
nella mente popolare la parola «sistema» ha ancora una connotazione scientifica
e capitalistica. Entrambe queste critiche possono essere superate con
un'accurata attenzione alla terminologia e con la consapevolezza che la teoria
dei sistemi, come molto altro, possa essere utilizzata per scopi buoni o
cattivi. . . . .
La teoria dei sistemi iniziò a prendere forma negli anni Venti,
quando i fisici provarono la falsità della visione newtoniana dell'universo,
quale collezione di oggetti separati tra loro. L'inaugurazione dell'«era dei
quanti» fu la prima incrinatura nei fondamenti del paradigma occidentale.
Filosofi, matematici, biologi e molti altri scienziati dovettero riconsiderare
la loro idea del mondo come una grande macchina che poteva essere compresa con
l'analisi delle sue varie parti costituenti. Mentre si giungeva a una più
profonda verità, ciò che prima era dogma divenne mero «meccanicismo» e
«riduzionismo»: i fenomeni devono essere intesi come degli insiemi dinamici;
quando li si riduce alle loro parti costituenti non possiamo ottenere un loro
quadro accurato. Tutte le scienze tradizionali sono allora state considerate
utili solo per descrivere la struttura dei fenomeni; per spiegare la loro
funzione occorreva invece una nuova metodologia.
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